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Istat, vendite al dettaglio: l’alimentare consolida la crescita a luglio. Federdistribuzione: è ancora troppo debole

A luglio 2015 l’indice destagionalizzato del valore delle vendite al dettaglio (valore corrente che incorpora la dinamica sia delle quantità sia dei prezzi) aumenta dello 0,4% rispetto a giugno 2015. Nella media del trimestre maggio-luglio 2015, il valore delle vendite registra una crescita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente.

L’indice grezzo del valore del totale delle vendite aumenta dell’1,7% rispetto a luglio 2014, mantenendo un ritmo di crescita analogo a quello registrato il mese precedente.

Nei primi sette mesi del 2015, il valore delle vendite segna un aumento tendenziale dello 0,7%.

Con riferimento allo stesso periodo, il valore delle vendite di prodotti alimentari e quello di prodotti non alimentari segnano aumenti, rispettivamente, dell’1,3% e dello 0,3%.

Tenendo conto della variazione dei prezzi al consumo, emergono segnali di ripresa dei consumi di beni in termini reali: a luglio 2015, l’indice in volume delle vendite al dettaglio registra variazioni positive dello 0,4% rispetto a giugno 2015 e dell’1,4% rispetto a luglio 2014. Nel trimestre maggio-luglio 2015 l’indice aumenta dello 0,1% rispetto ai tre mesi precedenti.

Nel confronto con il mese di luglio 2014 si registra una variazione positiva del 3,5% per il valore delle vendite delle imprese della grande distribuzione, mentre più contenuto è l’aumento registrato dalle imprese operanti su piccole superfici (+0,2%

Nella grande distribuzione il valore delle vendite aumenta, in termini tendenziali, del 4,3% per i prodotti alimentari e del 2,5% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite registrano variazioni positive dello 0,2% per i prodotti alimentari e dello 0,1% per quelli non alimentari. Riguardo alla tipologia di esercizio della grande distribuzione (Prospetto 3), a luglio 2015 si registrano aumenti del 3,7% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 2,7% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano del 3,8% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 2,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare. In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, si registrano aumenti per tutte le tipologie distributive: ipermercati (+3,2%), supermercati (+3,6%) e discount (+5,4%).

«La dinamica delle vendite al dettaglio – secondo il presidente di Federdistribuzione Giovanni Cobolli Gigli – presenta alcuni segnali positivi, che tuttavia sono da valutare con prudenza. La crescita dei prodotti alimentari è stata infatti influenzata da fattori climatici che hanno sostenuto le vendite dei prodotti stagionali; uno stimolo che potrebbe non ripresentarsi in futuro.  Preoccupano inoltre alcuni comparti strategici della Distribuzione Moderna Organizzata, come il settore dei mobili-arredamento e dell’abbigliamento, che segnano a luglio rispettivamente un -1,3% e un modesto +0,2%. Settori che ancora non riescono a dare incoraggianti segnali di ripresa».

La ripresa delle vendite al dettaglio di un modesto 0,7% rspetto all’anno scorso costiyuiscono per Cobolli Gigli «una variazione positiva rispetto al passato ma ancora timida per immaginare una robusta e strutturale crescita della domanda interna e certamente ancora non in grado di bilanciare le variazioni negative che le imprese del commercio hanno dovuto sopportare negli anni precedenti. Anche perché le famiglie stanno indirizzando i loro acquisti in modo significativo verso altri beni, quali le auto, come dimostrano i dati Istat degli ordinativi industriali di luglio in crescita del 61,3% per i mezzi di trasporto».

C’è atesa per un sostegno ai consumi attraverso per esempio la diminuzione della pressione fiscale. Ma dal mondo del commercio si guarda con una certa apprensione ai prossimi interventi in materia di liberalizzazioni e di aperture nei giorni festivi.

Risiko birra: AB InBev verso il matrimonio con Sab Miller

Il numero uno modiale della birra AB InBev ha comunicato a Sab Miller (secondo produttore mondiale) l’intenzione di un’acquisizione amichevole. Nel già consolidato panorama della birra, l’operazione, che coinvolge, tra gli altri, marchi come Pilsner Urquell, Peroni, Miller et Grolsch per Sab Miller e Corona, Budweiser e Stella Artois per AB InBev, porterebbe alla creazione di un colosso da 250 miliardi di fatturato.

La complessità di un deal di queste dimensioni risiede nelle decisioni delle autorità antitrust dei vari Paesi. È quindi prevedibile che, se andrà in porto, innescherà un vero e proprio risiko della birra, con cessioni e acquisizioni in molti mercati.

Tim Berners-Lee: Big Data e IA prossime sfide della rete. Ma ci vuole più condivisione

È stato un fiume in piena Tim Berners-Lee al World Retail Congress. C’era grande attesa per l’intervento del creatore del World Wide Web, chiamato a parlare di retail in una edizione in cui la multicanalità ha fatto da fil rouge praticamente a tutti gli interventi. E come è giusto che sia, sir Tim non si è soffermato sulle piccolezze del commercio minuto e ha spaziato nella stratosfera di internet, non tralasciandone le zone oscure. Tra queste, bullismo (“Twitter è una grande invenzione ma dovrebbe fare qualcosa per bloccare il bullismo”), omologazione (“dobbiamo far salire a bordo ancora metà della popolazione mondiale, e quando arriverà ciò si tradurrà in un mix ancora più eccitante di culture e tradizioni. Che devono essere preservate”) e mancanza di trasparenza sui dati acquisiti dalle aziende (“conoscere il proprio cliente, il numero di scarpa che ha ma anche i suoi gusti, sarà sempre più fondamentale ma le aziende dovrebbero condividere con la persona i dati che hanno acquisito su di essa, per aiutarla a rendere la sua vita migliore”). Perché la relazione con il consumatore attraverso internet è, o dovrebbe essere, una mutua condivisione di conoscenze.

Berners-Lee ha anche individuato nell’Intelligenza artificiale la prossima forza dominante del futuro, e il retail dovrà prenderne atto. Ma ciò pone dei problemi. “Per ora non ne vediamo un grande utilizzo. Certo, quando chiedi al tuo telefono che tempo farà magari stai usando parecchi bit di Intelligenza Artificiale. Se la tua azienda ha una massa di big data e la sta usando per cercare dei modelli per comprendere il comportamento e anticipare i desideri dei consumatori, magari sta usando degli strumenti di IA. Ma quando ho fame e chiedo al mio telefono qual è il ristorante cinese più vicino sorge una questione interessante: per chi sta lavorando Siri? Sta lavorando per me? Il lavoro di Siri è trovarmi la cena cinese migliore o Siri sta lavorando per Apple e sta cercando di fargli guadagnare più soldi possibile vendendo all’asta il fatto che hanno un consumatore affamato attaccato al telefono che cerca disperatamente del cibo? Il dibattito etico gira intorno alla questione: per chi lavora l’AI?”.

La rete globale e l’arrivo di nuovi utenti del web porterà a formare una cultura globale “necessaria per parlare di problematiche come i migranti e la finanza ed affrontare problemi come il riscaldamento globale, la scienza e la cura del cancro.” Però “anche se il web ha abbattuto le frontiere tra le nazioni, e tu puoi leggere il blog di chiunque nel mondo, le leggi e i governi rimangono entro i confini nazionali. Fuori da ciò abbiamo molta poca governance, collaborazione, cooperazione e comprensione effettive. Farà veramente la differenza se saremo in grado di progettare sistemi democratici, scientifici e collaborativi e usare il web perché lavori come un pianeta intero, come una sola squadra”.

Tanta digitalità porterà a uno straniamento della persona, a un distacco dalla realtà? Almeno su questo Berners-Lee si è rivelato ottimista. “Posso parlare con altre sei persone che si trovano dall’altra parte del mondo ma penso che il bisogno di incontrarsi in un bar o interagire con una persona che puoi toccare e si trova davanti a te, non sparirà”.

Alla domanda di rito: quando guarda quello che è diventata la sua creatura oggi cosa pensa, le piace o no?” risponde “la rete è come l’umanità, ha cose gloriose e altre meno piacevoli. Ci sono miliardi di storie, piccole e grandi: la vera sfida è che non vengano perse”.

Rapporto Coop 2015: la ripresa è slow ma l’Italia è bipolare. I programmi del retailer

Schermata 2015-09-03 alle 19.24.51Una ripresa lenta, da seguire con attenzione. Il Rapporto Coop (cui hanno collaborato Ref Ricerche, Nielse, Gfk, Doxa e Demos), come da tradizione, riapre la stagione dopo la pausa estiva e ci restituisce l’immagine di un Paese che dalla soglia del precipizio della crisi dove era attestato nel 2014 si è messo in marcia con “passo di buona lena”.

La recessione è finita, è costata lacrime e sangue alle famiglie italiane che hanno lasciato sul piatto dal 2007 a oggi 122 miliardi di euro (47 miliardi di minori risparmi e ben 75 miliardi di minori consumi).

Rimangono però nubi all’orizzonte come un possibile ritocco alle aliquote Iva, già tra le più alte d’Europa, con effetto ovviamente penalizzante sui consumi appena ripartiti e il persistere dell’elevato tasso di disoccupazione, soprattutto fra i giovani e soprattutto al Sud.

Ma più che la variazione seppur minima di segno positivo del Pil con cui si è aperto il 2015 (la crescita della nostra economia attesa per fine anno è di un +0,7%) è il sentiment degli italiani a essere cambiato. La felicità è di casa nel Nord Europa ma gli italiani, al pari di tedeschi e francesi e prima degli spagnoli, mostrano buoni livelli di soddisfazione per la propria qualità della vita e il 52% delle persone (era il 41% appena un anno fa) considera invariata o addirittura migliorata la propria situazione.

Sette anni di crisi hanno però lasciato cicatrici profonde nel tessuto sociale del nostro Paese, è un’Italia bipolare e schizofrenica; sempre più lunga, il Sud sempre più sud (tra Trento e Calabria corrono più di 1000 euro di differenza nella spesa mensile), la forbice generazionale si è allargata (gli under 35 spendono 100 euro al mese in meno degli over 65) e il lavoro continua ad essere la grande discriminante di genere e la grande chimera.

italia bipolare

Tuttavia siamo i più palestrati e i più connessi d’Europa (12.000 palestre il record in Italia e più di 6 ore al giorno su Internet tra pc e smartphone) se non atei certo più laici e indifferenti, i più evasori e paradossalmente tra i più altruisti (a fronte di una stima di 200 milioni di euro di evasione annua, sono 7 milioni gli italiani che prestano il proprio tempo gratuitamente in attività di volontariato). Con gli euro che ci siamo ritrovati nelle tasche (quei pochi che gli italiani non hanno voluto risparmiare continuando a perpetrare l’immagine -questa sì tradizionale- di un popolo di formiche più che di cicale: nel 2015 il tasso di risparmio è salito dal 8,6% al 9,2), gli italiani sono tornati ai consumi evergreen.

potere d'acquisto

Hanno ripreso a comprare case (complice una stabilizzazione dei prezzi e una ripresa dei mutui), hanno sostituito il parco dei loro elettrodomestici (la lavatrice, mito degli anni Sessanta, ma anche l’asciugatrice + 50% solo nell’ultimo anno), ripartite anche le immatricolazioni delle auto (+ 15% nel 2015 le vendite) anche se la mobilità è sempre più dolce: il raggio d’azione preferito è di appena 5 chilometri dalla propria residenza e la bicicletta un must insostituibile (la bici supera per grado di soddisfazione moto, auto, metro, treni e autobus).

Risultati e strategie Coop

«Per quanto riguarda la dinamica interna – afferma il presidente di Coop Italia Marco Pedroni – i primi segnali di recupero delle vendite non possono che essere accolti positivamente, ma è il quadro complessivo a essere completamente mutato e la cautela è d’obbligo».

Secondo le elaborazioni di Coop, nella distribuzione moderna le vendite totali dei primi sette mesi sono positive a valore (+0,7%) e flat a volume (-0,1%) avendo beneficiato del forte incremento estivo di alcune categorie come le bevande e o gelati.

A parità di rete le vendite sono leggermente negative (-0,1% a valore e -0,9% a volume), mentre a rete corrente si registra +0,7% a valore e -0,1% a volume. In questo contesto Coop si comporta in controtendenza, registrando -1,5% a valore e una parità a volume a rete omogenea, mentre a rete corrente -0,4% a valore e +1,1% a volume.

La spiegazione è nel riposizionamento commerciale avviato da Coop che ha portato il trend dei prezzi del retailer in territorio deflattivo, a fronte di una parziale ripresa dell’inflazione alimentare di quasi un punto percentuale.

La politica di vendita in atto dal primo trimestre ha infatti generato riduzioni di prezzo (- 6/7%) sulle grandi marche e sulla PL venduti in continuativo («costa meno, non è una promozione») e un cambiamento della politica promozionale («scegli tu»).

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«Non pensiamo certamente di abbandonare le promozioni, ma certamente stiamo dando maggiore enfasi a una politica di scaffale», aggiunge Pedroni. E se Coop riduce le vendite correnti a valore del -0,4%, soprattutto per la forte presenza degli Ipercoop che, pur perdendo meno della media degli Ipermercati italiani, pesano molto nel mix di vendite, la Private Label cresce a volumi (+2,2%), a differenza delle altre MDD, e si conferma leader di mercato.

Così come, presentando un ranking con le quote di mercato della Gdo escludendo le superfici sotto i 400 metri quadrati e i discount, il presidente Coop ribadisce la leadership, nonostante «spesso si senta parlare di sorpasso».

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Al di là delle schermaglie, Coop è anche impegnata sul versante internazionale con Coop Italian Food (v. l’intervista su instoremag.it) e con l’alleanza Coopernic su quello dell’e-commerce in particolare per il non alimentare, su quello della nuova Coop Alleanza 3.0 (la fusione delle Coop emiliane) che ha tra gli obiettivi una crescita al Sud.

Dall’esperienza del Supermercato del futuro di Expo, poi, che ha al suo attivo numeri più che lusinghieri, prende corpo l’idea di un’evoluzione dell’ipermercato dove all’esuberanza degli assortimenti si sostituisce una ottimizzazione della logistica, in modo da poter soddisfare le richieste del cliente con prodotti anche non presenti fisicamente nella superficie di vendita. Un progetto che porta diritto allo sviluppo dell’e-commerce (il Drive aperto qualche mese fa a Bergamo da Coop Lombardia indica una delle direzioni di sviluppo del retailer).

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«Nel 2016 – annuncia infine Pedroni – proseguiremo su questa strategia di convenienza e di modifica della politica promozionale e potenzieremo le azioni distintive sui temi della sicurezza alimentare, della trasparenza informativa, della legalità nelle filiere agro-alimentari e della tutela ambientale».

Confagricoltura celebra insieme pizza e agroalimentare buono

Nel sistema agroalimentare si sta facendo largo, sempre più, un’idea di filiera che superi gli steccati che spesso hanno contrapposto il mondo agricolo da quello industriale di trasformazione. Non c’è dubbio che Expo e, bisogna darne atto, l’attività del ministero delle Politiche agricole guidato da Maurizio Martina, hanno fornito un bel contributo a far prendere atto agli operatori che i muri e gli steccati dovevano essere abbattuti. Gli esempi di un dialogo aperto tra tutti gli operatori della filiera agroalimentare – distribuzione compresa – sono stati numerosi in questi ultimi mesi: prove di dialogo ci sono state per esempio a Marca Bologna e a Fruit Innovation. La stessa GS1 Italy|Indicod Ecr aveva pubblicato già l’anno scorso uno studio in collaborazione con Ref Ricerche sulla “filiera del mangiare”.

Confagricoltura pizzaioliL’ultimo esempio di questa apertura si è avuto ieri, primo settembre, all’incontro organizzato da Confagricoltura dedicato alla Pizza e ai suoi ingredienti, simbolo del made in Italy agroaoalimentare più conosciuto al mondo. Momento clou è stata la degustazione delle pizze realizzate da dieci tra i più famosi pizzaioli al mondo (nella foto a sinistra), nel parco della Casa Atellani che ospita la Vigna di Leonardo, nell’ambito delle iniziative per Expo.

Quattro aziende hanno rappresentato i principali ingredienti della pizza (Granarolo per la mozzarella, Colavita per l’olio extravergine, Cirio per il pomodoro e Agugiaro e Figna per la farina). Tutti prodotti che entrano di diritto nelle eccellenze agroalimentari italiane e che esprimono anche numeri di rilievo.

Lattiero-caseario: 32 mila allevamenti bovini, 2.500 bufalini, 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 155 mila tonnellate di mozzarella vaccina e 38,8 mila tonnellate di quella bufalina. A rappresentare la filiera Granarolo, la prima aziende dal comparto e una delle più grandi aziende alimentari italiane, che della qualità e della giusta remunerazione ai produttori, oltre che del controllo di filiera, ha fatto il suo punto distintivo.

Il pomodoro, rappresentato da Cirio (Gruppo Coltiva) alle soglie dei 160 anni: prodotto in 461 mila tonnellate, il pomodoro con 4,9 milioni di tonnellate trasformate rappresenta il 55% della produzione europea e oltre il 12% di quella mondiale.

Infine la farina (Agugiaro e Figna): la produzione nazionale media di grano tenero è di 2.99.000 tonnellate e vale 550 milioni di euro. Per ottenere la farina operano nel nostro Paese 230 molini che hanno un fatturato di 2,5 miliardi di euro. 5 miliardi è invece quello delle 1200 aziende di prodotti da forno.

Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi

In questo clima di “agroalimentare buono”, suggellata dalle parole del presidente di Confagricoltura a sottolineare “le eccellenze alimentari fatte anche da piccole realtà agricole”, sono rimasti in disparte gli altri temi, quelli che agitano chi fa agricoltura, trasforma i prodotti agricoli e li vende: un settore agricolo che sta, nonostante le eccellenze, soccombendo nel contesto globale, l’importazione di prodotti il tema della qualità e della remunerazione degli agricoltori e degli allevatori, la sostenibilità delle imprese, il caporalato e le truffe alimentari. Temi che pesano come macigni su tutta la filiera e che mettono di fronte ciascun operatore alle proprie responsabilità. Non sarà facile uscirne, ma forse proprio chi è impegnato in prima linea nel fare “agroalimentare buono” darà le risposte, unendo gli sforzi. Da soli e in ordine sparso non si arriva da nessuna parte.

Istat: commercio al dettaglio in lenta crescita. Bene il food, male gli iper.

L’Istat ha reso noto i dati del commercio al dettaglio di giugno. Un mese che, rispetto a maggio, regista un lieve calo delle vendite al dettaglio (-0,3%). Tuttavia il confronto tra trimestri pende a favore del periodo aprile-giugno su quello precedente (+0,4%) e rispetto a giugno 2014 si registra una variazione positiva sia per il valore delle vendite delle imprese della grande distribuzione (+1,5%) sia per quello delle imprese operanti su piccole superfici (+1,7%).

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«Sono indicazioni – commenta il presidente di Federdistribuzione Giovanni coboldi Gigli – da prendere sicuramente con cautela, ma a fronte di tassi inflattivi sostanzialmente fermi (ad agosto ancora +0,2%) l’auspicio è che questo segnale rappresenti un primo passo di un percorso di crescita che possa irrobustirsi nel tempo, anche grazie alle condizioni economiche internazionali che permangono positive: basso prezzo delle materie prime, quantitative easing, cambio euro/dollaro favorevole.

Occorre ora sostenere questi segnali di ripresa – prosegue il presidente di Federdistribuzione – anche per contrastare le preoccupazioni che provengono dai mercati finanziari esteri (crisi greca e cinese) che potrebbero gettare nuova incertezza sulle famiglie frenandone ancora i consumi. È indispensabile dunque attuare il piano annunciato di riduzione della pressione fiscale per famiglie e imprese, completare il programma di riforme e avviare un serio e strutturato progetto di sviluppo del Mezzogiorno».

Con riferimento al primo semestre del 2015, cresce dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2014.

Nella grande distribuzione il valore delle vendite aumenta, in termini tendenziali, del 2,3% per i prodotti alimentari e dello 0,4% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, le vendite registrano una variazione positiva sia per i prodotti alimentari (+2,4%) sia per quelli non alimentari (+1,6%).

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Con riferimento alla tipologia di esercizio della grande distribuzione, a giugno 2015 si registra un aumento dell’1,4% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 2,4% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano dell’1,5% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e dello 0,7% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare.

Schermata 2015-08-31 alle 10.41.22In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, aumentano le vendite di supermercati e discount (rispettivamente +2,3% e +4,5%), mentre diminuiscono quelle degli ipermercati (-1,2%).

 

Alimentazione domestica -14% in 20 anni per Confcommercio, e ora cresce il fuori casa

Si è alleggerito il carrello degli italiani negli ultimi 20 anni, con un calo a due cifre (-14%) degli acquisti di beni alimentari e un incremento di telecomunicazioni, tempo libero e vacanze, voci passate nel paniere di spesa delle famiglie italiane da una quota del 23,7% del 1995 al 28% del 2007. Lo rivela un’analisi dell’Ufficio Studi ConfcommercioIn particolare, l’andamento degli acquisti per i pasti domestici ha subito un’andamento altalenante con un crollo recente: -2,5% medio annuo nel periodo 2008-2012, -4,5% nel 2013, -0,9% nel 2014.

Nel lungo periodo si evidenzia un incremento dei consumi negli ultimi venti anni del 10%, con uno sviluppo complessivo tra il 1995 ed il 2007 del 19% e una flessione del 7,6% dall’inizio della crisi al 2014.

In aumento c’è la domanda di servizi, che passa come quota di spesa delle famiglie dal 43,6% del 1995 al 52,6% del 2014. Una crescita avvenuta a scapito di altri settori: oltre all’alimentare, mobili e articoli di arredamento (-28%), mezzi di trasporto (-18,2%) e abbigliamento (-8%) sono le voci di consumo che, dal 1995 ad oggi, hanno registrato le maggiori riduzioni in termini pro capite.

Nel 2015 più pasti fuori casa e tempo libero

Venendo ad oggi, nel corso del 2015 l’analisi di Confcommercio prevede, in termini pro capite, un andamento positivo in tutti i settori, con l’unica eccezione della cura del sé e della salute (-0,1%). Le funzioni di consumo più dinamiche dovrebbero essere quelle relative alle spese per viaggi e vacanze (+4%) e per la mobilità e le comunicazioni (+2%). La ripresa dei consumi sembra poi privilegiare i consumi fuori casa rispetto a quelli domestici, con una modesta diminuzione per l’alimentazione domestica (-0,1%) ed una crescita abbastanza sostenuta per i pasti fuori casa (+3,1%).

A livello delle singole voci di spesa i dati stimati per il 2015 evidanziano come tra le dieci voci più dinamiche vi siano quasi esclusivamente prodotti e servizi legati in diverso modo alla fruizione del tempo.

 

 

La previsione delle singole voci di spesa var. % in termini reali pro capite (2014-2015)

le 10 voci di consumo più dinamiche…
20142015
1Apparecchi telefonici19,71Apparecchi telefonici7,0
2Elettrodomestici bruni e IT6,22Servizi alberghieri e alloggiativi4,6
3Servizi telefonici5,43Servizi di trasporto3,7
4Gioielleria e altro2,44Servizi telefonici3,5
5Frutta1,75Pubblici esercizi3,1
6Prodotti medicinali e altro0,56Elettrodomestici bruni e IT2,7
7Assicurazioni0,57Spese esercizio mezzi di trasporto2,1
8Servizi alberghieri e alloggiativi0,48Servizi ricreativi e culturali1,8
9Vegetali incluse le patate0,29Altri articoli ricreativi1,5
10Elettricità, gas e altri combustibili0,110Vacanze tutto compreso1,3
…e le 10 voci di consumo meno dinamiche
47Servizi sociali-1,847Libri-0,2
48Mobili e articoli d’arredamento-2,248Giornali, articoli di cancelleria-0,2
49Cristalleria e utensili casa-2,449Latte, formaggi e uova-0,2
50Spese esercizio mezzi di trasporto-2,550Istruzione-0,3
51Fiori, piante, animali domestici-2,751Generi alimentari n.a.c.-0,3
52Acqua e altri servizi-2,952Servizi postali-0,3
53Acquisto mezzi di trasporto-4,153Oli e grassi-0,5
54Giornali, articoli di cancelleria-5,254Altri servizi-0,6
55Vacanze tutto compreso-6,255Zucchero e altro-0,8
56Altri durevoli per la ricreazione-6,856Tabacchi-1,8

Fonte: Elaborazioni e previsioni Ufficio Studi Confcommercio su dati Istat.

Non stupisce insomma che, dopo un arretramento e un concentrarsi delle famiglie in periodo di crisi sui beni essenziali, con l’attenuarsi della recessione e con il probabile avvio della ripresa le famiglie tornino a incrementare la quota di spesa destinata al soddisfacimento di bisogni considerati meno essenziali.

Global Confidence Survey Nielsen: cresce l’indice di fiducia degli italiani

Volge al bello l’indice di fiducia dei consumatori italiani nel secondo trimestre del 2015, così come lo rileva la Global Consumer Confidence Survey realizzata da Nielsen su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi, tra i quali l’Italia, facendo registrare un incremento di 2 punti rispetto al dato dello stesso periodo dell’anno precedente (53 vs 51 del secondo trimestre 2014).

Nello stesso tempo si registra un calo di 4 punti rispetto al trimestre precedente, che aveva segnato un’impennata di 11 punti a livello tendenziale. L’indice di fiducia degli italiani si trova ancora lontano dalla media europea (79 punti) e da quello di Gran Bretagna (99), Germania (97) e Francia (66).

La percentuale di quanti si dichiarano preoccupati della sicurezza del posto di lavoro diminuisce rispetto all’anno precedente (24% secondo trimestre 2015 vs 30% secondo trimestre 2014) e al primo trimestre 2015 (28%). 
In aumento (16% secondo trimestre 2015 vs. 14% stesso periodo 2014) su base annuale la quota degli italiani che ritengono quello presente il momento giusto per fare acquisti.

Leggi il commento del Ceo di Nielsen Italia Giovanni Fantasia

Italiani più ottimisti in Europa

La percentuale di quanti ritengono il Paese ancora in recessione, si legge nella Survey di Nielsen, ha imboccato un trend positivo, segnando una diminuzione di 5 punti nell’anno (90% secondo trimestre 2015 vs 95% secondo trimestre 2014 ) e di 3 punti nell’ultimo trimestre (93% nel primo trimestre 2015). Il 16% degli intervistati (era il 14% nel secondo trimestre 2014) dichiara che nel corso del prossimo anno si uscirà dalla crisi, evidenziando un maggiore ottimismo rispetto a Gran Bretagna (13%), Francia  (10%) e Spagna (9%).
 
Aumenta la quota di quanti si dicono fiduciosi nella ripresa del mercato del lavoro (12% secondo trimestre 2015 vs 10% medesimo periodo 2014), anche se quella del lavoro rimane ancora la prima preoccupazione per il 24% degli italiani.

Tra le altre preoccupazioni, si stabilizza al 9% quella per lo scenario economico, all’8% quella per i debiti come per l’immigrazione. Al 7% si riscontra la preoccupazione per la salute, allo stesso livello dell’apprensione per la minaccia terrorismo e l’equilibrio tra vita personale e lavoro. Seguono la preoccupazione per la criminalità (5%) e per l’educazione dei figli (5%). Il 4% del campione dichiara di non avere preoccupazioni.

 

I comportamenti di spesa

Per quanto concerne l’utilizzo del denaro restante dopo avere coperto le spese essenziali, il 38% degli intervistati dichiara di volere risparmiare, il 26% di spendere per vacanze/viaggi così come per abbigliamento, il 18% per l’intrattenimento fuori casa, l’11% per il saldo dei debiti, il 12% per l’acquisto di nuovi prodotti tecnologici. Più di un quarto (27%), tuttavia, rimane senza soldi alla fine del mese (era il 24% nel secondo trimestre 2014).

Tuttavia, un segnale positivo proviene dal calo rispetto allo scorso anno di quanti hanno modificato il proprio comportamento di spesa per potere risparmiare (69% secondo trimestre 2015 vs 74% secondo trimestre 2014). Nel 2012 e 2013 la quota di costoro superava l’80%.

Fra le misure di risparmio messe in atto dalla popolazione italiana, quella di ridurre le spese per i pasti fuori casa è stata adottata dal 64% degli intervistati. Segue il taglio alle spese per abiti (61%) e per il divertimento out of home (60%). Si rileva inoltre che il 53% degli italiani acquista marchi alimentari più economici, il 45% ha ridotto il budget per le vacanze, il 37% cerca di risparmiare su gas ed elettricità, il 36% ha rimandato l’acquisto di beni per la casa e la stessa percentuale utilizza meno l’auto, il 32% rinvia l’acquisto di strumenti tecnologici.

D’altra parte, emerge anche la volontà di un deciso contenimento dei tagli su alcune voci di spesa nel corso del prossimo anno (i tagli sui ristoranti scenderanno al 25%, sull’abbigliamento al 18%, sul divertimento out of home al 22%).
Infografica Fiducia Q2 2015

Mastromartino confermato presidente Végé, 38 mln gli investimenti per il 2015

Nicola Matromartino.

Tra ristrutturazioni e nuove aperture, è di 38 milioni di Euro la somma prevista per il piano di investimenti 2015 di Végé. Lo ha stabilito l’Assemblea dei Soci di Gruppo VéGé, che ha anche approvato il bilancio di esercizio 2014, confermando gli eccellenti risultati raggiunti dal Gruppo. In poco più di 12 mesi le imprese mandanti sono passate da 21 a 25 e il fatturato di gruppo è salito del +4,6% in termini correnti.

 

Cda rinnovato passa da 9 a 11 membri

La rapida crescita ha avuto riflessi anche nella composizione del Consiglio di Amministrazione, aggiornato con il passaggio da 9 a 11 consiglieri per rispecchiare l’allargamento della compagine sociale e garantire la massima rappresentatività. Del Cda fanno parte Nicola Mastromartino (Presidente), Valter Mion (Vicepresidente), Giorgio Santambrogio (Amministratore Delegato), Camilla Caramico, Gianfranco De Ponti, Michel Elias, Attilio Gambardella, Arnaldo Ghio, Giuseppe Maiello, Antonino Capone e Carlo Narducci.

 

Punti vendita a quota 327

Dopo l’ingresso nel 2014 nel Gruppo VéGé di realtà storiche come Comipro, consorzio attivo su scala nazionale nel settore dell’home e personal care e Sicilia Distribuzione, anche nel 2015 l’espansione del network nazionale è proseguita a ritmi serrati con l’arrivo tra le imprese mandanti di Mio Mercato in Sicilia e Caputo Saverio in Calabria, e con l’apertura di punti vendita in Abruzzo da parte del Gruppo Fioravanti, in Puglia da parte dell’azienda Gruppo Ferì e il debutto a Palermo con l’insegna Sidis da parte di GRD e Commerciale Gicap. Accordi di ampio respiro sono stati conclusi tra Despar e Aicube, con cui Despar Servizi ha affidato a PAM Panorama le attività di negoziazione che vengono svolte nella piattaforma condivisa con Gruppo VéGé.

“Quando l’anno scorso pianificammo il Rinascimento di Gruppo VéGé, ci ponemmo l’obiettivo di tornare a essere il polo di aggregazione della distribuzione italiana e ora, dopo un anno, siamo decisamente soddisfatti. Abbiamo incrementato la numerica di punti di vendita di oltre 327 unità, siamo tra le organizzazioni italiane maggiormente in crescita, ma soprattutto abbiamo posto le solide basi per un biennio 2015-2016 di ulteriore dirompente accelerazione” – commenta Nicola Mastromartino, Presidente di Gruppo VéGé.

 

Innovazione, tra beacon, sostenibilità e social

L’intensità del nuovo corso intrapreso dal Gruppo è confermata dalla voce “investimenti in innovazione”, dove spicca il ruolo pionieristico svolto in Italia sia nell’implementazione della tecnologia Beacon nei punti vendita della GDO sia nella stretta integrazione dei canali social nelle strategie promozionali e di fidelizzazione. Altrettanta importanza è stata data ai progetti orientati alla sostenibilità e alla sensibilizzazione ambientale, come quello avviato con successo dal Gruppo Ferì, che all’ingresso dei propri punti vendita ha posizionato degli eco compattatori studiati per “convertire” il packaging in plastica, vetro e alluminio conferito dai consumatori in buoni sconto spendibili nei supermercati.

Vendite in ripresa a maggio e Federdistribuzione mette in guardia contro le clausole di salvaguardia

I dati del commercio al dettaglio a maggio, diffusi oggi dall’ISTAT, registrano una variazione positiva delle vendite, rispetto al 2014, dello 0,3%, con gli alimentari in aumento dello +0.6% e il non alimentare invariato. Negativi (a -0,2%) invece i volumi rispetto al maggio 2014 e a -0,1% rispetto al l’aprile di quest’anno.

Nel confronto con il mese di Maggio 2014 si registra una variazione positiva (+1,8%) per il valore delle vendite delle imprese della grande distribuzione e una diminuzione (-1,0%) per

quelle delle imprese operanti su piccole superfici. Nella grande distribuzione il valore delle vendite aumenta, in termini tendenziali, dell’1 ,6% per i prodotti alimentari e del 2,1% per quelli non alimentari. Nelle imprese operanti su piccole superfici, invece, le vendite registrano una variazione negativa sia per i prodotti alimentari (-2,2%) sia per quelli non alimentari (-0,6%). Con riferimento alla tipologia di esercizio della grande distribuzione, a Maggio 2015 si registra un aumento dell’1 ,1% per le vendite degli esercizi non specializzati e del 5,5% per quelle degli esercizi specializzati. Tra i primi, aumentano dello 0,9% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e del 2,3% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare. In particolare, per quanto riguarda gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, aumentano.

Si confermano quindi i segnali di una ripresa dei consumi alimentari già indicata da Iri nelle sue previsioni pubblicate su inStore mag.

Tuttavia Federdistribuzione tiene ancora alto il livello di attenzione perché sebbene le vendite al dettaglio non sono più in treno negativo siano ancora di fronte, ha dichiarato il presidente Giovanni Conbolli Gigli (nella foto) «a una situazione di stallo che coinvolge anche l’inflazione, ferma a un +0,1% negli ultimi due mesi per la debolezza della domanda, il tasso di disoccupazione bloccato al 12,4% e la produzione industriale, che si è mossa dello 0,5% nei primi 5 mesi dell’anno.

Un quadro  – ha proseguito Coboldi Gigli – sul quale occorre intervenire con determinazione, sostenendo e stimolando le famiglie in questo loro lento e graduale percorso di recupero della fiducia e del passato tenore di vita. Il Governo sembra intenzionato a seguire questo percorso, perseguendo un programma di riforme e intervenendo sull’assetto fiscale del Paese. Fondamentale è trovare una strada per recuperare le risorse necessarie che non contempli l’applicazione delle clausole di salvaguardia previste nelle Leggi di Stabilità 2014 e 2015, un provvedimento che comporterebbe nel triennio 2016-2018 un calo del PIL di 1,2 punti e una caduta dei consumi del 2,9%».

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