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Papà con il carrello: dove, come e quando. L’indagine Adiconsum

Ma i papà sono anche consumatori coscienziosi?

Se lo è chiesto Adiconsum che, in occasione della festa del Papà, ha lanciato su Facebook il sondaggio: “Oltre ad essere un super papà  sei anche un super consumatore?”.

Interessanti i risultati. In primis in quanto è emerso che oggi i papà sono decisamente più sensibili sul tema della spesa.

Sembra infatti che il 57,3% dei papà controlla cosa manca in casa, redige una lista, va a fare la spesa e sceglie i prodotti leggendo le etichette. Da evidenziare anche il fatto che l’8% dei papà sceglie i prodotti con un occhio alla loro sostenibilità, prendendo, ad esempio, in considerazione il packaging riciclabile, ecc..

Le 5 domande
Cinque quesiti a risposta singola, vediamo cosa è emerso

1) Quanti anni hai?

·      un 57,3% ha un’età compresa tra i 55 e i 65 anni

·      un 25,3% tra i 45 e i 54

·      un 14,7% tra i 35 e 44

·      un 2,7% tra i 25 e i 34

 

2) Quando vai a fare la spesa?

·      Il 57,3% controlla cosa manca in casa, fa la lista e va a fare la spesa

·      Il 20% segue le indicazioni della moglie/compagna

·      Il 14,7% effettua gli acquisti basandosi sulle offerte disponibili

·      L’8% va a braccio e compra quello che trova

3) Dove preferisci fare la spesa?

·      Il 54,7% in compagnia della moglie/compagna

·      Il 38,7% da solo

·      Il 6,7% in compagnia

  4) Quale fattore conta quando devi scegliere un prodotto?

·      Il 42,7% l’etichetta

·      Il 33,3% il costo

·      Il 16% la marca

·      L’8% la sua sostenibilità

 
5)  Dove preferisci fare la spesa?

·      Il 77,3% al supermercato

·      Il 12% va al mercato

·      Il 10,7% al minimarket

 

Made in Italy: un brand che continua a crescere a doppia cifra

Made in Italy: continua la crescita  a doppia cifra anno dopo anno, grazie ad una solida presenza sulla scena mondiale.

È quanto emerge dalla classifica BrandZTM Top 30 Most Valuable Italian Brands 2019 stilata da WPP e Kantar, secondo cui i marchi italiani hanno aumentato il loro valore del 14% negli ultimi 12 mesi raggiungendo i 96,9 miliardi di dollari, nonostante il clima di incertezza economica e politica.

Gucci si distingue come il marchio italiano di maggior valore e in maggiore crescita, raggiungendo i 24,4 miliardi di dollari di brand value, valore in crescita del 50% rispetto allo scorso anno.

Tra i primi 5 marchi della classifica si trovano TIM, con 9,41 miliardi di dollari di valore complessivo, Enel (7,94 miliardi di dollari), Kinder (6,79 miliardi di dollari) e Ferrari (4,75 miliardi di dollari).

Altri quattro brand presenti nella Top 30 hanno visto crescere il valore del loro brand di oltre il 20%. Si tratta di Ferrari (+36%, 4,75 miliardi di dollari), Fiat (+23% con 1,39 miliardi di dollari), Campari (+23% con 591 milioni di dollari) e Fendi (+22% con 1,88 miliardi di dollari).

La novità della Top 30 italiana del 2019 è Fastweb (27° in classifica con un valore di 891 milioni di dollari), brand percepito dai consumatori come particolarmente innovativo nel settore delle telecomunicazioni grazie alle sue connessioni veloci e alle offerte trasparenti per i consumatori.

Il Brand Italia oltre confine

L’analisi di Kantar ha confermato la presenza eccezionalmente forte dei marchi italiani sulla scena mondiale, con dieci brand nella Top 30 che presentano un’esposizione oltre confine superiore al 90% (come combinazione di fatturato, volumi venduti e profittabilità).

BrandZ ha inoltre evidenziato che i brand con esposizione oltre confine superiore al 50% hanno aumentato il valore del marchio di circa il 20% anno su anno, mentre il valore di quelli con una  presenza  all’estero inferiore è rimasto invariato.

Nella nostra classifica vediamo molte “Industry Heroes”, aziende che rappresentano un modello di business tipicamente italiano che sta ottenendo risultati straordinari sulla scena mondiale” ha commentato Massimo Costa, Country Manager WPP Italia. “Dall’analisi emerge un gruppo di imprese agili e interconnesse, guidate da un forte spirito imprenditoriale, che dettano il ritmo di crescita e innovazione nel loro business “.

La Top 30 italiana di BrandZ evidenzia le straordinarie opportunità di crescita per le imprese italiane che vogliono investire nei propri brand” afferma David Roth, WPP. “Andare oltre i confini del mercato di riferimento di un marchio richiede ambizione e coraggio, e i marchi leader italiani si distinguono da quelli degli altri paesi per resilienza e innovazione, e per la capacità di saper offrire una straordinaria consumer experience“.

La creatività aiuta

L’Innovazione in Italia è il principale fattore di crescita per il brand. I marchi  percepiti come fortemente innovativi hanno aumentato il loro valore del 17% rispetto a una crescita dell’1% dei brand che lo sono meno.

 

Oltre ai settori come l’alimentare, l’automotive e la moda, dove l’Italia è universalmente riconosciuta come leader mondiale, il nostro studio dimostra come i marchi italiani raggiungano risultati eccezionali anche in settori come l’energia, l’oil & gas e le crociere, con grandi aziende come Enel, A2A, Eni, MSC e Costa Crociere” ha dichiarato Federico Capeci, CEO Insights Division, Kantar Italia. “L’innovazione potrebbe svolgere un ruolo chiave per generare ulteriore crescita. In questo senso, anche piccoli ma significativi cambiamenti potrebbero essere la soluzione per molti brand, a patto di supportarli con una comunicazione chiara e dirompente“.

La forza del lusso e del food

Il settore del lusso  porta il maggior contributo al valore del ranking (quasi il 40%), trainato da Gucci, Prada e Armani. Ed è anche la categoria che maggiormente opera oltre confine: i sette marchi in classifica hanno esposizioni all’estero mediamente superiori al 90% (Gucci, Prada, Armani, Fendi, Bottega Veneta, Salvatore Ferragamo, Bulgari).

Dopo il lusso, il settore alimentare occupa il secondo posto per  valore del brand. La presenza di Kinder (numero 4), Nutella (numero 8), Ferrero Rocher (numero 11) Barilla (numero 26), Lavazza (29) e Campari (30) dimostra l’efficacia degli imprenditori italiani che hanno saputo trasformare i propri marchi in giganti internazionali della categoria.

Il settore TLC,  terzo  nel ranking, è sempre più competitivo in Italia, con una crescita della industry del 12%, con marchi come TIM, Wind, e l’unico nuovo brand entrato nella Top 30 di quest’anno – Fastweb.

L’energia segue con due marchi, Enel e A2A, che rappresentano insieme il 9% del valore della Top 30.

Due marchi anche per l’automotive: rappresentano entrambi l’Italia nel mondo, anche se in modi diversi. Per i consumatori, Ferrari (numero 5) è sinonimo di audacia, passione, esclusività, energia e potere mentre Fiat (numero 20) è considerata il volto più accessibile e friendly dell’industria automobilistica italiana.

 

Pizza surgelata: oggi la mangiano più di 6 famiglie su 10

Image by Andreas Riedelmeier from Pixabay

Pizza: grande amore degli italiani. Anche surgelata. Come dimostrano i recenti dati IIAS (Istituto Italiano Alimenti Surgelati), infatti, nell’ultimo anno gli italiani hanno consumato in media 1,5 kg di pizza surgelata pro capite, mentre il comparto della pizza sottozero copre il 20% del mercato complessivo.

Consumi in dettaglio

Nel 2017, i consumi hanno toccato complessivamente quota 91.500 tonnellate, con una crescita del +2,1% rispetto all’anno precedente e un exploit di consumo delle “pizze grandi”, che hanno guadagnato oltre il +7% sull’anno precedente (scendendo nel dettaglio, sono state consumate nel canale retail circa 50.000 tonnellate di pizze surgelate – a cui si aggiungono poi gli snack salati – e oltre 14.500 tonnellate nel catering). In soli 11 anni, dal 2006 al 2017, il valore di mercato relativo a questo prodotto è quasi raddoppiato: da 130 a 254 milioni di euro.

Oggi, le mangiano più di 6 famiglie su 10 (63%) e la loro crescita traina quella dell’intero settore dei surgelati, al punto che le pizze hanno guadagnato negli anni una fetta sempre più significativa dei consumi complessivi dei surgelati nel nostro Paese. Una fetta che lo scorso anno è arrivata a superare il 12% del totale, complice anche la diversificazione dell’offerta, divenuta sempre più in linea con i trend alimentari emergenti (salutismo, ricerca del benessere, sensibilizzazione verso le intolleranze) e la rispondenza alle diversificate abitudini di consumo degli Italiani

L’evoluzione della pizza

Nel corso degli anni, l’offerta di spessori, impasti, dimensioni, farciture delle pizze surgelate è enormemente cresciuta (dalle pizze vegan a quelle gluten free e bio, fino ad arrivare agli impasti speciali con farine integrali o di kamut), alimentata dall’ottima accoglienza da parte di un consumatore che ha iniziato ad apprezzare questo prodotto oltre che per i suoi contenuti di convenienza, praticità e varietà, anche per la sua bontà,  giudicata oggi in tutto e per tutto simile a quella gustata in pizzeria.

Comunque, nonostante questa evoluzione, la Margherita rimane  ancora e sempre la più amata.

“Per quanto riguarda le tipologie di pizze più richiesteprecisa infatti Vittorio Gagliardi presidente di IIASabbiamo riscontrato che negli anni è aumentata la quota destinata alla tradizionale pizza Margherita (passata da meno di un terzo a quasi la metà del totale) che si conferma ancora come la ‘più amata nel Bel Paese’. A preferire la ‘margherita’ sono soprattutto le donne: la scelgono per la sua semplicità, il gusto piacevole, la leggerezza e la facilità nella digestione. Gli uomini optano più spesso per la pizza farcita, preferita per varietà e versatilità, per soddisfazione visiva e palatale e anche perché rappresenta un pasto completo. Per i bambini, invece, negli ultimi anni, sono nati formati ad hoc, di dimensioni più ridotte e con tanti gusti sfiziosi, in grado di conquistare le loro preferenze”.

 

H.T.S.T. (high temperature, short time): la ragione del successo

Alla base del successo italiano c’è stata, di fatto, una importantissima rivoluzione produttiva degli anni 90, quando si passò dal sistema di preparazione tipico dei panificatori (che prevedeva una temperatura del forno compresa tra i 250 e i 280° C e  un tempo di cottura di 20-25 minuti) a quello dei pizzaioli (che utilizzavano invece la temperatura del forno a 400° C e impiegavano 2-4 minuti di cottura). Un passaggio epocale dal cosiddetto metodo “LTLT” (Low Temperature, Long Time) alla tecnica “HTST” (High Temperature, Short Time).

Da allora, un’innovazione continua e costante, la selezione di ingredienti di qualità e la rispondenza alle esigenze e ai gusti dei consumatori hanno contribuito a rendere il mercato delle pizze surgelate sempre più vivace e in continua ascesa, nonostante la crisi imperversata negli scorsi anni nel settore alimentare.

“Fin dai suoi esordi negli anni ‘60 del secolo scorso – racconta infatti Gagliardi – in Italia la pizza surgelata ha dovuto scontrarsi con la concorrenza ingombrante del prodotto ‘fresco’. Sfida oggi superata, come dimostrano le 91.500 tonnellate consumate nel 2017, pari al 12% in volume di tutti gli alimenti surgelati”.

 

 

Trend digitali e smart home: cosa ne pensano gli italiani. L’analisi GFK

Qual è il rapporto degli italiani con la sfera digitale? Quanto le nuove tecnologie stanno cambiando il loro modo di vivere dentro e fuori casa? E soprattutto: il digitale rende felici? Se ne è parlato nel corso dell’evento “Trend digitali: fra empowerment ed entertainment, dentro e fuori casa”, organizzato da GFK e inserito nel programma della Milano Digital Week 2019.

A proposito di “felicità digitale” si è aperto un vero e proprio dibatito. Ne è emerso che il cambiamento digitale fa scaturire nuove domande e nuovi bisogni tra gli italiani, il cui obiettivo è la Smartness. Anche per i Golden Agers, la generazione degli over che – secondo quanto emerge dalle analisi GfK – stanno scoprendo il digitale come strumento per sentirsi più attivi, più competenti, più resilienti e in definitiva più felici.

La conferenza è stata un’occasione per presentare alcuni risultati dell’ultima edizione di GfK SmartHom²e (SmartHome al quadrato), la soluzione che integra i risultati delle ricerche sulle attitudini dei consumatori con i dati di vendita dei dispositivi connessi, rilevati su oltre 43mila punti vendita in Italia tramite la metodologia GfK POS Tracking.

La via italiana alla Smart Home

Dall’analisi sono emersi sei segmenti di italiani con conoscenze, atteggiamenti, desideri e aspettative diverse nei confronti della Smart Home.

  • Enjoy your Smartness (11%): definiti anche Leading Edge Consumer (LEC): sposano il progresso tecnologico in tutte le sue accezioni. Sono principalmente coppie giovani e senza figli. La loro casa deve essere moderna, efficiente e tecnologica, proprio come loro!
  • High-Tech Practicality (18%): soggetti che conoscono alla perfezione (anche meglio dei LEC), le caratteristiche di molti, se non tutti i prodotti Smart. È un target prevalente giovane e molto esigente. Dato che spesso non sono ancora economicamente indipendenti, per questo cluster il prezzo rappresenta la principale barriera all’acquisto di prodotti Smart. Sono sempre alla ricerca della promozione migliore.
  • Vital Connectivity (17%): principalmente famiglie dall’alto tenore economico e culturale. Credono fermamente nel progresso tecnologico e utilizzano i prodotti Smart, costantemente e in modo funzionale ai propri bisogni. Per loro la parola d’ordine è efficienza, le soluzioni Smart devono semplificare la vita e offrire intrattenimento.
  • Routinely Home (21%): chi non ama la tecnologia ma dimostra un certo grado di diffidenza, pur riconoscendone le potenzialità e il ruolo nella società odierna. Conoscono la Smart Home ma non la vivono come un bisogno. In questo cluster si collocano prevalentemente famiglie con figli grandi.
  • Do-Smart-Yourself (14%): chi accetta i prodotti Tech nella propria vita, ma ha con loro un rapporto controverso. Sa usare molto bene lo Smartphone, ma ignora l’esistenza di molti altri prodotti “intelligenti”.
  • Passive People (20%): non dimostrano affinità o interesse nei confronti della tecnologia in generale. Sono nati in un’altra epoca e per questo motivo sono completamente estranei al concetto di Smart Home.

 

*Nota metodologica: Indagine single source realizzata da GfK con 1.200 interviste online, su un campione rappresentativo della popolazione italiana di Internet User con più di 14 anni.

Brand reputation: i tre principali fattori da non trascurare. Mai

Brand reputation? Il prodotto (o servizio) da solo non basta.

La reputazione di un marchio, al contrario, dipende da un mix di fattori: tre essenzialmente i principali: prodotto/ servizio, impatto sociale e comportamento dei vertici aziendali.

E- dettaglio ancora più importante- quando si parla di prodotto/servizio è sempre più importante curare la soddisfazione del cliente. Cosa ancora troppo spesso trascurata da molte aziende.

Ecco in sintesi quanto emerge dallo studio di Omnicom PR Group – società di consulenza strategica in comunicazione con circa 7.000 addetti nel mondo – che per la prima volta ha analizzato 9 settori chiave dell’economia italiana, con 81 brand ad essi associati, attraverso le lenti attente di oltre 1.000 consumatori “esperti

Vediamo allora nel dettaglio i tre fattori e le preferenze espresse dal campione.

 

Benefici per i clienti (Customer Benefits) 50%

● Offrire prodotti e servizi a maggior valore (trasparenza su produzione o erogazione servizio, origini materie prime, affidabilità, trattamento e protezione dei dati del consumatore, esternalità positive create) ● Maggiore attenzione per i clienti (Customer care) ● Innovazione di prodotti e servizi  

Impatto Sociale (Society Outcomes) 29%

● Prendersi cura dei dipendenti ● Contribuire alla comunità in cui si opera ● Rispetto dell’ambiente

 Comportamenti Aziendali (Management Behaviours) 21%

● Fare la cosa giusta (impegno a supportare cambiamenti su etica e trasparenza) ● Performance finanziarie e operative più solide e coerenti ● Comunicare in modo più frequente e credibile

l customer care la sfida del futuro

Come anticipato, il customer care è oggi visto come il fattore prioritario per la reputazione nell’industria retail, ma anche come l’ambito in cui vengono attualmente disattese le aspettative dei segmenti avanzati di consumatori multicanale (-9%). La customizzazione dei servizi post-vendita, elemento fondamentale e decisivo di soddisfazione nella customer experience, diventa quindi l’obiettivo da raggiungere e rappresenta un importante ambito di sviluppo e di crescita per il settore.

L’offerta di prodotti e servizi a maggior valore è la seconda priorità. Bisogni e desideri, materiali e immateriali, dei consumatori esperti, mutano al cambiare degli stili di vita e il retail, per poter colmare il gap di soddisfazione attuale (-2,8%), deve incrementare il passo e la velocità di adattamento al cambiamento sociale e al relativo valore simbolico dei beni e servizi di consumo.  

Rispetto alle tematiche legate all’ambiente, terzo elemento in ordine di priorità, dove le esperienze sono solo leggermente al di sotto delle aspettative (-0,6%), la vera sfida per il retail è quella di non perdere il terreno acquisito e di rispondere in modo sempre più efficace e all’avanguardia alle esigenze del consumatore.

Esperienze al di sopra delle aspettative sono registrate invece su innovazione (+0,4%), performance finanziarie e operative stabili (+4,9%), attenzione nei confronti dei dipendenti (+3,5%) e impatto sociale (+2,0%). Questo accade perché, se da una parte il retail è tra i settori che più sta innovando grazie alla digital transformation – combinando i vantaggi dello smart shopping (online) con l’attrazione emozionale degli spazi fisici – dall’altra ha capito molto bene che il capitale umano rappresenta la vera differenza nel servizio e che, chi sta sul mercato, non ha più l’opzione di scegliere se essere anche un player sociale che redistribuisce valore nelle vite di chi lo aiuta a crearlo: i consumatori.

“Il progresso del retail passa attraverso l’esperienza customizzata, la conoscenza e il servizio a valore aggiunto verso il consumatore, l’integrazione tra digitale e fisico e il capitale umano. Solo grazie al bilanciamento perfetto tra questi elementi, nel prossimo futuro, riusciremo a vedere sempre più brand vincenti e clienti soddisfatti”, commenta Laura Meroni, Senior Vice President di Omnicom PR Group Italia.

Performance settore per settore

In questo momento i settori che registrano il miglior rapporto tra aspettative vs. esperienze risultano essere Automotive, Fashion e Technology mentre Energy & Utilities e Farmaceutico quelli con più aree di miglioramento specialmente in considerazione della grande percentuale degli intervistati che non sa decifrare in che direzione si siano mossi questi comparti negli ultimi 6-12 mesi (verso quindi un’offerta migliore o peggiore).

Le fonti di informazione

A chi crediamo di più quando stiamo ricercando informazioni su un brand o un’azienda? In Italia il quadro è molto netto e per certi versi molto diverso dallo scenario internazionale analizzato sempre dallo studio Authenticity Gap. I consumatori si fidano più di un dipendente dell’azienda che del CEO quando si tratta di distinguere tra dichiarazioni ufficiali e fatti concreti. La seconda fonte più autorevole, è la cara e «vecchia» carta stampata, seguita da TV e amici e parenti.

 

Metodologia

I 9 settori analizzati dallo studio Authenticity Gap novembre 2018 sono: Automotive, Fashion, Energy & Utilities, Consumer Retail, Technology – Enterprise Services, Food, Farmaceutico, Design, Insurance & Banking.

Carrefour Italia sceglie Join Tag per dialogare con i clienti

Carrefour Italia investe nell’innovazione digitale e si appoggia a JoinTag per catturare l’attenzione dei propri clienti. E’ di questi giorni la notizia dell’accordo tra Carrefour Italia e la milanese JoinTag, leader nel settore del proximity marketing e prima scelta dei brand più noti grazie all’innovativa piattaforma di proximity advertising Kariboo. Attraverso questo accordo in oltre 200 Carrefour Market e all’interno di 40 centri Iper verrà abilitata l’innovativa tecnologia proximity di JoinTag che consentirà di intercettare e dialogare con l’utente nei diversi micro-momenti: near store, in store e near product – cioè vicino al punto vendita, dentro al punto vendita e direttamente davanti al prodotto. La sofisticata piattaforma di Kariboo – che unisce strumenti di localizzazione, un vasto network di app e una rete fisica di i-beacon – intercetta infatti l’utente nella sua customer journey quotidiana ed è in grado di attivare notifiche push mirate, comunicandogli messaggi nei momenti fondamentali della decisione d’acquisto.

Contemporaneamente la tecnologia di JoinTag consente di profilare i clienti di Carrefour Italia tracciandone gli spostamenti all’interno dello store e diventando quindi fondamentale strumento per generare analytics e ottimizzare i processi di vendita.

 Marco Brandstetter, CEO di JoinTag ha dichiarato: “Grazie alla partnership con Carrefour Italia consolidiamo la presenza di Kariboo e il suo innovativo format delle notifiche push Real Time nel circuito della GDO, diventando strumento fondamentale per l’esperienza del cliente in store. “

Carrefour Italia è impegnata in prima linea nella ricerca di modi innovativi per migliorare la customer experience. Cerchiamo a questo scopo partner di eccellenza come JoinTag che, attraverso soluzioni tecnologiche all’avanguardia, ci permettono di anticipare e rispondere alle richieste in continua evoluzione dei nostri consumatori.”- commenta Pierre Queau, Direttore Marketing, Clienti, Servizi e Trasformazione Digitale Carrefour Italia.

Retail Plaza: la rivoluzione digitale sotto i riflettori dell’Elfo Puccini

Le idee non vanno imposte. Al contrario bisogna discuterle: è, infatti, dal confronto tra posizioni diverse che il più delle volte nasce qualcosa di buono. E di nuovo.

Un laboratorio di idee, dunque, è l’auspicio di chi nel futuro ci crede. E ci spera. Per uscire  dal tran tran degli schemi imposti e (magari) andare oltre.

Ed è proprio con questo spirito (quello di avviare il cambiamento, partendo da un confronto dialettico) che è stato organizzato il terzo appuntamento di Retail Plaza by TUTTOFOOD, del prossimo 15 maggio al Teatro Elfo Puccini.

Davide Pellegrini

“Anche nei due precedenti appuntamenti di Retail Plaza il coinvolgimento dei consumatori è stato prioritario. Ma questa volta – ci spiega Davide Pellegrini che insieme a Claudia Maccarini ha contribuito a creare il format – si è deciso di andare ben oltre, ricorrendo alla perfomance teatrale, in un vero e proprio spettacolo delle idee il cui focus sarà la rivoluzione digitale nel retail.”

L’obiettivo?

Far capire al consumatore che la Distribuzione e il Largo Consumo hanno tante cose da raccontare: si continuerà a sviluppare  concetti già discussi nei mesi scorsi, ma con il supporto di un format più spettacolare.

 Ce ne racconta la genesi?

L’idea di iniziale è stata quella di fare qualcosa di diverso dal solito convegno. Il carattere poliedrico di TUTTOFOOD, che contiene in sé una doppia anima (quella B2B della manifestazione nel quartiere fieristico e quella B2C del fuori fiera), ha costituito un assist importante in quanto ha permesso a Retail Plaza di uscire dai confini del consueto per cimentarsi in una formula originale, alle luci della ribalta…

Parliamo quindi una performance teatrale a tutti gli effetti?

Infatti. Questa volta Retail Plaza ha scelto di parlare direttamente alla società civile, scegliendo una location inedita: il palco di un teatro e dando vita a uno spettacolo peculiare.

La performance prevede una partecipazione articolata, che metterà a confronto giovani attori emergenti e  manager della filiera che interverranno sia dal Palco che dalla platea, promossa – per l’occasione – al ruolo di Contropalco.

Gli attori vestiranno i panni di ipotetici consumatori e monologheranno su alcuni temi di attualità, spaziando dai nuovi sistemi di pagamento alle loyalty, dall’innovazione di servizio alla privacy fino all’engagement.

Alle loro performance faranno seguito i manager: i loro non saranno interventi aziendalisti, diciamo che il motivo ispiratore sarà piuttosto quello dei ted talks, caratterizzati da quel mood, un filino visionario, capace di coinvolgere il pubblico e stimolare il dibattito. Compreso quello del Contropalco.

Una bella scommessa. Senza dubbio, non facile. L’impresa più ostica?

Ottenere attenzione da parte dei manager e convincerli ad adottare una prospettiva più dialettica, più orientata al futuro e meno all’hinc et nunc. Però, alla fine, l’abbiamo spuntata.

Che lo spettacolo abbia inizio.

Vendite tax free: in Italia il comparto va a gonfie vele

Vendite tax free alla grande: almeno per quanto riguarda il nostro Paese che, solo nel mese di dicembre 2018, è riuscito ad attrarre il 5% in più di turisti internazionali rispetto all’anno precedente e ad incrementare il proprio volume di vendite esentasse e lo scontrino medio rispettivamente del 12% e dell’8%. Valori importantiche hanno permesso all’Italia di chiudere l’anno con un + 7% nelle vendite tax free, +4% nella transazione media e +6% negli arrivi.

Ma chi sono i principali shopping tourist?

Cinesi e americani, essenzialmente, che detengono rispettivamente il 32% e il 12% delle vendite tax free realizzate durante l’anno.

Il 2019 è iniziato invece con una lieve flessione a valore (-3% vs. 2018 è la media per ogni singola transazione), ma con volumi interessanti: +6%.

Vediamo adesso quali sono i distretti dello shopping più gettonati.

In pole position, senza se e senza ma c’è il Quadrilatero della Moda milanese, cha da solo detiene oltre il 34% di market share e dove la media degli acquisti  si attesta a 1490 euro; seguono poi con una quota del 9% i mall di alta gamma con uno scontrino medio di 490 euro.

Il Quadrilatero della Moda nel dettaglio

Stando ai dati di Planet per il 2018 emerge un aumento delle vendite del 3% rispetto al 2017, a fronte però di una flessione del 4% nello scontrino medio registrato. I volumi degli acquisti tax free per l’area sono suddivisi in particolare fra via Montenapoleone (37%) e via Sant’Andrea (29%) con uno scontrino medio rispettivamente di 1498 € e 2375 €.

 “Nonostante la leggera flessione del valore della transazione media, i dati relativi all’anno appena trascorso testimoniano il costante favore che Milano riscuote presso il pubblico internazionale, in quanto capitale indiscussa della moda nel mondo” commenta Sara Bernabè, General Manager di Planet in Italia, e continua: “Il 2019 rappresenterà per il capoluogo lombardo una grande opportunità migliorare le vendite, poiché continueranno ad aumentare gli arrivi dei viaggiatori internazionali, con potere di spesa sempre più alto. Gli introiti generati dai turisti in visita, in particolare da quelli extra-europei, sono vitali per numerose realtà del segmento lusso. Basti pensare che a livello europeo, gli acquirenti internazionali spendono in media 3,7 volte di più degli acquirenti nazionali, con alcuni rivenditori che registrano fino al 60% delle vendite da clienti non domestici”.

Turisti e spese nel dettaglio

Fra i turisti più sensibili al fascino dello shopping made in Milano, primeggiano fra tutti i cinesi (con una market share del 30,5%) e uno scontrino medio di 1542 €, seguono i russi con uno scontrino di 1410 € e una quota di mercato dell’11% e chiudono il podio i viaggiatori statunitensi che nel 2018 hanno inciso per l’8% sul marcato tax free del distretto della moda, con una aumento degli acquisti del 27% vs 2017 e uno scontrino medio di 1503 euro, mentre sugli outlet hanno pesato solo per il 4%.

Turisti digitali: chi più chi meno

Paese che vai usanza che trovi. E questo succede anche quando gli stranieri fanno i turisti. Prendiamo per esempio i sistemi di pagamento: non tutti gli stranieri hanno le stesse abitudini. Se, infatti, i turisti americani utilizzano le più note applicazioni social del mondo occidentale quali Instagram e Facebook per le ricerche e scelgono di pagare ancora con le carte di credito, i turisti cinesi sono fortemente digitalizzati e pagano tutto con lo Smartphone, utilizzando per le ricerche e le prenotazioni piattaforme come Ctrip e WeChat, due dei più grossi player digitali nel mercato cinese.

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Le strategie dei retailer

I retailer italiani non devono quindi sottovalutare questi aspetti, per non precludersi i margini di crescita che questo target garantisce alle boutique presenti sul territorio. E non è dunque un caso che per dialogare con i clienti in arrivo dalla Cina, sempre più digital e amanti dello shopping in Italia MonteNapoleone District, è l’unico distretto del lusso in Europa ad aver aperto, grazie all’accordo con Digital Retex, un account ufficiale WeChat, un canale strategico con oltre 1 miliardo di utenti attivi. L’official account consente di fidelizzare la clientela cinese e indirizzare campagne e messaggi ad hoc valorizzando l’attività e gli eventi organizzati a livello associativo e dai singoli brand.

Sviluppare iniziative volte a migliorare il sistema ricettivo del distretto nei confronti dei clienti extra europei e non solo è uno degli obiettivi di MonteNapoleone District. I diversi eventi quali La Vendemmia, MonteNapoleone Yacht Club, la Christmas Shopping Experience, il nuovo MonteNapoleone Chinese New Year e il prossimo Leonardo 500 rientrano tra gli scopi principali dell’associazione e sono destinati a quanti amano esperienze uniche ed esclusive” ha dichiarato Guglielmo Miani, Presidente di MonteNapoleone District. “E per comprendere le diverse tradizioni e culture di una clientela sempre più internazionale organizziamo una serie di appuntamenti dedicati alla formazione del personale delle boutique in modo da instaurare un rapporto di fiducia duraturo nel tempo, secondo i codici di comportamento delle varie nazionalità. In questo contesto si inseriscono anche l’attività di promozione della destinazione Milano in occasione di ILTM a Cannes, dove abbiamo organizzato per il secondo anno consecutivo l’evento “Unexpected Milan” in collaborazione con il Comune di Milano e alcuni dei più prestigiosi hotel 5 stelle della città che sono parte dell’associazione a cui si sono aggiunte quest’anno anche alcune strutture del lago di Como”.

Uno sguardo al futuro

Per quanto riguarda le previsioni per l’anno in corso, Il primo trimestre 2019 si chiuderà per la Penisola con un +2,2% vs. 2018 negli arrivi internazionali, un risultato nettamente superiore alla media europea del +1,1% e alle previsioni di arrivo dei singoli principali paesi dell’Unione come la Francia (-2,5% di arrivi nel Q1 2019), Gran Bretagna (+1,3% di arrivi nel Q1 2019) e Spagna (+1,3% di arrivi nel Q1 2019). In questo contesto, da osservare i turisti provenienti da Tailandia, Taiwan e Kuwait, che registreranno incrementi relativi negli arrivi rispettivamente del +46%, +10% e +9,7%.

 

Lo store percorre la via della Digital Innovation, in cerca di nuove soluzioni

“Il punto vendita, svuotato del suo significato originario (non rappresentando più l’unica possibilità di accesso fisico al prodotto), è in cerca di nuovi significati e funzionalità, in ottica anche relazionale.” Parola di Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. Ne discende che – continua Perego – “I principali retailer internazionali stanno comprendendo sempre più l’importanza della tecnologia per affrontare questo momento e stanno focalizzando i loro sforzi nella sperimentazione di tecnologie di frontiera: durante il 2018 sono state infatti identificate oltre 200 progettualità in ambito Retail nel mondo, con particolare focus su Internet of Things (52% dei casi), Intelligenza Artificiale (32%) e Realtà Aumentata e Virtuale (16%)”.

Se questo è lo scenario a livello globale, cosa succede in Italia?

Ce lo raccontano le evidenze dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e giunto alla sua quinta edizione, che ha condotto un’analisi sui primi 300 retailer per fatturato presenti in Italia con negozi fisici, e – in collaborazione con Confesercenti – su un campione di circa 300 piccole e medie imprese del commercio al dettaglio italiane.

Anche nel nostro Paese, emerge dall’Osservatorio, le cose si stanno muovendo velocemente: lo dimostra il fatto che  la diffusione del digitale cresce sia nel back-end, sia nel front-end. A dispetto di questo fermento, però, la spesa complessiva in digitale dei top retailer è ancora bassa: supera di poco un punto percentuale del fatturato e passa dal 20% del totale degli investimenti annuali nel 2017 al 21% nel 2018. Inoltre  tra i due ambiti si registra ancora una differenza importante: le innovazioni nel back-end rhanno un livello di diffusione e profondità decisamente maggiore, mentre  le  tecnologie più innovative di front-end – come chioschi, totem e touch point, sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e sistemi di self check-out – sono state sperimentate su un numero limitato di punti vendita (parliamo del 41% dei pdv) e  senza un’estensione dell’adozione sull’intera rete.

Il focus degli investimenti

Nel 2018 ci si è concentarti  su sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (33% del campione) soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione (27%), soluzioni di CRM e sistemi di cassa evoluti e mobile POS (24%). Seguono con il 22% sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e soluzioni di Wifi in store, sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty con il 21%, sistemi di monitoraggio dei clienti in store e sistemi di business intelligence analytics (19%) e digital signage e vetrine intelligenti e interattive con il 16%.

Merceologia che vai, soluzione che trovi

Nei diversi comparti merceologici, si notano delle differenze nell’adozione delle innovazioni digitali. Nell’Abbigliamento il focus è sullo store: soprattutto nel lusso la boutique rimane il punto privilegiato per un’esperienza multisensoriale di scoperta del prodotto. Nel settore si introduce innovazione per ridurre attività meno piacevoli (come il pagamento), grazie a sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (44%) e sistemi di cassa evoluti e mobile POS (39%), e per personalizzare il percorso di acquisto, grazie a sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita (39%). L’Alimentare ha concentrato principalmente gli sforzi sulle innovazioni di front-end che creano efficienza, come sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (47% del campione) e sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty (35%), e accesso alle informazioni, come sistemi basati su cartellini interattivi e scaffalature intelligenti (29%). Infine, nell’Arredamento il 67% del campione ha investito in soluzioni basate sulla realtà aumentata e virtuale e su sistemi di monitoraggio dei clienti in store, mentre nella Profumeria e Cosmetica il 50% dei player ha adottato chioschi, totem e touch point, specchi smart e soluzioni per incrementare le performance di magazzino.

Progetti per il futuro

Per il futuro l’85% dei retailer vuole potenziare l’investimento in innovazioni digitali in negozio. In particolar modo il 36% del campione è interessato a chioschi, totem e touch point e a sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi, il 34% a sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita e sistemi di cassa evoluti e mobile POS, il 33% a sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty e il 31% a sistemi di indoor positioning. Il 70% dei retailer dichiara invece di voler concentrare gli investimenti futuri in soluzioni volte al miglioramento dei propri processi interni. Nello specifico il 34% del campione mostra interesse verso soluzioni di CRM, il 27% verso sistemi di tracciamento dei prodotti tramite RFId e sistemi ERP e il 25% verso sistemi di monitoraggio dei clienti in store e soluzioni di business intelligence analytics.

L’approccio omnicanale dei top retailer italiani

La quasi totalità dei primi 300 retailer tradizionali operanti in Italia utilizza i canali digitali per supportare le fasi di pre o post-vendita o per abilitare la vendita. Più precisamente, il 96% dei retailer (era il 95% nel 2017) è presente sia online sia su mobile, mentre il 3% è presente solo online (era il 4% nel 2017).

Per quanto riguarda l’utilizzo dei canali digitali per vendere, il 75% (era il 68% nel 2017) ha un sito eCommerce e il 72% (era il 64% nel 2017) ha un’iniziativa di Mobile Commerce, attraverso App o sito ottimizzato. Le differenze tra comparti merceologici sono significative: mentre nell’Editoria, nell’Informatica ed elettronica e nell’Abbigliamento oltre l’85% delle iniziative utilizza i canali digitali per vendere, nell’Alimentare solo il 46% dei top retailer è attivo con un sito eCommerce.

Tra i servizi omnicanale che stanno avendo più successo, c’è il Click&collect, abilitato dal 70% dei top retailer con eCommerce (era il 54% nel 2017). Molto bene anche la verifica online della disponibilità dei prodotti in negozio, sviluppato dal 28% degli operatori (era il 17% nel 2017), e il reso in store degli acquisti effettuati online, attivo per il 26% (era il 22% nel 2017). Per concludere, l’online selling in store, molto amato dai principali retailer internazionali, sta iniziando a diffondersi anche in Italia (lo sta sperimentando il 9% dei top retailer), con una maggiore presenza nell’Abbigliamento e nell’Alimentare.

La nuova Retail experience

L’adozione delle nuove tecnologie si carica di un significato funzionale all’evoluzione del retail quando agisce in sinergia con una nuova esperenzialità.

“La Ricerca 2018 sull’innovazione dell’«experience in the store≫ ha evidenziato infatti  Emilio Bellini, – dimostra come, a livello internazionale, i casi più rilevanti siano offerti dai retailer capaci di coniugare l’adozione di nuove soluzioni digitali e la proposta di nuovi significati del servizio Retail. In particolare, sono emersi tre scenari di innovazioni di significato, sui quali i retailer internazionali e alcuni retailer italiani si stanno muovendo per innovare l’esperienza in the store:

  • da ‘Visitare’ a ‘Stare’;
  • da ‘Consumare tempo’ a ‘Valorizzare tempo’;
  • da ‘Fiction’ a ‘non Fiction’.

In tutti e tre gli scenari le tecnologie digitali possono giocare un ruolo decisivo”.

Le persone amano trascorrere un tempo sempre più ricco e più denso all’interno dei negozi, un tempo arricchito dalla possibilità di vivere “momenti significativi” in termini di relazioni, possibilità di imparare cose nuove, lavorare ai propri progetti professionali e personali. In questo caso le tecnologie digitali abilitano esperienze sempre più immersive e fluide, in cui l’accesso al prodotto è solo un pretesto per stare in negozio.

Le persone amano vivere all’interno degli store esperienze che appartengono al mondo reale, al contesto di vita in cui utilizzeranno i prodotti in vendita. In questo caso le tecnologie digitali non servono a creare atmosfere “artificiali”, ma a rinforzare l’ambientazione “reale” ed estendere i confini fisici del negozio. 

 

 

 

Il retail nel 2019: le 5 previsioni di Software AG

Quale sarà l’andamento del retail nell’anno appena iniziato? Oliver Guy, Global Industry Director for Retail di Software AG , è convinto che i livelli di successo saranno detreminati dalla capacità di rispondere alle aspettative dei consumatori. Prevedere in modo tempestivo le scelte dei clienti guiderà la crescita. Al contrario, senza un impegno assoluto per la trasformazione digitale, le aziende del Retail rischiano di perdere terreno.

Partendo da questi assunti, ecco i 5 trend individuati.

  1. Retail Therapy: “Come ti fa sentire?”

Un numero maggiore di aziende del settore sfrutterà la differenziazione emotiva, mirando ai sentimenti dei potenziali clienti, creando una connessione emotiva con il marchio. Parte di questo trend sarà legato alla personalizzazione; inoltre, gli operatori del settore aggiungeranno iper-personalizzazione (contesto, tempo reale) sia del prodotto che dell’esperienza. L’intelligenza artificiale può essere d’aiuto in tal senso, ma se basata su dati di qualità, quindi un grande limite sarà dato dalla disponibilità e dalla raccolta dei dati.

  1. Nota per le tartarughe: questa volta vince la lepre

La vendita al dettaglio corre sempre più veloce: i clienti richiedono le cose più velocemente e l’asticella continua ad alzarsi. Questo impatta le internal operation – l’essere in grado di rispondere in tempo utile. Oltre a investire nell’automazione dei processi con l’RPA (Robotic Process Automation), come passo verso l’automazione completa dei processi aziendali, i retailer considereranno la real-time analytics per rispondere a ciò che accade con i clienti nelle loro catene di approvvigionamento e nei loro negozi. Impareranno come rendere operative le tecnologie di AI e di machine learning al fine di fornire valore reale.

  1. L’IoT è un’autostrada verso il pericolo?

L’Internet of Things potrebbe essere la strada verso un futuro di successo per le aziende Retail, ma molti la considerano piena di rischi. Le preoccupazioni in merito a sicurezza, complessità e connessione all’ecosistema IT esistente ne limiteranno l’adozione per un certo periodo. I retailer intelligenti guarderanno a ciò che viene fatto in altri settori e cercheranno di utilizzare l’infrastruttura con alti livelli di sicurezza, scegliendo fornitori con comprovata esperienza.

  1. Nessun uomo è un’isola e basta a se stesso

Gli ecosistemi diventeranno più complessi. Un modo per aumentare il fatturato e differenziare è sfruttare le partnership. Esempi includono il rapporto di Amazon con Morrisons nel Regno Unito, dove i negozi sono centri di distribuzione locali. Kroger e Sobeys hanno esternalizzato le vendite di generi alimentari online a Ocado, mentre Ahold ha collaborato con il fornitore di kit per cucinare Blue Apron. Questi tipi di ecosistemi cresceranno e diventeranno più complessi, il che significa che la gestione delle API diventerà molto più critica.

  1. Separazione cosciente

I vincitori comprenderanno che per innovare hanno bisogno di separare i sistemi di back-office dai punti di contatto con il cliente. Noto anche come commercio headless, questo offre la flessibilità necessaria per ottimizzare e migliorare continuamente il percorso del cliente al front end, senza dover cambiare costantemente il back-office. Questo approccio è stato evidenziato nella Retail Software Adoption Survey di Software AG del 2018, in cui i leader digitali utilizzano “piattaforme di integrazione di terze parti per isolare le piattaforme digitali dai cambiamenti, aumentare l’estensibilità e ottenere velocità di implementazione”.

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