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Grazie a salute e territorio, le private label del gruppo Selex crescono del 3% nel 2015

Alto di gamma, biologico e salute sono aumentate del 10% ma le private label del Gruppo Selex registrano in generale un andamento positivo nel 2015, e raggiungono un giro d’affari al consumo di oltre 750 milioni di euro, in crescita del 3% rispetto al 2014.

Le Marche del Distributore del Gruppo Selex, terzo distributore italiano con una quota di mercato superiore all’11%, contano oltre 5.000 referenze suddivise tra prodotti Selex (oltre 3.000), prodotti Vale (altra marca del Gruppo, 1.100 articoli), proposte Sù e Vanto, le due linee dedicate al canale cash & carry, e Prodotto Risparmio. A questi si aggiungono le linee Le Vie dell’Uva, selezione di vini italiani, Le Bontà del Pasticciere, Armonia & Benessere e l’ultima arrivata, Storie di Gastronomia. Nel 2015 anche il marchio Il Gigante è entrato a far parte della rete Selex e di conseguenza della gestione delle sue private label. L’obiettivo per il 2016 sarà quello di raggiungere la totale sovrapposizione e allineamento del marchio Il Gigante all’offerta Selex.

 

A febbraio una campagna per le Pl

Per comunicare i valori e i punti di forza dei suoi brand, Selex ha pianificato, a partire da febbraio 2016, un’importante campagna istituzionale che coinvolgerà i principali media. Nuovo anche il sito dedicato, prodottiselex.it, dove i consumatori troveranno tutte le informazioni e le novità sulle linee e sui prodotti.

Parte del successo so deve alla capacità di cogliere i nuovi trend e le richieste del consumatore odierno, unite alla capacità di ottimizzare il rapporto qualità-prezzo.
Un esempio sono le linee dedicate a salute e benessere e alle intolleranze, come Vivi Bene Senza Glutine Selex, per i celiaci, Natura Chiama Selex per i comparti dell’ortofrutta a filiera controllata e del bio, o le proposte di Vivi Bene Selex. Aree sempre più premiate dai consumatori e molto spesso non ancora presidiate dall’industria di marca. Altro esempio è la linea Saper di Sapori, che strizza l’occhio ai foodie offrendo prodotti di alta gamma e del territorio, con un centinaio di specialità esclusive frutto di antiche lavorazioni artigianali.

«Intercettare i cambiamenti in atto nelle abitudini di consumo e negli stili alimentari è alla base del nostro impegno quotidiano – afferma Maniele Tasca, Direttore Generale del Gruppo Selex -.
 Oggi siamo tutti più attenti al benessere e all’ambiente che ci circonda. Cerchiamo cibi naturali, biologici ed etici. E Selex, con le sue linee specialistiche, vuole garantire risposte adeguate a queste nuove istanze, mettendo a disposizione della clientela prodotti dalle elevate caratteristiche qualitative, ma sempre a prezzi accessibili».

«Fattori premianti delle nostre proposte sono soprattutto la qualità e la sicurezza – sottolinea Luca Vaccaro, Direttore Marche del Distributore del Gruppo Selex – ottenute attraverso un rigoroso piano di analisi (oltre l’80% degli alimentari viene sottoposto a controlli almeno una volta all’anno, con oltre 20.000 parametri analitici monitorati) e un programma di assaggi effettuati da un panel di consumatori rappresentativi della popolazione italiana».

Per Coop nel 2016 torna la speranza, tra ripresa slow e timori. Gdo a +0,7% grazie ai freschi

Un 2016 tra ripresa e speranza, con un incremento nei consumi delle famiglie stimato nell’1,4%, l’aumento maggiore degli ultimi 10 anni: è quello che rilevano Nomisma e Ref Ricerche per il “Rapporto Coop”, con i risultati del sondaggio di inizio anno e le previsioni sui consumi 2016. In quanto a “sentiment”, pensa positivo e spera in un miglioramento più di un terzo degli italiani. Un sesto identifica il nuovo anno con il cambiamento. Resta però chi guarda nero: il 14% del campione pensa sia il timore il sentimento dominante del 2016. Fa paura però non tanto la crisi (la identifica con il 2016 solo l’8,5% degli intervistati), mentre l’idea di ripresa supera di ben dieci punti quella di rinuncia (12,2% contro il 2,6%).

 

I Millennials tirano il carro dei nuovi consumi

Per l’anno appena iniziato il 55% degli italiani non prevede cambiamenti di rilievo nelle proprie spese, ma si registra un piccolo saldo positivo tra chi vede una spesa per acquisti in crescita (17,8%) e chi la stima in calo (16,2%). I millenials e i ceti più agiati sono le categorie che prevedono di aumentare maggiormente i consumi. E dopo l’orizzonte grigio della crisi si apre la voglia di svaghi e divertimento. Il 42% pensa di riprendere a viaggiare, il 32% tornerà a divertirsi, il 20% ha intenzione di spendere di più pur di avere un cibo di qualità. Seguono a pari merito nelle intenzioni di spesa la ristrutturazione della casa e la nuova ossessione della palestra e della cura di sé (entrambe intorno al 16%).

La fotografia del rapporto Coop conferma ancora una volta però come l’Italia sia a due velocità, con le regioni centrali e il Nord Ovest ottimisti, e un Sud con prospettive di consumo ancora negative. Inoltre, la ripresa è ancora debole, se si considera che i consumi procapite nel 2016 si assesteranno, nonostante il lieve incremento dell’1,4%, sui livelli degli anni Novanta, e saranno più bassi di oltre 1700 euro rispetto al 2007 segnando un -9% rispetto a quell’anno.

 

Natale in lieve ripresa

Seppur con lievi margini, gli acquisti natalizi nel mese di dicembre nella GDO confermano l’incremento delle vendite dell’intero 2015, facendo segnare circa mezzo punto percentuale a valore in più rispetto al 2014. Nella settimana di Natale si è registrato un incremento del 3%: una dimostrazione in più di quello che già si sapeva, ovvero che gli acquisti tendano sempre più ad attestarsi last minute.

 

I consumi alimentari verso una maggior sobrietà

Bio, canali alternativi, meno calorie e più attenzione a quello che si consuma, con un focus sul free from e i prodotti locali, sono le tendenze che continueranno ad affermarsi nell’anno a venire (vd Cinque macro tendenze per l’alimentazione nel 2016. Il tutto in un quadro che vede, per gli alimentari (e l’abbigliamento) una spesa sotto la media dell’anno. Sulla scia dei temi cari a Expo, la tavola resta il luogo di sperimentazione per eccellenza; il 30% del campione dimostra un maggiore interesse per i prodotti del territorio,  il 25% sceglierà più biologico, il 21% ridurrà il consumo di carne e sarà più attento alla propria dieta. Tutto ciò però senza dimenticare l’attenzione al risparmio e la rinuncia al superfluo: il 40% degli italiani nel 2016 presterà maggiore attenzione agli sprechi alimentari e il 27% si dedicherà a cucinare a casa anche alimenti “di base” come pizza, pasta, dolci, marmellate e pane.

Ancora poco utilizzato nelle intenzioni sarà invece il ricorso all’e-commerce alimentare. Resta invece la tendenza a rivolgersi a canali alternativi come l’acquisto diretto dagli agricoltori (poco più del 20%), l’autoproduzione (“coltiverò un orto” è l’ambizione per il 14,1% del campione) e il discount come meta preferita da un altro 14%.

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In questo contesto si prevede che i fatturati della GDO rimarranno sotto la soglia dell’1% a totale assortimento, con un lieve incremento del risultato positivo registrato nel 2015.

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Nell’anno appena iniziato infatti si prevede un incremento dei prodotti freschi a peso variabile mentre resteranno negative le vendite del non food.

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Si ridurrà ancora lievemente la pressione promozionale mentre il carrello perderà ancora un piccola porzione del suo valore medio ma con un processo di progressiva decelerazione.

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Cinque macro tendenze per l’alimentazione nel 2016

Una "creazione" della stampante 3D Foodini: i contenitori/divisori tra i cibi sono realizzati con un puré di patate viola.

Cosa comparirà nei nostri piatti nel 2016, quali sono le tendenze più “forti” che ci portiamo dietro e che evolveranno dall’anno appena passato, il 2015 di Expo e degli scandali alimentari, dei cambiamenti climatici e dei grandi chef che hanno popolato le trasmissioni tv e dei food blogger che hanno pontificato su tutto e tutti? Qui di seguito abbiamo individuato cinque macro tendenze che promettono di influenzare il nostro modo di mangiare, cucinare e naturalmente anche di fare la spesa nell’anno che si è appena aperto, ma anche gli alimenti su cui si appunterà l’attenzione di chef e nutrizionisti e che troveremo sempre più spesso negli scaffali dei supermercati.

1-SALUTISMO
IDShot_540x540Meno pasta per tutti Secondo l’analisi di Bauman & Whitman la pasta potrebbe essere una “specie in via di estinzione” in futuro, con consumi in calo dell’8% in Australia e del 13% in Europa. Anche in Italia nel 2014 secondo IRI le vendite di pasta secca sono calate del 2,5% a volume. Responsabili la fobia del glutine, le diete iperproteiche e l’avvento di cereali alternativi al grano (quinoa, farro, chia, orzo, segale) o alternative ai cereali (dai legumi alle verdure ridotte in fili o nastri, una moda che ha già investito i supermercati anglosassoni e che potrebbe presto arrivare da noi). Puré di verdure (dagli spinaci al pomodoro, dalla zucca alle carote) potranno essere trasformati in qualsiasi forma grazie alle stampanti 3D alimentari (già viste a Expo e protagoniste di numerose start-up) che come la Foodini, cavalcano il trend salutista e l’avversione verso il cibo industriale.
Vedi: Tesco, Pam e le altre: le private label puntano sul vegetarianoSemaforo verde per i vegani in Gdo

Free-from ma “naturale” Pollice verso invece per gli alimenti “senza zucchero, senza grassi, zero calorie”, sì al “senza zuccheri, grassi, additivi, conservanti, coloranti aggiunti”. Un trend colto anche dalla grandi aziende che si prodigano in informazioni su ingredienti, provenienza e ricette salutari veicolati tramite RFID o QRCode. La richiesta dei consumatori infatti è per etichette sempre più trasparenti sugli ingredienti e la loro provenienza, ma anche sull’eticità di allevamenti e coltivazioni. Sempre più diffuse le opzioni free from “naturali” come reazioni agli scandali alimentari, tanto che aumenta la disponibilità e anche le linee private label dedicate a vegetariani e vegani, intolleranti e a chi segue diete religiose (halal e kosher).
Vedi Pam Panorama amplia la linea Veg&VegNasce il primo Parmigiano Reggiano Dop kosherGluten Free Expo, la nicchia del senza glutine si espande

Cibi fermentati e probiotici Tra le tendenze 2016 rilevate dalla catena USA Whole Foods ci sono i cibi fermentati e i probiotici, che forniscono “batteri buoni” utili a migliorare il proprio microbiota, ovvero il corredo tutto personale di microrganismi che popolano il nostro intestino e che recenti studi scientifici segnalano come determinante per la nostra salute e addirittura per il nostro umore. Yogurt e kefir ma anche tempeh (soia fermentata), tè kombucha, crauti, miso, pane di pasta madre e kimchi saranno sempre più richiesti da chi è più attento alla salute.

Ortofrutta al top, carne in declino La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’inserimento di carni rosse e salumi da parte dell’OMS, Organizzazione mondiale della Sanità, nella “lista nera” degli alimenti cancerogeni. Poi ci sono i prezzi alti, le accuse di scarsa sostenibilità ed eticità degli allevamenti (consumano ingenti quantità di acqua e mangimi e producono CO2), l’utilizzo di ormoni e il crescente numero di vegetariani, vegani e flexitariani (vegani part time): tutto congiura verso l’allontanamento dagli alimenti di origine animale. Infine, le indicazioni di medici e dietisti e le raccomandazioni di consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno, hanno fatto sì che le verdure da mesto “contorno” assurgessero a piatto principale. Nelle cucine degli chef stellati ma anche e sempre più nelle case private.

Vedi Effetto Oms sulla carne: in una settimana vendite al supermercato in calo di 16 milioni di euroOcse e Fao, prezzi dei prodotti agricoli in calo proteine e carne su..; Carne di maiale contaminata in UK: troppi antibiotici negli allevamenti europeiI consumatori e la carne in un’indagine Swg e Eurocarne

 

2- SOSTENIBILITÀ
Il prezzo è il problema? Paghe sostenibili e condizioni giuste di lavoro saranno sempre più importanti per il consumatore che si sta accorgendo come il prezzo più basso significa spesso sfruttamento dei lavoratori e pratiche agricole insane quali l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici e inquinanti per consentire un’agricoltura intensiva.
vedi: Made in Italy e agromafie: le filiere sono “pulite”? Caselli presenta una nuova leggeIl caporalato minaccia l’export dei pomodori Made in ItalyPrezzi bassi dell’ortofrutta=pesticidi: guerra di Greenpeace in Francia a Leclerc (e alla GDO);
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Spreco zero Ormai anche i grandi chef favoriscono l’uso di tutte le parti di un ingrediente, dal picciolo alla buccia (spesso le più ricche di nutrienti), magari ridotti tramite gli essiccatori o utilizzati per insaporire brodi o salse gentili. E dopo che in Francia una legge ha obbligato la GDO a occuparsi di riallocare gli alimenti non più vendibili, l’esigenza di sprecare meno si è diffusa in tutta Europa, cambiando l’offerta. Un esempio sono le “verdure brutte” e “deformi” un tempo escluse dagli scaffali perché “fuori standard” e che messe in vendita da Morrisons appena prima di Natale hanno registrato ottime vendite. Carrefour in Francia nel 2016 lancerà la private label a spreco zero. Il 2016 potrebbe essere finalmente l’anno in cui saranno riviste le date di scadenza di molti alimenti, in cui aumenteranno le donazioni agli enti benefici di alimenti vicini alla data si scadenza e in cui sarà finalmente accettato il fatto che gli ortaggi possono avere un aspetto poco ortodosso. Il che potrebbe essere una necessità, a seguito di stagioni colpite da grandini ed eventi climatici estremi.

Vedi: Si può vendere frutta rovinata dal maltempo?Protocollo di Milano, la Gdo e il cibo tra fame, spreco e obesitàCarrefour lancia “Tous AntiGaspi”, la private label antispreco e sostenibileLes Gueules Cassées, la lotta antispreco che arriva dalla FranciaGdo contro lo spreco 2. Pam lancia “Reimpiatta il piatto”Gdo contro lo spreco 1: parte la collaborazione tra Végé e Last minute sotto casaConvegno GS1 Italy: soluzioni Ecr e approcci di filiera contro lo spreco alimentare

Km 0 e agricoltura urbana Comprare locale significa inquinare meno e aiutare l’economia del posto. Sempre più l’origine degli alimenti viene evidenziata ma càpita anche che alimenti tradizionalmente esotici come il caviale e il salmone vengano prodotti o lavorati da noi, con ottimi esiti. E per chi ricerca il controllo completo su ciò che mangia c’è l’orto, il terrazzo o il balcone urbano e la coltivazione fai da te, fosse anche solo di sanissimi germogli bio nella propria cucina.
cibo del futuro

Proteine non animali Allevamenti sempre meno sostenibili fanno spazio all’uso di proteine di origine vegetale come i legumi: il 2016 è stato dichiarato dall’ONU Anno Internazionale dei legumi e i riflettori saranno puntati su lenticchie e piselli, soia e ceci. Piante ottime per le proprietà nutritive ma anche in grado di arricchire il suolo e aumentarne la produttività. Ma tra i candidati più accreditati ci sono anche alghe e soprattutto insetti, già entrati nei supermercati olandesi sotto forma – per evitare l’inevitabile tabù culturale – di farine, hamburger e polpette. I vantaggi? Tante proteine, pochi grassi e bassissimi costi di produzione. Il futuro dell’alimentazione umana, con 9 miliardi di persone in un pianeta surriscaldato, potrebbe passare da qui.

Vedi Coop a Expo: le parole del cibo del futuro tra timori e aspettiveResponsabilità sociale: cresce la sensibilità dei consumatori

 

3- TECNOLOGIA
77821Il mondo in un’App App per non sprecare (Tesco uk), app per pagare (Albert Heijn, Delhaize, Tesco, Sainsbury’s), per ordinare (Amazon), fare la lista automaticamente da casa ogni volta che finisce un alimento essenziale, tipo pasta o latte (Carrefour Belgio, Amazon) ma anche per individuare un articolo all’interno del punto vendita. La tecnologia – lato utente tramite smartphone, lato retailer grazie alla comunicazione personalizzata resa possibile dai beacon ma anche dal nuovo digital signage interattivo – ha già cambiato di fatto il nostro rapporto con la spesa alimentare. E promette di cambiarlo ancora di più nel 2016, quando molte di queste innovazioni si diffonderanno nella maggior parte dei punti vendita. Ma il 2016 sarà anche l’anno delle consegne alimentari a casa in una o due ore, grazie ad Amazon già attiva a Milano o a player come Instacart, la success story dell’anno scorso in USA. Un modo molto “millennial” per ottenere gli ingredienti per la cena con amici organizzata last minute quando non si ha ha tempo per la spesa.

Vedi: Giornata storica per il retail alimentare italiano. Amazon apre il suo supermercatoDetto la spesa e la ritiro al drive: l’evoluzione del click and collect di ChronodriveCarrefour testa lo scanner per la spesa (in Belgio)Tesco distribuisce il surplus di cibo nei punti vendita con una appDa Végé con i beacon il prodotto parla al clienteOggi contactless, domani via smartphone, tempo e convenienza spingono il cliente verso i pagamenti digitaliTecnologie, gli italiani sono pronti all’omnicanalità nel retail

Pinterest e Instagram come trendsetter L’età dell’immagine via social network e l’ansia di condivisione ha di fatto cambiato il mondo del food. Che siano cucinati a casa o consumati al ristorante, i piatti più fotogenici finiscono regolarmente fotografati e postati su Instagram, Facebook o Pinterest, quest’ultimo poi vera “bibbia del salutismo” con innumerevoli bacheche dedicate alla ricetta più sana e innovativa. Le conseguenze sono le mode improvvise e totalizzanti (la più recente è quella dell’avocado) che lanciano dei “superfood” panacea per tutti i mali (ricordate le bacche di Goji?). Ma Time guarda avanti e nel suo articolo di fine anno sulle “The New Food Rules” , le nuove regole dell’alimentazione, stigmatizza l’uso di “supercibi costosi” tipo il modaiolo acai a favore del più popolare mirtillo.
Altra conseguenza di questa sovraesposizione visiva è che la presentazione è sempre più importante. In futuro andranno per la maggiore i bento box, i vassoi giapponesi belli come quadri che contengono un intero pranzo, e il Poke hawaiano, mix di riso, pesce crudo, semi oleosi e spezie.
Largo anche al cibo da asporto sempre più presente negli scaffali dei supermercati, a cui si richiede di essere però più sano e, anche, bello. L’esigenza è, sulla scorta delle nuove modalità di lavoro diffuso e continuato, di mangiare quando si vuole e dove si vuole, anche disertando i pasti principali a favore di tanti piccoli spuntini.

Vedi: Sano e pronto da mangiare, ecco lo snack che piace alle donneSainsbury’s testa un format di prossimità per la “nuova spesa” veloce e frequente

 

4- GLOBALIZZAZIONE, ESOTISMO “CONTROLLATO” E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Al recente Cop21 di Parigi la situazione del surriscaldamento globale si è svelata – per chi ancora non lo avesse capito – in tutta la sua drammaticità. E sarà l’agricoltura a pagare il prezzo più alto, tra siccità e inondazioni, perdita di biodiversità ed epidemie dovute a condizioni climatiche estreme. Basta pensare a quel che è successo l’anno scorso all’olio italiano, che ha visto la sua produzione decimata. Non solo: è chiaro come in un mondo con 2/4 gradi in più si sposteranno le aree adatte a molte coltivazioni. Lidl in UK da marzo 2016 avrà in assortimento vino inglese, coltivato nel Surrey dove una volta prosperavano solo segale e patate, mentre Waitrose già offre 100 etichette inglesi e gallesi che nel 2014 hanno aumentato le vendite del 95%. In Sicilia in compenso sono partite le coltivazioni di frutta tropicale, mango ananas e avocado, banana, papaya, litchi, maracujà ma anche Goji, Black Sapote, Feijoa, Guava, Lucuma, Pitanga e Tamarillo.
A livello globale il riscaldamento sta minacciando le coltivazioni di cacao e caffè, ironicamente nel momento in cui la loro diffusione mondiale è ai massimi storici. Ciò potrebbe portare a un innalzamento dei prezzi.
In un mondo sempre più “piccolo”, dalle altre culture si prendono ricette, cotture e ingredienti sostenibili (dal kimchi al ramen, dagli insetti al teff) ma contaminandole ed adeguandole alle nuove esigenze dei “Millennials”: salute, praticità, gusto e novità.

Vedi Annus horribilis per l’olio italiano: -35%, prezzi top, rischio frodi. Porte aperte alla TunisiaArriva dalla Sicilia l’avocado bio solidale di AltromercatoPam Panorama fa comunicazione per “difendere” il suo olio Evo private label;

5- TRADIZIONE
Si ritorna ai cibi della tradizione locale ma anche all’artigianalità e alla lentezza delle preparazioni, al pane preparato con lievito madre e alle birre artigianali. La vita e il lavoro moderni possono essere frenetici e senza orari, ma nella sfera dell’alimentazione si cerca il rito e i processi naturali, in una dimensione nostalgica e positiva di “ibridazione, riconciliazione e non più rottura con il passato” come la definisce il filosofo francese Gilles Lipovetsky. In una sorta di doppio binario si concilia la frugalità estrema e quasi ascetica degli alimenti crudi e naturali, lavorati al minimo, e la concessione al palato, il lusso alimentare, gourmand, eccessivo ma che magari ricorda il passato dell’infanzia.
Al supermercato saranno sempre più diffuse le lavorazioni in loco e a vista, come nel rinnovato Carrefour di Carugate o in quello di Mons, che contiene un birrificio artigianale.
Vedi Carrefour a Mons testa l’evoluzione dell’ipermercato: iperconnesso e con lavorazioni a vistaCarrefour apre a Carugate il primo ristorante Terre d’Italia: è giunta l’ora dei grocerant?;

 

Gli alimenti in ascesa nel 2016

  • Legumi occhi puntati su ceci, lenticchie & Co nell’anno internazionale del legume
  • Insetti almeno in un primo momento “cammuffati” sotto forma di farine e snack energetici
  • Farine alternative e senza glutine e grani antichi teff, amaranto, kamut, kaniwa, freekeh o i più nostrani farro e miglio si aggiungeranno alla quinoa come alternativa al grano
  • Vegetali “cammuffati” da piatto principale, sotto forma di nastri, spaghetti, grani. I più gettonati saranno zucchine, cavolfiore (in gran spolvero), zucca, carote, rape e broccoli.
  • Alghe nuova fonte di proteine vegetali, sostenibili e a basso impatto, ricche di minerali e nutrienti. Ce ne sono infinite varietà
  • Birre artigianali
  • Snack disidratati e chips salutari
  • Avocado già nel 2015 figurava tra i pin più postati nella sezione “food” di Pinterest, specie in “accoppiata” con le uova
  • Grassi “sani” olio Evo, Omega 3, olio di avocado e di sesamo, noci e semi saranno sempre più ricercati
  • Curcuma
  • Caffè e tè aromatizzati, nuove miscele e origini, matcha
  • Cibi fermentati e probiotici
  • Verdure “sane”, verdure “brutte” ovvero esteticamente imperfette. Cavolo rapa, pastinaca e altre radici, zucche di ogni tipo, broccoli, melanzane striate, carote nere usciranno dal ghetto dei negozi biologici e andranno ad arricchire l’offerta dei banchi del fresco, avanguardia e vetrina d’ingresso di ogni supermercato. Ma potrebbero finalmente arrivare anche in Italia le verdure “brutte”, storte, butterate dalla grandine, fuori dallo standard ma comunque sane e gustose, vendute a un prezzo scontato.

Capodanno gourmet: quest’anno per alimenti si spenderanno 2,5 miliardi di euro

Tornano a crescere i consumi a Capodanno: quest’anno per il cenone si prevede saranno spesi complessivamente 2,5 miliardi di euro, 140 milioni in più rispetto all’anno scorso. Lo rivela un’indagine di Swg e Confesercenti.

Si preferisce tagliare insomma piuttosto sui divertimenti (lo ha fatto il 31% degli italiani) e non lesinare sulle spese per la tavola: secondo Coldiretti/Ixe’, ogni famiglia spenderà in media 95 euro a famiglia, il 25% in più dello scorso anno. Gli italiani spenderanno tra 126 e 250 euro il 25% della popolazione (il doppio rispetto al 13% del 2014), e sale dall’1 all’8% quella di chi destinerà al cenone più di 250 euro. Il 67% spenderà invece tra 75 e 125 euro.

 

Spumante panettone e salumi sul podio

Spumante e panettone, e, nonostante gli allarmi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che solo pochi mesi fa hanno provocato un crollo dei consumi, cotechino o zampone sono gli alimenti che più compariranno sulle tavole di fine anno, e a loro sarà destinato il 70% delle vendite: questi ultimi saranno acquistati da oltre due italiani su tre (67%) spesso in accoppiata con le lenticchie (80%) e secondo Coldiretti ne saranno consumati 6,5 milioni di chili con una netta preferenza per i cotechini e ben 20 milioni di chili di carne e salumi. L’uva non mancherà sulle tavole del 59%, e, se le ostriche attireranno l’attenzione solo del 13% degli italiani, il 58% non rinuncerà al salmone.

Secondo la Cia-Agricoltori Italiani «È innegabile che il numero di ‘vegetariani’ e ‘vegani’ è in sensibile crescita (oltre 4 milioni) ma in questi due giorni di banchetti sono molti quelli che ‘disubbidiscono’ al loro credo alimentare». Circa un vegetariano su 10 contravverrebbe proprio a Capodanno le regole della propria dieta.

Insomma, sottolinea la confederazione agricola, nella due giorni pantagruelica, a farla da padrone è la carne di suino, seguita dalla quella bovina, utilizzata principalmente per dar vita al brodo del primo dell’anno, e dalle carvi avicole. Conti alla mano, calcola la Cia, ”gli italiani spenderanno, nelle prossime ore, circa 160 milioni di euro nell’acquisto di carne.

Il 2015 sarà ricordato anche come annus mirabilis per lo spumante nazionale: saranno oltre 56 milioni le bottiglie che saranno stappate durante le feste, contro i 2,5 milioni delle “bollicine” straniere. Ben l’85% di queste saranno costituite da spumanti di qualità, con un’indicazione geografica specifica, secondo una nota dell’Unione Italiana Vini. Ingente la quota di export, con 190 milioni di bottiglie stappate all’estero secondo una stima della Coldiretti. Le esportazioni sono trainate dal prosecco (+29%), e si assesteranno su 362 milioni di bottiglie (+13% sul 2014) con un aumento della richiesta del 48% in Gran Bretagna, del 22% negli Stati Uniti (primo e secondo mercato) e in Germania (+5%) al terzo posto. E persino i francesi hanno aumentato le richieste, del 9%. La classifica delle bollicine è guidata dal Prosecco, seguito da Asti, Trento Doc e Franciacorta. E quest’anno per la prima volta secondo Coldiretti saranno stappate all’estero più bottiglie di spumante che di champagne, anche se a valore le bollicine francesi restano inarrivabili (990 milioni di euro contro 3 miliardi) con un prezzo medio a bottiglia di 17,1 euro al litro per i francesi (25,3 euro per lo Champagne) contro i 3,57 dei nostri spumanti.

Infine, quasi due italiani su tre (63%) staranno a casa, nella propria abitazione (39%) o da amici o parenti (32%), in 9 milioni secondo Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi trascorreranno il Capodanno al ristorante.

A 40 milioni di italiani il Prosecco piace

Il 92% di chi beve vino (cioè l’87% degli italiani), ama il Prosecco. In numeri assoluti questo vuol dire che è conosciuto, apprezzato e bevuto (ovviamente in modi e con intensità differenti) da circa 40 milioni di italiani.

È quanto emerge dall’indagine realizzata da SWG spa di Trieste, su un campione di 1200 italiani, maggiorenni. Ricerca che segna l’avvio di un nuovo osservatorio sul Prosecco, voluto dal Consorzio di tutela Prosecco e affidato ad SWG con l’obiettivo di analizzare la relazione tra il consumatore contemporaneo e il Prosecco. L’indagine demoscopica ha portato alla luce un’intensa relazione di gusto e piacere tra il Prosecco e il consumatore nostrano.

Per il 41% delle persone la scelta del Prosecco è un fattore di gusto: perché gli piace. Un altro 31% lo ritiene semplicemente buono. Altri importanti driver di consumo, sono la sua versatilità e il fatto che si abbina a qualunque momento della giornata. Il Prosecco ha conquistato, quindi, il gusto e il cuore degli italiani. È un vino fresco, piacevole, spiritoso, eclettico, adatto ai tanti palati differenti. Una proposta giovane e al contempo tradizionale, di qualità e con un prezzo accessibile e soprattutto che favorisce il buon vivere e lo stare insieme agli altri. Non a caso, il Prosecco appare un vino ottimo per cerimonie, ricorrenze e festeggiamenti, ma è anche ritenuto una buona proposta per la pausa o il break quotidiano. Un vino che serve a fare bella figura, rendere l’aria della festa, ma anche un vino che ti fa evadere regalando un momento di piacevole relax.

«Non nascondo una certa soddisfazione nel leggere questi primi dati emersi dal sondaggio – dichiara il Presidente del Consorzio Prosecco Doc Stefano Zanette – In particolare mi compiaccio nel riscontrare che la prima ragione per la quale il Prosecco viene utilizzato, è il fatto che il Prosecco piace perché a buono. Non perché è economicamente vantaggioso rispetto ad altri vini come spesso mi capita di sentire. Questo dato è una conferma a quanto sostenevo anche senza il suffragio dei dati». «Insieme ai molti dati positivi – precisa il presidente Zanette – emergono anche altri segnali dai quali si evince che c’e ancora un certo lavoro da svolgere sia sul piano della formazione sia sul piano della promozione, per meglio far conoscere questo prodotto e il territorio che lo esprime. Noi siamo pronti».

I nuovi punti vendita trainano le vendite nella distribuzione moderna

Un insight di Iri analizza che cosa sta dietro la crescita delle vendite del Largo Consumo nella distribuzione moderna (ad inclusione dei discount) che nel periodo gennaio-ottobre di quest’anno è stata del +2,7% del giro d’affari, grazie ad un aumento del volume degli acquisti del +1,9%.

Si tratta sicuramente di un buon risultato che dimostra la ripresa di tonicità della domanda, dopo la stagnazione che ha caratterizzato gli anni precedenti.

Tuttavia una cosa suscita interesse: la crescita è interamente trainata dai nuovi punti di vendita aperti nel corso dell’anno. Se focalizziamo l’attenzione sul “core” della distribuzione moderna, ovvero sull’insieme di Ipermercati, Supermercati e Superette, scopriamo infatti che i distributori hanno rinnovato (ovvero aperto, chiuso o ristrutturato) circa il 5% degli oltre 15600 negozi operanti sul territorio nazionale.

Questi nuovi punti di vendita hanno da soli attratto un giro d’affari annuo LCC superiore di circa 560 milioni di € rispetto ai “vecchi esercizi chiusi definitivamente o per ristrutturazione”, fornendo un contributo alla crescita del canale vicino ai 2 punti percentuali.

I nuovi negozi sviluppano, infatti, una produttività (misurata come fatturato complessivo per metro quadrato di superficie di vendita) maggiore del 29% rispetto ai vecchi. I consumatori sembrano perciò rispondere molto positivamente alle nuove modalità di offerta proposte dal mercato, dimostrando ancora una volta che l’innovazione è una leva fondamentale per reagire alle difficoltà del mercato. Così a fronte dei modesti risultati della rete distributiva preesistente (invariati gli acquisti a volume in questi punti di vendita, nel progressivo ad ottobre), le nuove proposte accolgono il gradimento delle famiglie consumatrici.

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Ma quali sono le principali caratteristiche dei nuovi punti di vendita rispetto a quelli chiusi? Gli Ipermercati di nuova apertura oltre i 5500mq hanno dimensioni medie più piccole di quelli disattivati nella medesima fascia. Inoltre sono stati attivati solo 3 nuovi punti di vendita a fronte della cessazione di 5. Al contrario i Supermercati e le Superette aperti sono più grandi di quelli chiusi, questo indipendentemente dalla fascia di superficie di appartenenza. In altre parole si assiste alla tendenza a ridurre le situazioni estreme: non troppo grande e non troppo piccolo.

Da questi numeri possiamo trarre alcune indicazioni fondamentali. Lo svecchiamento della rete è necessario per riconciliare l’offerta con il significativo cambiamento del consumatore avvenuto negli anni della crisi: esso ha imparato ad adottare un atteggiamento all’acquisto più critico ed è disposto a sperimentare e frequentare più punti di vendita per soddisfare i propri bisogni. L’obsolescenza di alcuni formati distributivi diventa più che mai un fattore critico perché pesantemente punito dal consumatore. Il proliferare dell’offerta a scaffale richiede spazi adeguati: questo vale soprattutto per i negozi di vicinato che non possono più permettersi di sacrificare l’ampiezza dell’offerta nelle categorie senza avere pesanti ripercussioni sui loro affari.

La necessità di svecchiamento della rete porta una nuova sfida per i gruppi distributori, perché il ciclo di vita di un punto di vendita rischia di accorciarsi e ciò costringerebbe a ridurre i tempi necessari per portare in attivo i singoli punti di distribuzione.

Dalle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C 600 milioni per le famiglie

Durante il forum di Osserva Italia-la Repubblica, svoltosi ieri all’Università Cattolica a Piacenza, dal titolo esplicito, Libero consumo, Libero Paese, l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese ha spiegato le ragioni per le quali la liberalizzazione del mercato dei farmaci, per la quale Conad si è impegnato nella raccolta di firme (80mila in tre settimane) per una petizione popolare per convincere governo e politici a modificare il testo del ddl Liberalizzazioni, rappresenta un vantaggio concreto per le famiglie.

Nello stesso giorno anche Federfarma, l’associazione delle farmacie, nella persona del suo presidente Anna Rosa Racca, ha un po’ sprezzantemente ribattuto alle argomentazioni di Pugliese. Secondo quanto riportato da Farmacista 33 ha affermato che “È evidente che la Gdo sta investendo una notevole quantità di capitali per raggiungere l’obiettivo di portare la ricetta fuori dalla farmacia ma noi ci sentiamo forti della testimonianza politica che emerge dal testo del Ddl concorrenza uscito dalla Camera che riconosce alla farmacia il ruolo di primo presidio sanitario del territorio”.

«Figuriamoci se per Conad, che sviluppa oltre 11 miliardi di euro di fatturato, i 50 milioni che derivano dalle vendite nelle parafarmacie sono un elemento così vitale», risponde Pugliese. «La verità è che liberalizzare lavadita dei farmaci di fascia C è un concreto aiuto alle famiglie italiane».

Le reazioni di Federfarma, peraltro, si ripetono a ogni paventato attacco al monopolio dei farmaci e fanno ormai parte di un rituale già visto ai tempi delle lenzuolate di Bersani e alla timida liberalizzazione di Monti. Fascia C come linea Maginot dei farmacisti?

Tre domande ai farmacisti

La realtà è che sulla questione siamo di fronte a una asimmetria totale. Perché se l’associazione dei farmacisti accusa la gdo di fare promozione sui farmaci, non si capirebbe come mai nelle farmacie si vendono alimenti, calzature, abbigliamento per bambini, creme di bellezza, eccetera, con ricarichi spropositati. O per quale motivo i farmacisti non prendano posizioni chiare sul loro ruolo di dispensatori del farmaco e si facciano parte attiva perché vi sia congruenza tra cicli terapeutici e numero di medicinali nelle confezioni (negli Stati Uniti, come è noto, è il farmacista che prepara i medicinali per il ciclo di terapia stabilito dal medico). E infine, perché su questa questione l’Ordine dei farmacisti non riconosce ai farmacisti laureati che lavorano nelle parafarmacie lo stesso ruolo e la medesima liceità a dispensare famaci di fascia C che hanno i loro colleghi delle farmacie?

Per approfondire questo argomento Ancd-Conad organizza un incontro a Roma il 10 dicembre sul tema #ddlconcorrenza. Monopolio e diritti: il caso dei farmaci di fascia C, in collaborazione con la Federazione nazionale delle prafarmacie. Previsto l’intervento di Serena Sileoni vicepresidente dell’Istituto Bruno Leoni.

La liberalizzazione delle pompe di benzina

Ma le liberalizzazioni non riguardano solo i farmaci. L’altro capitolo importante è quello relativo alla distribuzione dei carburanti. Ecco ancora Pugliese.

Su questi temi l’Istituto Bruno Leoni ha da poco pubblicato l’Indice delle liberalizzazioni, un confronto con tutti i Paesi dell’Unione europea, che prende in esame il diverso grado di apertura in vari settori dell’economia. Il Regno Unito, che ottiene un punteggio del 95% (100 è il massimo punteggio), risulta l’economia più liberalizzata, seguita dai Paesi Bassi (79%) e da Spagna e Svezia, entrambe al 77%. I paesi meno aperti sono Cipro (49%), Lettonia e Croazia (entrambe al 56%) e Grecia (57%). L’Italia, col 67%, si colloca a metà classifica, a pari merito con Repubblica Ceca e Romania.

Proprio nella distribuzione in rete dei carburanti si riscontra un peggioramento, che però oltre agli aumenti delle accise nel 2014 sconta un adeguamento metodologico, che lo rende non confrontabile con gli anni precedenti.Schermata 2015-12-04 alle 12.42.47

«Per quanto riguarda l’Italia – commenta il vicedirettore generale dell’Istituto Bruno Leoni – sono positivi alcuni timidi miglioramenti, e anche i tentativi in corso col Ddl Concorrenza, ma per ora si tratta ancora di iniziative troppo poco sistematiche e non sempre abbastanza coraggiose. Le liberalizzazioni sono l’unico vero strumento di cui il Governo dispone per rilanciare l’economia e contemporaneamente alleviare le condizioni delle fasce sociali più basse: è incomprensibile che non siano in testa all’agenda dell’esecutivo e che, anzi, per ogni passo avanti se ne compiano due indietro su altri fronti».

Sano e pronto da mangiare, ecco lo snack che piace alle donne (infografica)

Sano sì ma anche veloce e pronto da mangiare, perché ormai non si ha più tempo di fare le torte e i biscotti della nonna (che peraltro sono ipocaloriche). È questo lo snack ideale per la maggioranza delle donne e sarebbe il caso di tenere conto, visto che sono loro a decidere la spesa famigliare, nel 75% dei casi.

I nuovi trend del pasto veloce e le necessità e i desiderata alimentari delle donne sono evidenziati in questa infografica di Arla Food Ingredients e, assicurano dall’azienda danese, “resteranno a lungo”.

HealthToGo

I quattro motivi per cui le vendite online di Natale saranno record

Nello studio “Ready to Wrap” (“Pronti a impacchettare”), Demandware prevede che il periodo compreso tra il 19 novembre e il 26 dicembre rappresenterà quest’anno il 22% del totale delle vendite online, contro il 21% dello scorso anno.

Sulla base di dati storici relativi al periodo di picco, unitamente alle tendenze del 2015, Demandware identifica quattro fattori cruciali che porteranno a visite e transazioni record durante il periodo dello shopping natalizio.

Eccoli.

Dimenticate le letterine a Babbo Natale, controllate il carrello dei ragazzi
Cambia il modo in cui i consumatori navigano online, e il carrello si trasforma in una “lista dei desideri”. Grazie soprattutto all’aumento del tasso di acquisto via smartphone, Demandware stima che quest’anno i consumatori creeranno il 25% di carrelli in più.

Promozioni di Natale: picchi nel numero di spedizioni gratuite e aumento degli sconti
Il picco della stagione dello shopping è nota per gli sconti e le spedizioni gratuite, valore aggiunto ricercato dai consumatori. Quest’anno non farà eccezione: secondo Demandware l’82% degli ordini sarà spedito gratuitamente, dato in aumento rispetto al 73% del 2014. Inoltre, l’azienda prevede che in media gli ordini saranno scontati del 18%.

Il traffico si congestiona, e non solo nei parcheggi
La combinazione di una crescita costante nel 2015 e il forte periodo di picco dello scorso anno, congiuntamente alla disponibilità di un giorno in più tra la Festa del Ringraziamento e Natale 2015, suggerisce un aumento del 31% degli ordini a livello globale. Catalizzatore sarà il traffico online: la previsione è di un aumento del 22% delle visite per questo periodo di picco rispetto allo stesso periodo del 2014. Secondo le stime, i consumatori visiteranno lo stesso sito il 6% in più; su di esso ci sarà una crescita della spesa pari al 3%. Grazie all’aumento degli acquisti effettuati tramite più dispositivi e al miglioramento nell’utilizzo di device mobili per lo shopping, è possibile che tali dispositivi saranno largamente responsabili dell’aumento delle visite.

Telefoni in piena carica
Nel 2013, rispetto a computer e tablet, il 23% del traffico registrato nel periodo di picco è avvenuto tramite smartphone. Nel 2014, questa percentuale è salita al 33%. Quest’anno il tasso di crescita non si arresta: la quota prevista è al 47% a livello globale. Le previsioni per la percentuale di ordini indicano guadagni anche più alti – rispetto al 10% del 2013 e al 16% del 2014, si stima che il 23% degli ordini verrà effettuato tramite telefono. Lo smartphone sarà il dispositivo preferito per il traffico correlato al commercio digitale.

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Per Elana Anderson, Senior Vice President of Worldwide Marketing di Demandare «I consumatori sono più propensi a effettuare acquisti utilizzando dispositivi differenti, ed è compito dei retailer unificare l’esperienza di acquisto del cliente attraverso smartphone, tablet e computer. Il segreto è creare la connessione per il cliente e per ognuno attuare un’esperienza di acquisto valida e personalizzata adattando ad ognuno le attività di commercializzazione e sfruttando i nuovi modi con cui i consumatori interagiscono con i brand».

Istat: a settembre si fermano le vendite al dettaglio. Bene la grande distribuzione

Battuta d’arresto a settembre per le vendite al dettaglio, che diminuiscono dello 0,1% rispetto ad agosto, ma rispetto al settembre 2014 vi è una crescita dell’1,5% in valore. Nei primi nove mesi dell’anno, dunque, le vendite sono aumentate dello 0,2% in valore.
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Lo afferma l’Istat nella sua rilevazione mensile sull’andamento del commercio al dettaglio. Con riferimento ai primi nove mesi, il valore delle vendite mostra variazioni positive sia per gli alimentari sia per i non alimentari (rispettivamente, +1,5% e +0,5%).

Significative le performance della grande distribuzione che rispetto al mese di settembre 2014 mette a segno una variazione positiva del 3,1% (risultato di un 3,2% per i prodotti alimentari e del 2,9% per quelli non alimentari), mentre si registra una variazione nulla per le imprese operanti su piccole superfici (-0,2% per gli alimentari e +0,1% per i non alimentari).

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Quanto alla tipologia di esercizio della grande distribuzione a settembre 2015 si registrano aumenti del 2,6% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 5,3% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano del 2,6% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 3,5% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

In particolare, per gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si registrano aumenti per tutte le tipologie distributive: ipermercati (+2,7%), supermercati (+2,2%) e discount (+3,6%).

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Per quanto riguarda il valore delle vendite di prodotti non alimentari a settembre 2015 si registrano andamenti piuttosto eterogenei fra i vari gruppi. Le variazioni positive più ampie, in termini tendenziali, riguardano i gruppi di prodotti di Giochi, giocattoli, sport e campeggio (+3,9%) e Abbigliamento e pellicceria (+2,5%). Le flessioni più marcate riguardano i gruppi Cartoleria, libri, giornali e riviste (-2,2%) e Dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (-1,1%).

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