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Signorvino, la sfida interamente italiana e low cost del patron di Calzedonia

Catena di wine store & restaurant di vino esclusivamente italiano, Signorvino è stata ideata da Sandro Veronesi, patron di Calzedonia, e lanciata nel 2012 con i punti vendita a Vallese di Oppeano (a pochi chilometri da Verona, quartier generale del gruppo) e a Milano in piazza Duomo, negozio appena riaperto dopo un restyling. Da allora, le insegne sono diventate undici. E il numero è destinato a crescere rapidamente nei prossimi mesi. «Abbiamo in programma quattro nuove aperture nel corso del 2016: ad aprile all’interno del nuovo centro commerciale di Arese, a maggio sia al Vicolungo The Style Outlets a pochi chilometri da Novara, sia al The Mall, l’outlet grandi firme a Leccio Reggello (FI), e tra giugno e luglio in piazza Maggiore a Bologna. Inoltre, siamo alla ricerca di una location a Roma», annuncia Michele Rimpici, managing director di Signorvino.

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Ci parli del format di Signorvino.
Il format miscela vendita diretta, wine bar, ristorazione, organizzazione di eventi e corsi di enologia. Vantiamo 1500 referenze di vino, tutte rigorosamente italiane e a prezzi low cost grazie al rapporto diretto instaurato con i nostri produttori. Tutti gli store sono dotati di cucina e suddivisi in tre zone: una deputata alla vendita take away delle bottiglie, gestita da wine manager esperti e formati internamente sui temi di comunicazione e marketing; una dedicata al wine bar e alla mescita e infine uno spazio per la ristorazione, dove degustare piatti semplici, regionali, con un bicchiere o una bottiglia.

Da quanti produttori vinicoli vi rifornite?
Circa 130, selezionati direttamente dal nostro canale vendita. L’assortimento copre tutte le regioni e si articola in marchi noti, etichette in esclusiva e vini di ricerca prodotti da piccole aziende, tra cui anche vini biologici e biodinamici e top wine molto ricercati. Tutti i Signorvino hanno in commercio le etichette dei brand importanti, ma ogni negozio si caratterizza poi per un assortimento ad hoc dedicato al proprio territorio. Inoltre, il costo della bottiglia non subisce maggiorazioni se il vino viene consumato al tavolo, nemmeno a cena.3

Quanti vini proponete in mescita?
Offriamo 25 vini al calice -tra bianchi, rossi, rosati e bollicine- che cambiano ogni quattro mesi. Il prezzo varia dai 3,5 euro ai 15 euro per vini di pregio, un Amarone riserva del 2006 da 60 euro a bottiglia.

E quante bottiglie smerciate al mese, tra mescita e vendita diretta?
La catena, con undici negozi, ha venduto mediamente 80 mila bottiglie al mese. Ovviamente il numero è destinato a crescere parallelamente all’incremento dei punti vendita.

Uno sguardo alle proposte food.
La carta è la stessa per tutti i negozi, ruota tre volte l’anno e propone piatti di tutte le regioni nonché gli abbinamenti con il vino. Qualche esempio? Il “Tonno delle Langhe”, ovvero carne di coniglio tiepida con insalatina, finocchio fresco, olive taggiasche e vinaigrette di soia e miele che consigliamo in abbinamento con l’Hérzu della cantina Ettore Germano, un Riesling Renano 100% dal profumo floreale e leggermente fruttato. Oppure le pappardelle con funghi porcini al profumo di timo che suggeriamo di provare con un Rosso di Montalcino o l’insalata di pollo ruspante con pomodorini, noci, olive nere, crostini croccanti e salsa al pesto ideale con un Valdobbiadene Prosecco Superiore “Col Credas” della cantina Adami. Inoltre, siamo specializzati in salumi e formaggi.5

Parliamo della formazione.
La curiamo internamente e dura tre settimane. Dedichiamo 14 giorni alla formazione in store nei negozi di Milano o di Verona, e sette alle lezioni in aula per apprendere la gestione di ordini, personale, cucina e vendita del vino.

Due parole sugli eventi in calendario…
Un paio di volte al mese organizziamo sia cene a prezzo fisso con abbinamenti di vino (dai 25 ei 35 euro) sia aperitivi sponsorizzati dalle aziende vinicole per degustare tre bicchieri di vino accompagnati da appetizer (15 euro).

In che modo vi avvalete delle nuove tecnologie?
Per la distribuzione del vino ci affidiamo ai sistemi gestionali già adottati dagli altri marchi del gruppo Calzedonia (tra cui Intimissimi, Tezenis, Falconeri, ndr). Un magazzino centrale in provincia di Verona riunisce gli acquisti e li distribuisce nei punti vendita con un servizio automatico di rifornimento. Questo significa che il personale dei negozi della catena si occupa solo dell’assistenza al cliente e della vendita.signorvino3

Pensate di puntare sull’e-commerce?
In futuro non lo escludiamo, ma per il momento siamo concentrati sul consolidamento della catena off line.

Quali sono gli obiettivi di crescita di Signorvino?
Innanzitutto consolidare la nostra presenza nel Nord Italia con i punti vendita gestiti direttamente dall’azienda e poi, a partire dal 2017, implementare la presenza sul territorio in modo capillare anche nel Centro-Sud con la formula del franchising. Per definire i criteri di affiliazione e per selezionare con cura i nostri partner -e quindi prevenire potenziali danni all’immagine della marca, ndr- dedicheremo un quadrimestre alla realizzazione e all’analisi di test ad hoc.

Nonostante sia ancora presto per parlare di diritto d’ingresso e di royalties, che cosa può anticiparci in merito al contratto di franchising proposto da Signorvino?
Valuteremo store con una superficie di almeno 350 metri quadrati, in posizione centrale ad alta visibilità. Inoltre, sarà un plus l’eventuale presenza di parcheggio. Ovviamente Signorvino garantirà trasmissione del know-how, formazione, fornitura dell’offerta food&beverage e supporto a livello di marketing e di comunicazione.

Per riassumere, quali sono i punti di forza di Signorvino?
Ben 1500 etichette di vini italiani venduti a prezzi competitivi grazie all’assenza di intermediari tra lo scaffale e le vigne; un sistema distributivo basato sulla vendita diretta, semplificato dal magazzino unico e centrale che garantisce un servizio automatico di rifornimento; una formazione interna con uno staff training incaricato di preparare i dipendenti sia con lezioni in aula, sia con l’affiancamento nel punto vendita e un’offerta food gestita a livello nazionale in termini di ricerca dei fornitori, di creazioni dei piatti e di menu.

di Nicole Cavazzuti

Legge antispreco: l’opinione di Federdistribuzione

Legge antispreco: a un giorno dalla sua approvazione in Senato, ferve già il dibattito e l’opinione pubblica è concorde nel plauso. Visto che il tema è uno di quelli caldi, sentiti e dibattuti e a cui già da tempo si cerca di trovare una soluzione. Secondo, infatti, uno studio del Politecnico di Milano (Surplus Food Management – Against food waste) la distribuzione ogni anno dona prodotti alimentari per 65.000 tonnellate (pari a oltre 220.000 pasti al giorno). Una quantità che sta crescendo nel tempo e che ora potrebbe essere ulteriormente aumentare grazie al provvedimento approvato ieri.

“Questa legge – commenta infatti Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – rappresenta un importante passo per semplificare il processo di donazione delle rimanenze alimentari, un’attività nella quale le nostre imprese sono impegnate già da molto tempo nonostante le numerose difficoltà. Prima di questa norma assistevamo al paradosso che destinare i prodotti a rifiuto costava più che donarli. Questo a causa dei pesanti adempimenti burocratici necessari per fare le donazioni. Ora si sono invece create migliori condizioni per raggiungere l’obiettivo più volte indicato dal Ministro Martina, cioè raddoppiare le attuali 480.000 tonnellate di donazioni da parte dell’intera filiera, raggiungendo il milione di tonnellate annue”.

“Apprezziamo il lavoro svolto dall’Onorevole Gadda, impegnata in prima linea nell’intero percorso parlamentare della legge e sempre disponibile al confronto. Una disponibilità importante, che ha consentito di giungere a una formulazione finale ampiamente condivisa da tutti gli operatori coinvolti. Stesso apprezzamento per il Senato, che ha saputo accelerare i tempi per l’approvazione di un provvedimento da tutti ritenuto efficace”.

“Per dare impulso alle donazioni sarà importante che gli enti locali recepiscano l’invito contenuto nella norma, riducendo la tassa sui rifiuti per i soggetti che donano. Più donazioni significa meno rifiuti e meno costi per il sistema, e noi auspichiamo che almeno una parte di questi risparmi possano essere distribuiti a chi alimenta questo percorso virtuoso”.

“Diffondere il messaggio positivo delle donazioni è fondamentale per alimentare un senso di responsabilità nelle imprese e nei cittadini. Per questo Federdistribuzione, insieme a Federalimentare, Fondazione Banco Alimentare e Unione Nazionale Consumatori partecipa al progetto “LIFE-Food Waste Stand up”, proprio con l’obiettivo di sensibilizzare al contenimento dello spreco e di educare al recupero delle eccedenze”.

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Gruppo Acqua Minerale San Benedetto leader nel mercato italiano del beverage

Gruppo Acqua Minerale San Benedetto è  leader assoluto del mercato Italiano del beverage analcolico nel 2015 con una quota a volume del 15,1% e la migliore performance in termini di guadagno di quota (+1.1 % Vs 2014). A certificarlo è Canadean, prestigiosa società internazionale di ricerca e consulenza di mercato, con sede principale a Londra, accreditata come “specialista”  per lo studio e l’analisi dei mercati globali relativi all’industria delle bevande.

Si consolida, dunque, il ruolo di San Benedetto quale azienda “totale” in grado di presidiare con successo tutti i comparti che compongono il beverage analcolico. Il lungo lavoro d’innovazione e differenziazione svolto dall’Azienda le ha permesso di offrire  un ventaglio di brand, prodotti e formati specifici attraverso i quali coprire tutti i diversi segmenti del mercato, rispondendo alle esigenze in continua evoluzione del consumatore e del trade, sia a livello di prodotti che di formato.

Oltre alla leadership di Gruppo,  Canadean certifica San Benedetto come:

·       Brand più venduto nell’intero mercato delle bevande analcoliche in Italia con una quota a volume del 15%;

·       Brand più venduto nel mercato delle acque minerali con il 10,7% di quota a volume;

·       Brand più venduto nel mercato del thè freddo con il 28,9% di quota a volume;

·       Leading Group nel segmento delle bibite gassate senza zuccheri aggiunti con una quota a volume del 30,5%;

·       Energade, marchio prodotto e distribuito in Italia da San Benedetto su autorizzazione di Schweppes Int. Limited, è il primo brand nel mercato degli sport drinks con una quota a volume del 34,5%.

“La leadership di mercato è il frutto di anni di sacrificio, di impegno e di assoluta dedizione al lavoro di tutto il Gruppo e delle sue maestranze”  – ha dichiarato Enrico Zoppas, Presidente e Amministratore Delegato del  Gruppo Acqua Minerale San Benedetto S.p.A. –  “Questo risultato ci riempie d’orgoglio ma, nel contempo, ci rende ancora più consapevoli che non è affatto un punto di arrivo ma solo un punto di partenza, stimolandoci e responsabilizzandoci a fare ancora meglio sapendo di dover affrontare nuove sfide e nuovi contesti sempre più complessi e difficili.” .

Consumatore e conversione all’acquisto: un nuovo approccio firmato GFK

Consumatore più consapevole, assortimenti, showrooming, webrooming ed effetti che questi due fenomeni potrebbero avere sul futuro degli store brick and mortar: questi i temi più dibattuti. E in questo scenario popolato da macro fenomeni, forse tende a passare in sordina il processo di conversione all’acquisto.

Momento topico, in cui si compie il “fatidico” passo che dall’intenzione porta alla decisione finale su cosa acquistare e durante il quale, molto spesso, intervengono variabili dell’ultima ora, in grado di sovvertire il processo d’acquisto.

Approfondire le dinamiche che regolano questo momento e guidano il consumatore nelle sue decisioni, potrebbe essere un esercizio interessante e profittevole anche nell’ottica della marginalità e delle performances del negozio.

Va in questa direzione Shopper Conversion, la nuova metodologia GfK che analizza la conversione all’acquisto, basandosi non più sulle dichiarazioni degli intervistati, ma lavorando sull’aspetto comportamentale (non scevro da una componente irrazionale, dunque) grazie a nuove tecnologie di misurazione. Ad oggi l’implementazione ha riguardato sia i Beni di Largo Consumo, sia aree specifiche quali Farmaceutica, Elettrodomestici, Telefonia, Moda e Abbigliamento.

L’obiettivo è quello di individuare lungo il percorso d’acquisto gli elementi ostativi e quelli incentivanti in modo da intervenire per ottimizzare la shopping experience.

Tre le fasi di ricerca in cui si articola Shopper Conversion:

  1. Conoscere lo shopper (profilo, abitudini e comportamenti di acquisto, budget di spesa, canali frequentati, ecc.) per contestualizzare le informazioni acquisite successivamente.
  2. Tracciare il percorso all’interno del punto vendita attraverso l’utilizzo di Sensori RTLS (Real Time Locating System), disposti su cestini e carrelli, che rilevano il percorso degli shopper e Sensori OSS (Optical Smart Sensors) disposti sugli scaffali, che rilevano l’interazione degli acquirenti con una determinata categoria. Questi dati vengono poi integrati con i dati di vendita da scontrino – andando a definire i tassi finali di Conversione a livello di totale Negozio, Reparto, Categoria, Marca o singola unità di vendita – e con l’analisi delle attività promozionali.
  3. Gestire la categoria: si entra in una simulazione (basata sulla piattaforma virtuale Simstore, esclusiva di GfK) che consente di testare, in modo realistico e interattivo, le potenziali alternative di presentazione dello scaffale, di assortimenti e di promozioni.

L’efficacia e la concretezza operativa di Shopper Conversion sono state pienamente confermate da vari studi, sia per quanto riguarda i Beni di Largo Consumo, sia per aree specifiche quali Farmaceutica, Elettrodomestici, Telefonia, Moda e Abbigliamento.

 

Birre e social: Ceres campione di Facebook, Peroni sul podio di Twitter

Birre e social, la pagella la dà Blogmeter nel suo Tob Brands dedicato alla mitica bionda.

Il primo dato importante è che tra le varie piattaforme, la preferita dalle aziende produttrici è senz’altro Facebook, come dimostrano le performance ottenute sul social di Zuckerberg sia in termini di engagement che di new fan rispetto a Twitter.

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Sul podio delle Top 5 più coinvolgenti su Facebook c’è Ceres (ma quinta per numero di nuovi fan) che con i suoi originali post di real-time marketing conquista tutti. In particolare, a giugno la pagina italiana del birrificio danese ha generato un grande numero di interazioni con la sua campagna in occasione delle elezioni amministrative. Il post più coinvolgente ha come protagonista Giorgia Meloni. Al secondo posto per engagement si posiziona Birra Moretti grazie alla pubblicazione di post sempre curati e dalla creatività piacevole: a giugno appassiona con la special edition “Campioni col baffo”, dedicata a tutti i campioni del calcio che hanno i baffi. La medaglia di bronzo va a Carlsberg, seconda per nuovi fan, molto attiva durante gli Europei 2016. Chiudono la Top 5 Birra Ichnusa e Birrificio Angelo Poretti . Se andiamo invece ad osservare le dimensioni di crescita della community, appare evidente come la pagina che ha acquisito più fan a giugno sia Tuborg, seguono la già citata Carlsberg al secondo posto e Bavaria in terza posizione, che conquista tanti nuovi fan in occasione degli Europei. A distinguersi per numero di nuovi fan è infine Birra Antoniana che promuove su Facebook principalmente gli eventi che organizza.

Le performance su Twitter

Qui conquista lo scettro dei più coinvolgenti Peroni, che colleziona quasi 8.000 interazioni con l’iniziativa #nonnedoitbetter2 e il suo testimonial Chef Rubio, piazzandosi al secondo posto per numero di nuovi fan. Segue a distanza Ceres, mentre in terza posizione troviamo Beck’s Italia con un picco di interazioni in occasione del #CheersToIndependence. Tuborg si conferma la più brava a conquistare nuovi seguaci anche su Twitter con numeri superiori alla media di mercato (80 follower al giorno), cavalcando l’onda di eventi e iniziative come il concorso artistico #SkateboardsConfluence. Spunta al quarto posto della classifica, dopo Peroni e Ceres, il profilo italiano di Heineken che pubblica meno di un tweet al giorno. Fanalino di coda di entrambe le Top 5 di Twitter è Baffo Moretti con #TuLaConosciBianca, l’hashtag legato alla presentazione ufficiale de La Bianca.

Fiducia in calo per i consumatori italiani e Brexit comincia a farsi sentire…

Fiducia nuovamente a picco per gli italiani. Secondo quanto rilevato da GFK, infatti, l’indice di fiducia di giugno si è attestato a -31,3 punti. In calo di ben 9,9 punti rispetto a marzo.

Colpa (essenzialmente) della crisi economica e finanziaria, dell’arrivo di un elevato numero di migranti e dell’andamento del tasso di disoccupazione che rimane tra i più alti in Europa (11,5%).

In linea con questo pessimismo, si rivela anche l’indicatore delle aspettative di reddito che – in calo di circa 4 punti rispetto a marzo – a giugno si colloca a -7,1.Indice di fiducia ITA_Lug16

Eppure ci sono segnali che vanno in senso diametralmente opposto, lanciando sprazzi di luce su un quadro altrimenti fosco, come- per esempio – l’indicatore della propensione all’acquisto, che a giugno ha raggiunto i 20,6 punti. Anche in questo caso il calo rispetto a marzo è innegabile, ma il confronto con lo scorso anno, va in ben altra direzione: ben + 16 punti!

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In Europa

Diversamente, anche se con fluttuazione variegate dovute a un quadro socio-politico-economico molto eterogeneo e instabile (migranti, elezioni politiche, minaccia islamica), vanno le cose nel resto d’Europa. Qui infatti l’indice di fiducia è aumentato del 4,1 punti percentuali nel periodo compreso da marzo a giugno 2016, raggiungendo 13,1 punti, il valore più alto da marzo 2008.

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Brexit e il sondaggio

Ovviamente Brexit è ancora fuori da queste rilevazioni. Si teme però che l’impatto sarà significativo. E i primi segnali arrivano già da un sondaggio realizzato di recente da GFK in Gran Bretagna.Schermata 2016-07-14 a 10.51.45

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I dati mostrano una diminuzione di 8 punti dell’indice di fiducia, che arriva a toccare i -9 punti: si tratta del calo più significativo registrato dal 1994. L’indagine mette in luce una preoccupazione diffusa: 6 intervistati su 10 hanno dichiarato di aspettarsi un peggioramento della situazione economica nei prossimi 12 mesi.

Le Bibite Sanpellegrino lanciano un video contest per raccontare le nuove specialità

Le Bibite Sanpellegrino scelgono l’arte per parlare dei propri nuovi ai propri consumatori. E nel nuovo millennio l’arte più affabulatrice non poteva essere che quella dei  giovani filmmaker della rete. Tramite Userfarm, la piattaforma leader globale dei video in crowdsourcing, formata da una crowd internazionale di oltre 100.000 filmmakers, le Bibite Sanpellegrino hanno infatti lanciato un video contest per raccontare il mix di eccellenze territoriali delle loro nuove Specialità Italiane: da Chinotti di Sicilia&Bacche di Mirto di Sardegna a Limoni di Sicilia&Infuso di Menta Piperita del Piemonte, fino a Arance&Fichi d’India di Sicilia. Tre mix di gusto, che uniscono le migliori eccellenze del Belpaese, dando vita a bibite che valorizzano gli ingredienti territoriali.

Il feedback

Alla chiamata delle Bibite Sanpellegrino hanno risposto più di 450 filmmakers, che hanno reinterpretato in modo creativo, innovativo e moderno i contenuti proposti, tutti legati da un unico filo conduttore che evoca i temi della freschezza, della genuinità, della terra e della natura. Il prodotto che più fra tutti ha stimolato la creatività della crowd, è stato Limoni di Sicilia&Infuso di Menta Piperita del Piemonte. Sono cinque i video selezionati per comunicare le Specialità Italiane e questi i nomi dei loro autori: Giulio Scarano, Mirko Bonanno, Giuliano Grimaldi, Federico Falcioni e Angelo Cerisara.

Angelo Cerisara è il giovanissimo autore e regista del video “Il gusto dell’incontro”, che le Bibite Sanpellegrino hanno scelto per andare in comunicazione a partire dal 9 luglio, sui loro canali social: Facebook e Youtube. Il video narra, in un crescendo di emozioni, una pausa di piacere vissuta con le Bibite Sanpellegrino di cui Specialità Italiane Menta Piperita del Piemonte&Limoni di Sicilia è il protagonista.

Ma non solo, anche gli altri due gusti di Specialità Italiane vengono reinterpretati della creatività del giovane videomaker di Padova che ha realizzato per le Bibite Sanpellegrino altri due video per raccontare le eccellenze di Arance&Fichi d’India di Sicilia e Chinotti di Sicilia&Bacche di Mirto di Sardegna. Tutti e tre i video saranno on air sui canali digital delle Bibite Sanpellegrino, una vera e propria celebrazione dei frutti della terra, con i loro colori, profumi e sapori, trasformati dalla sapienza italiana in un’esplosione di gusto che svela tutta la meraviglia del Belpaese.

Cento anni di italiani a tavola, fotografati da Coop: e il futuro è veg e local

Foodie sì, ma sui prodotti locali, del territorio, piuttosto che interessati ai sapori etnici; nazionalisti nelle grandi occasioni (il calcio, le calamità geopolitiche che coinvolgono connazionali) ma profondamente legati al proprio “orticello”, regione o comune che sia; in generale, sempre più attenti a consumi alimentari “salutari”, con un interesse crescente per i regimi vegetariani. Sono gli italiani fotografati da Coop sul nuovo sito www.italiani.coop consultabile liberamente. Una serie di flash su consumi e abitudini nazionali risultate dall’Ufficio Studi Coop che ha elaborato i Big dati rilevati dai principali istituti di ricerca, quali Istat, Eurobatrometro, Fao, Nielsen, Doxa, Pew Research Center, con il supporto scientifico di Ref Ricerche.

Da contadino a vegan, e ritorno: cento anni di consumi alimentari
Sei quello che mangi, dice un noto adagio, e, considerando quanto è cambiata la società italiana negli ultimi cento anni, è facile immaginare quanto siano anche cambiati i consumi alimentari. Un quadro ce lo dà proprio Coop, che rivela come nell’ultimo secolo l’italiano medio si sia trasformato da povero, sottonutrito, analfabeta e contadino (nel 1901 la spesa annua procapite era pari a 1600 euro annuali, un decimo di oggi) ad agiato ipernutrito. Da popolazione cresciuta a pane legumi e vegetali e pochissima carne (nel primo decennio del secolo ne mangiavamo 15 chili procapite all’anno contro gli oltre 200 chili di pasta e pane) ai figli del boom economico cresciuti a proteine (con la carne dagli anni ’60 agli ’80 aumenta di 20 chili procapite). Risultato: oggi il 59% della popolazione è sovrappeso e il 21% è obeso.

Schermata 2016-07-11 alle 15.14.27Schermata 2016-07-11 alle 15.14.18Però nelle scelte alimentari iniziano a prevalere la salute e la ricerca del benessere, e si impongono nuovi stili di consumo, tra i quali quello naturale e quello con un ridotto o nullo apporto di proteine animali. Rispetto ai colleghi europei, gli italiani sono particolarmente sensibili ai contenuti di freschezza e naturalità dei prodotti alimentari (si dichiarano tali il 62% del campione a fronte di una media Ue del 51%). Un divario che esplode, con quasi 20 punti di differenza, nell’importanza attribuita alla sostenibilità ambientale dell’azienda o del prodotto (It 83 e 81% di preferenze vs Eu 66 e 64%). Insomma, mangeremo più carboidrati, formaggi, frutta e verdura e meno carne, pesce e dolci. E le paure maggiori sul forte alimentare sono la manipolazione e l’inquinamento ambientale.
Infatti, se un anno fa il 13% degli italiani affermava di consumare abitualmente prodotti vegan, il 49% già immaginava che i propri consumi sarebbero cambiati in quella direzione nei decenni successivi. E proprio alla tavola gli italiani destinano quote consistenti dei consumi procapite, registrando la più alta spesa procapite alimentare d’Europa (superiore di ben 20 punti percentuali alla media europea).

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Le preferenze poi vanno ai prodotti local (30%) piuttosto che al cibo global (18%) perchè gli italiani hanno più fiducia nei prodotti del territorio e sperano nelle ricadute locali delle loro scelte di consumo. Nella media europea invece è l’approccio global a risultare vincente (25% vs 23%). Il quadro dunque è quello di un popolo ancorati ad una identità micro territoriale (lombardi, umbri, campani e persino leccesi, livornesi, catanesi, veronesi), che diventa “italiano” solo nelle grandi occasioni.
Non solo. L’ex popolo di santi, poeti e navigatori ha decisamente cambiato le sue priorità anche in fatto di impiego. Per la professione del domani, la maggioranza dei nostri connazionali preferirebbe occuparsi di Information Technology (come gli europei che però distacchiamo di 4 punti: 11 vs 7). Ma al secondo posto c’è l’educazione e la formazione (+3 punti su media Eu dove comunque questo campo ricopre il secondo posto) e al terzo Ospitalità e turismo (+2 su Eu). I manager che in Europa sono anche loro al secondo posto, in Italia sono al quinto e i finanzieri che in Europa figurano al terzo posto a pari merito con altre professioni, in Italia scendono al settimo. Da registrare che agricoltura, cibo e risorse naturali conquistano il 5% delle preferenze vs il 3% europei. In sostanza meno finanza e più tecnologia, ci immaginiamo meno manager e più nerd, persino più agricoltori.

Spesa media mensile familiare

“Nel 2015, la spesa media mensile familiare in valori correnti è pari a 2.499,37 euro (+0,4% rispetto al 2014, +1,1% nei confronti del 2013), mostrando timidi segnali di ripresa in un quadro macroeconomico caratterizzato dal lieve aumento, per il terzo anno consecutivo, del reddito disponibile delle famiglie, dalla stabilità della loro propensione al risparmio e dal primo anno di ripresa del Pil dopo tre di recessione.

Un quadro analogo si registra anche in termini reali se si considera che l’inflazione è stata prossima allo zero sia nel 2014 sia nel 2015 (rispettivamente +0,2% e +0,1%).

Al netto del costo (stimato mediante i cosiddetti affitti figurativi) che le famiglie dovrebbero sostenere per prendere in affitto un’unità abitativa con caratteristiche identiche a quella in cui vivono e di cui sono proprietarie, usufruttuarie o che hanno in uso gratuito, la spesa media familiare è pari, nel 2015, a 1.910,34 euro, in aumento dello 0,7% rispetto al 2014 e dell’1,9% rispetto al 2013.

Il livello medio della spesa alimentare è pari a 441,50 euro al mese (436,06 euro nel 2014, +1,2%). Si arresta la diminuzione della spesa per carni, in atto fin dal 2011, attestandosi a 98,25 euro mensili. La spesa per frutta aumenta del 4,5% rispetto al 2014 (da 38,71 a 40,45 euro mensili), quella per acque minerali, bevande analcoliche, succhi di frutta e verdura del 4,2% (da 19,66 a 20,48 euro).

È sostanzialmente stabile la spesa per beni e servizi non alimentari (2.057,87 euro in media al mese). Per il terzo anno consecutivo si riducono le spese per comunicazioni (-4,2%), anche per l’ulteriore diminuzione dei prezzi. Aumentano le spese per servizi ricettivi e di ristorazione (+11%, da 110,26 a 122,39 euro, dopo due anni di calo), e le spese per beni e servizi ricreativi, spettacoli e cultura (+4,1%, 126,41 euro).

Permangono le differenze strutturali sul territorio, legate ai livelli di reddito, ai prezzi e ai comportamenti di spesa, con i valori del Nord più elevati di quelli del Centro e, soprattutto, di Sud e Isole. La Lombardia e il Trentino-Alto Adige sono le regioni con la spesa media più elevata (rispettivamente 3.030,64 e 3.022,16 euro). La Calabria è invece la regione con la spesa minore, 1.729,20 euro mensili, inferiore del 42,9% rispetto ai valori più elevati.

Nelle città metropolitane la spesa media mensile è di 2.630,73 euro, nei comuni periferici delle aree metropolitane e nei comuni sopra i 50mila abitanti è di 2539,47 euro e negli altri comuni fino a 50mila abitanti è di 2.436,38 euro. Nelle città metropolitane si destinano quote di spesa più elevate all’abitazione e ai servizi ricettivi e di ristorazione.

Le famiglie di soli stranieri spendono in media 1.532,66 euro al mese, circa 1.000 euro in meno di quanto spendono le famiglie di soli italiani (anche se queste ultime hanno in genere dimensioni più contenute). Più della metà della spesa delle famiglie di soli stranieri (54,1%) è destinata a prodotti alimentari e bevande analcoliche e ad abitazione, acqua, elettricità, gas e combustibili (al netto degli affitti figurativi); questa quota è del 29,1% per le famiglie di soli italiani.

La spesa media mensile è molto eterogenea al variare del titolo di studio: ammonta a 3.383,05 euro per le famiglie con persona di riferimento laureata o con titolo di studio superiore alla laurea, circa il doppio rispetto a quella delle famiglie la cui persona di riferimento ha la licenza elementare o nessun titolo di studio.

Tra le famiglie di occupati dipendenti la spesa media mensile è pari a 2.321,50 euro se la persona di riferimento è operaio e assimilato, sale a 3.124,56 euro se è dirigente, quadro o impiegato. Tra gli occupati indipendenti, la spesa media mensile è di 3.585,20 per imprenditori e liberi professionisti e di 2.733,88 euro per gli altri lavoratori indipendenti”. (Fonte: www.istat.it, “Spese per consumi delle famiglie”, 7 luglio 2016).

Circa l’anno in corso, ricordiamo che mentre “prosegue la fase di crescita moderata dell’economia italiana”, “segnali meno favorevoli provengono dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie e dalle imprese dei servizi. In questo quadro, l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”. (Fonte: www.istat.it, “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, 5 luglio 2016).

Crescita moderata, consumi invariati

“Prosegue la fase di crescita moderata dell’economia italiana sostenuta dal miglioramento dei ritmi produttivi dell’attività manifatturiera e dai primi segnali di ripresa delle costruzioni, in presenza di un recupero della redditività delle imprese e di un aumento dell’occupazione. Segnali meno favorevoli provengono dai consumi, dal clima di fiducia delle famiglie e dalle imprese dei servizi. In questo quadro, l’indicatore composito anticipatore dell’economia italiana ha segnato un’ulteriore discesa, prospettando un rallentamento nel ritmo di crescita dell’attività economica nel breve termine”. (Fonte: www.istat.it, “Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana”, 5 luglio 2016).

Il pdf è disponibile on line. Evidenziamo, en passant, che “Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono rimasti invariati. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle Famiglie consumatrici è risultata pari all’8,8%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Poiché il deflatore implicito dei consumi delle famiglie è sceso in termini congiunturali dello 0,3%, il potere d’acquisto delle famiglie è aumentato dell’1,1%”. (Fonte: www.istat.it, “Conto trimestrale delle Amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società”, 30 giugno 2016).

Consumi e indicatori di fiducia sono quindi sotto pressione, in attesa del dispiegarsi di ulteriori fattori endogeni ed esogeni (a partire dalle conseguenze della Brexit).

In margine, per quanto attiene al circuito dei centri commerciali, dopo un aumento delle vendite del 3,2% nel 2015 (esclusi gli ipermercati), nel primo trimestre 2016 la crescita è stata dell’1,8%, secondo quanto recentemente dichiarato dal Presidente del CNCC Massimo Moretti.

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