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Si trasforma in Gourmet il primo Carrefour 24/24 (Milano, piazza Clotilde)

È stato il primo punto vendita in Italia ad adottare la formula, ormai presente in vari negozi dell’insegna francese, dell’apertura 24 ore su 24 sette giorni su sette: è il Carrefour milanese di piazza Principessa Clotilde, che ora cambia format adottando la formula gourmet. Tra le novità, un banco carni servito e, da fine settembre, il reparto sushi. realizzati al momento da un esperto sushi chef.

In assortimento, una vasta scelta di vini di qualità e birre artigianali, i prodotti della tradizione regionale condivideranno gli scaffali con le più importanti eccellenze italiane frutto del lavoro di produttori attenti alle tradizioni e alla qualità, come le pregiate carni piemontesi o toscane o il pescato fresco e i prodotti bio dell’ortofrutta.

Come si trasforma un supermercato di 500 mq nel format che punta sull’eccellenza dei prodotti della catena ce lo spiega il direttore del “mercato”, Luca Bresciani. «Abbiamo inserito nello staff un macellaio che propone specialità. Gli scaffali sono stati sviluppati in altezza per inserire nuove referenze. Accanto ai prodotti fissi ora si trovano le “asperity”, le specialità che proponiamo con una formula espositiva d’impatto, su scaffali di legno leggermente aggettanti rispetto al fronte della scaffalatura. Infine, per la prima volta abbiamo adottato la fila unica per acceder alle tre casse assistite, cui si affiancano quattro casse con self check out. Naturalmente dati gli spazi limitati non abbiamo l’intera offerta prevista dal format, ad esempio il panificio e la gastronomia sono ridotti».

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Nel punto vendita è attivo il servizio lavanderia, Clicca&Ritira, la spesa online con consegna a domicilio, e sono accettati tutti i tipi di buoni pasto, anche quelli elettronici. È anche possibile, con tessera sanitaria, ottenere le agevolazioni previste per chi soffre di celiachia.

Dice Stéphane Coum, Direttore Supermercati Carrefour Italia: «Siamo particolarmente affezionati al punto vendita di Piazza Clotilde a Milano apripista in Italia del modello 24h che continua a rappresentare un successo in tutte le zone in cui è stato adottato. Carrefour ha da sempre innovato nella modalità di vendita e nell’offerta di servizi innovativi che vanno incontro allo stile di vita moderno e flessibile, un modus operandi che ha portato il Gruppo a essere il primo distributore europeo e uno dei punti di riferimento della spesa degli italiani. Il modello Gourmet è un esempio di come Carrefour lavori a stretto contatto con fornitori di prodotti di eccellenza».

Il primo Carrefour Gourmet d’Italia è nato a Milano, in Piazza Gramsci, seguito in città dal punto vendita di via Gustavo Modena e Piazzale Siena, quest’ultimo il primo Carrefour Gourmet 24h (vd la visita di InStore).

Nel 2014 spesi 5,9 miliardi per i prodotti Fairtrade nel mondo (+10%)

Ammonta a 5,9 mld di euro il fatturato dei in prodotti del commercio equo certificato registrato nel 2014 in tutto il mondo, con una crescita del 10% sull’anno precedente, e sono stati spesi 105 mln di euro per emancipazione sociale e miglioramento della capacità produttiva delle organizzazioni. Dà i numeri “Global Change, Local leadership” , il nuovo Report Annuale delle attività di Fairtrade International, organizzazione capofila del circuito internazionale del commercio equo. In Italia le vendite retail hanno raggiunto i 90 milioni di euro (+18%), ma la crescita ha riguardati tutti i mercati principali, con l’eccezione del Regno Unito, -4% ma che a fronte di vendite che superano i due miliardi di sterline.

In aumento anche il Fairtrade Premium, ovvero il margine di guadagno aggiuntivo che i produttori ricevono e investono nel miglioramento produttivo e in progetti sociali, che ha raggiunto i 105 mln di euro, +14% rispetto all’anno precedente.

 

Bene cotone e cacao, decolla l’oro
Una crescita a due cifre, grazie ai programmi di approvvigionamento di materia prima Fairtrade, si è registrata per cotone (+28%) e cacao (+24%). Inoltre, con le nuove opportunità commerciali rivolte agli artigiani orafi, i volumi di oro certificato sono più che duplicati (+259%).
Buone notizie anche per i produttori agricoli. Secondo una ricerca condotta nelle organizzazioni, il 93% è soddisfatto dei servizi di supporto ricevuti da Fairtrade. L’indagine, condotta dall’ente di certificazione indipendente FLO-Cert, rileva inoltre che l’impatto che il sistema ha su lavoratori e produttori agricoli viene valutato dagli stessi con un punteggio di 9/10. La ricerca ha evidenziato anche l’esigenza dei produttori di incrementare le vendite, e in primis di sviluppare il mercato locale nei Paesi di origine delle materie prime. Come è successo nel 2015 al Brasile, che è diventato il quarto paese di produttori in cui si possono acquistare caffè e miele Fairtrade a km 0 dopo Kenya, India e Sudafrica.
Dal report si evince anche l’importanza dei servizi che il circuito offre alle organizzazioni per rafforzare l’attività commerciale. Nel 2014, grazie al Fairtrade Access Fund sono stati elargiti prestiti per 11,1 milioni di euro ai piccoli produttori, con relative attività di training e assistenza.
Nonostante ciò le condizioni di vita di molti contadini in tutto il mondo sono ancora una vera sfida. “I problemi che si trovano ad affrontare sono retaggio di centinaia di secoli di marginalità e sfruttamento – spiega Harriet Lamb, CEO di Fairtrade International – . Fairtrade aiuta a ridurre il divario ricchi-poveri, e a cambiare il sistema alimentare globale che sfrutta le persone e il pianeta. Ma oggi le soluzioni posticce non bastano più, e il vero cambiamento avverrà quando le voci dei piccoli produttori agricoli saranno ascoltate ai più alti livelli di governo e dell’industria, e a partire da queste si prenderanno delle decisioni”.
Intanto, si aprono anche nuovi orizzonti: a fine anno verrà lanciato il nuovo Standard per i cambiamenti climatici, che darà alle comunità agricole la possibilità di accedere al mercato dei crediti di CO2.

Presentata Biofach, la fiera mondiale del biologico

Bio Lebensmittel, Schwerpunkt deutscher Handel

Alla vigilia dell’Organic Week di Expo (da oggi a sabato, organizzato dalle fiere Biofach, Vivaness, Sana e Cosmoprof), la Fiera di Norimberga ha presentato alla stampa la prossima edizione di Biofach, l’appuntamento più importante a livello mondiale per il mondo del biologico (10-13 febbraio 2016), con i suoi 2344 espositori di 74 Paesi e i 44.624 visitatori.

IMG_2570Un appuntamento che negli anni ha mantenuto il profilo professionale tanto che la neo-responsabile della manifestazione Danila Brunner ci tiene a ricordare che più che una fiera di business, che ha cavalcato il trend in ascesa dei consumi di biologico, la manifestazione ha un valore politico e ha il patrocinio dell’organizzazione internazionale Ifoam (International foundation for organic agriculture) e del’associozione tedesca Bölw. A Biofach l’Italia rappresenta il secondo paese espositore alle spalle della Germania e la manifestazione, afferma Barbara Böck della Fiera di Norimberga, «è un’ottima piattaforma per portare la cultura del cibo italiano biologico nel mondo». L’Italia è il sesto Paese al mondo per superficie coltivata a biologico con 1,32 milioni di ettari.

Il biologico è un settore in costante crescita: proprio l’Ifoam stima che il fatturato globale realizzato con i prodotti biologici ammontava alla fine del 2013 a 72 miliardi di dollari Usa, con una crscita del 55% rispetto a 5 anni prima. Ma nel 2014 le previsioni parlano di un avicinamento alla soglia degli 80 miliardi di dollari. Crescita che si registra un po’ dovunque. In Germania il mercato è aumentato del 4,8% per un fatturato salito da 7,55 a 9,91 miliardi di euro, con la metà del fatturato realizzato nella Gdo; negli Stati Uniti il mercato bio vale 35,9 miliardi di dollari, con una quota sul fatturato alimentare è del 5%; in Francia con 5 miliardi di euro la crescita è del 10%: il trend è lo stesso negli altri Paesi. In Italia, secondo gli ultimi dati di Anabio, l’aumento del fatturato è stato del 17,3% raggiungendo i 3 miliardi di euro. «È un comparto strategico destinato a crescere, insieme all’attenzione per la qualità», commenta l’amministratore delgato di Conad Francesco Pugliese.

Tuttavia la quota di mercato è ancora bassa: solo l’1% degli alimenti prodotti nel mondo è di provenienza biologica, ponendo il movimento biologico di fronte al divario tra crescita e la strada da percorrere per imprimere una scolta nell’alimentazione o, in altri termini, per fare uscire il biologico da una nicchia per farlo diventare un approccio generalizzato alla sostenibilità a livello globale.

Ed è proprio questo il tema al centro del convegno “Organic 3.0- More bio”: quali forme e quali modalità dovranno avere il quadro politico e quello legislativo per attuare una trasformazione biologica e fare diventare il biologico un modello del futuro per l’agricoltura e l’alimentazione.

«L’odierna agricoltura industriale – afferma il direttore dell’Ifoam Markus Arbenz – non è in grado di sfamare il mondo e crea enormi problemi per il futuro. È per questo motivo che c’è bisogno di percorrere un’alra via, na via sostenibile. L’agricoltura biologica, insieme ad altre iniziative, ha contribuito moltissimo a trovare soluzioni sulla base di esperienze consolidate. La realtà, tuttavia, è che prima bisogna imporre a livello politico una strategia di agricoltura sostenibile perché questa tocca gli interessi economici delle cerchie di maggiore influenza, come l’agroindustria».

Confagricoltura celebra insieme pizza e agroalimentare buono

Nel sistema agroalimentare si sta facendo largo, sempre più, un’idea di filiera che superi gli steccati che spesso hanno contrapposto il mondo agricolo da quello industriale di trasformazione. Non c’è dubbio che Expo e, bisogna darne atto, l’attività del ministero delle Politiche agricole guidato da Maurizio Martina, hanno fornito un bel contributo a far prendere atto agli operatori che i muri e gli steccati dovevano essere abbattuti. Gli esempi di un dialogo aperto tra tutti gli operatori della filiera agroalimentare – distribuzione compresa – sono stati numerosi in questi ultimi mesi: prove di dialogo ci sono state per esempio a Marca Bologna e a Fruit Innovation. La stessa GS1 Italy|Indicod Ecr aveva pubblicato già l’anno scorso uno studio in collaborazione con Ref Ricerche sulla “filiera del mangiare”.

Confagricoltura pizzaioliL’ultimo esempio di questa apertura si è avuto ieri, primo settembre, all’incontro organizzato da Confagricoltura dedicato alla Pizza e ai suoi ingredienti, simbolo del made in Italy agroaoalimentare più conosciuto al mondo. Momento clou è stata la degustazione delle pizze realizzate da dieci tra i più famosi pizzaioli al mondo (nella foto a sinistra), nel parco della Casa Atellani che ospita la Vigna di Leonardo, nell’ambito delle iniziative per Expo.

Quattro aziende hanno rappresentato i principali ingredienti della pizza (Granarolo per la mozzarella, Colavita per l’olio extravergine, Cirio per il pomodoro e Agugiaro e Figna per la farina). Tutti prodotti che entrano di diritto nelle eccellenze agroalimentari italiane e che esprimono anche numeri di rilievo.

Lattiero-caseario: 32 mila allevamenti bovini, 2.500 bufalini, 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 155 mila tonnellate di mozzarella vaccina e 38,8 mila tonnellate di quella bufalina. A rappresentare la filiera Granarolo, la prima aziende dal comparto e una delle più grandi aziende alimentari italiane, che della qualità e della giusta remunerazione ai produttori, oltre che del controllo di filiera, ha fatto il suo punto distintivo.

Il pomodoro, rappresentato da Cirio (Gruppo Coltiva) alle soglie dei 160 anni: prodotto in 461 mila tonnellate, il pomodoro con 4,9 milioni di tonnellate trasformate rappresenta il 55% della produzione europea e oltre il 12% di quella mondiale.

Infine la farina (Agugiaro e Figna): la produzione nazionale media di grano tenero è di 2.99.000 tonnellate e vale 550 milioni di euro. Per ottenere la farina operano nel nostro Paese 230 molini che hanno un fatturato di 2,5 miliardi di euro. 5 miliardi è invece quello delle 1200 aziende di prodotti da forno.

Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi

In questo clima di “agroalimentare buono”, suggellata dalle parole del presidente di Confagricoltura a sottolineare “le eccellenze alimentari fatte anche da piccole realtà agricole”, sono rimasti in disparte gli altri temi, quelli che agitano chi fa agricoltura, trasforma i prodotti agricoli e li vende: un settore agricolo che sta, nonostante le eccellenze, soccombendo nel contesto globale, l’importazione di prodotti il tema della qualità e della remunerazione degli agricoltori e degli allevatori, la sostenibilità delle imprese, il caporalato e le truffe alimentari. Temi che pesano come macigni su tutta la filiera e che mettono di fronte ciascun operatore alle proprie responsabilità. Non sarà facile uscirne, ma forse proprio chi è impegnato in prima linea nel fare “agroalimentare buono” darà le risposte, unendo gli sforzi. Da soli e in ordine sparso non si arriva da nessuna parte.

Dal 12 al 15 settembre le novità del bio vanno in scena al Sana

Si terrà dal 12 al 15 settembre nei padiglioni di BolognaFiere la 27a edizione di Sana, la fiera del biologico e del naturale. Nell’anno di Expo la manifestazione registra un aumento di presenze in tute le tre aree macrotematiche dell’alimentazione (+60% di espositori alimentazione bio certificati), della salute e benessere (+47%) e degli altri prodotti naturali (+55%). Del resto ormai da anni il settore del biologico, che in Italia vale 2,5 miliardi e può contare su 18,4 milioni di famiglie italiane acquirenti, registra incrementi a due cifre, anche nei momenti più bui della recessione. Una crescita che non si è fermata nei primi quattro mesi del 2015, con un incremento del fatturato del 16% (dati Nielsen / Assobio).
Gli occhi degli operatori saranno quindi puntati su “Sana Novità”, l’area dedicata alle novità di prodotto degli espositori. Dal Veneto ad esempio vedremo i prodotti bio e vegani dell’azienda artigianale Fraccaro Spumadoro che coprono oggi il 12% della produzione. A partire dalla linea “Pasticceria Fraccaro Bio”, Croissant Bio classici e alla crema di cacao e Croissant bio Vegani al farro e al farro con confettura di albicocca, una gamma di prodotti da forno con lievito madre e ingredienti certificati provenienti da agricoltura biologica. MangiarsanoGerminal deriva l’80% dal fatturato (15 mln di euro nel 2014, +30%) dal biologico e proporrà a Sana 2015 le linee BioBimbo e BioJunior, alimenti biologici salutistici dedicati all’infanzia, dallo svezzamento all’adolescenza. Master infine (che ha l’8% della produzione certificata bio) presenterà la linea Bio e Vegan di gnocchi e spatzle biologici.

Quest’anno, grazie alla cooperazione con MISE, ICE, Regione Emilia Romagna e Unioncamere, saranno inoltre presenti in fiera 100 buyer internazionali e operatori e delegazioni provenienti da mercati di maggiore interesse per le aziende produttrici italiane come Australia, Cina, Francia, Polonia, Croazia, Slovenia, Ungheria, nazioni del Baltico, Paesi del Nord Europa, Repubblica Ceca, Russia e Usa.

Il 12 settembre, giorno dell’inaugurazione, il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Martina presenterà il nuovo piano strategico nazionale di settore per il biologico, quale esito del lavoro di concertazione che il Ministero stesso ha avviato con le associazioni che rappresentano il settore e che si colloca nel calendario del Forum Internazionale del Biologico, lanciato al Parco della Biodiversità di Expo da FederBio e dalle Associazioni più rappresentative del settore per rendere sempre più conosciuto il bio Made in Italy sia in Italia sia all’estero.
Nel pomeriggio dello stesso giorno saranno presentati i dati sul biologico dell’Osservatorio di Sana –realizzato in collaborazione ICE e con Nomisma -e dei dati Sinab ed Ismea.

Anicav chiede una cabina di regia per la filiera del pomodoro. Impegno contro il caporalato

«È indispensabile istituire una cabina di regia che definisca le linee di politica nazionale per rendere più efficiente la filiera, com’è stato fatto per la pasta, visto il ruolo strategico che il comparto pomodoricolo riveste nel Sistema Italia»

Questa la richiesta espressa dal presidente di Anicav, Antonio Ferraioli, al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, in una lettera che fa seguito all’incontro istituzionale dello scorso 17 marzo, in cui si era immaginato di istituire un tavolo tecnico specifico sul Pomodoro da Industria, sul modello della Cabina di Regia sulla Pasta promossa dallo stesso Ministero.

Secondo l’Anicav – Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, «c’è bisogno di interventi organici, per questo riteniamo necessario l’avvio di politiche industriali a sostegno della filiera, da troppo tempo assenti, per far fronte ai problemi strutturali del comparto».

«Accanto all’azione meritevole messa in atto dai due Distretti Produttivi (OI Pomodoro da Industria del Nord e Polo Distrettuale del Pomodoro da Industria del Centro Sud) è necessaria una regia nazionale che dia univocità all’azione programmatica –ha dichiarato Ferraioli – poiché i singoli soggetti della filiera non possono muoversi autonomamente, soprattutto in un momento in cui è forte il coinvolgimento del settore sul versante etico e di tutela dei lavoratori».

Antonio Ferraioli ha ribadito poi l’impegno di Anicav contro il lavoro irregolare e il caporalato. «Oltre alla sottoscrizione, insieme all’AIIPA e alle OOSS nazionali di categoria, del Protocollo per la promozione della responsabilità sociale e territoriale nella filiera del conserviero-pomodoro, abbiamo chiesto un concreto e fattivo impegno della Rete del lavoro agricolo di qualità ̶ operativa da oggi ̶ che potrebbe rappresentare un primo importante strumento per combattere il lavoro illegale».

Proprio ieri al termine del vertice sul caporalato tenuto al Mipaaf, Martina ha riferito che l’intenzione è di fornire anche assistenza legale ai braccianti che denunciano fenomeni di caporalato, trovando risorse dedicate. L’impegno assunto dal governo contro il caporalato è dunque di dare mandato alla Cabina di regia della Rete del lavoro agricolo  di qualità di redigere un piano di azione organico nel giro di due settimane. Martina ha messo in evidenza la novità del metodo: «Passare dall’individuazione di alcuni temi a una vera e propria strategia complessiva, adattando il metodo di controllo, passo dopo passo, agli effetti delle misure adottate». Il fenomeno del caporalato, ha fatto notare Martina, è molto «delicato e con radici antiche” e per questo serve un piano di azione ragionato, per “non fermarsi all’emergenza, ma rendere strutturale l’azione di contrasto: siamo impegnati a superare in modo definitivo situazioni di illegalità che arrivano da lontano».

L’Anicav ha inviato anche una lettera al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, con la quale ha chiesto alla Regione di voler assumere il ruolo di capofila delle Regioni del Distretto del pomodoro da industria del Centro Sud, nella promozione di politiche specifiche a sostegno del settore, che abbiano come obiettivo la difesa e il rilancio dell’intera filiera in termini di riqualificazione e modernizzazione, per incoraggiare una nuova e moderna cultura d’impresa.

«La Campania –ha ricordato il direttore di Anicav Giovanni De Angelis- costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato, sia per numero di aziende di trasformazione che per fatturato – pari a circa 1,5 miliardi di euro, su un fatturato nazionale di 3 miliardi – ed è da sempre leader nei derivati del pomodoro destinati al retail, primo fra tutti il pomodoro pelato, che rappresenta una produzione di pregio delle nostre aziende».

Pomì (Consorzio Casalasco) incorpora Arp e nasce il colosso italiano del pomodoro

Con una produzione di 550 mila tonnellate di pomodori, 7 mila ettari coltivati, 370 aziende agricole associate, 1.300 dipendenti, 50 linee di produzione e un fatturato di 270 milioni di euro è la prima realtà italiana e la terza a livello europeo nel settore dell’oro rosso. Stiamo parlando della cooperativa nata dalla fusione del Consorzio Casalasco di Rivarolo del Re (Cr) conclusa per incorporazione di A.R.P. (Agricoltori Riuniti Piacentini). Le assemblee dei soci delle due cooperative hanno approvato all’unanimità l’operazione, che sarà formalizzata con l’espletamento delle procedure e nei tempi previsti dalla legge.
Il Consorzio Casalasco è una realtà presente in Germania, Emirati Arabi, Russia e Stati Uniti con i suoi prodotti (Pomi, Pomito, Gusto d’Oro, la Marca Preferita), ma lavora anche nel settore delle private label agroalimentari. “Da un punto di vista commerciale, l’ampliamento del portafoglio prodotti e la definizione di nuovi canali di vendita garantirà una presenza più forte sui mercati internazionali, potenziando la distribuzione di prodotti sia a proprio marchio che private label – si legge in una nota del Consorzio -. In termini di distribuzione l’obiettivo è infatti quello di abbinare alla gamma retail del Consorzio Casalasco anche la potenzialità dei formati food service di ARP con una linea completa di prodotti destinata alla ristorazione collettiva”.

“Questa operazione, che vede come protagonista la filiera agricola, – commenta Costantino Vaia, Direttore Generale del Consorzio Casalasco del Pomodoro – rientra in un progetto strategico di espansione e consolidamento sui mercati internazionali. Il completamento del portafoglio prodotti e l’opportunità di nuovi canali di vendita ci permetteranno una fase di ulteriore crescita e sviluppo soprattutto sulle produzioni a nostro marchio, rendendo in questo modo Pomì un brand ancora più forte. Inoltre le sinergie gestionali e l’ottimizzazione dei processi produttivi contribuiranno a migliorare i livelli di redditività.”

Stefano Spelta, Direttore Generale A.R.P, società cooperativa che opera da oltre mezzo secolo nella coltivazione, trasformazione e distribuzione dei derivati del pomodoro in provincia di Piacenza, commenta così l’operazione: “Si è finalmente concretizzato un processo di fusione impostato da oltre un anno. Da un punto di vista strategico, il mercato Europeo e Mondiale al quale ci riferiamo ogni giorno, chiede continue evoluzioni e sinergie tra interlocutori sempre più qualificati in grado di offrire un ampio numero di prodotti di qualità in una vasta gamma di imballaggi. Questa fusione segue proprio questa logica, preservando il know-how acquisito, sia dalle azienda agricole che nelle fasi di trasformazione in stabilimento, valorizzandone l’importanza in seno ad una grande organizzazione cooperativa tutta italiana”.

Il nuovo gruppo si porrà, per capacità produttiva, al quindicesimo posto a livello mondiale, appena dietro le principali realtà californiane, cinesi e spagnole (i principali concorrenti dell’Italia sul mercato della salsa).

Norma, discount dall’anima green, dice no agli OGM

Da tempo ormai discount non è più sinonimo di cibo di scarsa qualità e poco prezzo. Sempre più accortamente le insegne nate con stile e intenzioni low-cost stanno seguendo le logiche e le politiche del retail “alto”, se così si può ancora definire, con un’attenzione verso le esigenze dei consumatori spiccata e puntuale.

Un dialogo, quello con una clientela sempre più affezionata, che ha portato il discount tedesco NORMA a schierarsi nettamente contro i cibi geneticamente modificati. Tanto da unirsi all’Associazione per gli alimenti senza ingegneria genetica (VLOG), decidendo congiuntamente di ampliare le sue linee di prodotti Ogm-free. Già dalla fine del 2014, tutte le uova vendute sono prive di ogm. Stesso discorso per il pollo fresco, mentre da settembre l’etichetta verde “senza OGM” sarà visibile su molti prodotti di carne fresca di tacchino, ed entro la fine dell’anno l’intero reparto sarà libero da modifiche genetiche. Entro la fine del 2015, i discount di Norimberga estenderà la politica anche ai latticini, proponendo referenze ogm-free.

L’Associazione VLOG riunisce circa 270 tra negozi alimentari e produttori con un fatturato annuo complessivo di 150 miliardi di euro.
Va detto che la scelta ogm-free di NORMA non giunge a sorpresa: da tempo il discount tedesco si è posizionato su politche green e propone un’ampia scelta di prodotti biologici, regionali e di qualità. La sostenibilità insomma non è una moda passeggera, ma piuttosto un elemento fondante nella strategia della società.
L’insegna, con sede a Norimberga, ha 1.400 punti vendita in Germania, Austria, Francia e Repubblica Ceca.

Unes va controcorrente: d’estate solo limoni italiani

Scelta etica per Unes che ha deciso,Limoni solo provenienza Italiana senza badare all’estetica ma puntando alla tutela del consumatore e a valorizzare la produzione nazionale, di vendere per tutto il periodo estivo solo limoni di provenienza italiana che non hanno alle spalle un viaggio di migliaia di chilometri e che, anche se nell’aspetto sono un po’ meno accattivanti, mantengono un gusto ed un sapore di assoluta qualità.

I limoni d’estate hanno infatti un appeal estetico inferiore rispetto a quelli provenienti dall’estero (prevalentemente dal sud America), che normalmente si trovano nei reparti della Gdo.

Fra le tipologie di limone proposte: il limone Costiera (di origine campana), il limone Verdello e il Primofiore (questi ultimi di origine siciliana).

Unes è presente in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna con oltre 180 punti vendita tra diretti e franchising e occupa 2.500 dipendenti.

Convegno Granarolo a Expo: nel dopo quote latte la cooperazione a difesa della qualità e della filiera

La fine delle quote latte pone tutto il settore lattiero caseario europeo, e in particolare quello italiano, di fronte a degli interrogativi che pesano sul futuro.

Se n’è parlato nel convegno promosso da Granarolo a Expo sul tema “Latte e Cooperazione”.

Lo scenario è infatti caratterizzato da una crescita del commercio agroalimentare mondiale nell’ultimo decennio del 220% in valore a 1.146 miliardi. All’interno dell’export agroalimentare, i prodotti lattiero-caseari hanno un’incidenza pari al 6%, utilizzando circa l’8% della produzione globale di latte con un trend in rapida crescita.

Nel giro di dieci anni, le importazioni lattiero-casearie a livello mondiale sono cresciute del 214%. Su un valore totale di circa 62 miliardi di euro, il 38% fa riferimento a formaggi mentre un altro 28% riguarda latte in polvere; il rimanente 34% si ripartisce principalmente tra latte (non in polvere), burro e siero.

Rabobank prevede che entro il 2020 il volume dei commerci mondiali dovranno crescere del 25% per soddisfare la domanda in crescita.

Nel caso dei formaggi, ad esempio, l’Unione Europea rappresenta il principale mercato al mondo, con livelli di consumi pro-capite tra i più elevati (17,5 kg/annui contro i 3 kg di media mondiale). Negli Stati Uniti il consumo pro-capite è pari a 15,4 kg/annui; in Russia e Brasile il dato è molto più basso e si attesta a rispettivamente a 6,1 kg/annui e 3,7 kg/annui.

La crescita della domanda, dominata nel mondo dai mercati emergenti, mentre nei paesi sviluppati si registrerà una crescita lenta, è però guidata da una volatilità dei prezzi al ribasso, in cui l’Europa è diventata più competitiva, ma non a sufficienza, avendo necessità di un consolidamento e un rafforzamento degli allevatori, oggi eccessivamente frammentati. «Per le aziende di piccole dimensionisarà difficile sopravvivere in un mondo eccessivamente volatile – afferma Kevin Bellamy, senior dairy analist di Robobank – ma in questo scenario possono rafforzarsi attraverso il modello della cooperazione. Anzi proprio la cooperazione continua a svilupparsi in Europa in varie direzioni».

rabobank

Le cooperative hanno un ruolo fondamentale nel soddisfare i bisogni alimentari mondiali. Il modello cooperativo caratterizza il mercato del latte in molti paesi del mondo ed in particolare in Europa dove ha giocato un ruolo chiave nello sviluppo della sicurezza e della qualità alimentare, modello di valorizzazione del territorio, della conoscenza, generatore di economia e lavoro. In sintesi, le cooperative agricole sono alla base dell’organizzazione agricola e della produzione alimentare. Dell’impertanza del rolo della cooperazione nella filiera del latte sono testimonianza non solo Granarolo, terza azienda alimentare italiana con oltre 1 miliardi di euro di fatturato, ma anche un colosso come l’olandese Friesland Campina, che opera in 32 Paesi con un fatturato di 11,3 miliardi di euro e più di 19 mila soci conferitori che possiedono la cooperativa e la francese Sodial con i suoi 14 mila cooperatori e un fatturato di 5 miliardi di euro.

«Crediamo che il modello cooperativo – sottolinea il presidente di Granarolo Giampiero Calzolari – rappresenti in Italia e in Europa, ancor più nel dopo quote latte, un modello che possa offrire tutela delle filiere agroalimentari nazionali grazie alla conoscenza dei territori e alla capacità di sostenere il sistema agroallevatoriale consentendo il rispetto e la valorizzazione della qualità della materia prima».

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Paolo De Castro

Anche perché il dopo quote latte si è rivelato una specie di disastro. «Dopo la fine dei sostegni europei al settore – aggiunge Paolo De Castro, Coordinatore S&D alla Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento Europeo, abbiamo assistito a un aumento medio del 5% della produzione. Lo stesso pacchetto latte votato dal parlamento avrebbe dovuto introdurre una programmazione produttiva dei formaggi e assicurare un’atterraggio morbido nella gestione della nuova situazione. Così non è stato. Ma è sufficiente la regolamentazione per sostenere la volatiloità dei prezzi?», si chiede De Castro. La risposta è che nel beve non ci saranno regole e questa lunga fase di prezzi bassi può portare alla chiusura di decine di migliaia di allevamenti. «Bisogna sostenere le aree più deboli altrimenti la pressione sui prezzi di quelle più competitive le faranno soccombere, intervendo sul livello organizzativo delle imprese. Nel breve, però non ci saranno regole».

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