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Kimbo torna alle origini con Antica Miscela 1963

Mio nonno era un nobile decaduto, che si reinventò pasticcere e aprì un bar al Borgo dei Vergini, nel rione Sanità; mia nonna era una donna piccola ed energica, la colta della famiglia: al mattino insegnava in una scuola materna di Aversa, al pomeriggio sedeva alla cassa. E comandava: era lei a tenere le redini dell’attività, consentendo di mettere da parte per poi investire. Zio Gerardo era il visionario, ma c’era bisogno di qualcuno che sapesse tenerlo a bada e questo ruolo spettava a mio padre Elio, che si occupava di amministrazione, mentre zio Franco si interessava del caffè”. Era una bella miscela di personalità, forti e differenti l’una dall’altra, quella che diede vita a Kimbo, per come la racconta il Presidente Mario Rubino (nella foto in alto). Egli stesso, peraltro, esempio di notevole versatilità: laureato in Medicina e specializzato in Urologia, ha esercitato per molti anni, prima di dedicarsi all’azienda di famiglia.
Da quel tempo, che vide una piccola attività commerciale muovere i primi passi e poi trasformarsi in industria, è riemersa l’Antica Miscela 1963, anno di fondazione di Kimbo: una ricetta delle origini ritrovata negli archivi aziendali, 100% Arabica (e non Robusta, la varietà più utilizzata all’ombra del Vesuvio), ma tostato alla napoletana per ottenere flavori tipici della tradizione. Tre i formati disponibili, in commercio in Gdo da settembre: macinato, cialde in carta e capsule compatibili Nespresso. Ad Host, la fiera dedicata al fuori casa che si terrà a Milano dal 17 al 21 ottobre, sarà presentata la versione in grani destinata soprattutto al canale Horeca e al retail internazionale. “Con questo prodotto per moka dal posizionamento premium – dichiara Massimiliano Scala, Head of Marketing di Kimbo – andiamo a coprire un segmento in precedenza non presidiato. Fatto 100 il prezzo medio di mercato, siamo su un indice di 140/160, quindi intorno ai 20 euro al chilo. Il lancio sarà accompagnato da una campagna di comunicazione digital, che probabilmente approderà anche in televisione nel 2026”.

GLI OBIETTIVI DI DISTRIBUZIONE PONDERATA
Da dove arriva la materia prima? “Trattandosi di un segreto di famiglia, come recita il claim della campagna, preferiamo non rivelare tutte le origini – risponde Scala – ma una buona parte è Santos brasiliano, varietà chiave di tutte le nostre miscele più importanti. In termini di distribuzione, il macinato Kimbo è attestato sui 90 punti di ponderata e per Antica Miscela 1963 ci siamo dati un obiettivo sfidante: arrivare a circa 50 punti in un paio di anni”.
La scelta di un formato da 226 grammi per il macinato è certamente finalizzata ad alleggerire la battuta di cassa, ma Scala respinge con fermezza la definizione di “sgrammatura”, pratica tornata d’attualità nella fase di forte inflazione e vista con comprensibile sospetto dai consumatori: “Questo è un prodotto totalmente nuovo – sottolinea l’Head of Marketing di Kimbo – e dunque parlare di sgrammatura non ha senso, tanto più che non abbiamo nessuna intenzione di ridurre il peso delle referenze già in commercio. I 226 grammi sono uno standard adottato a livello internazionale e soprattutto sulla confezione è riportato un codice QR che rimanda a dettagliate informazioni su come preparare la moka evitando sprechi. Abbiamo calcolato in 5,5 grammi la porzione giusta e perciò con un pacchetto sarà possibile realizzare 40 tazzine, così come evidenziato sul facing”.

PREZZI DELLA MATERIA PRIMA ALLE STELLE
Kimbo ha chiuso il 2024 con un fatturato di 208 milioni di euro, in crescita del 7,7% sull’anno precedente, e come tutti i torrefattori deve fronteggiare l’emergenza prezzi: “Purtroppo è una crisi che dura ormai da quattro anni – lamenta Scala – e tutti gli outlook concordano nell’indicare che si resterà su livelli record, con un’elevata volatilità. In questo momento la Robusta è un po’ scesa rispetto ai picchi di febbraio/marzo e così l’Arabica, ma siamo comunque sopra le quotazioni di fine 2024. Negli ultimi due anni il costo della materia prima è triplicato, per alcuni origini si è anche quintuplicato. I rincari non sono stati riversati totalmente a valle, perché negli ultimi due anni il prezzo al consumo è raddoppiato”.
Alla luce di una situazione così complicata, Kimbo ha preferito giocare a carte scoperte nella relazione commerciale con le insegne della Gdo: “Siamo stati costretti a rivedere i listini cinque volte – ammette il Presidente Mario Rubino – ma abbiamo giustificato gli aumenti dati alla mano. Siamo partiti dalle quotazioni del caffè in borsa, abbiamo aggiunto i costi industriali, logistici e ricostruito l’intera filiera del valore, dimostrando come sotto una determinata soglia di prezzo è impossibile fornire un caffè di qualità”.

Più prodotti in vetro nelle case italiane

Gli italiani amano i prodotti alimentari che usano il vetro come imballaggio: secondo una recente indagine commissionata da Coreve (Consorzio Recupero del Vetro) a YouGov sulle abitudini di consumo è emerso che conserve, olio, sughi, vino, birra, i prodotti tipici della gastronomia italiana vengono apprezzati sempre di più se proposti con questo tipo di confezionamento. Analizzando gli scontrini emessi in ogni tipo di canale di vendita, YouGov è riuscita a mappare il consumo in termini quantitativi e qualitativi. Dall’analisi emerge che è aumentata la frequenza d’acquisto di prodotti in vetro (+3,9% nell’ultimo anno) ma si è contratto leggermente il numero dei pezzi acquistati per scontrino (-3,2%).
Se si guarda alla tipologia di prodotto “solido”, sale anno su anno la percentuale di prodotti che adottano questo imballaggio in ogni categoria. Cresce ad esempio del 2,8% l’acquisto di confetture in vetro (che toccano il 78% del totale), del 3,2% i sughi pronti che superano l’83% del totale, del 4% i sottoli e sottaceti, in vetro nell’83,4% dei casi.
Anche i prodotti liquidi vedono una prevalenza di questo materiale e precisamente: il 94% dell’olio, il 98% degli aperitivi, il 72% delle birre e oltre il 67% dei vini.

Abbiamo voluto monitorare gli acquisti di prodotti di largo consumo – dichiara Roberto Saettone, Direttore Generale di Coreve – con un campione altamente rappresentativo delle quasi 26 milioni di famiglie residenti. La metodologia YouGov ha permesso di analizzare gli acquisti dei prodotti a prezzo fisso e variabile di largo consumo ad uso domestico acquistati in tutte le tipologie di negozi e canali. L’indagine mostra come su alcune tipologie di prodotto il vetro venga apprezzato dai consumatori in modo particolare: essi riservano una fortissima percentuale di acquisto a questo imballaggio sebbene le tonnellate di vetro consumate sia fuori casa che in casa possano variare considerevolmente da regione a regione”.

L’incertezza economica frena le operazioni di M&A

Dopo un inizio d’anno segnato da un cauto ottimismo, le aspettative di ripresa delle operazioni di M&A nel settore Consumer – ovvero i settori Moda e Lusso, Food & Beverages, Beauty & Personal Care, Retail, Hospitality & Leisure, Packaging – si sono progressivamente raffreddate secondo la Global & Italian M&A Trends Consumer Markets di PwC. Il contesto macroeconomico, caratterizzato da pressioni inflazionistiche, tassi d’interesse e incertezza sui dazi, ha indebolito la fiducia degli investitori e il sentiment dei consumatori, rallentando le dinamiche di crescita del mercato.
Nei primi cinque mesi del 2025, i volumi delle operazioni di M&A nel Consumer Markets sono diminuiti del 9% a livello mondiale, rispetto allo stesso periodo del 2024, segnando però una flessione più contenuta rispetto al -11% registrato nei volumi del mercato complessivo. In controtendenza, i controvalori delle operazioni sono aumentati del 32%, sostenuti da sette operazioni superiori a 5 miliardi di dollari annunciate nella prima metà del 2025. Il mercato italiano riflette la dinamica mondiale: nei primi 5 mesi del 2025 sono state annunciate 158 operazioni nel Consumer Markets, in calo del 7% rispetto ai 170 deal rilevati nello stesso periodo del 2024.
Il decremento principale è legato alle operazioni annunciate da investitori finanziari, in flessione del 17%. La loro incidenza sul totale delle operazioni è scesa al 40% nella prima metà del 2025, rispetto al 45% raggiunto nel 2024, confermando maggiore cautela degli investitori su settori come Food&Beverage e Moda. I tempi di gestazione delle operazioni si sono allungati, nel segno di una maggiore prudenza sia da parte degli operatori strategici, che stanno conducendo revisioni del portafoglio e rivedendo le proprie strategie, sia da parte dei fondi di private equity.

LE ACQUISIZIONI NEL FOOD & BEVERAGES
Il Food & Beverages soffre di una contrazione marcata dell’attività di M&A, con 33 deals in Italia nei primi cinque mesi dell’anno, in calo del 27% rispetto ai 45 dello stesso periodo del 2024. In particolare, si riducono le operazioni dei fondi di Private Equity (-38%), ancora più selettivi a causa delle dinamiche inflazionistiche e dell’aumento dei prezzi alimentari (+6% su base annua), che influiscono sugli acquisti dei consumatori, e dei rischi associati ai dazi.
Secondo la Voice of the Consumer Survey di PwC, il 33% dei consumatori è più incline ad acquistare alimenti salutisti. Una tendenza che si riflette anche sulle attività di M&A, stimolando operazioni in segmenti quali i formaggi freschi (Gioiella / I Freschi), salumi magri (Bresaole Pini / Vismara, Biolab / Brendolan), alimenti ad alto valore proteico e nutrizionale (Eurovo / Anna Alla Ltd e Waffelman) o “free from” (Di Marco / Galati), e conferma l’importanza strategica di presidiare la filiera animale (Eurovo / Granja Panilla). Operazioni come quella di Chequers / Gourmet Italian Food rispecchiano l’interesse crescente verso i prodotti semi-lavorati e i piatti pronti da parte dei consumatori.
La contrazione nella domanda di bevande alcoliche e zuccherate spinge i principali operatori a rivedere i propri portafogli, con deal mirati a colmare gap strategici, come nel caso di Alfin / Acqua Filette. Nel mondo del vino le operazioni si focalizzano sul segmento biologico (Tenuta Ulisse / Cirelli La Collina Biologica), mentre proseguono le dismissioni di asset non core, come la cessione di Cinzano e Frattina da Campari al Gruppo Caffo annunciata a giugno 2025.

VIVACE IL SEGMENTO BAKERY
Il Bakery & Confectionary si conferma il segmento più attivo per le operazioni di M&A, specialmente sui produttori di alimenti confezionati frozen o ambient e con un posizionamento a scaffale di convenienza (Valeo Foods / Freddi Dolciaria, Melegatti), apprezzati per l’elevato value for money e il prezzo unitario contenuto. Tra le principali operazioni si segnalano Vandemoortele / Lizzi, IDAK Food Group AG / Sorrento Sapori e Tradizioni, Vergani / Scarpato. Emblematico l’investimento di Terlos in Casa Optima, iconico produttore italiano di ingredienti per gelato (annunciata a giugno 2025), e l’Opa di Ferrero sui cereali di WK Kellogg, che risponde alle esigenze di crescita nel segmento salutistico e di espansione ulteriore negli Stati Uniti, anche come risposta ai dazi.
Nella ristorazione, il mercato M&A si concentra sul fast dining senza seduta, favorito da limitati investimenti iniziali e maggiori opportunità di riconversione, sul segmento lusso, trainato da investitori strategici e family office, e su turnaround di catene in difficoltà. Tra le operazioni della prima meta del 2025, si segnalano: l’ingresso di Quattro R in Cigierre, la cessione di Temakinho a Black Arrow, gli investimenti di LMDV Hospitality Group (con l’acquisizione del Twiga e le aperture a marchio Vesta), le aperture annunciate di Langosteria (in cui ha investito Remo Ruffini tramite Archive) e l’acquisizione dello storico ristorante Il Caminetto di Milano Marittima da parte di PLT Holding, uno dei maggiori gruppi italiani indipendenti attivi nel settore dell’energia rinnovabile.

RETAIL, OCCHI PUNTATI SU CARREFOUR
Il mercato M&A nel settore Retail, in particolare nel grocery, continua a essere guidato da dinamiche di consolidamento, con molta vivacità per le operazioni di piccole dimensioni. L’attenzione del mercato è attualmente catalizzata da possibili riposizionamenti strategici di alcuni grandi operatori internazionali, tra cui Carrefour, al centro di rumors sempre più insistenti riguardo a una possibile uscita da mercati come Italia, Polonia e Belgio. Un evento di tale portata potrebbe innescare un significativo riassetto competitivo nei paesi coinvolti e nelle regioni chiave in cui e più presente Carrefour (Lombardia, Piemonte e Lazio), aprendo la strada a operazioni di acquisizione e ristrutturazione su larga scala, con impatti potenzialmente rilevanti sulla distribuzione delle quote di mercato e sulle strategie di posizionamento degli attori attivi nel food retail. In parallelo, PwC prospetta ulteriore dinamismo sulle catene del retail specializzato nei segmenti personal care e farmacie.

LE PROSPETTIVE PER LA SECONDA METÀ DELL’ANNO
Emanuela Pettenò, Partner e Markets Deals Leader PwC Italia, riassume così le aspettative per la seconda metà dell’anno: “Le aziende del Consumer Markets sono attualmente penalizzate da valutazioni depresse di cui beneficeranno gli investitori capaci di affrontare situazioni di turnaround operativo e finanziario. I fondi di Private Equity saranno sempre più selettivi e focalizzati su Food e Beauty, settori più resilienti. Sul fronte acquisizioni, i fondi potrebbero aumentare le operazioni di “take-private” e add-on di portafoglio, mentre saranno posticipate le cessioni di asset con performance inferiori ai budget e più impattati dai dazi. Gli operatori strategici nel Retail e nel Food punteranno sulla filiera e su asset tecnologici, investendo sulla customer experience, con piattaforme di marketing, e-commerce, sistemi di pagamento, e soluzioni gestionali per l’inventario. Nella moda prevediamo operazioni di turnaround e l’ingresso di partner in brand ancora controllati dalle famiglie”.

Ferrero rileva Kellogg, operazione da 3,1 miliardi di dollari

Dopo le indiscrezioni, la conferma ufficiale: Ferrero ha raggiunto un accordo per acquisire l’americana WK Kellogg, per un corrispettivo di 23 dollari per azione in contanti. L’enterprise value è quindi pari a 3,1 miliardi di dollari. L’operazione – che comprende le attività di produzione e distribuzione del portafoglio di cereali per la prima colazione di Kellogg negli Stati Uniti, in Canada e nei Caraibi – rientra nel piano strategico di crescita di Ferrero. Tra i marchi acquisiti ci sono Kellogg’s Frosted Flakes, Kellogg’s Froot Loops, Kellogg’s Frosted Mini Wheats e Kellogg’s Special K, molto amati dai consumatori americani. “Questa è più di una semplice acquisizione – dichiara Giovanni Ferrero, Presidente Esecutivo del Gruppo Ferrero –, rappresenta l’unione di due aziende, ciascuna con un’importante tradizione e generazioni di consumatori fedeli. Negli ultimi anni, Ferrero ha ampliato la propria presenza in Nord America, unendo i nostri marchi più noti in tutto il mondo con gioielli locali radicati negli Stati Uniti. La notizia di oggi rappresenta una pietra miliare fondamentale in questo percorso e ci dà fiducia nelle opportunità future”.

L’unione con Ferrero darà a WK Kellogg maggiori risorse e flessibilità per far crescere i nostri iconici marchi in questo mercato competitivo e dinamico” afferma Gary Pilnick, Chairman and Chief Executive Officer della società americana.
Con questa mossa, il Gruppo Ferrero entra nella categoria dei cereali e non a caso il Ceo Lapo Civiletti sottolinea come “L’arricchimento del nostro portafoglio con questi marchi segna un passo importante verso l’espansione della presenza di Ferrero in più occasioni di consumo e rafforza il nostro impegno a offrire valore ai consumatori in Nord America”.
WK Kellogg stima di aver raggiunto nel secondo trimestre 2025 vendite nette comprese tra 610 e 615 milioni di dollari, con Ebitda rettificato tra i 43 e i 48 milioni di dollari. Dal canto suo il Gruppo Ferrero ha archiviato l’esercizio 2023/2024, chiuso lo scorso 31 agosto, con un fatturato consolidato di 18,4 miliardi di euro, in aumento dell’8,9% rispetto all’anno precedente. Negli Stati Uniti conta 22 stabilimenti, 11 uffici e 14.000 dipendenti ed è presente con marchi come Nutella, Kinder, Tic Tac e Ferrero Rocher, che si affiancano a brand locali, quali Butterfinger, Keebler e Famous Amos.

Conad investirà 2,1 miliardi entro il 2027

Nuove aperture, ovviamente, ma anche ammodernamento della rete ed efficientamento della supply chain, capitoli di spesa di certo altrettanto importanti in un mercato maturo e competitivo come quello italiano. Sono noti solo a grandi linee i contenuti del piano triennale di investimenti per il periodo 2025-2027 di Conad, ma il dato fondamentale – quello delle risorse – si conosce: 2,169 miliardi di euro. A comunicarlo è stato lo stesso Consorzio nell’incontro tenuto oggi, 10 luglio, a Milano con oltre un centinaio di rappresentanti delle banche e delle istituzioni finanziarie, a cui sono stati presentati anche i dati dell’ultimo esercizio. Conad ha chiuso il 2024 con un fatturato di 20,9 miliardi di euro, in crescita del 4,5% sul 2023, consolidando la propria quota di mercato a livello nazionale, pari al 14,86% nei canali Iper + Super + Discount (fonte: Guida Nielsen Largo Consumo). Rilevante il contributo dei prodotti Mdd, che costituiscono il 33,3% delle vendite, e hanno generato un fatturato di 6,3 miliardi di euro (+5%). Cresce anche il patrimonio netto consolidato del sistema Conad, pari a 3,757 miliardi di euro (+7,7%).

Conad si conferma chiaramente prima insegna italiana della grande distribuzione – sostiene Mauro Lusetti, Presidente di Conad – con tutte le nostre cooperative che hanno continuato a crescere più del mercato, in un anno particolarmente complesso per l’economia italiana e i consumi. Ora è tempo di guardare al futuro, senza escludere nessuna opportunità. Lo faremo con una governance stabile e unita, che rappresenta tutte le componenti del sistema e che ha definito un piano di investimenti molto rilevante, che renderà il nostro sistema più innovativo ed efficiente”.

Il piano triennale di investimenti per il periodo 2025-2027 presentato oggi vale 2,169 miliardi di euro – ribadisce Matteo Capelli, Direttore Amministrazione Finanza e Controllo di Conad –. Tutte le cinque Cooperative associate a Conad e cioè PAC2000A, Conad Nord Ovest, CIA-Commercianti Indipendenti Associati, Conad Centro Nord e Conad Adriatico, hanno definito piani di investimento per aumentare l’efficienza della logistica, ristrutturare la rete di vendita e aprire nuovi punti vendita. Un piano ambizioso, che il sistema Conad ha elaborato per competere sempre meglio, e con crescente impegno, in un mercato caratterizzato da ‘permacrisi’, sempre più complesso e imprevedibile, che impone nuove sfide che escono dai paradigmi del passato e che andranno affrontate con coraggio e approcci innovativi”.

La rete di vendita Conad conta ad ora 3.315 punti di vendita e 425 concept store, servendo grandi città, quartieri e piccoli borghi in 107 province italiane. “Siamo passati dai 18,5 miliardi del 2022 ai 20,9 miliardi del 2024: quasi due miliardi e mezzo in 3 anni – dichiara Francesco Avanzini, Direttore Generale Conad –. Siamo leader in 7 regioni italiane. Buoni risultati, che ci incoraggiano a continuare sulla strada della crescita, coscienti di muoverci in nuovi territori, con clienti sempre più attenti alla convenienza ma desiderosi di qualità. In un mercato a bassi tassi di crescita e con una clientela in evoluzione, Conad è l’insegna retail italiana con le maggiori opportunità di crescita. Grazie al suo brand unico e alla strategia condivisa con soci e cooperative, punta a consolidare la leadership nel largo consumo e tra i consumatori italiani. Rafforziamo il nostro core business con lo sviluppo e la specializzazione della rete di vendita, l’efficientamento della supply chain, la crescita delle competenze interne. Prosegue anche l’accelerazione progettuale e gestionale sui due principali fattori distintivi del business: digitalizzazione dei processi e sostenibilità delle nostre attività, promuovendo la cultura del rispetto degli obiettivi Esg lungo tutta la filiera”.

NewPrinces compra Plasmon per 120 milioni di euro

Torna italiano il marchio Plasmon: NewPrinces ha annunciato la sottoscrizione di un accordo vincolante con Heinz Italia a fronte di un controvalore di 120 milioni di euro. Più nel dettaglio, ad essere acquisito sarà il 100% del capitale sociale di una nuova società di recente costituzione, nella quale saranno conferite le attività relative alla produzione, confezionamento, commercializzazione, vendita e distribuzione di prodotti alimentari per l’infanzia e alimenti a fini medici speciali e nutrizione specialistica, commercializzati sotto i marchi Plasmon, Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba. A passare di mano anche lo stabilimento produttivo Plasmon di Latina, che impiega circa 300 persone e produce ogni anno circa 1,8 miliardi di biscotti per il mercato italiano a marchio Plasmon. Il sito laziale continuerà inoltre a produrre per Heinz Baby Food per il mercato UK in virtù di un accordo di co-packing. Le attività acquisite hanno registrato un fatturato di circa 170 milioni di euro al 31 dicembre 2024, con un Ebitda di 17 milioni di euro e un capitale circolante netto positivo pari a 25 milioni di euro, incluso nell’enterprise value di 120 milioni di euro che sarà corrisposto in denaro.
L’operazione – destinata a perfezionarsi entro la seconda metà del 2025, subordinatamente al verificarsi delle condizioni previste – rappresenta un’importante tappa strategica per NewPrinces (la nuova denominazione assunta da Newlat Food) completando il processo avviato nel 2015 con l’acquisizione dello stabilimento di Ozzano Taro (PR) da Kraft Heinz, specializzato nella produzione di latte liquido e in polvere per neonati – unico impianto in Italia attivo nella produzione quest’ultimo – e prodotti con esigenze dietetiche speciali. “Questa acquisizione è motivo di grande orgoglio ed emozione – commenta Angelo Mastrolia, Presidente di NewPrinces (nella foto in alto) –. Riportare in Italia marchi iconici come Plasmon, Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba concretizza una visione che perseguiamo da anni: costruire una multinazionale italiana capace di dare nuova vita a brand amati, profondamente radicati nell’identità del nostro Paese. Con questa operazione rinnoviamo il nostro impegno verso l’Italia e verso l’eccellenza della sua industria alimentare”.

UNA PIATTAFORMA LEADER IN ITALIA NEL BABY FOOD
Plasmon, Marchio Storico con oltre 120 anni di storia, è il primo nel mercato italiano degli alimenti per l’infanzia, grazie al suo biscotto e a un’ampia gamma di pappe e prodotti specialistici per bambini. Nipiol, incluso nel perimetro oggetto dell’acquisizione, è un altro brand rilevante nel mercato italiano del baby food, mentre Aproten e BiAglut sono due marchi specializzati in alimentazione con una forte competenza nutrizionale, rispettivamente nei regimi a basso contenuto proteico e senza glutine.
NewPrinces sottolinea che l’operazione la rafforza significativamente in un segmento chiave e ad alto margine come quello dell’alimentazione infantile e specialistica, generando importanti sinergie industriali, commerciali e di innovazione. In particolare, la società potrà: sfruttare il centro R&D integrato per accelerare lo sviluppo di nuove formulazioni – incluse quelle con ingredienti postbiotici – e ampliare l’offerta nel segmento premium e biologico; aumentare la capacità produttiva e flessibilità operativa, grazie all’integrazione di formati innovativi come pouch e baby snacks; accelerare l’internazionalizzazione del baby food italiano, facendo leva sulla presenza commerciale consolidata di NewPrinces in oltre 60 Paesi e sulla rete distributiva in mercati chiave come Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Polonia; estendere la gamma prodotti attraverso lo sviluppo di pasti completi, biscotti e prodotti da forno, nuove linee di pasta per l’infanzia, sughi e piatti pronti, per accompagnare il consumatore dalla prima infanzia fino allo svezzamento avanzato; massimizzare l’utilizzo della capacità produttiva dello stabilimento di Ozzano Taro nel latte liquido e in polvere per l’infanzia.

Fondo Italiano d’Investimento entra nel capitale di Santangelo Group

Nuovo socio di maggioranza per Santangelo Group, azienda familiare umbra attiva nella produzione di specialità dolciarie da forno lievitate ambient destinate alla grande distribuzione. Fondo Italiano d’Investimento Sgr entra nel capitale attraverso il veicolo settoriale Fondo Italiano Agri&Food (Fiaf) che rileverà il 70% di Santangelo. Il restante 30% sarà re-investito dall’imprenditore Gianluigi Formichetti, attuale Amministratore Delegato, che manterrà il medesimo ruolo e la guida operativa dell’azienda. L’ingresso del Fiaf è finalizzato a consolidare la posizione di Santangelo nel settore dolciario dei lievitati premium, valorizzandone il radicamento nel territorio e la produzione artigianale. Il tutto a supporto di un percorso di ulteriore crescita definito ambizioso dai due soci, che non hanno rivelato i dettagli economici dell’operazione, la quinta per Fiaf negli ultimi 18 mesi. Tra i programmi di investimento strategici del Piano Industriale 2022-2025 di Fondo Italiano d’Investimento, Fiaf ha infatti già nel proprio portafoglio le società Corradi e Ghisolfi (Corte de’ Frati, Cremona), Pasta Berruto (Carmagnola, Torino), Trinità – Industria Salumi (Vallese di Oppeano, Verona) e Scatolificio del Garda (Pastrengo, Verona).

FOCUS SUI LIEVITATI PREMIUM
Fondata nel 1968 a Terni, Santangelo produce e vende – in particolare nel canale Gdo – sia prodotti con marchio proprio che private label. L’azienda, dal 2020 al 2024, ha più che raddoppiato i ricavi, raggiungendo nell’esercizio scorso i 32 milioni di euro. Le esportazioni valgono oltre il 25% del fatturato. Santangelo sostiene di distinguersi per il processo produttivo artigianale e l’utilizzo di materie prime di alta qualità che garantiscono la realizzazione di lievitati premium rispetto alle produzioni completamente automatizzate tipiche delle grandi industrie di settore. L’azienda si è affermata come produttore di specialità per la prima colazione (croissant), alle quali negli ultimi anni ha affiancato i lievitati da ricorrenza (panettoni e colombe), anch’essi realizzati con processi artigianali e destinati al segmento premium del canale Gdo.
La società sottolinea di essere oggi uno dei principali player nel suo canale di riferimento, il più grande tra quelli focalizzati su produzioni premium con processi di natura artigianale, con una market share che lo posiziona tra i primi cinque a livello nazionale e numero uno nel Centro Italia. Le performances economico-finanziarie attestano una crescita stabilmente superiore rispetto a quella del mercato di riferimento e una marginalità maggiore della media di categoria. Santangelo Group opera attraverso un sito produttivo di 5.000 metri quadrati situato a Terni, rinnovato e ampliato nell’ultimo quinquiennio con nuove linee, macchinari e attrezzature. Vi operano complessivamente circa 180 dipendenti. È inoltre in corso un ulteriore ampliamento mirato ad accrescere significativamente la capacità produttiva a servizio del piano di crescita condiviso con il Fondo che prevede, tra l’altro, un importante sviluppo delle vendite, anche sui mercati internazionali, soprattutto dei prodotti da ricorrenza premium.

GLI OBIETTIVI DELL’OPERAZIONE
Il perfezionamento dell’operazione è previsto entro questo mese di luglio ed è subordinato, come da prassi, al positivo avveramento delle usuali condizioni sospensive tipiche di queste operazioni. “Siamo particolarmente felici di poter affiancare Gianluigi Formichetti e tutta la sua squadra nel percorso di ulteriore crescita di Santangelo – dichiara Marco Pellegrino, Senior Partner di Fondo Italiano d’Investimento Sgr (a sinistra nella foto a fianco) –. Abbiamo molto apprezzato, oltre ai risultati economici, anche la qualità dei suoi prodotti, l’artigianalità del suo processo produttivo nonché il suo posizionamento commerciale di brand leader nel segmento premium dei lievitati da forno per prima colazione. Siamo convinti che il supporto organizzativo e manageriale che Fondo Italiano può offrire consentirà a Santangelo di accelerare ulteriormente il proprio progetto di sviluppo e di cogliere tutte le opportunità che il mercato oggi offre agli specialisti dei lievitati premium, sia di uso quotidiano sia da ricorrenza, rafforzando ulteriormente la leadership di segmento ed il posizionamento competitivo dell’azienda”.

Sono molto soddisfatto dell’ingresso di Fondo Italiano, tramite Fiaf, nel capitale della nostra società – aggiunge Gianluigi Formichetti, Ceo di Santangelo Group (a destra nella foto in alto) – ed entusiasta di continuare a guidare l’azienda e tutti i suoi collaboratori, diretti ed indiretti, in questo ulteriore percorso di crescita che Santangelo ha dimostrato di saper realizzare pur all’interno di un contesto generale di consumi con dinamiche altalenanti. Gli investimenti previsti dal business plan condiviso con Fiaf ci daranno gli strumenti ed i mezzi adeguati a sviluppare, ancor più di quanto fatto finora, la nostra offerta di prodotti premium-quality, buoni e genuini, sia sul mercato domestico che sui principali mercati internazionali”.
Nato nel 2010 su iniziativa del Ministero dell’Economia e delle Finanze e partecipata da Cdp Equity, Intesa Sanpaolo, UniCredit, Fondazione Enpam, Fondazione Enpaia, Abi, Banco Bpm e Bper Banca, il Fondo Italiano d’Investimento ha come principale obiettivo la gestione di fondi mobiliari chiusi dedicati a far confluire capitali verso il sistema delle imprese italiane d’eccellenza, coniugando finalità di ritorno sul capitale investito, in linea con i benchmark internazionali, con quelle di sviluppo del sistema produttivo italiano. Fondo Italiano gestisce 21 fondi di investimento mobiliari chiusi riservati a investitori qualificati, per oltre 4 miliardi di euro e opera attraverso investimenti diretti e indiretti (fondi di fondi).

Gruppo VéGé punta ai 16 miliardi di fatturato nel 2025

Fatturato al consumo pari a 15,3 miliardi di euro, in crescita del 4,6% rispetto al 2023, e una quota di mercato nazionale attestata all’8,3%: Gruppo VéGé archivia in maniera positiva il 2024 e stima di replicare lo stesso incremento quest’anno – l’obiettivo è fissato al +4,5% – tagliando il traguardo dei 16 miliardi di euro. Riunite a Napoli, le 32 imprese associate hanno approvato il bilancio 2024, undicesimo anno di crescita consecutiva. Fondamentale è ovviamente il rapporto con l’industria di marca, che ora passa anche da VéGé Data Sharing 3.0, la piattaforma digitale realizzata in collaborazione con NielsenIQ e arrivata alla sua terza versione, in grado di rendere fruibile l’analisi dei dati scanner di oltre 2.230 punti di vendita del gruppo sui 3.853 totali.
Rappresentando statisticamente più del 60% del mercato italiano del largo consumo, attraverso il VéGé Data Sharing 3.0, Gruppo VéGé può erogare ai fornitori in un’unica soluzione web based qualsiasi informazione in merito alle vendite, all’assortimento e alle promozioni, coinvolgendo l’83% dei soci con punti vendita al dettaglio e 438 fornitori che rappresentano il 93% dei 6 miliardi di sell-in contrattualizzati con l’industria di marca.

GLI INVESTIMENTI SULLA RETE DI VENDITA
Dal bilancio emerge la crescita anche in termini di rete di vendita con oltre 265 milioni di euro investiti per il suo ampliamento. Oltre a 29 ristrutturazioni, sono pianificate per l’anno in corso 98 aperture (6 ipermercati, 44 supermercati, 1 C&C e 47 nuove unità negli specializzati e nel libero servizio) con investimenti pari a 265 milioni di euro.
Completa il quadro lo sviluppo dei servizi legati allo shop online e alla home delivery: i punti di ritiro “click & collect” attivi hanno raggiunto quota 319 e sono 13 le regioni coperte dalla home delivery anche attraverso gli accordi di Quick Commerce già siglati con Glovo, Everli, Just Eat e Alfonsino. È in via di definizione, inoltre, un’ulteriore partnership con Deliveroo.

QUOTA 20 MILIARDI ENTRO IL 2030
“La crescita registrata anche quest’anno non può che essere accolta con soddisfazione – commenta Giovanni Arena, Presidente di Gruppo VéGé (al centro nella foto a fianco) – attestando di fatto la bontà delle scelte strategiche di VéGé. L’Assemblea dei Soci ha dato grande plauso anche al proficuo lavoro di riorganizzazione societaria interna, da me fortemente voluto, che ci permetterà di proiettarci nel futuro con ancor più efficacia ed efficienza. Un risultato raggiunto grazie alla visione e al grande operato di tutti i nostri soci imprenditori con cui portiamo avanti un gioco di squadra vincente. Anche in termini di risultati netti cumulati, Gruppo VéGé è leader tanto è vero che l’ultima ricerca Mediobanca sulla Gdo in Italia, sottolinea che il nostro gruppo è secondo in Italia solo dopo Eurospin. Per il futuro il nostro impegno si muoverà ancora una volta all’insegna dell’espansione e della crescita puntando all’obiettivo di un fatturato da 20 miliardi di euro entro il 2030”.

“Gli ottimi risultati approvati dall’Assemblea dei Soci riflettono lo spirito di coesione che unisce tutta la business community che ruota attorno al gruppo – dichiara Giorgio Santambrogio, Amministratore Delegato di Gruppo VéGé (a sinistra nella foto in alto) –. Un’unione di intenti e obiettivi a cui abbiamo dato una spinta tecnologica attraverso progetti come il VéGé Data Sharing con cui vogliamo rafforzare le sinergie di tutti gli attori di filiera con cui veniamo in contatto, dai nostri imprenditori ai nostri fornitori. Sono inoltre estremamente orgoglioso nel constatare che, sebbene il mercato non sia così facile, i miei imprenditori aumentino ogni anno il loro impegno in concreti progetti di responsabilità sociale a favore delle comunità locali, siano esse scuole, associazioni sportive dilettantistiche o altri istituti del terzo settore”.

“Nonostante la fase di continue tensioni, fra i recenti timori di future applicazioni di dazi ed incertezze in merito all’andamento dei costi di talune materie prime, Gruppo VéGé ha condotto una stagione negoziale raggiungendo ambiziosi obiettivi che hanno permesso alle imprese di trasferire ulteriori vantaggi ai nostri consumatori, attraverso adeguate politiche promozionali che hanno distribuito risparmi per circa 950 milioni di euro – afferma Edoardo Gamboni, Direttore Commerciale di Gruppo VéGé (a destra nella foto in alto) –. I conseguiti piani di sviluppo della rete vendita consolidano quota e crescita decisamente superiore ai ritmi del resto del mercato, la stabilità e la solidità dei nostri conti economici ci consentono di guardare al futuro con fiducia”.

Crai Mediterranea, la nuova sfida di Giangiacomo Ibba

Si chiama Crai Mediterranea e ha un compito ben preciso: accrescere la presenza di Crai nel Sud Italia. L’obiettivo annunciato è aprire circa 40 punti vendita e generare un fatturato di 500 milioni di euro. Il progetto nasce dalla partnership tra Abbi Group – a cui fa capo Fratelli Ibba, socio sardo di Crai – e Michele Apuzzo, esponente della famiglia di imprenditori che con la società AP Commerciale ha sviluppato la catena Sole365, stringendo nel 2010 un accordo di master franchising con Megamark. Nel programma di espansione al Sud immaginato da Crai, presumibilmente ci sarà spazio anche per l’insegna Tuttigiorni.
Ideata da Giangiacomo Ibba (nella foto in alto), Presidente di Fratelli Ibba, e Roberto Comolli, Direttore Generale di Food 5.0 (società che per Crai cura lo sviluppo dei prodotti a marchio), Tuttigiorni ha fatto il suo esordio a maggio 2022 in Sardegna ed è poi approdata in Campania ad agosto 2023, nel centro commerciale La Masseria di Cardito (NA), in base all’accordo con il Gruppo Di Palo. Quest’ultimo – dopo esser stato master franchisee di Auchan – era entrato dal 1° gennaio 2020 in Crai, esperienza poi conclusa e seguita da una nuova alleanza, a partire da gennaio di quest’anno, proprio con Megamark. E infatti il 15 gennaio a Cardito l’insegna Tuttigiorni ha lasciato il posto a Sole365, ulteriore dimostrazione di quanto siano intrecciati i diversi percorsi aziendali e quanto vivace sia l’arena competitiva campana.

INVESTIMENTI PER 150 MILIONI DI EURO
L’iniziativa nel Meridione rientra nel piano strategico “CraiFutura”, avviato nel 2022 con l’ambizione di trasformare il gruppo in un’organizzazione più integrata, efficiente e capace di valorizzare il legame con i territori in cui opera. Archiviato il 2024 con un giro d’affari di 3,1 miliardi di euro, il Gruppo Crai rende noto di avere un piano di investimenti di 150 milioni di euro e di puntare a migliorare la proposta commerciale attraverso l’evoluzione del format di prossimità, con particolare attenzione alle aree rurali e turistiche. I primi riscontri relativi all’implementazione del nuovo modello commerciale evidenziano, secondo quanto comunicato, una crescita superiore al 20%. Funzionali al consolidamento sono i modelli di concentrazione tra le diverse realtà del gruppo, come nel caso dell’integrazione tra Fratelli Ibba e Codè Crai Ovest, che rafforza ulteriormente la presenza nel Nord Ovest e consente un presidio più capillare del territorio, con nuove aperture anche nel centro di Torino.

SINERGIE E CENTRALIZZAZIONE
Un ruolo di leadership nella definizione delle strategie e nel coordinamento delle attività del gruppo spetta alla centrale Crai Secom, che ha realizzato nel 2024 un fatturato di 135 milioni di euro, in crescita del 30% rispetto all’esercizio precedente. Questo risultato è stato possibile grazie alla centralizzazione di processi chiave, come la gestione di categorie strategiche e l’internalizzazione di attività operative. L’Ebitda aggregato di Crai Secom, Food 5.0 e Sinergia 5.0 (sviluppo di cura casa e cura persona) è stato di 8 milioni di euro, in linea con quello dell’esercizio 2023. Da segnalare che Giangiacomo Ibba, già Amministratore Delegato di Crai Secom, assume la carica di Presidente, mentre la Vicepresidenza è affidata a Michele Apuzzo. Presente in oltre 800 comuni in tutta Italia, Crai ha una rete di circa 1.500 punti vendita complessivi, tra supermercati, superette e negozi alimentari.

La piadina Loriana alla prova dell’export

Al via il progetto di internazionalizzazione della piadina Loriana, brand di proprietà di Valsoia. Dopo una fase di test positivo, Loriana intende conquistare nuovi consumatori nei principali mercati europei, tra cui Germania, Spagna, Svezia, Lituania e Slovenia, dove è già presente nei principali supermercati. In Italia, Loriana ha registrato una crescita costante, fino ad occupare la seconda posizione nel segmento piadina. All’estero, invece, la piadina è secondo Valsoia ancora una novità da raccontare, in un mercato, quello del bakery confezionato, dalle forti potenzialità.

Per affrontare questa sfida, l’azienda ha lavorato a una nuova identità visiva del marchio, dedicata esclusivamente ai mercati internazionali: un packaging completamente ripensato per favorire la comprensione e la valorizzazione del prodotto, un sito web e materiali di comunicazione coordinati, tutti incentrati su tre pilastri chiave del posizionamento: italianità, qualità premium e tradizione.

L’internazionalizzazione di Loriana rappresenta un passo strategico nel piano di crescita di questa marca – commenta Andrea Panzani, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Valsoia –. Crediamo fortemente nel potenziale della piadina come alimento da scoprire nei mercati esteri: oltre ad essere un prodotto buono e versatile, è un simbolo autentico della cultura gastronomica italiana”.

Fondato a Forlì nel 1973, il brand Loriana fa parte dal 2020 del portafoglio di Valsoia, che l’ha acquisito da Deco Industrie per quasi 13 milioni di euro, ed è stato recentemente iscritto nel Registro dei Marchi Storici di Interesse Nazionale, un riconoscimento ora spendibile anche all’estero come “Historical Trademark of National Interest”. I piani di lancio prevedono un approccio glocal, con l’obiettivo di integrare la piadina nei consumi quotidiani dei nuovi mercati, valorizzandone la versatilità attraverso ricette e storytelling mirati, contenuti digitali e attivazioni in store.

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