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Etichettatura d’origine, per la Commissione Ue deve essere volontaria. L’Italia non ci sta

Non convincono il Ministero delle Politiche agricole e forestali i due rapporti  sull’indicazione obbligatoria del paese d’origine o del luogo di provenienza degli alimenti pubblicati dalla Commissione Ue secondo cui per alcune categorie di prodotti alimentari sarebbe meglio optare per un’indicazione volontaria, piuttosto che su un obbligo a livello comunitario.

«Ci aspettavamo molto di più dalla Commissione europea sul fronte dell’indicazione d’origine obbligatoria degli alimenti. Faremo sentire forte la nostra voce nel Consiglio dei Ministri dell’agricoltura Ue, perché riteniamo fondamentale dare informazioni trasparenti al consumatore sulla provenienza delle materie prime», ha affermato il ministro elle politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina.

Il primo rapporto riguarda latte, prodotti caseari e altri prodotti trasformati, ma anche le carni di coniglio e di cavallo recentemente oggetto di uno scandalo di dimensioni continentali proprio per la mancanza di tracciabilità. Il secondo rapporto indaga sulla necessità per i consumatori di essere informati sull’origine degli alimenti non lavorati, sui singoli ingredienti dei prodotti e sugli ingredienti che rappresentano più del 50% dell’alimento.

L’indagine ha concluso che i consumatori sono interessati a conoscere l’origine di queste categorie di prodotti alimentari, ma meno che di altre categorie come la carne o alimenti quotidiani. Avendo valutato anche costi e benefici delle nuove regole in etichetta e l’impatto sul mercato interno e su quello estero, il rapporto ha concluso che un’indicazione di origine volontaria, associata all’attuale regime di obbligo d’origine per alcune categorie di alimenti, è la strada più conveniente.

Affronteremo con determinazione la questione tenendo conto delle risposte dei consumatori italiani alla nostra consultazione pubblica. 9 cittadini su 10 ci hanno chiesto di leggere chiaramente l’origine in etichetta. Nell’anno di Expo, mentre l’Italia si candida a guidare il dibattito sullo sviluppo agricolo globale, non possiamo accettare di stare fermi o fare passi indietro su un punto decisivo come quello dell’etichettatura».

Secondo la consultazione pubblica on line del Ministero (concluso a marzo) l’89 % dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine possa essere ingannevole per i prodotti lattiero caseari, l’87% per le carni trasformate, l’83% per la frutta e verdura trasformata, l’81% per la pasta e il 78% per il latte a lunga conservazione. L’82% ha poi dichiarato di essere disposto a spendere di più per avere la certezza dell’origine e provenienza italiana del prodotto, con quasi la metà pronta a pagare dal 5 al 20% in più.

Negativo anche il giudizio di Coldiretti, secondo cui la Commissione Europea ancora una volta si schiera a difesa degli interessi delle grandi lobbies industriali con pareri in netta contraddizione con gli interessi dei cittadini europei e italiani. Inoltre, annota Coldiretti,  l’indicazione della Commissione Europea è anche contraddittoria rispetto al percorso intrapreso fino ad ora che ha portato per ultimo all’entrata in vigore del Regolamento Ue 1337/2013 dal primo aprile 2015 è arrivato in Europa l’obbligo per gli operatori di indicare in etichetta il luogo di allevamento e di macellazione delle carni di maiale, capra e pecora.

Con queste premesse si fa più arduo il percorso in Europa per la battaglia volta a fare esporre in etichetta l’indicazione dello stabilimento di produzione, non più obbligatorio dopo l’entrata in vigore a fine 2014 del regolamento 1169 del 2011.

La quarta gamma Valfrutta sposa il benessere

Cultiva, gruppo di aziende agricole che opera anche nella quarta gamma con il marchio Valfrutta (di cui è licenziatario per questo segmento) ha scelto il palcoscenico di Fruit Innovation per il lancio della linea Benessere. Si tratta di cinque referenze di insalate arricchite di semi di girasole, di bacche di goji, di semi di lino, dei mandorle e di semi disossammo e zucca.

Ognuna di queste insalate così arricchite apportano un contenuto specifico di minerali, vitamine, acidi grassi omega 3 contribuendo a migliorare lo stato generale di benessere dell’inividuoin funzione delle necessità.

Sono proposte in buste flow pack da 120 grammi.

Segnali di tenuta per gli alimenti surgelati. Bene carne, pizza e secondi pronti

Dal consuntivo 2014 gli alimenti surgelati mostrano segnali di tenuta. Lo afferma l’Istituto italiano alimenti surgelati, rilevando che i surgelati si mantengono stabili grazie a innovazione di prodotto, contenuto di servizio e qualità dell’offerta.

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“Si avverte una leggera ripresa – afferma il Presidente dell’Iias Vittorio Gagliardi – sulla spinta delle azioni del leader di mercato, non solo a livello pubblicitario ma anche nel campo dell’innovazione di prodotto, facendo da traino a tutto il settore. Il consumatore risente indubbiamente della crisi, ma si osserva comunque una crescita dopo un biennio negativo che aveva interrotto una serie positiva, anche a doppia cifra, durata più di vent’anni”.

“La maggior novità del settore – prosegue Gagliardi – riguarda il boom dell’utilizzo del forno a microonde: se negli anni ’80 la penetrazione di questo elettrodomestico era del 4 – 5%, nell’ultimo quinquennio è salita al 30%, a dimostrazione che i nuovi comportamenti alimentari vedono nel surgelato un indispensabile alleato.
Un certo favore da parte dell’acquirente deriva anche dalla pressoché totale eliminazione di scarti e sprechi. Merito anche questo dell’innovazione, sia nei prodotti che nei metodi di conservazione, nel packaging e nei sistemi di refrigerazione, apportati dalle aziende del settore, in un continuo sforzo di sviluppare soluzioni in linea con i principi stessi espressi da Expo, ovvero la riduzione dello scarto e l’energy saving. È premiante – conclude Gagliardi – l’innovazione funzionale, ovvero volta al soddisfacimento delle nuove esigenze di consumo, trainando investimenti e obiettivi delle aziende del comparto, alimentando contestualmente aspettative positive per il futuro, pur con una giusta dose di moderazione e senza credere ad un repentino e miracoloso slancio, quanto piuttosto e più concretamente ad una graduale ripresa di un settore alimentare così importante quale quello degli alimenti surgelati”.

Tra i plus riconosciuti dai consumatori ai surgelati, che hanno da poco compiuto 50 anni di presenza sul mercato italiano, vi sono la componenti di servizio e di praticità, l’assenza di conservanti, la velocità e facilità di preparazione, l’offerta di prodotti destagionalizzati e delocalizzati, lo stoccaggio domestico nel freezer.

Quanto alle tipologie di prodotto, i vegetali preparati hanno ripreso quota, spinti dai loro valori nutrizionali e salutistici. I prodotti ittici panati, dal canto loro, sono in progressiva crescita, a riprova del fatto che i consumatori cercano proposte accattivanti e veloci da cucinare. Anche le pizze confermano il trend in rialzo e sono sempre più considerate come piatto unico, personalizzabile e a buon prezzo. In questa generale tendenza alla rivalutazione dei prodotti a più alto contenuto di servizio, va segnalata la performance dei piatti ricettati, o meglio dei secondi; ciò segnala un insopprimibile bisogno del consumatore moderno a ricercare prodotti salva tempo, dal profilo moderno e gustoso in grado di offrire una buona qualità globale. E tale tendenza è in costante crescita nell’intero continente europeo.

Cresce la concorrenza per gli specialisti del bio

I prodotti naturali non conoscono crisi. Stando alle rilevazioni condotte da Nomisma, nel 2014 ben il 59% dei consumatori ha acquistato almeno un prodotto alimentare a marchio bio; nel 2012 il dato si fermava al 53%, nel 2013 al 54,5%. In altre parole, in soli due anni si sono contati 1,7 milioni di famiglie acquirenti in più. È quanto scrive Manuela Falchero nell’ultimo numero disponibile online di inStore.

Ma non è tutto. Sempre secondo Nomisma, è infatti aumentata anche la spesa pro-capite degli italiani, passata dai 28 euro del 2011 agli attuali 39 euro in linea con una tendenza che non sembra essere esaurita se si considera che il 17% dei consumatori prevede di aumentare nel 2015 il budget destinato ad alimenti naturali.

E così negli ultimi mesi, le catene di più lungo corso hanno spinto sull’acceleratore dell’espansione.

E nuovi player si sono affacciati sul mercato. I casi di NaturaSì, Almaverde Bio Market e Bio c’Bon.

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Un giovane italiano su 4 cucina in casa per amici, e tra gli under 35 è food-mania

Italia patria del cibo, anche per le nuove generazioni. Un giovane su quattro (24,5 per cento) tra i 18 ed i 34 anni ama stare ai fornelli e la buona cucina e considera il cucinare come un’attività di svago, relax e affermazione personale. È quanto emerge da una analisi Coldiretti/Censis: un amore non nuovo che era dilagato ad esempio nel dopoguerra, con una novità però. La nuova passione per i fornelli oggi ha contagiato sia uomini sia donne. Anzi: secondo la Coldiretti sta emergendo una “mascolinità di nuovo conio che esprime la sua soggettività in termini creativi nel rapporto con la cucina, con la manipolazione del cibo che si afferma come una modalità attraverso la quale si esprime se stessi”.
Tutto ciò si esprime concretamente ad esempio attraverso i classici inviti a cena degli amici nel fine settimana che diventano dei veri e propri show cooking casalinghi. Un fenomeno che sta di fatto trascinando il boom dell’informazione legata all’enogastronomia: infatti, il 32,6 per cento dei giovani legge e utilizza ricettari spesso scaricati su internet, il 31,9 per cento segue programmi televisivi di cucina, il 13,9 per cento non segue religiosamente i consigli di chef celebri. Altra conseguenza è l’attenzione e la ricerca alle materie prime che si vogliono fresche e genuine, possibilmente a chilometro zero direttamente dai produttori agricoli o nei mercati di Campagna Amica, i mercati agricoli di Coldiretti.
La passione per il cibo si esprime anche fuori casa con quasi tre giovani under 35 anni su quattro (71 per cento) che partecipano, specie nel weekend, al rito dell’apericena. Una pratica che piace anche perché consente di risparmiare rispetto alla cena tradizionale fuoricasa, senza rinunciare alla socialità. Sono tutte occasioni per assaggiare e imparare a conoscere i diversi tipi di vino di cui è particolarmente ricca l’Italia, ma anche per gustare formaggi, salumi e prodotti del territorio.
Un interesse sempre più diffuso, tanto che il 48,9 per cento degli under 35 dichiara di partecipare a iniziative di degustazione, il 4,8 per cento regolarmente e il 44,1 per cento di tanto in tanto: parliamo di 5,4 milioni di italiani.
La riscoperta del valore del cibo da parte dei giovani è confermata dalle iscrizioni a corsi di sommelier ma anche da quanti vedono nel cibo una opportunità di lavoro con l’apertura di osterie, vinerie, ristoranti. Non è un caso che l’alberghiero ha raggiunto ben il 9,3 per cento del totale delle iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie e si posiziona al secondo posto, dopo lo scientifico, fra le scuole superiori più richieste in Italia. Tanto che, sulla base delle iscrizioni alle prime classi scuola secondaria di secondo grado, statali e paritarie, nell’anno scolastico 2014/2015, si potrebbe prevedere che nell’Italia del futuro ci saranno più di due cuochi per ogni operaio.
“Il boom dei giovani che si mettono ai fornelli conferma il trend che vede oggi in Italia quasi uno studente su quattro scommettere su una prospettiva di lavoro futuro nell’agricoltura e nel cibo – ha dichiarato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -: più in generale, il sempre crescente interesse per la cucina e il mangiar bene è anche ‘figlio’ dei primati che l’Italia ha conquistato in questi anni in termini di qualità dei suoi prodotti agroalimentari e che è una delle leve principali che spingono i visitatori stranieri a venire in Italia per l’Expo”.

VanDrie Group rinnova il modo di comunicare la carne di vitello

Anche in tempi di contrazione della spesa, la carne di vitello continua a rimanere un prodotto in sintonia con le caratteristiche del consumatore italiano, curioso, esigente, sensibile ai temi della qualità e dell’origine degli alimenti che sceglie. Questa attenzione cresce nel momento dell’acquisto della carne, una voce che pesa sullo scontrino, per cui il consumatore punta su un prodotto scelto e sicuro, in grado di trasmettere valore.

A questo target si rivolge VanDrie Group, gruppo olandese produttore di vitello che basa la proprie mission su alcuni principi fondamentali: la trasparenza, il benessere per l’uomo, l’animale e l’ambiente. Gli allevamenti che fanno parte del gruppo dispongono di stalle ampie, ben ventilate e dotate di illuminazione naturale. Questa attenzione ha permesso a VanDrie Group di ottenere dalla Protezione Animale Olandese il marchio “Beter Leven”, vivere meglio.

Fondato nei primi anni Sessanta come azienda familiare per valorizzare i prodotti secondari dell’allevamento di bestiame da latte, oggi il gruppo è una realtà da 2 miliardi di euro di fatturato, circa 1,5 milioni di capi macellati e 500.000 tonnellate di mangime l’anno; un network composto da 25 imprese integrate in tutta Europa (di cui 3 in Italia), che coprono l’intera filiera, dai mangimi al pellame per la moda. Il gruppo è in grado di realizzare tagli e confezioni su misura, a seconda delle esigenze della clientela (grande distribuzione compresa) e le spedizioni avvengono in pochi giorni, Per garantire la tracciabilità ogni confezione è dotata dal numero di identificazione dell’animale di provenienza.

Forte della sua propensione all’internazionalizzazione (oltre il 95% della produzione viene esportata in oltre 60 paesi), VanDrie ha nell’Italia un importante riferimento, perché rappresenta il 35% della quota export. Per questo ha lanciato una intensa campagna di comunicazione volta a ravvivare l’interesse italiano per la carne di vitello.

«L’approccio tradizionale a cui noi del mondo della carne siamo abituati – spiega Herman van Drie – è insufficiente per raggiungere i giovani, che utilizzano per informarsi altri mezzi rispetto a quelli tradizionali. La carne purtroppo appare nei media sempre più spesso sotto una luce negativa. Opinioni e comunicati vengono sopravvalutati e promossi a verità. Noi vogliamo per mezzo di questa campagna raggiungere i consumatori e divulgare il racconto vero sulla carne di vitello».

La ricetta della campagna? Un mix social media, partecipazione a eventi pubblici, arricchimento del sito internet www.carnedivitello.it e la collaborazione con gli chef stellati di UIR (Unione Italiana Ristoratori), specialisti dell’alimentazione e food blogger.

Tirelli (Popai) sulla retorica del successo del cibo italiano nel retail internazionale

In margine al convegno Internazionalizzazione: nuove opportunità distributive per un mercato sempre più globale, organizzato da Popai Italia in collaborazione con Tuttofood e Ice alla fiera dell’ambientare chiusa da pochi giorni, abbiamo posto alcune domande a Daniele Tirelli, presidente dell’associazione che si occupa di retail a 360°.

Tirelli, grande conoscitore delle dinamiche dei rapporti tra distribuzione e industria e del mondo distributivo internazionale, in particolare americano, risponde ad alcune domande sul tema del successo del cibo italiano a livello internazionale e smonta quella che si potrebbe definire la retorica dell’export, ricordando che bisogna sempre confrontarsi con il mercato globale e con i suoi assiomi.

Perché un prodotto che in Italia ha una sua riconoscibilità, in un altro mercato rappresenta una specialità che poi va comunicata e supportata con adeguati azioni di marketing in uno stretto rapporto con i retailer.

 

 

Carne di pollo aiuta la dieta e la salute secondo Nutrition Foundation Italy

Consumi di pollame, salute e benessere. Al rapporto tra questi tre temi è dedicato il il primo Documento di Consenso sul ruolo delle carni bianche in un’alimentazione sana ed equilibrata pubblicato da Nutrition Foundation of Italy (NFI), coordinato da Andrea Poli e Franca Marangoni con il supporto di esperti nazionali, con il contributo di Unaitalia (Unione Filiere Agroalimentari Carni e Uova).

In Italia i consumi delle carni avicole rappresentano circa il 25% del consumo totale di carne e sono molto al di sotto della media europea; il consumo di pollo, escludendo gli altri volatili, è pari a 13,6Kg l’anno pro-capite, contro i 17,8 Kg medi in Ue (dati Unaitalia e AVEC 2014).

Socondo il Documento di Consenso – che riassume e i dati più solidi descritti in letteratura al riguardo – le carni avicole sono un perfetto alleato per la salute e il benessere fisico ad ogni età, il cui consumo, in un’alimentazione varia ed equilibrata, si associa ad effetti neutri o favorevoli sul rischio delle principali patologie degenerative: come le malattie cardiovascolari, alcuni tipi di tumori e il diabete.

“Con la realizzazione di questo documento di consenso – spiega Andrea Poli, presidente di NFI – colmiamo una lacuna di carattere scientifico sul tema delle carni avicole e sul loro ruolo nell’ambito di una corretta alimentazione. Il documento conferma come le carni avicole siano caratterizzate da un profilo nutrizionale decisamente favorevole: gli studi epidemiologici che abbiamo analizzato mostrano come un adeguato consumo di carni di pollo, in associazione ad una dieta ricca di vegetali, con un apporto moderato di grassi, e ad uno stile di vita attivo, possa facilitare il mantenimento del giusto peso corporeo, con effetti complessivamente neutri o favorevoli sul rischio delle principali malattie degenerative tipiche della nostra società”.

“Ma il livelli di consumo di queste carni – aggiunge Poli – sono tuttora contenuti nel nostro Paese: un loro impiego più ampio, nell’ambito di una corretta alimentazione, con un apporto adeguato di proteine, sia vegetali che animali, consentirebbe un miglioramento della qualità complessiva della dieta nella popolazione italiana”.

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Il profilo nutrizionale delle carni avicole, infatti, comprende una componente proteica definita “nobile” che presenta cioè tutti e nove gli amminoacidi essenziali che l’uomo non è in grado di sintetizzare e che deve assumere attraverso la dieta. Hanno poi un basso contenuto di grassi (dall’1 al 9% a seconda dei tagli e della presenza della pelle) e sono soprattutto mono e polinsaturi. Contengono inoltre vitamine e minerali.

Anche per la salute, conclude il documento NFI, le carni avicole svolgono un ruolo neutro o addirittura positivo: esclusa qualsiasi correlazione tra l’assunzione di pollame e la mortalità per cause cardiovascolari, anzi consumare carni avicole, in alternativa ad altre fonti proteiche, potrebbe rappresentare una strategia utile per controllare il rischio coronarico. Esclusa inoltre ogni relazione tra il consumo di carni avicole e lo sviluppo della malattia diabetica di tipo 2, così come il consumo di carni bianche è stato associato a una riduzione del rischio di alcuni tumori.

Infine le carni avicole, secondo il documento, sono un alimento ideale per bambini, donne in gravidanza, anziani e sportivi.

Alla elaborazione del documento hanno collaborato alcuni dei principali rappresentanti della comunità clinica e nutrizionale italiana.

Panificio Panì presenta Insieme, la nuova linea senza glutine e lattosio

Panificio Panì – azienda del Gruppo Alimentare Ambrosini, specializzata nella produzione di panificati – lancia la nuova linea di prodotti da forno freschi INSIEME, Bontà Senza Glutine, per tutti.

Il primo prodotto della linea INSIEME è il pane fresco senza glutine e senza lattosio, rivolto a un target allargato di celiaci e di persone alla ricerca di un pane fresco, buono e salutare.

Commercializzato in una confezione da due panini da circa 160 gr, il pane senza glutine di PANÌ è proposto in un packaging adatto a far respirare il prodotto, in carta e in cellulosa con finestra trasparente che mostra il contenuto ma che, al tempo stesso, ne impedisce la contaminazione. La

nuova linea comprende anche PanFette, già tagliato a fette. Il pane fresco di PANÌ viene confezionato in una camera bianca predisposta ad hoc nel nuovo stabilimento dedicato alla produzione di prodotti gluten free, e consegnato quotidianamente nei principali punti vendita della grande e media distribuzione, in contenitori di plastica di materiale lavabile, perforati e muniti di copertura a chiusura con fondo non bucato.

Il lancio del nuovo prodotto è stato messo a punto dal Panificio PANÌ dopo due anni di studi e ricerche che hanno portato alla creazione della giusta miscelazione in grado di soddisfare i rigidi criteri richiesti dalla certificazione di alimenti e di garantire anche una buona texture, una palatabilità gradevole e un prodotto buono e gustoso, come richiesto dai consumatori.

Il pane fresco di PANÌ è in vendita da aprile 2015 presso la GDO. La linea INSIEME si completata di due nuove varianti:  focaccia e pizza.

Dagli USA la conferma del valore del cibo italiano: intervista a Pray di Kroger

Sono stati oltre 78 mila i visitatori dell’edizione di Tuttofood che si è chiusa oggi, con un incremento del 40,8% rispetto alla precedente edizione e del 78,7% per quanto riguarda i visitatori esteri.

Rilevante è il fatto che  2.100 top buyer internazionali selezionati hanno incontrato i 2.838 espositori, di cui 433 esteri, in rappresentanza di 7.000 marchi, in 11.790 appuntamenti prefissati tramite l’agenda online Expo Matching Program. Tanto da far dire al neo amministratore delegato di Fiera Milano Corrado Peraboni che “Tuttofood è ‘lo’ strumento per eccellenza per l’ulteriore internazionalizzazione dell’agroalimentare italiano. Grazie a Tuttofood, moltissime aziende medio-piccole di qualità hanno avuto accesso a mercati dove molto difficilmente avrebbero potuto farsi conoscere in altro modo. L’obiettivo dei 50 miliardi di export è sempre più alla portata del sistema food e noi stiamo facendo la nostra parte”.

Una survey qualitativa condotta proprio sui top buyer internazionali durante la manifestazione rivela che i prodotti italiani sono richiesti nel mondo, oltre che per l’appeal della nostra enogastronomia, anche perché hanno reputazione di prodotti naturali, sicuri e di qualità. Tra i mercati emergenti, indiani e cinesi sono i più sensibili al valore aggiunto di ingredienti all-Italian mentre i consumatori medio-orientali apprezzano soprattutto la naturalità. La ricerca della specialità originale e poco nota è invece il pallino di americani e nordeuropei.

Questo forte interesse per il cibo italiano è confermato da questa testimonianza di Kennet Pray, director di Kroger (2619 supermercati e 786 conveniente store negli Stati Uniti) per il quale i food lover americani sono fortemente atterrati dal cibo italiano, che è accessibile e semplice e, soprattutto la clientela upscale è alla costante ricerca di specialità di qualità.

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