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Shopping, passione en rose. Cosa desidera realmente l’universo femminile

Lo shopping? Un piacere, non certo un dovere. Fare acquisti rappresenta una delle occupazioni preferite per una donna su tre. Con buona pace della crisi e per il piacere di imprese e distribuzione.

L’indicazione viene dall’indagine “Qual è la tua ambizione”, elaborata dall’istituto di Ricerca Episteme e presentata dal settimanale Gioia! in collaborazione con Centromarca, con l’obiettivo dichiarato di scattare una fotografia delle tendenze che interessano i consumi dell’universo femminile. Una fotografia che lascia intravedere conferme e novità.

Distintività, pubblicità e web

Tra le prime, come detto, si colloca la conferma della passione delle italiane per lo shopping: una buona notizia che diventa ancora più positiva se si considera come la propensione agli acquisti sia particolarmente sentita dal segmento più giovane della popolazione rosa (44,2%). In questo quadro si inserisce però una variazione di non poco conto: la crescente tendenza a scegliere prodotti che consentano di distinguersi, indicata da ben il 63,3% del campione. “Nell’ultimo decennio – spiega Monica Fabris, presidente di Episteme – si è assistito a un progressivo calo degli acquisti indotti dall’omologazione, espressione di uno status symbol condiviso, che hanno lasciato spazio alla necessità di differenziarsi”.

Nel solco della continuità si colloca poi l’influenza esercitata dalla pubblicità. “Nonostante la contrazione degli investimenti che ha segnato gli ultimi anni – osserva Fabris -, l’advertising resta una driver importante nelle decisioni di spesa: quasi due donne su tre dicono, infatti, di essere aiutate nella scelta proprio dai commercial”.

Più recente, e in netta espansione, è invece l’abitudine di acquistare online, che tocca il 62,7% delle intervistate. “L’e-commerce si sta rivelando uno strumento in grado di vivificare i consumi – rileva Fabris – grazie a due importanti plus: la capacità di risparmio e la comodità”. Due aspetti nodali che dovrebbero garantire alle vendite digitali un buon margine di crescita anche per il futuro. A tutto vantaggio delle marche, che proprio grazie all’online potranno ottenere nuova attenzione e lucentezza.

Cambio di paradigma

Per raggiungere questo obiettivo, però, i brand saranno chiamati anche a investire su altri fattori, indicati come premianti dalle consumatrici. “Tra questi – rileva Fabris -, il più rilevante è il tema della tradizione: per ben 8 donne su 10 la marca non può, infatti, esaurirsi nei soli suoi prodotti, ma deve tenere conto – e saper valorizzare – anche la propria storia. E in questo scenario, è evidente che la capacità di raccontarsi fornisce – e fornirà in futuro – ai brand una marcia in più”. “La narrazione della marca – aggiunge Ivo Ferrario, direttore comunicazione e relazioni esterne di Centromarca – rappresenterà sempre più un elemento distintivo fondamentale nella competizione tra imprese. Nell’era del digitale, e del social in particolare, la differenza la fa, e la farà sempre più, la capacità di disporre non solo di una struttura di ascolto dei dialoghi che avvengono in relazione al prodotto, alle categorie merceologiche o più in generale al contesto generale di consumo, ma anche di sviluppare accanto al prodotto giusto, i giusti contenuti da comunicare. Contenuti che dovranno essere di interesse, avvincenti e attuali”.

In seconda battuta, si dovrà considerare poi il fattore ambientale. “Le marche che se ne fanno carico – precisa Fabris – sono preferite al momento dell’acquisto dal 73,2% delle intervistate”. Ma rilevante è anche la capacità della marca di veicolare un’identità forte: il 68,4% delle donne interpellate sostiene, infatti, che i brand acquistati raccontano molto delle persone che li scelgono.schermata-2016-12-22-a-14-51-20

Solo molto più distanziata è invece l’indicazione relativa alla qualità, ferma al 59,8%. Un caso? Tutt’altro. I dati emersi dalla ricerca raccontano, infatti, di un netto cambio di paradigma nella percezione dei brand da parte delle donne. Un cambio che vede gli attributi intangibili della marca prevalere rispetto agli storici caposaldi sui quali veniva costruita la marca, quali appunto la qualità delle referenze o la fedeltà al brand, che per l’appunto scivola tra gli item meno quotati, con un riscontro non superiore al 34,8%. “L’industria – dice Fabris – deve insomma confrontarsi con una consumatrice più libera e più volubile rispetto a un decennio fa”. Un bel problema per le marche che però, rovesciando la prospettiva, può tradursi anche in un’opportunità. “Sulla base delle evidenze di questa come di altre ricerche – osserva Fabris -, rileviamo una crescente disponibilità alla sperimentazione e, dunque, un terreno favorevole all’innovazione”.

Sfide e opportunità

Il panorama futuro lascia quindi intravedere spunti interessanti per i brand, a patto che questi ultimi sappiano restare al passo con la continua evoluzione dei clienti. “Le marche di oggi che vogliono essere le marche di domani – sottolinea Ferrario – devono accettare la sfida: per continuare ad essere leader, occorre rendere attuale la proposta di ogni brand rispetto alle necessità del consumatore di oggi. E questo vuol dire puntare su un contenuto di innovazione costante e allineato alle esigenze di performance, come pure su una qualità dinamica, capace di rispondere all’evolversi dei desideri dei clienti”.

 

La metodologia

Presentata dal settimanale del gruppo Hearst Gioia! in collaborazione con Centromarca , la ricerca “Qual è la tua ambizione” è stata condotta dall’istituto di Ricerca Episteme tra il 3 marzo e il 20 aprile 2016. Sono state intervistate 1.729 lettrici di Gioia! attraverso la raccolta di 1.636 questionari online accessibili dal sito della rivista e 93 questionari cartacei allegati alla rivista. Il campione è costituito nella quasi totalità da donne (1.679 donne e 50 uomini), alto istruite (poco meno della metà laureate e poco meno della metà diplomate), residenti in prevalenza al Nord-Ovest. Per quanto riguarda le fasce d’età, le donne 30-50enni rappresentano il segmento più consistente (quasi metà campione), le giovani under 30 sono il secondo segmento rappresentato (quasi il 40%), mentre le over 50 costituiscono una parte minoritaria del campione (il 15%).

Manuela Falchero

Rio Mare lancia due nuove referenze di tonno pescato a canna

Rio Mare, per soddisfare le esigenze in continua evoluzione dei consumatori orientate sempre più verso prodotti sostenibili e di alta qualità, porta sulle tavole degli italiani due varianti del Tonno Rio Mare Pescato a Canna: all’olio di oliva e all’olio extra vergine di oliva.

Da un’indagine realizzata da Rio Mare, infatti, è emerso che anche nella scelta delle conserve di tonno sono sempre di più i consumatori che in fase di acquisto fanno attenzione alla sostenibilità dei prodotti.

Il tonno da pesca a canna è un prodotto che si basa su un metodo di pesca artigianale, selettivo e rispettoso dell’ambiente che si pratica ancora oggi. La pesca a canna è infatti un metodo sostenibile in quanto ha un ridotto rischio di pesca accidentale perché i tonni vengono pescati uno ad uno. Il lancio del tonno pescato a canna rientra all’interno del progetto di Corporate Social Responsibility di Rio Mare che prevede, tra l’altro, una politica di diversificazione dei metodi di pesca utilizzati con l’obiettivo di bilanciare punti di forza e di debolezza di ciascuna tecnica e garantire l’equilibrio delle risorse.esec-extra-80x31-kadima-pole-line

Rio Mare inoltre, ha deciso di promuovere questo prodotto perché, oltre ad essere rispettoso dell’ambiente, offre opportunità di crescita economica alle comunità dei paesi in cui il pesce viene pescato, trattandosi di pesca artigianale. Questo modello di business permette a Rio Mare di distribuire valore lungo tutta la filiera, dai luoghi di pesca fino all’Italia, dove il pesce viene inscatolato nello stabilimento di Cermenate, il più grande e tecnologicamente avanzato d’Europa e tra i primi al mondo.

 

Sushi Daily cucina giapponese personalizzata e take away

Sushi Daily (catena del gruppo KellyDeli) è nata nel 2010 in Francia ed è diventata indiscussa leader del settore in Europa in soli sei anni. Oggi conta 500 fully-serviced stand sushi in sette Paesi del Vecchio Continente. Merito della qualità delle materie prime e del concept originale e accattivante: un corner shop di cucina giapponese con un vasto assortimento di box pronti per la vendita e un servizio di show cooking quotidiano che permette di scegliere tra quasi 150 ricette realizzate al momento e personalizzabili a seconda dei propri gusti.
“L’Italia, dove Sushi Daily opera dal 2013, rappresenta il secondo mercato europeo”, spiega a inStore Vincenzo Vicari country manager di Sushi Daily per l’Italia. Che abbiamo incontrato per conoscere le strategie di sviluppo e le opportunità di business di Sushi Daily.sushisoy-13

Cominciamo dello sviluppo di Sushi Daily in Italia.
Siamo presenti all’interno delle catene Carrefour, Il Gigante, Pam Panorama, Iperal, Conad e Iper e La grande i con 136 chioschi, ma l’obiettivo è arrivare a quota 160 nel 2017. Visto che seguiamo da vicino l’avviamento delle attività, ci siamo dedicati al mercato del Sud solo quando la nostra struttura si è rafforzata e consolidata abbastanza da consentirci un servizio puntuale ovunque. All’inizio abbiamo quindi consolidato la nostra presenza nel Nord e Centro Italia. Tra l’altro, queste sono le regioni dove la cucina giapponese da moda è diventata fenomeno culturale e dove, di conseguenza, è più comune l’abitudine al consumo di sushi e affini. Ecco perché abbiamo aperto il primo corner a Milano, capitale italiana del sushi (al Carrefour di Assago, ndr).

Dove le prossime aperture?
A Rivarolo Torinese, Bolzano, Roma e Lecco.

E veniamo alla vostra offerta food.
In menu non mancano classici come sushi, maki, nigiri, temaki e sashimi, ma anche molte proposte con pesce cotto e alternative innovative come il California Maki tartufo e rucola, un bocconcino di riso ripieno di salmone, rucola e un bastoncino di tartufo nero prodotto da Urbani Tartufi. Crediamo nell’importanza della varietà dell’assortimento e in certi periodi dell’anno proponiamo delle ricette temporanee. Per questo Natale, per esempio, abbiamo ideato i Vassoi Bento Sushi Celebration, disponibili fino al 10 gennaio in due tipologie, ciascuna con sei ricette esclusive. Oltre a temari con salmone affumicato e semi di sesamo, sushi ebi e il wakame cali roll, la novità sono i roll al mango, declinati nelle versioni salmone e pollo, come anche gli avocado nigiri. sushisoy-19

Chi sono i clienti di Sushi Daily?
Consumatori dalla capacità di spesa media che amano il prodotto fresco, evitano i cibi troppo grassi, sono curiosi e apprezzano le cucine etniche.

Quali sono le vostre strategie di comunicazione?
Puntiamo su assaggi ed eventi che rendano protagonista il cliente, mentre non proponiamo mai sconti diretti sulla merce.

Perché Sushi Daily è un’opportunità di business per gli imprenditori?
Oltre alla qualità e bontà del cibo, a fare la differenza è il format. I nostri punti vendita offrono una food experience che coinvolge, rassicura e fidelizza. Non solo vendiamo prodotti artigianali, seppur standardizzati, sempre freschi di giornata e preparati in loco, ma cuciniamo davanti ai clienti. La clientela può quindi seguire passo per passo la realizzazione delle ricette: dalla cottura del riso al taglio del pesce e delle verdure, fino all’imballaggio. Last but not least, garantiamo un’igiene rigorosa, la tracciabilità totale su tutti i prodotti che sono sottoposti ad analisi microbiologiche periodiche e a controlli costanti per garantirne l’eccellenza, e una formazione seria e approfondita per i gestori imprenditori affiliati.

A proposito, che tipo formazione garantite?
Prepariamo i futuri imprenditori, nonché il personale del corner, attraverso la nostra accademia di sushi dove offriamo corsi della durata di minimo otto settimane articolati in teoria, pratica, management. In seguito, assicuriamo l’affiancamento nella fase di avviamento del chiosco.

L’identikit del vostro gestore ideale?
Imprenditori di origine giapponese o asiatica, motivati, flessibili e appassionati di cucina orientale, con o senza una pregressa esperienza nel settore del food.

A quanto ammonta l’investimento iniziale?
Dipende, comunque è inferiore ai 50 mila euro.

In quanto tempo si raggiunge il break even?
Ogni realtà è diversa, ma generalmente in 18 mesi.

Regole per i corner?
In genere il chiosco nei supermercati è situato nel reparto del fresco, spesso davanti all’ortofrutta. Quanto alle misure, variano dai 12 ai 17 metri quadrati.

Quante risorse sono necessarie nel chiosco?
Dai 3 ai 5 addetti.

 

Nicole Cavazzuti

Natale sprecone, nella spazzatura il 20% del cibo acquistato, un regalo su 4 riciclato

Come ogni anno la festa il Natale. la più ricca e opulenta festa dell’anno porta con sé grandi consumi, ma anche grandi sprechi. A partire dal fronte alimentare. Secondo la Coldiretti, sulle tavole imbandite per cenoni e pranzi di Natale sono rimasti quasi mezzo miliardo di avanzi. Codacons stima che circa il 20% di cibi e bevande acquistati durante l’intero periodo di festività finirà nella spazzatura, con una quota media di spreco alimentare pari a 23 euro a famiglia.

E quest’anno tra l’altro non si è badato a spese. Sempre secondo le stime della Coldiretti, gli italiani hanno speso a tavola quasi 2,3 miliardi di euro per i cibi e le bevande consumati tra la cena della vigilia e il pranzo di Natale. In aumento del 6% rispetto allo scorso anno, Codacons parla di.2,8 miliardi di tra alimenti e bevande varie.

 

Più avanzi ma anche più consapevolezza

La buone notizia è che gli sprechi sì no mancheranno, ma la aumentata consapevolezza verso uno stile di consumi sostenibile (per motivi economici, etici e ambientali) porterà molte famiglie a riutilizzare in cucina una parte degli alimenti avanzati. Nel 2016, secondo un’indagine Ixe/Coldiretti, il 33% degli italiani avrebbe diminuito gli sprechi alimentari mentre il 31% gli ha mantenuti costanti, il 25% gli ha addirittura annullati mentre solo il 7% dichiara di averli aumentati. Tra chi ha tagliato gli sprechi il 60% lo ha fatto proprio utilizzando gli avanzi nel pasto successivo grazie ai “piatti del giorno dopo”, tornati prepotentemente nelle abitudini alimentari delle famiglie. Polpette o polpettoni a base di carne o tartare di pesce, frittate, ratatouille. Sul fronte “natalizio”, per dare un nuovo sapore ai dolci più tradizionali (sempre i più apprezzati), come il pandoro o il panettone, si ricorre spesso alla farcitura con creme.

Quest’anno si è assistito a un ritorno ala tradizione: meno cibi esotici e ipercostosi, come ostiche e frutta esotica, champagne, caviale e salmone, e più cibi “poveri” e tipici come bollito, pollo arrosto, cappelletti in brodo, pizze rustiche e dolci fatti in casa. Un plebiscito ha accolto lo spumante, apparso sulla tavola di nove italiani su dieci (89%) a pari merito con la frutta locale di stagione mentre il panettone con il 75% ha battuto di misura il pandoro fermo al 72%.

 

LA SPESA PER IL NATALE IN MILIONI DI EURO 

Pesce, carne, ragù e salumi, ecc.            800
Spumante, vino e altre bevande            400
Dolci, panettone, pandoro                     300
Frutta, ortaggi e conserve                     400
Pasta e pane                                          200
Formaggi e uova                                   100
TOTALE                                                  2.200

 

E i regali di troppo si riciclano

Il fronte dello spreco coinvolge anche i regali, troppi e non sempre apprezzati se ben un italiano su quattro (27%) giù pensa al riciclo Ma cji sono i”fortunati” destinatari del regalo di seconda mano? Parenti e amici che possono apprezzare l’oggetto ricevuto in dono, mentre il 22% più prosaicamente li restituisce al negozio cambiandoli o chiedendo un buono mentre il 21% li rivende su internet. I prodotti con il minor tasso di “riciclo” sono quelli dell’enogastronomia per i quali si trova sempre l’occasione di consumo mentre piu a rischio sono i capi di abbigliamento, i prodotti per la casa o quelli tecnologici. Si tratta di un business rilevante se si considera che le famiglie italiane hanno scartato sotto l’albero regali di Natale per un valore stimabile in oltre 6 miliardi tra grandi e piccini mentre appena il 14% degli italiani non ha ricevuto quest’anno neanche un regalo. Anche se purtroppo non sempre le scelte hanno incontrato le attese, il 49% degli italiani ha stanziato un budget tra i 10 ed i 100 euro, il 27% tra i 100 ed i 200 euro, il 16% tra i 200 e i mille euro e il resto anche di più. Tra i regali piu’ gettonati quest’anno libri, tecnologia, abbigliamento, prodotti di bellezza ed enogastronomia.

Sharing economy, la metà “oscura” dell’economia collaborativa

Sharing economy, svolta positiva o con troppe luci ed ombre? Il tema è caldo e molto discusso.

Quando i fattorini in bicicletta di Foodora hanno proclamato il primo sciopero nella storia delle start up, a molti è sembrato che si stesse infrangendo il più grande sogno dell’ultimo decennio: la sharing economy.

Non è la prima volta che l’incontro tra l’economia tradizionale e la distruzione creativa della tecnologia assume toni conflittuali: negli ultimi mesi abbiamo assistito, solo per citare gli episodi più noti, alla guerra dei tassisti contro gli autisti di Uber e a quella degli albergatori contro AirBnb, accusati a vario titolo di concorrenza sleale ed infedeltà fiscale.

La vicenda Foodora ha contribuito a svelare il lato più oscuro dell’economia collaborativa: non è un caso che proprio negli Stati Uniti, dove le piattaforme più note si sono sviluppate ed hanno conosciuto il successo (le già citate AirBnb e Uber arrivano ovviamente dalla California), il termine sharing economy sia stato progressivamente accantonato in favore di “gig economy”, ovvero di un sistema fondato su prestazioni lavorative di carattere precario e temporaneo.

Le tipologie

Esistono molteplici forme e declinazioni di sharing economy: alcune sono basate sulla condivisione, gratuita o dietro compenso monetario, di servizi o proprietà sottoutilizzate direttamente da parte dei privati (si pensi al fenomeno BlaBla Car); altre rappresentano la rivisitazione in chiave tecnologica di tradizionali comportamenti economici (affittare, erogare un prestito, scambiare, barattare, regalare), che senza il contributo di internet risulterebbero insostenibili (Scambiocasa); altre ancora mettono in contatto, a fronte del pagamento di un corrispettivo, le necessità dei clienti con i fornitori di servizi per consegnare beni o erogare servizi che possono poi essere fruiti anche da altri soggetti in funzione della loro disponibilità (Car2go o Enjoy).

La diffusione in Italia

Non vi è dubbio che un intervento normativo e regolatorio, volto a disciplinare gli aspetti più “borderline” delle varie iniziative, sia auspicabile. Ma è altrettanto vero che la sharing economy, con la rivoluzione che sta apportando ai comportamenti ed allo stile di vita degli individui, è difficilmente incasellabile nelle tradizionali nomenclature: è per definizione un processo dinamico, che ha tratto la sua forza da quella filosofia post moderna del consumo che privilegia l’accesso in luogo del possesso e di conseguenza l’utilizzo in luogo dell’acquisto.schermata-2016-12-20-a-12-00-21

Soprattutto nel nostro Paese, che con la sharing economy ha preso confidenza prima e più di altri. In Italia, secondo l’ultimo censimento, sono operative circa 120 piattaforme di servizi collaborativi: vi ha già aderito il 5% dei consumatori italiani (3 milioni di persone), il dato più alto in Europa insieme alla Spagna, mentre un ulteriore 30% ha dichiarato l’intenzione di sperimentare la sharing economy nel prossimo futuro.

In virtù della proverbiale disponibilità del consumatore italiano a sperimentare modalità alternative di scambio di beni e servizi, il nostro Paese ha assunto il ruolo riconosciuto di capofila in ambito collaborativo. Siamo coloro che più di tutti in Europa ne apprezzano i benefici: la possibilità di risparmiare denaro (in qualità di utente) e di avviare attività micro imprenditoriali senza l’intermediazione di altri soggetti (nelle vesti di fornitore), così come il sentimento di appartenenza ad una community e l’attenzione all’ambiente che vengono associati al consumo circolare.

 

L’aspetto normativo

L’Italia è stato inoltre il primo Paese al mondo ad aver avviato in Parlamento un iter normativo (lo “Sharing Economy Act” risale al mese di maggio 2016), con il quale il legislatore ha inteso regolamentare lo strumento delle piattaforme digitali, incluse le rilevanti implicazioni sul mercato del lavoro.

Ma qual è il giro d’affari che la sharing economy è in grado di muovere in Italia? Secondo le informazioni disponibili, essa arriverà a valere circa 5 miliardi di euro entro la fine del 2016 ma con prospettive di crescita di tutto rilievo, se si considera che potrebbe approssimare i 9 miliardi al 2020 ed i 15 miliardi di euro entro il 2025.

Tenuto conto del numero degli utenti attivi, ciò significa che già oggi gli italiani destinano oltre 50 euro al mese al consumo nelle diverse forme collaborative, non una cifra di poco conto. Se queste sono le premesse, il consumo del futuro sarà sempre più smart.

Non inganni il caso Foodora, che in fondo è solo l’ultima di una serie infinita di distorsioni: in un Paese in cui il lavoro dipendente è spesso retribuito con i voucher, prendersela con la sharing economy appare davvero una inutile forzatura.

Fulvio Bersanetti

Vino rosso: il più amato, ma nelle feste le bollicine rimontano. I dati Vivino

Il vino rosso stravince nei consumi degli italiani, attestandosi a quota 58,8%, seguono il bianco (molto più giù: siamo al 23,8%), il frizzante (11,7%) il Rosè (1,6%) e quello da Dessert (1,4%).

A dirlo i dati di Vivino, la app dedicata al vino più scaricata al mondo.

Però (e il però c’è sempre) quando si tratta di festeggiare le bollicine rimontano alla grande.

Guardando infatti le classifiche dei vini più consumati in occasione di Natale e Capodanno si trovano Dom Pérignon, Ferrari e Berlucchi.

Natale 2015: il podio:

Champagne Brut di Dom Pérignon,

Ferrari Brut

e il rosso toscano Tignanello di Marchesi Antinori

Capodanno 2016: i primi tre

Champagne Brut di Dom Pérignon

Berlucchi Cuvée Imperiale Brut

Ferrari Brut

Vivino: come funziona
Con più di 21 milioni di utenti, Vivino è la comunità dedicata al vino più grande del mondo e la app più scaricata, e ha reso il vino una divertente scoperta, accessibile e facile da capire per gli appassionati di ogni livello. Gli utenti devono semplicemente scattare una foto dell’etichetta con il proprio dispositivo mobile e la tecnologia di riconoscimento delle immagini proprietaria di Vivino fornisce istantaneamente giudizi, recensioni e prezzi nella media per ogni bottiglia. Gli utenti di Vivino votano e danno giudizi sulla degustazione di milioni di vini, 300.000 scansioni di bottiglie al giorno, contribuendo insieme a formare la più grande biblioteca del vino nel mondo. Fondata da Heini Zachariassen e Theis Søndergaard nel 2010, Vivino è disponibile per il download su dispositivi Android, Apple e Windows. Per ulteriori informazioni, visitare il sito.

 

Spumante e moda in cima alle liste di Natale, impennata del mobile commerce

Addio slitta, Babbo Natale va su internet e fila veloce. Nelle feste del 2016 spenderemo 3,6 miliardi per acquistare regali attraverso l’e-commerce. Ce lo racconta uno studio internazionale condotto dal Centre for Retail Research per RetailMeNot, il marketplace di offerte digitali più grande al mondo presente in Italia da marzo 2016, per raccontare le nostre abitudini e i regali che troveremo sotto l’albero. Una tendenza confermata anche dallo studio condotto da Ixè per Coldiretti, secondo cui in questo Natale quattro italiani su dieci hanno deciso di acquistare i propri regali online. Internet in realtà è un protagonista a tutto tondo delle festività degli Italiani, che lo prediligono per la prenotazione last minute dei viaggi o soggiorni in agriturismo. E che lo utilizzano come punto di riferimento per la scelta del menu delle feste (il 25% degli italiani partecipa a community/blog/chat in internet centrate sul cibo, mentre il 53% almeno una volta lo ha utilizzato per confrontare prezzi o raccogliere informazioni sulla qualità dei prodotti alimentari).

 

L’anno dello spumante, ma anche le lenticchie vanno forte

A proposito del menu delle feste, secondo un’altra indagine di Coldiretti è lo Spumante il vero prodotto immancabile sulle tavole degli Italiani, con un 89% di consumatori, seguito un po‘ a sorpresa dalle lenticchie (88%) che beneficiano delle tendenze salutistiche (ricordiamo che si sta chiudendo l’anno internazionale dei legumi voluto da Fao), dalla solidarietà con le aree terremotate dove le coltivano e della loro fama di portafortuna. Il panettone batte 75-72 il pandoro, mentre il 56% degli italiani consumeranno salmone pur senza abbandonare il pesce italiano. Sono una minima parte invece coloro che daranno un tocco di lusso al loro menu con ostriche (9%) e caviale (8%). Si registra anche un forte ritorno in cucina con ben il 46% dei responsabili della preparazione dei pasti che dichiara di preparare personalmente i dolci della tradizione da offrire sulla tavola delle feste.

 

Tra i regali vincono moda, giocattoli ed elettronica, ma ritornano i libri

Anche RetailMeNot.it stila una classifica delle principali voci di spesa legate al Natale effettuate sia online sia nei negozi fisici, mettendo al primo posto i regali (il 56% del budget delle feste), con una spesa di 251 Euro per famiglia, seguita da quella per alimenti e bevande (33% del budget), cioè 145 Euro per famiglia. In totale, in Italia, il budget per Natale tra regali, cenone, viaggi e addobbi si aggira intorno ai 444 Euro per famiglia. I regali impacchettati saranno articoli di moda, per una spesa di 28 Euro a persona, equivalente al 22% del budget; giocattoli, per una spesa di 27 Euro; e articoli di elettronica, per 24 Euro. In totale, quest’anno, ognuno di noi spenderà in media 130 Euro per i regali. Sotto l’albero vedremo anche regali in denaro e gift card per un valore di 13 euro. A sorpresa, il settore dei libri ed entertaiment crescerà del 13% rispetto l’anno scorso.

 

Via tablet per famiglie, via smartphone per Millennials

La ricerca analizza anche gli strumenti usati per l’acquisto online dei regali. Ebbene, sempre più spesso le letterine elettroniche sono spesso inviate tramite dispositivi mobili: circa un terzo degli acquisiti, il 33% per un valore di 1,2 miliardi, con un aumento dell’86% rispetto al 2015 (640 milioni di euro). L’utilizzo del tablet è infatti triplicato rispetto il 2015 con un aumento del 200%, mentre quello dello smartphone è cresciuto del 45%. I mittenti delle letterine digitali sono di due tipi: i Millennials, la generazione dai 20 ai 35 anni, molto più incline a fare shopping online utilizzando i propri smartphone perché molto più disinvolta nell’uso del cellulare; e gli amanti del tablet. Quest’ultimo è un dispositivo particolarmente indicato per gli acquisti svolti in famiglia perché visualizzabile da più persone.

L’e-commerce annulla inoltre le distanze. Sempre più spesso acquistiamo su internet da negozi all’estero: quest’anno abbiamo già speso su questi siti 174 milioni di euro, +35% rispetto al 2015, una somma pari al 5% del totale delle spese online di Natale.

Il biologico non s’arresta, nel 2016 in nove mesi ha già superato il fatturato 2014

Anno magico il 2016 per il mercato biologico, con un aumento attorno al 20%. Nei primi tre trimestri dell’anno il fatturato del campione di 18 aziende associate di cui AssoBio, l’associazione nazionale di categoria, monitora ogni tre mesi l’andamento, ha già superato, con 493 milioni di euro a prezzi all’ingrosso, il fatturato dell’intero 2014, quando fu di 485 milioni, e si avvia a superare ampiamente anche quello del 2015 (594 milioni di euro), anno quest’ultimo che aveva già fatto registrare un aumento record del 22,5%. Estrapolando i dati si può ipotizzare per il 2016 una crescita analoga. Un dato che segnala il crescente interesse dei consumatori per gli alimenti bio controllati e certificati secondo i regolamenti europei, ottenuti con tecniche sostenibili per l’ambiente, senza il ricorso a fertilizzanti e pesticidi chimici di sintesi e senza mangimi Ogm. Peraltro il campione, ancorché apparentemente ridotto, è assai significativo: le 18 aziende monitorate, infatti, hanno grande rilievo sul totale delle vendite di prodotti bio, che nel 2015 hanno raggiunto i 2,6 miliardi sul mercato interno e 1,6 di export.

 

Impennata anche nell’export e nella Gdo

E proprio l’export del nostro bio è particolarmente brillante. Nei primi tre trimestri del 2016, infatti, il campione di 18 aziende monitorate da AssoBio ha esportato per un totale di 64 milioni, superando l’intero 2015 (63 milioni). In questo caso l’aumento a fine anno potrebbe superare il 30%. A fare vincere i prodotti italiani bio sono la qualità e il servizio, particolarmente apprezzata in Germania e Francia (i due Paesi in cui esportiamo di più) ma anche in Usa, Canada, nel Benelux e nei Paesi scandinavi.. La categoria più esportata è l’ortofrutta, con il 18% del valore totale.

Restano molto importanti, per la vendita dei prodotti bio, i negozi specializzati, che sono circa un migliaio in tutta Italia, e che, in base al monitoraggio di AssoBio, assorbono circa il 75% dei prodotti bio. Ma sempre più interessante è il canale della grande distribuzione, al quale nei primi nove mesi del 2016 il campione di aziende prese in esame ha fornito 104 milioni di euro di merce, contro i 115 dell’intero 2015. AssoBio stime che le vendite totali al pubblico di prodotti bio da parte di ipermercati e supermercati a fine 2016 supererà il miliardo di euro, con un aumento di circa il 20% rispetto agli 873 milioni del 2015. Quanto agli altri canali, come la ristorazione, nei primi tre trimestri dell’anno hanno toccato i 62 milioni, contro i 68 di tutto il 2015.

Molto positivo l’impatto sull’occupazione. I dati complessivi saranno elaborati solo a fine anno, ma le 18 aziende monitorate sono passate dai 1.993 addetti del 2015 a 2.288, con un aumento del 18,4%.

Insomma, splende il sole sul mercato del bio. E continuerà a splendere ancora per un po’. «Grazie ad alcuni progetti per l’internazionalizzazione sostenuti dalla Commissione europea e coordinati dalla federazione unitaria del settore FederBio – dice Roberto Zanoni, presidente di AssoBio – e grazie alla positiva collaborazione con l’Ice, l’export continuerà ad aumentare, in particolare in Cina, Giappone, Usa e Canada. Per il mercato interno attendiamo che il ministero dia attuazione al Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico, approvato in Conferenza Stato-Regioni nel marzo scorso. È apprezzabile che un settore che non solo svolge, come riconosce anche l’Ue, un ruolo fondamentale nella fornitura di beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale, ma ha anche le performance economiche e occupazionali migliori di tutto l’agroalimentare italiano, possa finalmente contare su strumenti che lo affianchino nel rafforzare la crescita».

Regali e festeggiamenti: le scelte degli italiani secondo il Barometro Coop

Festività casalinghe per la maggior parte degli italiani: 6 su 10, infatti rimarranno a casa a Natale e 8 su 10 a Capodanno.

A rivelarlo il Barometro Coop di Natale, che ha coinvolto un campione rappresentativo di più di 4000 italiani.schermata-2016-12-16-a-12-14-35

Tuttavia sul fronte regali, pare che le cose nadranno meglio: pare infatti che per la prima volta negli ultimi sei anni gli abitanti del Belpaese saranno più propensiad acquistare doni. Soprattutto nel Nord Ovest in crescita del 4% rispetto allo scorso anno.

Direzione Marketing & Comunicazione - Coop Italia
Direzione Marketing & Comunicazione – Coop Italia

Ma quale tipologia di regali andrà per la maggiore? Se i giocattoli caratterizzano soprattutto siciliani, abruzzesi e marchigiani (tutti sopra il 60%), prodotti di profumeria e cura della persona sono invece i preferiti dai pugliesi (li indica il 65% del campione). In Lazio vince la tecnologia (lettori e contenuti digitali) preferita dal 39%, mentre i più golosi e più tradizionalisti rimangono i liguri che regalano in grande maggioranza dolci e prodotti alimentari di ricorrenza (78%). A sorpresa smartphone, tablet, computer tv e fotocamere non sono più tra i 5 oggetti più acquistati, nella top five, piuttosto, entrano i  contenuti digitali (come i pod, kindle etc). L’abbigliamento che ha vissuto un’annata nera sembra ritornare tra i desideri degli italiani, anche se la flessione continua a rimanere costante (-8,3%).

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Sul fronte cibo, invece, il Barometro segnala una crescita importante dei prodotti natalizi (+5% rispetto a un anno fa), gli italiani si scoprono ancora più gourmet e l’alta qualità sale significativamente rispetto a un anno fa (+ 5%) seguita dalle tipicità locali (+ 3%), dai prodotti di marca e dai prodotti a marchio (entrambe le categorie registrano un +2%).

 

 

Natale sotto l’albero: ecco i regali degli italiani

Natale è alle porte: e gli italiani come gestiscono i loro acquisti, con quali tempistiche, con quali modalità?  DoveConviene, la piattaforma digitale sulla quale oltre dieci milioni di italiani si informano e pianificano il proprio shopping, ha condotto un’indagine per approfondire le tendenze in atto in prossimità delle prossime feste. Ne è emerso che il 25% dichiara di acquistare solitamente i regali di Natale circa una settimana prima quasi a pari merito con chi dichiara di farlo anche un mese prima (20%). I ritardatari, invece, sono il 13%; la discriminante che influenza maggiormente il momento d’acquisto sono le offerte (40%).
E lo dimostra il fatto che solo l’8% acquista d’impulso: ben il 92%, invece, consulta molte offerte, sia per risparmiare tempo (20%) sia per risparmiare denaro (72%).
La ricerca di informazioni avviene per lo più sull’online: 71% contro il 29% in offline. Tuttavia l’acquisto vero e proprio continuerà ad essere effettuato essenzialmente nel negozio fisico. Un dato che conferma il trend in atto e che vede il 94% degli acquisti avvenire ancora in negozio (Fonte: eMarketer 2016).

Il budget e la tipologia di regali

Il budget medio destinato ai regali di Natale oscilla tra i 100 e i 300 euro (66%), mentre solo un 23% dichiara di volere spendere meno di 50 euro. Un 11% dichiara invece di essere disposta a spendere oltre 300 euro. Tra gli articoli più ricercati svettano quelli appartenenti all’elettronica (26%) seguiti dai capi d’abbigliamento (24%), dagli accessori (13%) e dagli articoli per la casa (11%). Sorprende invece il poco interesse nel regalare libri (2%) o viaggi e week end (0,4%).

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