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Bevande a basso tasso alcolico, mercato in espansione ma serve normativa UE

Negli ultimi anni è aumentata in molti Paesi del mondo l’offerta di bevande senza alcol o con ridotto tenore alcolico, vendute e pubblicizzate come in grado di replicare l’esperienza di consumo di birra, vino e superalcolici, per chi non può o non vuole bere la versione alcolica “classica”. Mentre il mercato delle birre analcoliche o a bassa gradazione è già piuttosto consolidato nella maggior parte degli Stati UE, quello degli altri prodotti “low/no alcohol” è solo agli inizi del suo sviluppo.

Tra i paesi UE che trainano il mercato vi sono Francia, Spagna, Germania e Belgio (in totale, 84% del mercato UE per i superalcolici e 91% del mercato UE dei vini aromatizzati “low/no”), mentre fuori dall’UE mercati vivaci sono soprattutto quello australiano e quello USA, con un valore stimato rispettivamente di circa 2 miliardi e 1 miliardo di euro ciascuno. Se la birra è di gran lunga il prodotto più venduto, in alcuni Paesi sta avanzando anche il consumo di vini dealcolizzati e versioni a gradazione ridotta dei distillati più diffusi. Ciò è vero, ad esempio, in Francia – dove il vino a basso tenore di alcol ha raggiunto nel 2021 un valore di mercato stimato a 166 milioni di euro – e nel Regno Unito, primo mercato per le alternative “low/no alcohol” ai superalcolici, con vendite per 98 milioni di euro. Se in valore assoluto questo segmento rappresenta ancora una nicchia di mercato, in genere contribuendo a meno dell’1% del rispettivo mercato di riferimento (anche qui, con l’eccezione della birra), è notevole la crescita rilevata negli ultimi anni per questa tipologia di prodotti (+18% CAGR a valore 2019-2021 per distillati e liquori “low/no”), in un quadro di generale stabilizzazione o riduzione dei consumi di bevande alcoliche.

E in Italia?
In Italia il mercato delle alternative “low/no alcohol” sta muovendo i primi passi e pare meno sviluppato rispetto ad altri Paesi, in cui è già piuttosto comune trovare vini dealcolizzati o alternative analcoliche al gin tra gli scaffali dei supermercati. Lo studio Areté destinato alla DG Agri della Commissione UE stima in circa 8 milioni di euro il mercato italiano delle bevande “low/no” alternative ai superalcolici nel 2021 (lo 0,1% del totale della categoria), a fronte dei 78 milioni di euro del mercato francese. Cifre ancora più ridotte per i vini aromatizzati, rappresentati principalmente dalle alternative al vermouth, con vendite stimate in meno di un milione di euro. Se la cava un po’ meglio il vino (parzialmente) dealcolizzato, con un mercato nazionale stimato di circa 30 milioni di euro, nettamente in rincorsa rispetto a Francia (166 milioni) e Germania (69 milioni).

I dati Euromonitor International analizzati da Areté per lo studio fanno però intravedere previsioni di forte crescita nei prossimi anni (+23% di tasso di crescita medio annuo 2021-2026 per i superalcolici “low/no”), in linea con le aspettative di molti operatori, che vedono in questo mercato un grande potenziale per raggiungere nuove categorie di consumatori (si pensi ad esempio a chi non beve alcolici per motivi religiosi) ed allinearsi a trend di consumo ormai consolidati (quali la preferenza per prodotti più salutari).

Il punto di vista dei consumatori
Mentre la birra analcolica o a bassa gradazione è ormai familiare alla maggior parte dei consumatori, nei confronti delle versioni “low/no alcohol” di altri alcolici quali il vino o i distillati, lo scetticismo era prevalente fino a poco tempo fa, anche a causa della bassa qualità percepita di queste bevande. Questa iniziale diffidenza pare però aver stimolato gli investimenti da parte dei produttori verso un miglioramento della qualità organolettica tramite lo sviluppo di nuove tecniche produttive dirette ad aumentare la somiglianza di queste bevande alle controparti alcoliche. Di conseguenza, il 59% dei consumatori dell’UE dichiara attualmente un atteggiamento generalmente positivo, di curiosità, nei confronti di queste bevande in quasi tutti i principali mercati europei, mentre solo il 6% ha riferito una reazione negativa.

Insieme ai benefici per la salute (ai primi posti per il 31% dei rispondenti), la qualità del prodotto è considerato l’aspetto più importante, nonché il principale obiettivo degli investimenti e della ricerca dei produttori. Una bassa qualità percepita e la marcata differenza di sapore rispetto alla corrispondente bevanda alcolica, sono citate come fattori atti a scoraggiare il consumo per il 25%-30% dei consumatori interpellati (in media). Gli under 35, in particolare, paiono più attenti a stili di vita sani e sono generalmente più inclini a provare prodotti nuovi (per esempio versioni “low/no” dei distillati o dei vini aromatizzati) discostandosi dalla tradizione, mentre tra i consumatori più adulti la birra analcolica/ a bassa gradazione è il prodotto che suscita maggior interesse.

La normativa
Uno degli aspetti critici, con impatti anche sugli andamenti di mercato, è la normativa. Ad oggi non esiste una definizione legale di “bevanda alcolica” nella legislazione alimentare dell’UE e il quadro normativo per i prodotti di questa categoria può variare in modo significativo da un Paese all’altro e tra prodotti diversi, così come la possibilità di commercializzare versioni alcohol free o a ridotta gradazione alcolica. Queste differenze diventano particolarmente evidenti soprattutto in tema di etichettatura e di denominazioni di vendita autorizzate: mentre la possibilità di produrre (e commercializzare come tali) vini dealcolizzati è stata introdotta dalla più recente riforma PAC del 2021, ad oggi è vietato etichettare come gin, vodka o whiskey bevande che ne imitano il sapore ma che hanno un tenore alcolico ridotto. Grande attenzione viene data nello studio proprio al tema dell’etichettatura, sul quale sarà necessario lavorare per garantire maggior chiarezza a consumatori e operatori, senza trascurare le istanze di chi vuole tutelare le produzioni tradizionali di bevande alcoliche, per le quali l’Europa è celebre in tutto il mondo.

“Guardando all’UE nel suo complesso – spiega Enrica Gentile, Project Manager per il progetto UE svolto da Areté, il mercato delle bevande “low/no alcohol” diverse dalla birra è ancora in una fase iniziale di sviluppo in tutti i Paesi membri, e le relative dinamiche sono ancora in grande evoluzione, ma le attese per i prossimi anni sono di crescite complessive a due cifre, in particolare per vino e alcolici. In questo contesto, sono di grande importanza l’innovazione tecnologica e di prodotto, ma anche la possibilità di avere un quadro normativo chiaro, a beneficio di consumatori e operatori”.

L’etichettatura di queste bevande pare essere lo snodo centrale della discussione, tema sul quale l’Unione Europea può avere diversi strumenti di intervento, ad esempio fornendo regole comuni per l’uso di locuzioni quali “analcolico” o “a bassa gradazione” nella comunicazione di prodotto e cercando (assieme ai diversi portatori di interessi) soluzioni efficaci per descrivere queste bevande.

BrewDog, craft beer formato Gdo

Da un garage di Ellon, in Scozia, agli scaffali della Gdo italiana. Nel mezzo, 15 anni di passione per la birra, rigorosamente artigianale. BrewDog è un marchio conosciuto nel panorama birrario internazionale, nato nel 2007 dall’inventiva dei due fondatori – James Watt e Martin Dickie – spinti dall’insoddisfazione per il mercato delle birre commerciali, che giudicavano statico. Alla fama ha contribuito anche il modello aziendale: nel 2009, non trovando banche disposte a finanziare l’iniziativa, viene varata la prima campagna di crowdfunding, seguita negli anni da altre quattro, per un totale di 75 milioni di sterline raccolti (circa 87 milioni di euro al cambio attuale) e 130.000 investitori in tutto il mondo, di cui oltre 1.000 in Italia.

Netta anche la scelta in tema di sostenibilità: per ogni birra prodotta, BrewDog rimuove una quantità di CO2 doppia rispetto a quella emessa. Forte di uno stabilimento nella natìa Ellon e di altri tre rispettivamente a Columbus, in Ohio, affiancato da un hotel ovviamente a tema birrario, Berlino e Brisbane, in Australia, il marchio ora scommette sulla Gdo italiana. “Stiamo finalizzando le ultime negoziazioni con alcuni clienti, così da massimizzare i volumi nella stagione estiva” racconta a Instoremag.it Luca De Zen, Amministratore Delegato di Royal Swinkels Family Brewers Italia, che cura la distribuzione.

Quante referenze intendete proporre?
La gamma di BrewDog è molto ampia, ma attualmente nella Gdo ci stiamo concentrando su sei referenze che, per tipologia e caratteristiche, si avvicinano di più ai gusti dei consumatori italiani. A cominciare dalla birra iconica di BrewDog, Punk IPA, di grande impatto aromatico con note agrumate e fruttate. Un’altra birra di punta è Hazy Jane, una New England IPA (Neipa) non filtrata con una gradazione alcolica di 5 gradi e un gusto morbido e avvolgente. Planet Pale è la novità del 2022, leggera e dissetante, simbolo già nel naming della mission di BrewDog verso il Pianeta.

I prodotti saranno disponibili tutto l’anno e in quali formati?
Si tratta di birre che possono essere apprezzate grazie alla loro facilità di bevuta e ad ottimi accostamenti con la cucina italiana. La nostra intenzione è quindi mantenerle a scaffale tutto l’anno. I formati sono la bottiglia in vetro da 33 cl e la lattina da 50 cl, 44 cl e 33 cl.

Quali obiettivi avete in termini di distribuzione?
Contiamo di raggiungere 60 punti di distribuzione ponderata (iper + super) già nel 2022. Un traguardo sicuramente ambizioso, ma siamo nella giusta direzione e gli ultimi dati IRI ce ne stanno dando conferma. BrewDog aveva già una buona distribuzione soprattutto nel Nord Italia, dove stiamo ampliando l’assortimento nelle grandi superfici e raggiungendo gli store format di dimensione più contenuta. Al contempo stiamo lavorando per portare il brand nei punti vendita del Centro e Sud Italia dove il consumo delle craft beer cresce velocemente.

Qual è il posizionamento di prezzo e qual è stato il riscontro dei buyer?
Il posizionamento è in linea con il segmento delle craft beer straniere. Quanto ai i buyer hanno espresso interesse fin da subito per il brand e i prodotti vedendone il potenziale.

Come comunicate il lancio della gamma?
In Gdo siamo andati subito a lavorare con materiale Pos, che facesse emergere i prodotti a scaffale, e la realizzazione di espositori e materiali che dessero visibilità al brand instore. Per quanto concerne la comunicazione, stiamo lavorando per aumentare l’awareness del brand con attività di Out of Home e con iniziative di Pr che diano risalto al brand.

Che tipo di accordo avete con BrewDog?
In Italia, Royal Swinkels Family Brewers ha un accordo di distribuzione che copre l’intero territorio nazionale e tutti i canali. Nel fuori casa la distribuzione è assicurata dalla collaborazione con Ales&Co, operatore con una forte specializzazione e competenza nelle birre craft, che storicamente ha distribuito con successo BrewDog e che da quest’anno distribuisce anche tutto il portafoglio di birre craft e speciali di Royal Swinkels Family Brewers, importate dal Belgio e dall’Olanda.

In conclusione, quali sono i punti di forza di BrewDog?
È un marchio che si è sempre distinto per le sue birre aromatiche – che giocano su mix di malti e luppoli diversi – e per la qualità, oltre che per la sua irriverenza e voglia di superare i confini della tecnica birraria. All’interno del panorama delle birre craft il mantenimento del livello qualitativo è una delle principali sfide e BrewDog fornisce in questo delle garanzie che rappresentano un motivo di apprezzamento e interesse sia per i consumatori che per i clienti.

Sei referenze BrewDog destinate alla Gdo italiana

Al grido di “Craft Beer for the People”, BrewDog ha creato un movimento internazionale in grado di evolversi con coerenza negli anni e le sue birre sono diventate simbolo di “un’ordinaria follia”, segnata da produzioni sfacciate come quella di Punk IPA, birra artigianale numero uno in Europa e primo grande successo internazionale del brand.

Da quest’anno il marchio più “ribelle” della storia della birra viene distribuito in Italia nel canale retail dal gruppo olandese Royal Swinkels Family Brewers. Con una comunicazione irriverente e un modo di fare birra rivoluzionario BrewDog è un vero e proprio caso nel panorama internazionale.

BrewDog si presenta sul mercato italiano nella grande distribuzione con sei diverse referenze, tutte di ispirazione americana, molto aromatiche e ricche di luppoli.

Punk IPA
Punk IPA (grado alcolico 5,4%) è il simbolo della rivoluzione craft in Europa. È una birra particolarmente aromatica e ben bilanciata sul gioco di malti e luppoli, caratterizzata da un colore dorato intenso. Lo stile India Pale Ale si ispira alle tendenze americane; questa birra è prodotta interamente con luppoli americani e neozelandesi. All’olfatto si rivelano subito intense note agrumate e tropicali, soprattutto pompelmo, frutto della passione e ananas. Al palato si conferma il piacevole carattere fruttato con un finale lungo e dissetante.

Hazy Jane
Hazy Jane (grado alcolico 5%) è una New England IPA, espressione di uno stile che proviene dal Nord degli Stati Uniti, dal New England e reinterpreta la tradizione inglese delle IPA. È una birra torbida o hazy, da qui il nome Hazy Jane (“torbida Jane”), caratterizzata da un ottimo equilibrio. Sia al gusto che all’olfatto emergono note di frutta tropicale (ananas, mango e papaya in evidenza) ed una vena agrumata con sentori di scorza d’arancia e limone. In chiusura un delicato amaro erbaceo. Dall’aspetto opalescente per il cospicuo dry hopping e per la presenza di avena e frumento nella sua ricetta, ha un sapore più morbido ed avvolgente e un’amarezza più contenuta delle IPA.

Elvis Juice
Elvis Juice (grado alcolico 6,5%), dedicata a The King, è una Citrus IPA ambrata, di carattere, prodotta con luppoli americani e infusa con scorze di pompelmo, che le donano spiccate note amare e fruttate. La principale caratteristica di questa birra è l’equilibrio perfetto tra l’amaro dei luppoli e la dolcezza dei malti. Ha un corpo leggero in cui sono le note agrumate dei luppoli, esaltate dal pompelmo, a fare da padrone. In chiusura, una vena più spiccatamente erbacea e un amaro deciso rendono la bevuta dissetante.

Dead Pony Club
Dead Pony Club (grado alcolico 3,8%) è una Session IPA che rientra nelle Californian Pale Ale. Presenta un piacevole carattere luppolato e un corpo leggero e si presenta con un colore ambrato. Ha un bouquet aromatico ampio, dove emergono in maniera rilevante sentori floreali, agrumati e di frutta tropicale. Al palato c’è un buon bilanciamento tra l’elemento “beverino” e la componente luppolata che dà struttura al prodotto e concede un lieve amaro persistente in chiusura. Luppolo e basso tenore alcolico sono il segreto di questa birra rifrescante e beverina.

Planet Pale
La Planet Pale (grado alcolico 4,3%) è una novità nelle Pale Ale, birre ad alta fermentazione, bionde, prodotte con malti più leggeri. Un nuovo mix di luppoli che le conferiscono lievi note agrumate e note di pino lasciando un morbido retrogusto di frutti tropicali. Una birra straordinaria, espressione del DNA di BrewDog e della sua mission di impegno verso il Pianeta e di passione per le birre di qualità.

Lost Lager
Lost Lager è una birra dal tenore alcolico medio (grado alcolico 4,5%), si ispira alle categorie delle pilsner tedesche, con una attenzione al pianeta, in pieno stile BrewDog. È una birra chiara, prodotta utilizzando l’energia eolica, un terzo in meno di acqua e minori scarti dei malti. L’aggiunta dei luppoli Select, Spaltere Saphir combina vibranti note di agrumi ed erbe regalando a questa iconica lager un gusto intenso e rinfrescante.

Beery Christmas, il calendario dell’Avvento con 25 birre esclusive

Tra le tante forme del Calendario dell’Avvento, quella originalissima proposta da HOPT, key player europeo nella vendita di birra online, che dal 2012 propone il Beery Christmas,rinnovandolo con una selezione di birrifici e referenze create ogni anno in esclusiva per questo special pack.

Dall’Italia alla Svezia, dalla Francia agli Stati Uniti, dall’Estonia alla Nuova Zelanda, sono 26 i birrifici (di cui 7 sono stati inseriti nella Top 100 mondiale di Ratebeer) che hanno collaborato a questa nuova edizione. Un viaggio intorno al mondo per scoprire sapori unici che hanno il gusto delle tradizionali birre di frumento, delle più moderne IPA e dei famosi stili belgi rivisitati, un intreccio tra metodi di produzione classici e innovativi. Perché si sa, la birra vanta una storia lunga 6000 anni, ma è in continua evoluzione. E, per il Natale 2021, per la prima volta, sono 25 le birre pronte ad accompagnare, day by day, per 24 giorni tutti gli appassionati con degustazioni di grande qualità.

Un’esperienza che si arricchisce grazie ai contenuti disponibili sul sito attivo tramite il QR code presente sulla confezione del Beery Christmas. Ogni giorno, dal 1 al 24 dicembre verrà svelato il contenuto relativo alla birra corrispondente, la sua storia, la passione che ne ha caratterizzato la creazione, aneddoti, curiosità, oltre alle informazioni utili su come gustarla al meglio, dal bicchiere alla temperatura di servizio, fino all’abbinamento culinario perfetto. Per unire queste 25 nuove referenze è stato sviluppato un pack dal design capace di andare oltre il prodotto per raccontare le persone che ne costituiscono l’anima creativa e la passione birraria: sono i volti di tutti i mastri birrai che hanno contribuito allo sviluppo del Beery Christmas, ritratti con uno stile colorato e moderno. Un’idea nata dalla collaborazione tra Hopt e Marie Gosselin, una giovane e talentuosa illustratrice di Lille, Francia, la città dove l’azienda è nata nel 2007 e ancor oggi sede delle sue attività.

Il Beery Christmas 2021 è il regalo perfetto per il Natale di tutti i beerlovers che desiderano vivere un’esperienza di degustazione irripetibile perché esclusiva. Un cadeau unico da donare e donarsi.

Export: exploit italiano su birra, spumante e caviale

Birra, Spumante e caviale: l’export italiano vola e fanno capolino anche produzioni ‘più esotiche’. L’analisi di Coldiretti in occasione di Cibus.

L’Italia (e il suo export) vanno alla grande e macinano volumi. Spumante, birra e caviale: tre categorie di prodotto in cui il Bel Paese dà punti al resto d’Europa. Ecco alcune evidenze emerse dall’analisi della Coldiretti su dati Istat per l’apertura di Cibus.

Se sul fronte birra le esportazioni italiane verso la Germania crescono del 10% e del 32% quelle verso gli USA, altrettanto bene vanno quelle di spumante in Francia: +8%.
Quanto al caviale la crescita è del 187%, con l’Italia che è diventata leader mondiale nell’allevamento.
A guardar bene, secondo quanto emerge dalle proiezioni Coldiretti su dati Istat, è la filiera dell’agroalimentare nel suo complesso quella che ha dimostrato la maggiore resilienza alla crisi mettendo a segno nel 2021 il record storico nelle esportazioni in aumento del 12% nel primo semestre per un valore annuale stimato in 50 miliardi. A trainare le vendite all’estero sono i settori tradizionali del Made in Italy ma non mancano – sottolinea la Coldiretti – risultati interessanti dovuti alla capacità di innovazione, qualità del prodotto e spirito imprenditoriale.

Un esempio, in questa direzione, è quello fornito dalla birra artigianale con una produzione che ha raggiunto i 550 milioni di litri all’anno, dei quali circa un terzo si ottengono da aziende che trasformano direttamente i prodotti agricoli.

Ma gli esempi continuano come le prime spedizioni di riso tricolore verso la Cina o il boom della produzione di frutta esotica Made in Italy con le coltivazioni nazionali che in meno di tre anni sono raddoppiate superando i mille ettari fra Puglia, Sicilia e Calabria per sfruttare positivamente gli effetti drammatici dei cambiamenti climatici.

Sempre più spesso nelle regioni del Sud prima si sperimentano e poi si avviano vere e proprie coltivazioni di frutta originaria dell’Asia e dell’America Latina dalle banane ai mango, dall’avocado al lime, dal frutto della passione all’anona, dalla feijoa al casimiroa, dallo zapote nero fino al litchi. Il tutto grazie all’impegno di giovani agricoltori – ricorda la Coldiretti – che hanno scelto questo tipo di coltivazione, spesso recuperando e rivitalizzando terreni abbandonati proprio a causa dei mutamenti climatici, con oltre sei italiani su 10 (61%) acquisterebbero tropicali italiani se li avessero a disposizione invece di quelli stranieri, secondo un sondaggio Coldiretti-Ixè.

2020: anno d’oro per la Birra in GDO. L’analisi di IRI

Un 2020 positivo per il Largo Consumo Confezionato (+6,5% in volume e +7,6% in valore, considerando i canali Iper + Super + Libero Servizio Piccolo + Specialisti Casa e Persona + Discount), soprattutto grazie al contributo dei reparti Food e Home Care.

Discount e Specializzati Casa e Persona, sono stati i formati più performanti (a volume rispettivamente +10,3% e del +9,1%).

Mentre sul fronte prezzi si è registrato un calo generalizzato della pressione promozionale che si attesta al 24,8% (-2,3 punti rispetto al 2019) e un conseguente aumento dei prezzi medi (+1,1%).

In contrazione anche la profondità degli assortimenti, con la sola eccezione del Discount. Infine, come abbiamo più volte evidenziato, il 2020 ha assistito a un vero e proprio boom dell’e-commerce, che ha chiuso l’anno con un trend a valore pari a +119%.

Covid e bevande

In questo contesto, si registra un ottimo andamento per le Bevande nel canale Brick&Mortar (+4,4% a volume e +5% in fatturato).

La crescita è stata guidata dal mondo degli Alcolici con un contributo estremamente positivo da parte di tutte le categorie (incrementi in volume: Vino +5,6%, Spumanti +6,7%, Spirits +6,5% e Aperitivi +23,8%).

Un clima più rigido rispetto all’anno precedente ha invece influito negativamente sui volumi sviluppati dalle Bevande Analcoliche: in calo le Bevande Piatte -4,6% (Tea, Isotoniche, Acque aromatizzate), mentre restano in terreno positivo l’Acqua +1,9% (lo spostamento su formati più grandi a discapito dei formati da consumo fuori casa riduce il prezzo medio della categoria), i Succhi e i Nettari +1,4%, le Bevande Gassate +2,7% e soprattutto gli Energy Drink +10,8%.

Il mercato della birra

In quest’ambito, nel 2020 le vendite hanno superato per la prima volta il fatturato di 2 miliardi di euro (Totale Italia incluso Discount), consolidando anche in questo difficile anno la sempre maggiore centralità della categoria all’interno del comparto del Largo Consumo Confezionato.

Ancora una volta i risultati di fatturato (+10,7%) sono migliori rispetto al trend dei volumi, che restano comunque estremamente positivi (+9,0%). Questo dato è influenzato in particolar modo dalla diminuzione dell’attività promozionale che, seppure molto alta (49,8%), scende rispetto all’anno precedente (-2,6 punti).

Questa performance si spiega essenzialmente con lo spostamento dei consumi dal mercato del fuori casa, verso un consumo casalingo.

La razionalizzazione dello scaffale

Il fenomeno, attribuibile ai problemi logistici durante il periodo di lockdown ha coinvolto anche il mercato della Birra. Il segmento più colpito è stato quello delle Speciali che hanno registrato un calo di 10 referenze medie a scaffale a marzo e ad aprile; tuttavia il segmento ha continuato a mostrare una certa dinamicità (+18,9% a valore). La realtà delle Birre Speciali è ormai consolidata: a valore è infatti il secondo segmento del mercato con una quota del 18,9%.

Anche le Standard crescono molto velocemente (+9,5%), mentre le Birre Sophistication, che hanno un prezzo/litro leggermente superiore alle Birre Standard, mostrano dei trend positivi ma a tassi più contenuti (+5,9%). In crescita anche gli altri segmenti: Saving +7,1%, Beer Mix +3,9% e Analcoliche Light +4,9%.

In questo contesto, il Discount sta crescendo a tassi quasi doppi rispetto agli altri canali (+15,7% a volume), mostrando una spiccata vivacità sia a parità di rete che in termini di nuove aperture di punti di vendita.

Va sottolineato inoltre che tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 gli assortimenti medi a scaffale sono tornati in territorio positivo: un fattore che potrà sicuramente giovare al trend di tutta la categoria della Birra.

In linea con l’intero comparto del Largo Consumo Confezionato, anche per la categoria della Birra, l’innovazione è stata sostanzialmente azzerata nel 2020 e rimandata al 2021.

Le principali dinamiche del mercato

 

Anno 2020

Euro (mio)Var.
%
Quota Val.EttolitriVar.
%
Quota Vol.% Vol. PromoVar. P.ti
Birra2.05010,7100,011.048.0549,0100,049,8-2,6
Standard7599,537,04.670.9378,242,354,7-3,1
Sophistication3925,919,12.018.8815,318,360,1-2,7
Special Beer56818,927,71.814.03219,616,438,8-2,7
Saving2617,112,72.139.5806,519,420,53,6
Beer Mix393,91,9222.1155,02,025,1-5,8
Analc. + Light304,91,5182.50911,01,718,6-4,8

 Fonte: IRI InfoScan Census – Tot Italia + Discount (Dati Promo: Ita Iper+Super+LSP>100mq) – 2020

Promozione e comunicazione

Le difficoltà logistiche dovute al lockdown hanno causato un calo promozionale che si è verificato in tutti i segmenti ad eccezione delle Birre Saving: Standard -3,1 punti, Sophistication -2,7 punti Special Beer -2,7 punti, Beer Mix -5,8 punti e Analcoliche Light -4,8 punti.

Contemporaneamente anche la profondità di sconto e l’efficacia delle promozioni sono calate notevolmente e molte attività all’interno dei punti di vendita, come doppie esposizioni e/o teatralizzazioni che avevano caratterizzato le scorse stagioni, non sono state implementate durante il 2020.

Emerge, invece, un trend dei volumi molto positivo per il segmento delle Birre Analcoliche Light con l’obiettivo strategico di allargare le occasioni di consumo della categoria per incrementare il consumo pro-capite. La ricerca sulla qualità del prodotto delle Birre non alcoliche e una maggiore visibilità all’interno del Punto di Vendita sono alcune delle strategie volte a far crescere i consumi.

In questo scenario la comunicazione con gli strumenti canonici, ma anche attraverso lo sfruttamento delle piattaforme digitali sempre più popolari, continua ad avere un ruolo centrale.

Horeca e Cash&Carry: la situazione

A partire dal primo lockdown il mondo del Fuori Casa è stato e continua ad essere uno dei settori più penalizzati dalla crisi pandemica.

Il servizio di misurazione IRI Grossisti Bevande, evidenzia infatti come le vendite di questi prodotti, in crescita negli ultimi anni nel Canale dei Grossisti specializzati (Fonte: IRI Grossisti Bevande che monitora le Partecipate ed i Consorzi), chiudono il 2020 con un andamento dei volumi pari a -31,4%; il calo è generalizzato e non risparmia nessuna categoria. La Birra, che sviluppa il 37% del fatturato e che è considerata la categoria più rilevante, registra un -35,4% in termini di volumi e un -35,8% in termini di ricavi.

Differente la dinamica di sviluppo dei Cash&Carry che presumibilmente si riposizionano cambiando l’offerta, diversificandola dall’Horeca, in modo da allargare la propria clientela. In questo canale il comparto delle Bevande chiude il 2020 con un -0,9% in volume e un -13,3% in valore. Il gap è spiegato dal consistente aumento del peso dell’Acqua Minerale (la categoria meno costosa), a discapito delle altre categorie. Oltre all’Acqua solo gli Aperitivi Alcolici registrano un aumento delle vendite, mentre le altre categorie sono tutte in contrazione. La Birra rimane stabile in volume (-0,1%) ma perde in fatturato (-2,3%). Il calo del prezzo medio, a fronte di una pressione promozionale in contrazione, è dovuto al differente mix: cresce la fascia Mainstream a discapito delle marche Premium; aumenta la quota del vetro nel formato da 66cl e cala quella del formato da 33cl.

I siciliani e la Birra: voglia di socializzare

La Birra spariglia in Sicilia, conquistando un duplice podio: per 6 siciliani su 10 è la bevanda più socializzante, anche al di sopra del caffè (14%) e del vino (che tra bianco, rosso e spumante tocca appena il 20%); mentre per 7 siciliani su 10 (il 69% circa) la birra è stata anche la bevanda più consumata negli ultimi mesi, seconda solo ad acqua e caffè.

È questo l’evidenza che emerge dalla survey commissionata da Birra Messina all’Istituto di Ricerca Piepoli (dal titolo: “Birra e socialità in Sicilia: specchio dei tempi che cambiano”), da cui si evince lo straordinario rapporto dei Siciliani con la birra. In Sicilia la birra è la vera e propria regina dello stare insieme e rimane tale anche adesso che le abitudini degli Italiani sono cambiate, relegando la socialità alle mura domestiche e trasferendo i consumi di molti prodotti al contesto familiare. Con una curiosità. I dati di consumo settimanale di birra degli ultimi mesi – a pasto e di tipo responsabile – sfatano un luogo comune: la Sicilia, con una quota del 76% – che già supera la media nazionale pari al 68% – supera anche il Nord-est, zona di cultura birraria per eccellenza, che si attesta “solo” al 73%.

Un risultato che, però, non sorprende se si pensa che la birra è da sempre una bevanda tipica del mediterraneo, apprezzata e consumata già durante l’Impero Romano. Per sua natura, infatti, è legata in modo indissolubile ai cereali ed è proprio il suo legame con grano e orzo che ne fa non solo un elemento caratterizzante della Dieta Mediterranea ma ancor più della Sicilia, il “granaio” italiano già ai tempi dei romani.

Questi dati confermano come la birra, anche in un momento come questo, rappresenti la bevanda perfetta per la condivisione, evidenziando quanto la socialità, che oggi sta cambiando per adattarsi alla nuova realtà, resti un valore fondamentale. La Sicilia è terra di amanti della birra, lo dimostrano i consumi che, oramai, superano anche quelli di certe aree del Nord d’Italia con una forte tradizione brassicola. Interessante anche il crescente interesse per le birre speciali: il lancio di Birra Messina a livello nazionale ha rappresentato una rivincita e una sfida che, insieme alla nascita di Birra Messina Cristalli di Sale, dalla forte identità locale, ha voluto rappresentare un omaggio a un territorio dove la birra è di casa, sinonimo anche di quella tradizione e radice mediterranea da cui trae origine e che proprio in Sicilia ha uno dei suoi baricentri.

La ricerca ha indagato anche quali sono le occasioni di consumo, la percezione e il vissuto della birra. In Sicilia, i consumi sono avvenuti principalmente tra le mura domestiche (77%), ma anche quelli fuori casa hanno retto il colpo, attestandosi al 59%, di cui il 51% in pizzeria, il 34% al ristorante, il 33% al pub, il 22% al bar e il 14% in altri locali. E se il 38% degli intervistati in Sicilia è concorde nel sostenere che non serve un’occasione speciale per comprare birra, tra le occasioni preferite dai Siciliani per berne una, al primo posto c’è la cena (con il 74%), seguita dal dopocena (con il 22%), aperitivo (20%) e pranzo (14%).  A confermare che per i Siciliani la birra è perfetta per accompagnare il pasto.

I Siciliani, nonostante i tempi complessi e le limitazioni imposte dal momento storico, non hanno voluto rinunciare alla birra ma, anzi, continuano a consumarla perché la birra piace e rappresenta un momento di gratificazione personale del quale non si vuole fare a meno. E per il 93% dei Siciliani, ci sarà sempre spazio per una birra.

Le speciali

In fatto di preferenze, la scelta dei Siciliani ricade spesso sulle birre chiare: l’81% le ha predilette durante il lockdown vs (ora, sceso al 75%). Desta particolare interesse però la crescita di attenzione per le birre speciali: il loro consumo in Sicilia è salito dal 26% durante i mesi del lockdown al 38% di oggi.

Dati coerenti con un’altra evidenza emersa dalla ricerca: 1 Siciliano su 3 (il 37% circa), nel lungo periodo di lockdown ha avuto modo di provare nuove birre e nuovi stili e ne è rimasto evidentemente conquistato. Il 44% dei Siciliani apprezzano le birre di territorio (in grado di raccontare una regione e le sue caratteristiche peculiari), che saranno il simbolo del New Normal di domani.

Un ultimo dato: il 90% dei siciliani dichiara di conoscere Birra Messina e il 57% la consuma. Il 94% dei siciliani è orgoglioso che Birra Messina sia commercializzata in tutta Italia, rappresentando tutto il bello della Sicilia nel resto del Paese (Fonte: “I Siciliani e la Sicilitudine” – Doxa 2019). Lo stesso sentimento emerge nel vedere utilizzato un prodotto naturale e unico della Sicilia, il sale di Trapani, nella produzione della Birra Messina Cristalli di Sale, per il 90% dei siciliani simbolo d’unione tra il nord e il sud dell’isola.

Nasce Homebeer.it, la piattaforma che consegna a domicilio la birra artigianale

Fondata da due giovani studenti romani, Andrea e Tommaso e in collaborazione con le birrerie della Capitale, arriva Homebeer.it, la piattaforma per il delivery della birra artigianale che permette di ordinare e ricevere a casa la birra prodotta artigianalmente, grazie ai riders sostenibili dotati di scooter elettrici.

Unire la qualità della birra artigianale, la comodità di gustarla sul divano, la rapidità e la sostenibilità di riceverla a casa in soli 30 minuti con scooter elettrici: la formula di Homebeer.it, il primo delivery di birre artigianali permette di ordinare e ricevere a casa la migliore birra artigianale direttamente dalla birreria più vicina, il tutto accompagnato da cibi selezionati in base alla birra scelta.

Gli italiani infatti si confermano amanti della birra: a berla sono oltre 3 su 4 (77%) e sono sempre più attenti alle varietà e alle novità del settore nonché alla scelta di cibi da abbinare (48,3%). Il luogo preferito per gustarla è il divano di casa o il tavolo della cucina (64%). Ma nonostante il mercato del food delivery sia in rapida espansione e abbia registrato 566 milioni di euro nel 2019, mancava fino ad oggi una piattaforma interamente dedicata alla birra artigianale a domicilio.
Dichiarano Andrea e Tommaso, fondatori di Homebeer.it. “Volevamo creare qualcosa che ci rendesse fieri e che mettesse insieme i nostri interessi più grandi: l’informatica e il mondo della birra artigianale. In questo momento così difficile per tutti, vogliamo lavorare per supportare le birrerie ed i pub e permettere loro di continuare la propria attività, invertendo il flusso tradizionale e arrivando direttamente nelle case dei propri clienti”.

Ad oggi, per il servizio di consegna a domicilio Homebeer.it collabora su Roma con 16 birrerie ed esercizi commerciali del territorio, sostenendo anche progetti a vocazione sociale come il birrificio Birra Vale la Pena, nato nel 2014 dalla Onlus Semi di Libertà con la mission di contrastare le recidive delle persone in esecuzione penale all’interno dell’istituto di Rebibbia.

Grazie alle partnership con iCarry ed eCooltra per consegnare gli ordini Homebeer.it si affida soltanto a riders regolarmente assunti e che utilizzano motorini elettrici. “In questo modo vogliamo garantire ai nostri clienti che le persone che porteranno a casa gli ordinativi siano fidate e conosciute e soprattutto che lavorano rispettando le leggi nazionali e azzerando le emissioni di CO2”, spiegano Tommaso e Andrea.

“Abbiamo proprio in questi giorni dimezzato le nostre fee e le spese di spedizione perché vogliamo dare il nostro contributo alla sopravvivenza del settore”, concludono Andrea e Tommaso “Abbiamo inoltre stabilito degli standard altissimi per la sicurezza e l’igiene dei prodotti da noi consegnati. Tutte le nostre birre e il food sono consegnati da riders dotati di mascherina e guanti ed i pacchetti possono essere consegnati al portone di casa o nell’androne dei palazzi, così da limitare il più possibile il contatto diretto”.

 

Birra: un mercato che punta sul valore. L’analisi di IRI

Il 2019 per il comparto del Largo Consumo è stato un anno in cui la spesa delle famiglie ha resistito alla stasi economica, come dimostra il dato di chiusura dell’anno per il comparto nella distribuzione Moderna: +1,4% a volume e +1,7% a valore (considerando i canali Iper, Super, LSP e Discount), nonostante l’appiattimento dei trend registrato negli ultimi mesi.

Il 2019 è stato inoltre caratterizzato da un abbassamento della pressione promozionale (27,1%; -0,3pt) e da una stagione estiva molto calda, nonostante un inizio difficile.

In questo contesto, il settore delle Bevande ha riportato una crescita più che soddisfacente in termini di volumi (+1,7%) e un certo recupero in valore (+2,2%) rispetto allo scorso anno, dovuto soprattutto alla performance di alcuni settori degli alcolici come Aperitivi e Spumanti. Si può quindi dire che tutte le categorie del comparto sono focalizzate sul miglioramento dei fatturati.

All’interno del macro-comparto delle Bevande, l’Acqua, che rappresenta il 71% dei volumi ma solo il 21% del fatturato, mostra una stabilità (+0,1% a volume e +0,7% a valore).

Le Bevande Gassate permangono sugli stessi livelli del 2018, anno caratterizzato da un forte calo delle vendite; Succhi e Nettari confermano l’andamento del 2018  (-3,8% sia a volume che a valore), mentre crescono le Bevande Piatte (+4,7% a volume).

Ottime le performance degli Aperitivi (+5,9%) e degli Spumanti (+9,6%). In leggera crescita il Vino (+0,4%).

Le trasformazioni in atto nel mercato della Birra

I risultati del mercato della Birra a fine anno 2019, come già avvenuto nel 2018, risultano migliori dal punto di vista del fatturato (+1,8% a valore rispetto ad un +0,9% a volume). Un’ ulteriore conferma che il mercato della Birra, dopo anni di forti crescite a volume, sta ora cercando di valorizzarsi.

La Birra da qualche anno sta seguendo anche una graduale destagionalizzazione evidenziando trend maggiormente positivi nei mesi invernali rispetto a quelli estivi, molto influenzati dalle variazioni delle temperature.

La valorizzazione della categoria è il risultato di uno spostamento dei consumi dal segmento cosiddetto «Mainstream» a quello delle Birre «Speciali», su cui viene concentrata buona parte dell’innovazione.

Calano le performance del segmento «Standard» che raggruppa al suo interno Birre con un prezzo contenuto (-1,6% a Volume) mentre restano stabili le Birre con un costo leggermente più alto ma comunque considerate mainstream.

Negative le performance delle Radler (-9,0%) e delle Birre Economy (-7,8%) mentre le nuove offerte volte ad allargare le occasioni di consumo (in particolare le birre analcoliche), mettono a segno un +4,1% rispetto all’anno precedente.

Protagoniste della categoria, le Birre Speciali che proseguono i loro trend di crescita a doppia cifra sia a volume (+16,7%) che a valore (+11,3%). Tuttavia, per le Birre Speciali, dal punto di vista dell’offerta, dopo anni di continuo incremento assortimentale, si legge una diminuzione del numero medio di referenze a scaffale.

All’interno dei Punti di Vendita aumentano i metri quadri a scaffale dedicati alla categoria della Birra, anche grazie alla loro promozione sul Volantino ma, per la prima volta dopo anni, diminuisce il numero medio di referenze offerte, che si porta ai livelli del 2017, soprattutto a causa di una razionalizzazione degli assortimenti nel canale Ipermercati.

In trasformazione anche le dinamiche dei formati: aumentano le vendite di bottiglie da 33cl (e in generale di formati più piccoli) di +0,6 punti percentuali, mentre calano le vendite di bottiglie standard da 66cl.

Si ferma la crescita assortimentale delle Birre Speciali

Il calo dell’assortimento a scaffale ci fa suppore che, dal punto di vista dell’offerta, si sia arrivati ad un livello di saturazione, perciò è tempo di perseguire un processo di crescita della cultura del prodotto già avviato da alcuni anni.

In quest’ottica investire nella diffusione della conoscenza delle «Birre Speciali» rappresenta la più grande opportunità di categoria in quanto coniuga una maggiore marginalità per tutta la filiera con la inclinazione che il consumatore sta dimostrando nei confronti del segmento.

Alcuni produttori della categoria Birre Speciali stanno puntando su un processo di «educazione» del consumatore a scegliere una Birra di qualità, anche attraverso la degustazione e l’allargamento dei momenti di consumo.

Su questi fattori le grandi aziende operanti nel settore sono chiamate a fare alcuni sforzi in termini di innovazione di prodotto e di comunicazione, al fine di riuscire a trasferire dal segmento Mainstream al segmento Specialty quanto il consumatore predilige.

Promozioni, assortimenti e comunicazione: nuove strategie

Nel mercato della Birra il livello di pressione promozionale è in crescita anche nel 2019 (52,4%; +1,3pt).  Nei segmenti «Standard» e «Sophistication», dove si concentra la presenza di quasi tutte le grandi marche, la promozione ha superato di gran lunga la metà dei volumi venduti (57,9% per le Standard e 63,1% per le Sophistication).Tuttavia il consumatore sta premiando i segmenti di alto prezzo (Birre Speciali) o i segmenti di nuovo sviluppo (Birre analcoliche) pur essendo i meno promozionati. La diffusione della cultura del prodotto sembra quindi essere un concreto driver di crescita.

L’affollamento promozionale sul Punto di Vendita, soprattutto nel periodo stagionale, non ha portato ad un incremento dei trend di vendita, pertanto la promozionalità diventa un’arma di difesa utile per vincere la competizione, ma per far crescere la categoria bisogna puntare su innovazione e comunicazione del valore.

I principali attori del mercato hanno aumentato gli investimenti per attività sui Punti di Vendita mirati ad evidenziare il prodotto tramite isole dedicate, frigoriferi e floorstand «brandizzati».

La categoria ha la necessità di allargare le occasioni di consumo per raggiungere un consumo pro-capite più vicino alla media europea. La ricerca sulla qualità del prodotto delle Birre non alcoliche e una maggiore visibilità all’interno del Punto di Vendita sono alcune delle strategie volte ad incrementare i consumi.

In questo scenario la comunicazione può e deve avere un ruolo centrale: raggiungere il consumatore con appropriati messaggi è elemento essenziale e determinante per affermare valori e distintività delle marche. La differenziazione dei mezzi di comunicazione utilizzati diventa fondamentale per la variabilità dell’offerta ed il raggiungimento di target molto diversi tra loro.

I maggiori produttori di Birra hanno mantenuto una massiccia attività sul Punto di Vendita al fine di proteggere la fedeltà alla marca e comunicare un nuovo approccio alla categoria. Si tratta per lo più, di attività mirate a rendere più visibile il prodotto all’interno dei punti di vendita tramite teatralizzazioni con regalo annesso o Floorstand che, idealmente, lavorano sia sui consumi di breve periodo che sul rafforzamento della baseline della marca.

Altre attività come il posizionamento di frigoriferi all’interno dei negozi sono state impiegate con lo scopo di aumentare i momenti di consumo. Esporre le innovazioni in questi extra-display è un volano importante per fare conoscere più velocemente il prodotto.

Si stanno poi diffondendo attività di proximity marketing finalizzate a guidare il consumatore all’interno del Punto di Vendita durante l’acquisto.

Il canale del Fuori Casa

I consumi di Bevande fuori casa crescono costantemente da molti anni e il 2019 evidenzia una leggera crescita dei volumi (+0,6%) ed una più consistente crescita del Fatturato (+3,9%).

Come evidenziato dalla soluzione IRI Grossisti e Bevande che monitora le performance degli operatori della filiera distributiva nel canale HoReCa, la Birra rappresenta una delle principali categorie all’interno di questo mondo (circa il 40% del giro d’affari dei Grossisti) ma, dopo le forti crescite degli ultimi anni, mostra un trend positivo, tuttavia inferiore, rispetto agli altri alcolici (+0,2% a volume e +1,9% a valore).

Anche per il canale HoReCa si assiste ad un recupero in valore.

Birra senza frontiere e… senza stagioni

Birra senza più stagioni: a fotografare l’evoluzione dei consumi è l’ultima edizione di AssoBirra Monitor, il report sull’andamento delle vendite nel Paese delle imprese aderenti ad AssoBirra

L’indagine AssoBirra registra un +2,2% negli ultimi sei mesi del 2019 rispetto al secondo semestre 2018. Gli aumenti hanno riguardato sia i mesi più caldi, con un aumento del 7% a luglio, tradizionalmente il mese con il maggior consumo di birra in Italia; sia quelli più freddi, con una crescita dell’1,5% a dicembre.

 “Questi risultati – commenta Michele Cason, Presidente AssoBirrasi devono ad un settore che si è caratterizzato negli anni per la presenza, da un lato, di una moderna filiera agricola e, dall’altro, di un tessuto imprenditoriale e produttivo che ha investito nel Paese e in un’innovazione sempre più sostenibile. In questa favorevole congiuntura – aggiunge Cason – il nostro comparto, virtuoso nell’utilizzo di imballi riciclabili e riutilizzabili, deve sopportare i costi legati alla ridotta capacità operativa del sistema di riciclo. Oggi la differenziazione dei rifiuti del vetro ha raggiunto valori significativi; questo non è coinciso, però, con il pari adeguamento degli impianti di trattamento e ha comportato un gravoso e insostenibile innalzamento dei contributi, cresciuti del 108% in un anno per il vetro, senza contare gli annunciati incrementi anche del contributo per gli imballaggi in carta”.

La riduzione dei contributi ambientali auspicata da AssoBirra si iscrive in un contesto fiscale che vede la birra essere l’unica bevanda da pasto in Italia a pagare le accise. Oggi più del 50% delle imposte sugli alcolici è versato dal comparto birrario, anche a fronte di aumenti delle accise del 30% nel triennio 2013-2015, a cui sono seguite diminuzioni di circa l’1,7% nel triennio 2017-2019.

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