CLOSE
Home Authors Posts by instore

instore

3869 POSTS 0 COMMENTS

Cantine di Verona, inaugurato il nuovo impianto di imbottigliamento

Cantine di Verona continua la sua crescita e presenta il nuovo impianto di imbottigliamento di Cantina di Custoza, inaugurato a fine luglio nella sede di Sommacampagna (Verona). La realizzazione della linea, tra le più grandi della provincia scaligera e prevista nel piano di sviluppo economico e commerciale della società post fusione, rientra nel progetto di finanziamento 4.0 ed è dotata di tutte le più moderne tecnologie di controllo.

L’impianto consentirà l’incremento della capacità di imbottigliamento, che si attesta in 10.000 bottiglie all’ora, e la possibilità di completare la filiera con mezzi propri, producendo internamente anche vini spumanti e frizzanti, la cui gestione fino a questo momento veniva affidata a terzi con impianto mobile.

La progettazione della linea di imbottigliamento è stata affidata allo staff tecnico di Cantine di Verona composto dal direttore generale Luca Degani e dagli enologi Luca Oliosi e Michele Peroni. “La linea di imbottigliamento che abbiamo inaugurato è un altro importante passo per affrontare al meglio le sfide commerciali che ci attendono come gruppo – dichiara Luigi Turco, presidente di Cantine di Verona – Potremo così presentarci sui mercati con maggiore forza, per essere ancora di più ambasciatori delle denominazioni vinicole veronesi”.

“Dal punto di vista tecnologico questa linea soddisfa appieno tutte le nostre necessità commerciali, consentendoci di produrre sia vini fermi che spumanti e frizzanti nei più diversi formati – continua il direttore generale Luca Degani. Inoltre, con le nuove tecnologie applicate, riusciamo a garantire uno standard elevatissimo sia dal punto di vista della sicurezza alimentare sia da quello dell’integrità del prodotto. Abbiamo ottimizzato anche la fase dei lavaggi dell’impianto, riducendo al minimo i consumi di acqua, bene sempre più prezioso, allo scopo di adottare pratiche ancora più sostenibili”.

Nutriscore, il commento di Carlo Piccinini

“L’etichetta Nutriscore è pericolosa per il suo eccesso di semplificazione nella classificazione della qualità nutrizionale degli alimenti ed è positivo che la recente delibera dell’Antitrust abbia chiarito ai consumatori che si tratti di un sistema di classificazione non obbligatorio”. Così Carlo Piccinini, di Alleanza cooperative agroalimentari, commenta i provvedimenti pubblicati nel bollettino Antitrust n. 29 del 1° agosto, con i quali si evidenziano i limiti del sistema di etichettatura promosso da alcune catene di distribuzione d’oltralpe e si impone l’introduzione di avvertenze nel packaging per ricordare che il NutriScore “è stato sviluppato in base ad un algoritmo e a valutazioni scientifiche non universalmente riconosciute e condivise”.

Pensato per aiutare il consumatore a scegliere prodotti sani e con il chiaro obiettivo di tutelarne la salute, il sistema di etichettatura Nutriscore, secondo Piccinini, “non aiuta il consumatore, come ha ben sottolineato l’Antitrust, a seguire abitudini alimentari più salutari, anzi, lo indirizza in modo fuorviante all’acquisto, insinuando la convinzione che si tratti di alimenti sani o meno, per il solo fatto di essere associati ad un’etichetta di colore verde o rosso. Come ricordato dall’OMS, nessun alimento considerato singolarmente può assicurare tutti i nutrienti necessari alla base di una vita in salute e per questo risulta fondamentale variare la dieta il più possibile. Ad oggi, inoltre – spiega Piccinini – manca una scelta e regolamentazione in materia e l’Italia si è fatta promotrice di un sistema alternativo noto come NutrInform battery che, a differenza del Nutriscore, non ha l’ambizione di esprimere un giudizio complessivo sull’alimento, bensì di informare sui singoli nutrienti dei vari prodotti”.

“In questa fase è fondamentale contrastare con tutti gli strumenti possibili la diffusione del Nutri- score”, conclude Piccinini. “Occorre agire a tutela sia dei consumatori, che hanno diritto ad una corretta informazione, sia dei produttori di quel variegato e ricco paniere di alimenti che sono oggi alla base della dieta mediterranea. Come Alleanza cooperative Agroalimentari, che rappresenta il l 58% della produzione lorda vendibile del vino, il 43% del valore della produzione lattiero-casearia nazionale, oltre il 60% del fatturato dei formaggi DOP e il 25% della produzione trasformata dei comparti bovino e suino – ed è dunque espressione di quelle produzioni tipiche della dieta mediterranea che finirebbero sotto attacco da parte di un sistema di etichettatura così semplicistico – proseguiremo la nostra battaglia in Europa a sostegno dell’Italia, affinché prevalgano i diritti dei consumatori e vengano intensificati programmi di educazione alimentare, gli unici in grado di orientare verso scelte sane e consapevoli”.

Marca by BolognaFiere, si lavora all’edizione del 2023

Sono già in crescita le adesioni all’edizione numero 19 di Marca by BolognaFiere, l’unica fiera italiana dedicata alla marca commerciale, la grande vetrina dove si espongono i prodotti dell’eccellenza italiana a marca del distributore.

La fiera, organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, l’Associazione della Distribuzione Moderna, si terrà il 18 e 19 gennaio 2023. Il successo della prossima edizione si può già prevedere se si guarda all’interesse che ha accompagnato l’apertura delle iscrizioni. Anche per questa ragione Marca by BolognaFiere 2023 avrà a disposizione 6 padiglioni, uno in più rispetto all’edizione di quest’anno.

Marca by BolognaFiere è l’unica manifestazione dove la Distribuzione moderna organizzata (Dmo) ha a disposizione lo spazio espositivo per le proprie insegne. Un’occasione unica per andare alla sostanza del business, toccare con mano i prodotti e chiudere i contratti tra aziende di qualità e i retailer pronti a riempire gli scaffali con il proprio marchio. Oltre all’aumento degli spazi, l’edizione 2023 porta a casa anche due nuove insegne nel comitato tecnico scientifico, entrambe provenienti dal settore non food: una è specializzata nel settore cura casa/cura persona, l’altra nel bricolage. Le due new entry vanno ad accompagnare le 18 insegne che compongono il comitato: Ard Discount, Brico Io, C3, Carrefour, Conad, Coop, Coralis, Crai, Despar, D.it- Distribuzione Italiana, Italy Discount, Lekkerland, Marr, S&C, Selex, Tuodì, Unes, Végé.

La 19esima edizione di Marca by BolognaFiere ospiterà due conferme: la terza edizione di Marca Fresh, lo spazio dedicato ai prodotti freschi e freschissimi dell’ortofrutta, e la nona edizione di MarcaTech dedicata ai beni intermedi per la supply chain MDD (packaging, logistica, materie prime, ingredienti, tecnologia e servizi) che proporrà alla business community del settore le ultime tendenze per innovare e operare in modo sostenibile ed efficace.

MD, parte progetto di risparmio energetico su 800 punti vendita

Individuare una buona pratica di ottimizzazione dell’utilizzo dell’elettricità da estendere a tutta la rete vendita. È questo il principio ispiratore dell’iniziativa di MD che ha concluso una sperimentazione finalizzata al risparmio energetico, condotta su 12 negozi dalle caratteristiche eterogenee, ma considerate fortemente rappresentative della rete vendita. Gli ottimi riscontri hanno portato il Cavalier Podini a decidere di applicare da subito una buona pratica dalla grande portata ambientale che, estesa a tutti i negozi già a partire dalla prossima settimana, garantirà un risparmio annuo di circa 10 milioni di KWh, ossia 1870 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio).

Il progetto pilota – Sono stati dodici i punti vendita distribuiti su tutto il territorio nazionale che, nel periodo compreso tra l’11 e il 20 luglio, hanno spento il 50% dell’impianto di illuminazione dell’area vendita. Un gesto che, senza penalizzare la chiarezza dell’offerta a scaffale, ha ricevuto un’accoglienza positiva sia da parte della clientela che del personale di tutti i negozi, scelti appositamente tra gli oltre 800 affinché potessero essere il più possibile paradigmatici per format, fatturato e collocazione geografica. Ancora una volta MD si dimostra in prima linea sui temi della sostenibilità e del consumo responsabile, con un impegno che si traduce – come nella filosofia dell’azienda – in gesti concreti.

“La nostra politica di ottimizzazione energetica sui punti vendita è un gesto importante e significativo per la tutela dell’ambiente che richiede il contributo consapevole di ciascuno di noi” – commenta Patrizio Podini Presidente di MD S.p.A. “Siamo pronti ad estendere alla nostra rete l’intervento in modo da coprirla interamente nel più breve tempo possibile. Auspichiamo che il settore distributivo possa seguire il nostro esempio e mettere in atto sempre più azioni concrete che abituino tutti a una maggiore sensibilità nei confronti del dispendio energetico”.

Una volta esteso all’intera rete vendita, questo spegnimento parziale garantirà un risparmio stimato in circa 10 milioni di KWh in un anno, ossia 1870 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio) con la conseguente riduzione di emissioni di CO2 in atmosfera, consentendo inoltre di rimettere in circolo energia preziosa a disposizione della collettività. Un accorgimento reso possibile nell’immediato dalla lungimiranza di MD che ha previsto per tutti i suoi negozi un impianto elettrico che consente la parzializzazione.

La politica energetica di MD – Impianti fotovoltaici installati sui punti vendita di nuova realizzazione e sui centri di distribuzione, monitoraggio dei consumi della rete da remoto, segnalazione in tempo reale ai singoli negozi degli allarmi “porte aperte delle celle”, sensori per la regolazione della luminosità e l’accensione e spegnimento degli impianti sono solo alcuni esempi dell’attenzione di MD in termini di sostenibilità e contenimento dei consumi e degli sprechi energetici.

“Ogni anno investiamo per promuovere nuovi progetti ed attività di efficientamento” – conclude Podini – “perché da sempre ci assumiamo un compito di responsabilità nei confronti della nostra comunità, di cui vogliamo favorire il benessere in un’ottica win win. Credo che stiamo vivendo un momento storico che richiede un ripensamento della crescita, da intendere non come accesso a risorse illimitate quanto un loro utilizzo consapevole e ottimale”.

Una visione di grande attenzione verso l’ambiente e le risorse che verrà riassunta nell’annunciata prima relazione sulla sostenibilità, propedeutica alla redazione di un bilancio di sostenibilità già nel prossimo esercizio.

Riciclabilità del packaging, l’indagine dell’Osservatorio Immagino

L’indicazione sulla riciclabilità dei packaging è sempre più presente sulle confezioni dei prodotti di largo consumo venduti in Italia. Compare, infatti, sul 35,9% dei 128.111 prodotti rilevati in quest’edizione dell’Osservatorio Immagino e risulta cresciuta di quasi cinque punti percentuali rispetto alla fotografia relativa al 2020. Dunque, oggi oltre un prodotto su tre venduto in supermercati e ipermercati comunica esplicitamente al consumatore come gestire le confezioni dopo l’uso o il consumo. Ma la percentuale di prodotti di largo consumo venduti in packaging riciclabili è di fatto maggiore visto che in molti casi (tipicamente per le confezioni in vetro) non viene comunicata sulle etichette.

Tornando a quei 46 mila prodotti che spiegano sulle confezioni come riciclarle, nel corso del 2021 è aumentata la percentuale di quelli in cui la confezione è totalmente o largamente riciclabile (84,4% della numerica) ed è diminuita quella dei prodotti con packaging non valorizzabili tramite la raccolta differenziata (4,2%), a conferma dell’impegno delle aziende del largo consumo sul fronte della sostenibilità degli imballi.

L’analisi per aree merceologiche conferma che in tutti i reparti è cresciuta l’incidenza delle referenze che indicano come riciclare le confezioni. Al primo posto c’è ancora una volta il freddo: non solo è il comparto in cui viene maggiormente comunicata la riciclabilità del prodotto (60,2% dei prodotti) ma anche quello in cui quest’indicazione è maggiormente cresciuta (+9,9 punti percentuali in un anno). Al secondo posto si conferma l’ortofrutta, con il 48,3% dei prodotti su cui è indicato come conferire il packaging, rispetto al 46,4% del 2020. Spiccano, inoltre, le crescite della numerica nella drogheria alimentare e nel fresco, nel cura casa e nelle carni.

Bevande (principalmente a causa del vetro), petcare e cura persona restano le aree merceologiche con le minori percentuali di prodotti “parlanti” in tema di gestione dei packaging. Affinando ulteriormente l’analisi, i comparti merceologici che presentano minori comunicazioni di riciclabilità risultano le bevande alcoliche (come vino, birre, champagne/spumante, liquori e aperitivi) e i prodotti del cura persona (come profumeria, cosmetica, deodoranti, prodotti per la depilazione, per la rasatura e per la cura dei capelli, insieme a prodotti per l’igiene orale e per corpo, mani e piedi). Il comparto con la maggior quota di prodotti che danno indicazioni sulla riciclabilità è la pasta, seguito prima dai cibi per l’infanzia e poi dalla gastronomia vegetale sostitutiva, dal pane e dai suoi sostitutivi, dai surgelati, dal riso, dai prodotti da forno e dai cereali.

Ma qual è il livello di riciclabilità delle confezioni dei prodotti di largo consumo che la comunicano, guardando all’interno delle specifiche aree merceologiche? In ortofrutta, cura casa, bevande e carni oltre il 90% dei prodotti ha un packaging totalmente o largamente riciclabile; questa quota scende intorno all’80% in drogheria, fresco, freddo e cura persona, e si abbassa attorno al 75% per il petcare. Sempre limitandosi alle confezioni su cui viene comunicata la riciclabilità delle confezioni, tra i comparti merceologici svettano le commodity del cura casa, con il 100% delle referenze che possono essere totalmente o largamente riciclabili.

Altri comparti del cura casa (come la detergenza bucato e la detergenza stoviglie) così come alcuni segmenti delle bevande (come acqua minerale, bevande piatte e bevande gassate) sono vicini al 99% delle referenze. Valori più bassi riguardano i condimenti freschi (33,6% dei prodotti con confezioni totalmente o largamente riciclabili), i prodotti da ricorrenza (34,3%) e quelli per la cura dell’infanzia (45,0%).

Decolla la produzione di Parmigiano Reggiano in montagna: + 12%

Grazie a una politica di rilancio articolata in importanti interventi, il Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP ha stimolato la produzione del Parmigiano Reggiano in Montagna, invertendo una tendenza alla decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014.

Infatti, nonostante la Dop possa vantare una biodiversità unica data dalla produzione di latte con 4 razze bovine diverse, di cui 3 autoctone del territorio, una produzione da agricoltura biologica e quella di montagna, nel decennio 2000-2010 nei territori di montagna dell’area di produzione si è assistito alla chiusura di 60 caseifici, con una riduzione del 10% di produzione del latte. Deficit che è stato azzerato dal 2014 ad oggi grazie all’avvio del Piano di Regolazione offerta, che, tra le altre misure, ha previsto sconti specifici per i produttori e i caseifici ubicati in zone di montagna e il bacino “montagna” per le quote latte.

Secondo i dati forniti dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, tra il 2016 e il 2021 la produzione di forme di Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna è aumentata del 12% rispetto al 2014. Crescita a doppia cifra (+15%) anche per la produzione di latte, sempre nello stesso periodo. Un chiaro segno che la strategia di rilancio e valorizzazione studiata dal Consorzio sta funzionando.

“La produzione nelle zone di Montagna è una delle caratteristiche del Parmigiano Reggiano da sempre – ha sottolineato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio. Nella dorsale appenninica da Bologna, a Modena, a Reggio Emilia a Parma, si realizza circa il 20% della produzione. Le aree di montagna da un lato soffrono di condizioni svantaggiate e maggiori costi di produzione, ma dall’altro la permanenza di una solida produzione agricola-zootecnica in questo territorio rappresenta un pilastro economico e sociale di interesse di tutta la comunità locale. Ecco perché è fondamentale che il Consorzio abbia messo in campo interventi che mirano alla diffusione e valorizzazione del Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna, e che continui a farlo anche nei prossimi anni a venire”.

Il Parmigiano Reggiano, infatti, continua a essere il più importante prodotto DOP ottenuto in montagna: basti pensare che nel 2021 oltre il 20% della produzione totale della DOP, circa 850.000 forme, si è concentrata negli oltre 87 caseifici di Montagna sparsi tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Sono 915 gli allevatori coinvolti, per una produzione annuale di 4,35 milioni di quintali di latte. Un’attività preziosissima dal punto di vista sociale per mantenere attiva la dorsale appenninica tra Bologna e Parma grazie al lavoro nelle foraggere e in caseificio.

“Il Parmigiano Reggiano rappresenta uno dei biglietti da visita dell’Emilia-Romagna nel mondo – commenta Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna. Un esempio di altissima qualità produttiva e capacità imprenditoriale, come raccontano i numeri degli ultimi mesi nonostante le tante difficoltà del periodo. Una crescita che mantiene intatta, e anzi ne fa punto di forza, la profonda relazione con il territorio, dimostrata anche dal coraggio e dalla forza di reazione che hanno fatto seguito al dramma del terremoto di dieci anni fa”.

Altro segnale positivo è rappresentato dai cambiamenti generazionali all’interno dei caseifici e nelle comunità di territorio: l’età media dei produttori si va abbassando dai 57 anni di media ai 30-40 di oggi. Questo segnale manifesta la fiducia che i giovani pongono nel Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna e nel futuro della produzione.

I prossimi risultati a cui mira il Consorzio sono sostenere il valore aggiunto del formaggio prodotto in montagna e il suo consolidamento commerciale. Obiettivi da raggiungere grazie al “Progetto Territorio Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna” che definisce oltre a quanto già previsto dai Regolamenti comunitari legati all’origine, una valutazione di qualità aggiuntiva da effettuarsi al ventiquattresimo mese di stagionatura.

A parlare è Guglielmo Garagnani, vicepresidente del Consorzio: “Preso atto dei risultati raggiunti con il consolidamento della produzione nelle zone di montagna, ora la sfida è riuscire a rafforzare il valore commerciale del Parmigiano Reggiano di Montagna per avere un posizionamento nel mercato che riesca a rendere sostenibile tale produzione nel tempo”.

E Alessio Mammi, assessore regionale all’Agricoltura sottolinea: “Per la Regione Emilia-Romagna il sostegno al nostro Appennino e alle aree interne è prioritario: si tratta di una scelta politica chiara, che perseguiamo ogni giorno. Il valore che si genera in montagna, si diffonde di conseguenza in tutto il territorio regionale e ha importanti effetti sociali, economici, ambientali e sulla qualità delle produzioni e della biodiversità. Il Parmigiano di Montagna, la sua bontà e qualità, il sostegno alla filiera lattiero casearia, agli allevamenti e alle aziende agricole sono capisaldi economici da sostenere e promuovere, per garantire reddito alle imprese e lavoro sul territorio. Nel settennio 2014- 2022 sono stati concessi alle imprese agricole e agroalimentari tramite il programma di sviluppo rurale 1 miliardo e 380 milioni di contributi. Di questi, il 42% delle risorse localizzabili sono andate ai territori di montagna. Lo stesso faremo con la nuova programmazione 2023-2027, tramite misure rivolte direttamente ai territori montani e il riconoscimento di criteri prioritari nei bandi”.

Il fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa

Nel 2021 la corsa del fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa si è stabilizzata, dopo anni di espansione. I 23.944 prodotti su cui l’Osservatorio Immagino ha rilevato un’icona, un claim, un riferimento alla provenienza da un preciso territorio italiano o un’indicazione geografica europea hanno chiuso l’anno con oltre 8,9 miliardi di euro di sell-out tra ipermercati e supermercati.

Rispetto al 2020, il giro d’affari è rimasto stabile al -0,1%, con una diminuzione della domanda (-2,7%) a fronte di un’offerta che, invece, ha continuato a espandersi (+2,5%). Nonostante questo scenario di sostanziale stabilità delle vendite, quello dell’italianità resta il fenomeno più pervasivo tra quelli individuati dall’Osservatorio Immagino, poiché accomuna il 26,8% delle referenze rilevate e contribuisce per il 27,5% al giro d’affari complessivo del paniere Immagino. Il marker dell’italianità più presente sulle etichette dei prodotti è la bandiera tricolore, che è stata rilevata su oltre 13 mila prodotti (15,5%) del totale che hanno realizzato oltre 5 miliardi di euro di sell-out, ossia il 16,0% del totale del paniere Immagino. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 hanno perso il -1,3% del giro d’affari, zavorrati dalla contrazione del -3,8% della componente pull a cui si è rivolta una componente push in crescita annua del +2,5%.

Uova, mozzarelle, crescenze, surgelati vegetali e farine sono state tra le categorie in calo, soprattutto per l’effetto rimbalzo sulla domanda, dopo le crescite del 2020. Al contrario nel 2021 sono aumentati affettati, bevande base thè, pizze surgelate e avicunicoli di quarta lavorazione, in tutti i casi per un maggior utilizzo della bandiera italiana sulle confezioni. In flessione anche il business del “100% italiano”, che ha un’incidenza dell’8,0% sulla numerica rilevata e contribuisce per l’11,5% al valore complessivo delle vendite del paniere rilevato. Nel 2021 il giro d’affari dei 7.126 prodotti con questo claim in etichetta ha fatto registrare una flessione del -1,8%, attestandosi a 3,7 miliardi di euro.

Un risultato legato soprattutto al calo della domanda, arretrata del -7,0% rispetto al 2020, e a cui si è contrapposta la crescita del +5,3% dell’offerta. Tra i prodotti sono risultati in crescita merendine, affettati, avicunicoli di quarta lavorazione e latte Uht, mentre a calare sono stati mozzarelle, formaggi a pasta filata e uova. Terzo claim di questo paniere, sia per incidenza sulla numerica dei prodotti sia per valore delle vendite, è “prodotto in Italia”: nel 2021 le 6.748 referenze su cui è stato rilevato hanno realizzato 1,4 miliardi di euro di sell-out, in calo del -0,6% rispetto al 2020. A determinarlo è stato il calo dell’offerta, con la riduzione del -3,0% dell’uso del claim in etichetta.

Invece la domanda è risultata in aumento del +2,4%. Tra le categorie in crescita troviamo piatti pronti surgelati, pesce surgelato panato, uova di Pasqua, uva e verdure di quarta gamma. Tra quelle in calo affettati, paste filate e olio extravergine di oliva. La performance migliore del 2021 nel paniere dell’italianità l’hanno messa a segno gli oltre 4 mila prodotti che evidenziano in etichetta di aver ottenuto la Doc (Denominazione di origine controllata), la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita): nell’arco di 12 mesi il loro giro d’affari è aumentato del +4,0% arrivando a 1,3 miliardi di euro. Un risultato a cui hanno contribuito sia la componente push (+2,2%) sia quella pull (+1,9%), entrambe in espansione. Scorporando i trend delle singole indicazioni europee, spicca il ruolo trainante della Docg, che ha ottenuto nell’anno un aumento del +13,2% del giro d’affari, arrivato a sfiorare i 291 milioni di euro. Molto forte la domanda (+7,7%) e dinamica l’offerta (+5,5%).

Decisamente sopra media anche il trend del paniere Doc (+6,4%), arrivato a 486 milioni di euro di sellout, spinto da un’offerta e da una domanda aumentate di circa tre punti percentuali. Tra le categorie in crescita di tutto il paniere Doc, Dop e Docg spiccano gli spumanti charmat secchi, gli spumanti classici e i vini; tra quelle in calo soprattutto i formaggi grana e simili, a cui si deve in gran parte il risultato annuo negativo del paniere Dop (-2,1%), che, penalizzato dalla contrazione sia della domanda sia dell’offerta, si è fermato a 567 milioni di euro di sell-out. Sostanzialmente stabili, invece, sono risultate le vendite dei 1.946 prodotti contrassegnati dalla Igp (Indicazione geografica protetta) o dalla Igt (Indicazione geografica tipica): nel 2021 hanno perso lo 0,3% del giro d’affari, ammontato a 594 milioni di euro. Verdure di quarta gamma, cipolle, patate e affettati sono stati i prodotti in crescita, mentre mele, pasta di semola e vini quelli in diminuzione.

In Italia continuano ad aumentare i pagamenti cashless

Gli italiani hanno sempre più confidenza nei confronti dei pagamenti digitali e mantengono un’attitudine positiva verso i consumi, nonostante l’attuale contesto macro-economico particolarmente complesso. I volumi di pagamenti digitali con carte italiane hanno infatti registrato un aumento dell’11,8% nel primo semestre 2022 rispetto al corrispondente periodo del 2021 e del 9,3% in confronto alla prima metà dell’anno del 2019.

Da notare che il 2022, rispetto al 2019, ha avuto una accelerazione nel mese di maggio mentre, rispetto al 2021, l’accelerazione è stata più forte nei primi mesi e ora si sta riducendo, poiché nei primi mesi del 2021 le restrizioni legate al Covid avevano avuto un peso maggiore. Di tenore simile, l’andamento semestrale della quantità di transazioni eseguite con carte italiane che nel 2022 ha segnato un +9,7% rispetto al 2021 e un +16,5% vs il 2019.

Per quanto riguarda la dimensione delle transazioni, si può dire che sono cresciute molto le transazioni inferiori ai 10 Euro di spesa, con un +61,6% rispetto al 2019, grazie anche al prolungato effetto positivo della operazione “cashback” sui pagamenti di piccolo importo, mentre si è registrata una crescita meno sostenuta dal 2021 al 2022, del 14,9%.

Questi sono solo alcuni dei principali dati che emergono dal Digital Payments Monitor osservatorio di Worldline Merchant Services Italia, che rileva l’andamento in Italia dei volumi di spesa e il numero di transazioni effettuate con carta attraverso un circuito di 135.000 POS (fisici ed eCommerce) attivi su oltre 76.000 esercenti.

Andamento categorie merceologiche
Di particolare interesse anche il trend dei volumi nelle principali categorie merceologiche. Il settore alberghiero, insieme alla ristorazione hanno fatto registrare l’andamento più vivace nei confronti del primo semestre 2021 (rispettivamente +184,7% e +111,5%), un forte segnale di ripresa del turismo in Italia.

La GDO ha mostrato un aumento dei volumi del 9,1% vs il primo semestre 2019, segno che la pandemia ha avuto un impatto sull’utilizzo dei pagamenti elettronici anche in questo comparto. Ciò è dimostrato anche dal percorso delle transazioni semestrali che sono salite dell’11,5% rispetto al 2019.

In questa direzione va anche il settore Utility, che registra una crescita dei volumi ancora più significativa, del 30,8% vs primi sei mesi del 2021. Significativa anche la crescita dei pagamenti elettronici per le farmacie negli ultimi tre anni, con un +24,9% rispetto al 2019 in volumi e un +40,2% nel numero di transazioni. Infine, da notare anche la crescita nel settore nel trasporto pubblico, che ha fatto segnare un +35,5% sul 2019 e un +69,2% sul primo semestre 2021.

Andamento in alcune Regioni italiane
Il Digital Payments Monitor ha anche rilevato l’andamento dei pagamenti digitali in alcune importanti regioni italiane del Nord e Centro Italia. Lombardia, Veneto e Toscana hanno mostrato aumenti di volumi in maniera sostanzialmente omogenea nei confronti del primo semestre 2021, facendo registrare rispettivamente +12,9%, +13,5%, +17,2% (per numero di transazioni: +15,4%, +10% e +23%). Per il Lazio la crescita è stata poco più significativa, con un +18 %, mentre l’aumento è stato molto consistente per la Valle d’Aosta, che spicca con un +176,6%. Più importanti sono stati gli aumenti vs i primi sei mesi 2019, soprattutto in alcune regioni come l’Emilia-Romagna (quasi +25%), la Puglia (+23%), il Trentino-Alto Adige (+25% vs 2019 e +39,8% vs 2021) e la Liguria, (+16,7% vs 2019 +19,9% vs 2021). Sul versante opposto della crescita, ha fatto eccezione in particolare la Sicilia, attestandosi a un -0,9% rispetto al 2021. Per quanto riguarda invece il numero delle transazioni, da rilevare l’importante crescita della Valle d’Aosta rispetto al 2021, con un +85,9%.

Andamento carte estere
L’osservatorio di Worldline Merchant Services Italia rivela che nel complesso il livello di pagamenti digitali con carte estere in Italia resta ancora sotto il livello pre-pandemia, anche se ci sono dei segnali positivi per alcune categorie di turisti, come ad esempio inglesi e americani. I volumi registrati infatti, hanno segnato un +54% rispetto al primo semestre 2021, mentre è stata rilevata una decrescita del 21,1% nei confronti del periodo gennaio-giugno 2019: quest’anno la presenza dei turisti stranieri nel nostro Paese non ha ancora raggiunto i livelli del periodo pre-pandemia. Nei confronti del 2021 si rileva una spinta più marcata nei mesi di aprile e maggio (con rispettivamente un +112,9% e un +74,8%), confortando così l’ipotesi di un ritorno a una spesa più consistente dei turisti stranieri nel nostro Paese nei prossimi mesi.

Inflazione crescente: i tempi difficili alimentano nuovi business?

La pandemia, per necessità o nuovo interesse, ha motivato circa tre adulti su dieci ad avviare un’attività imprenditoriale. Infatti, già lo scorso anno, l‘indagine internazionale di Ipsos rivelava un aumento dello spirito imprenditoriale, soprattutto tra le donne e i giovani.

Il 2022 si sta mostrando un anno ricco di avvenimenti: il Covid-19 con un aumento dei contagi in tutto il mondo, lo scoppio della guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi e del costo della vita, l’inflazione e molto altro. In questo contesto esterno, difficile e ricco di sfide, quali sono le principali ripercussioni sull’imprenditorialità?

La nuova indagine Ipsos rivela che l’attività e le aspirazioni imprenditoriali variano ampiamente nei 26 Paesi esaminati. In media, a livello internazionale, tre intervistati su dieci (31%) hanno avviato un’attività imprenditoriale in passato e una percentuale analoga (29%) spera di farlo nel prossimo futuro.

In Italia si registrano percentuali minori: il 23% afferma di aver avviato un’attività imprenditoriale in passato e il 26% sta prendendo in considerazione di farlo, ma la maggioranza pari al 51% non ha mai avviato un business.

Al pari dell’attività, anche le aspirazioni imprenditoriali variano notevolmente nei 26 Paesi esaminati. La probabilità di avviare un’attività è più alta in molti Paesi dell’America Latina, in Sudafrica e in India ed è significativamente più bassa in Corea del Sud, Francia, Svezia, Belgio, Paesi Bassi e Giappone.

Anche in Italia non si registrano percentuali elevate, infatti, soltanto il 19% degli intervistati pensa di avviare un’attività imprenditoriale nei prossimi due anni e la principale barriera è rappresentata dai finanziamenti, citati dal 39% dei rispondenti.

Inflazione, tassi d’interesse e supporto del Governo: l’impatto sul successo di un’attività imprenditoriale
In media, a livello internazionale, il 29% degli intervistati avvierebbe un’attività imprenditoriale perché potrebbe contare sui programmi sociali del proprio Paese al fine di mitigare i rischi, percentuale che in Italia si abbassa al 22%. Allo stesso modo, il 35% dei rispondenti a livello internazionale si dichiara demotivata ad avviare un’attività imprenditoriale ritenendo preferibile lavorare per qualcun altro, percentuale che in Italia si alza al 41%.

Analizzando, invece, fattori come il supporto del Governo, i tassi d’interesse e l’inflazione, in che misura questi contribuiscono al successo di nuove attività imprenditoriali?

– Il 68% degli italiani considera il supporto del Governo il principale fattore nel determinare il successo di una nuova iniziativa imprenditoriale, percentuale molto più alta rispetto alla media internazionale del 56%. Al tempo stesso, però, soltanto il 30% dei rispondenti ritiene che il Governo del proprio Paese stia facendo un buon lavoro nel promuovere l’imprenditorialità e assistere attivamente gli imprenditori, percentuale che si abbassa al 19% in Italia.

– Subito dopo si posizionano i tassi d’interesse: il 47% degli italiani li ritiene un fattore di successo, una percentuale leggermente più bassa rispetto alla media internazionale del 50%.

– Infine, soltanto il 26% degli italiani -la quota più bassa tra tutti i Paesi esaminati- considera l’inflazione un fattore determinante per il successo di un’iniziativa imprenditoriale. Nel resto dei Paesi la media è pari al 40%.

PRO+, le nuove creme spalmabili di Molino Rossetto

In linea con i trend di un mercato che vede modelli di consumo sempre più all’insegna del free from e rich-in e orientati verso prodotti dall’alto profilo nutrizionale, salutari e sicuri, Molino Rossetto dà un nuovo impulso attraverso PRO+, la linea ad alto contenuto proteico che soddisfa tutti i pasti della giornata nata grazie al supporto di RED Innovation Lab, il reparto di ricerca e sviluppo aziendale, con il lancio di due nuove referenze dall’alto valore aggiunto e in grado di rispondere alle esigenze sempre più healthy del mercato, non solo italiano ma anche internazionale.

Obiettivo: offrire la possibilità al consumatore di migliorare la propria alimentazione attraverso proposte ad alto contenuto proteico in sintonia con i valori del gusto e benessere come PRO+ Crema Proteica Nocciola e PRO+ Crema Proteica Pistacchio.

PRO+ Crema Proteica Nocciola
È una crema spalmabile al cacao e nocciole 100% di origine italiana. Con il 20% di proteine del siero del latte risulta ottima per una gustosa colazione senza rinunce. Il marcato e delizioso sapore della nocciola la rende perfetta per farcire e arricchire dolci fatti in casa. Realizzata con materie prime accuratamente selezionate, senza zuccheri aggiunti, senza olio di palma e senza glutine.
Disponibile nel pratico vasetto Apri&Chiudi da 190g

PRO+ Crema Proteica Pistacchio
Innovativa e unica a scaffale della GDO nella proposta al gusto pistacchio è una crema spalmabile con il 20% di proteine del siero del latte con edulcorante, senza zuccheri aggiunti, olio di palma e glutine; quindi, adatta anche per celiaci o intolleranti. La crema proteica Pistacchio è ideale per tutti coloro che seguono una dieta ad alto contenuto proteico da gustare abbinata ad un dolce fatto in casa o semplicemente uno sfizioso dessert al cucchiaio per una giusta carica di energia, vitalità e forza muscolare.
Disponibile nel pratico vasetto Apri&Chiudi da 190g

Le due novità che si inseriscono nella Linea PRO+ e vanno ad arricchire la gamma attualmente composta da Preparato per Pancakes, Preparato per Brownies, Preparato per Pizza e Preparato per Pane unitamente alle neonate Porridge Basic+ e Porridge Cocco & Cacao, rappresentano l’invito ad un consumo ad alto valore proteico da abbinare con il Preparato per Pancakes, per una combo driver di loyalty e awareness.

Packaging
Il “look and feel” del packaging proposto in vasetto di vetro Apri&Chiudi, essenziale ed elegante risponde coerentemente alla pack system della Linea PRO+, caratterizzato da una gerarchia di informazioni votata alla chiarezza e alla semplicità e pensato per chi segue un regime alimentare sportivo ma anche per chi ha voglia di rimanere in forma.

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare