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L’EDI resiste alla pandemia e si prepara alla volata del post Covid

Il 2020 ha allargato il divario tra le aziende “digitali” reattive ai cambiamenti e quelle non digitali impreparate alla disruption causata dalla pandemia e ha visto una sostanziale tenuta dell’Electronic Data Interchange (EDI) e una crescita nel numero delle aziende utilizzatrici dell’EDI a standard GS1, che sfiorano quota 8 mila (+4% rispetto al 2019) per un totale di 67.896.711 messaggi scambiati (+5%), mentre aumentano anche l’intensità e la profondità di utilizzo dello scambio elettronico dei dati. La conferma arriva dalla nuova edizione del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia”, che GS1 Italy realizza annualmente in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano.

«Il Monitoraggio rileva lo stato di salute e di diffusione dell’EDI. Le aziende che lo adottano nella digitalizzazione dei processi ne consolidano l’utilizzo di anno in anno, aumentando il numero di documenti scambiati e il tipo di messaggi» spiega Massimo Bolchini, standard development director di GS1 Italy.

Il dato delle imprese che adottano l’EDI in Italia è stabile rispetto al pre-pandemia – 19 mila nel 2020, scambiando 252 milioni di documenti (+5% vs 2019) – ed è legato prevalentemente al fatto che molti operatori, obbligati alla fatturazione elettronica, hanno scelto di utilizzare solo il flusso per il sistema d’interscambio (SdI, gestito dall’Agenzia delle Entrate) senza sovrapposizioni con il flusso EDI. Le fatture, infatti, pur continuando a rimanere il primo documento scambiato, calano a 50 milioni di unità (-1% rispetto al 2019), dopo due anni in cui si sono attestate sui 55 milioni. In crescita sono invece tutti gli altri documenti: ordini +6%, conferme d’ordine +28%, DESADV (avviso di spedizione) +12%, altri documenti (come inventory report, anagrafiche di prodotto, documenti logistici) +8%.

Il largo consumo e l’EDI a standard GS1
Nel 2020 il largo consumo si è confermato come il settore più strategico per la crescita della digitalizzazione dei processi e delle relazioni tra le imprese. Per la prima volta è stato il primo settore nell’e-commerce B2B e ha consolidato il primo posto nell’utilizzo dell’EDI, con il 63% delle 19 mila imprese connesse.

Nel corso del 2020 è tornato a crescere il numero delle aziende utilizzatrici dell’EDI astandard GS1. Più nel dettaglio, le aziende che nel 2020 hanno scambiato messaggi EDI a standard GS1 sono state 7.817, in crescita di +4% sul 2019. Il 45% di queste aziende fa parte dell’ecosistema Euritmo, la soluzione web-EDI studiata da GS1 Italy: di queste 3.506 imprese, 3.207 sono produttori, 291 distributori e 8 operatori logistici. Sono state 997 le aziende che hanno usato Euritmo per la prima volta (28% del totale) e quattro i messaggi di ingresso nel circuito più gestiti: al primo posto la fattura con il 48% del totale, seguita da ORDERS (ordini, 36%), ORDRSP (la conferma d’ordine, 8%) e il DESADV (avviso di spedizione, 6%).

Nel 2020 è cresciuto anche il numero dei messaggi in standard GS1 EDI scambiati, arrivati a quota 68 milioni (+5% sull’anno precedente). Di questi: 32,2 milioni sono quelli scambiati internamente al circuito Euritmo.

Entrando nel dettaglio dei messaggi GS1 EDI gestiti, la fattura si conferma top performer tra i documenti base, con 15,59 milioni di messaggi scambiati. Seguono l’inventory report (il messaggio contenente le informazioni sulle giacenze di magazzino e su livelli di stock target o pianificati), in diminuzione a 13,16 milioni (-5%), e il DESADV, che ha segnato una battuta di arresto probabilmente a causa del lockdown e dei successivi decreti governativi che hanno imposto uno stop alle vendite in diversi comparti merceologici, in particolare nel Non Food, interrompendo di fatto le relazioni commerciali e la catena di fornitura relativa.

Più in generale, si evidenzia il rapporto esistente tra performance aziendali e il digitale: il 45% delle imprese italiane che avevano adottato almeno una tecnologia per la digitalizzazione dei processi prima dell’ondata pandemica ha ottenuto fatturati stabili o in aumento, mentre l’81% di quelle che non avevano ancora fatto nulla hanno registrato fatturati in calo. Secondo i dati dell’ “Osservatorio Digital B2b” della School of Management del Politecnico di Milano, la pandemia ha spinto il 48,8% delle imprese italiane a dare impulso a nuovi progetti di digitalizzazione e i contributi previsti dal PNRR per l’innovazione saranno un’ulteriore leva per spingere a un’adozione del digitale a supporto dei processi B2B.

«Considerato che il 2020 è stato un anno straordinario per l’emergenza pandemica, riteniamo che 8 mila imprese che scambiano messaggi EDI secondo gli standard globali GS1 non siano poche» commenta Massimo Bolchini, standard development director di GS1 Italy. «Come GS1 Italy stiamo attivando il lancio dell’EDI nella logistica affinché l’impiego di questi strumenti secondo gli standard globali possa ottimizzare la spedizione di merci evitando errori e rallentamenti e migliorando l’efficienza del processo. GS1 Italy sta lavorando anche alla creazione di una piattaforma unica che consentirà alle aziende di gestire i processi di spedizione e consegna in maniera automatizzata, secondo regole comuni, aperte e basate sugli standard globali».

Il rilascio di nuove tipologie di documenti è infatti un segnale positivo del continuo utilizzo degli strumenti EDI, testimoniato anche dal fatto che sono sempre di più le aziende interessate a soluzioni EDI secondo gli standard GS1 appartenenti anche a settori non tradizionali. È il caso dell’impulso proveniente dal Foodservice, che ha richiesto la disponibilità del messaggio PARTIN (anagrafica delle parti), che riguarda gli indirizzi dei punti vendita e consente di inviare le loro anagrafiche per la gestione delle consegne e della fatturazione. «Un risultato positivo che premia il ruolo svolto da GS1 Italy come facilitatore per le imprese maturato all’interno del progetto specifico rivolto a migliorare l’efficienza dell’intero settore Foodservice attraverso l’adozione di standard globali», conclude Bolchini.

Sul sito web di GS1 Italy è possibile scaricare l’edizione 2021 del “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia” e trovare approfondimenti su GS1 EDI ed Euritmo.

Cosa e dove compreremo nei prossimi mesi? L’indagine di Osservatorio Non Food

La campagna vaccinale avanza, l’emergenza sanitaria si alleggerisce e il Coronavirus inizia a fare meno paura. Ma le conseguenze sugli italiani di quanto accaduto a partire dal marzo 2020 sono ancora pesanti. E sono in continua evoluzione, tanto che gli effetti sulla propensione ai consumi e sulla scelta di dove fare acquisti proseguiranno nei prossimi mesi del 2021, con strascichi anche nel 2022. Sono le evidenze emerse da un’indagine condotta da Metrica Ricerche per conto dell’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy a maggio 2021. La rilevazione sul sentiment dei “consumatori Non Food”, in termini di evoluzione dei comportamenti di acquisto (anche digitali) e di visita alle varie location commerciali e ai singoli punti vendita, arricchisce la nuova edizione del report di GS1 Italy ed è stata avviata con l’obiettivo di comprendere se e quanto queste dinamiche stiano diventando strutturali e come potranno evolvere anche in un prossimo futuro di auspicata “normalità”.

«L’analisi realizzata per l’Osservatorio Non Food evidenzia che gli effetti della pandemia si faranno sentire anche nei prossimi mesi, sia sulla propensione agli acquisti sia sulle scelte dei canali dove comprare i prodotti non alimentari» anticipa Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Oltre sei consumatori su dieci si dicono preoccupati dalle conseguenze economiche e sociali dell’emergenza sanitaria. Quanto alle scelte di dove fare shopping, fra il 30% e il 40% degli intervistati dichiara che porrà più attenzione, cercando punti vendita ritenuti più sicuri per la propria salute oppure aumentando il ricorso a internet, cercando anche di trovare i prezzi migliori».

Tra gli intervistati, il gruppo più numeroso è quello di coloro che si dichiarano abbastanza preoccupati per la situazione economico-sanitaria (44%) e che, per questo, cercheranno di acquistare limitatamente i prodotti non alimentari di cui avranno esigenza, posticipando o annullando gli acquisti ritenuti superflui. Un altro 37% degli intervistati non si dice preoccupato e ritiene che riprenderà ad acquistare prodotti Non Food secondo le solite abitudini. E nel 15% dei casi aumenterà lo shopping, in particolare nell’area del “fai da te”. Il restante 19% del campione è in stato di allarme e, quindi, si dice intenzionato a limitare gli acquisti di prodotti non alimentari nella seconda parte del 2021, principalmente riducendo gli atti di acquisto e poi cercando canali e punti vendita con più promozioni. In un caso su tre rinuncerà agli acquisti, rinviandoli al 2022.

Le conseguenze dell’emergenza sanitaria e le preoccupazioni economiche di buona parte degli italiani continuano a influenzare anche le scelte sui canali di acquisto, ma meno che negli scorsi mesi: se un anno fa era circa il 50% dei consumatori ad aver cambiato i canali e i punti vendita dove fare spesa, ora la percentuale di chi intende farlo nei prossimi mesi è scesa al 30-40%, con punte più alte negli elettrodomestici e nei prodotti di telefonia/informatica, e valori più bassi nell’ottica. La ricerca di store fisici più sicuri per la salute (rispetto delle normative, pulizia e igiene, distanziamenti, ecc.) varia dal 18% al 28% a seconda dei settori ed è sopramedia nei grandi elettrodomestici, nel brico e negli articoli per la casa. Anche la frequentazione dei centri commerciali continuerà a essere influenzata dalla situazione contingente. Il 40% dei visitatori abituali dichiara un possibile calo della frequenza con cui sono soliti andarci, e oltre un terzo è intenzionato a ridurla in modo deciso. Invece un altro 54% dice di non voler cambiare le proprie abitudini nei prossimi mesi riguardo ai centri commerciali e un 6% afferma di volerli visitare più spesso. Le motivazioni? Maggior preferenza per i luoghi all’aperto (46%), timore di dover fare troppe file (33%) e dubbi sulla loro sicurezza sanitaria (27%). Quindi sarà cruciale per gli operatori comunicare il livello di sicurezza dei contenitori commerciali, agevolare modalità di fruizione nuove/ibride come il click & collect e valorizzare la loro funzione sociale.

Nel post pandemia hanno avuto una decisa accelerazione gli acquisti online di prodotti del Non Food. E il trend continua a confermarsi anche nella seconda parte del 2021, visto che gli intervistati dichiarano di voler mantenere, se non aumentare, questa abitudine. Il 40-50% del campione afferma che aumenterà i propri acquisti su internet per quasi tutte le categorie di prodotti Non Food. Una tendenza forte soprattutto nei settori ormai divenuti appannaggio dell’e-commerce, come libri, giocattoli, tecnologia (elettronica e telefonia/informatica) e attrezzature sportive. La quota più bassa di intenzione di fare acquisti online (33%) riguarda piccoli e grandi elettrodomestici per la maggior propensione a tornare nei negozi fisici, anche per avvalersi dei consigli dei venditori nei reparti specializzati.

Riciclo delle confezioni: lo studio dell’Osservatorio Immagino

“È una confezione riciclabile?”: quale consumatore non si è posto questa domanda nel momento in cui si è trovato a mettere nella raccolta differenziata la confezione di un prodotto alimentare o di un detersivo? La risposta arriva dagli oltre 36 mila prodotti di largo consumo che presentano in etichetta le indicazioni sul livello di riciclabilità del packaging. Il dato emerge nell’ultima edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, che ha rilevato le informazioni presenti sulle etichette di oltre 120 mila prodotti, che concorrono all’82,6% del fatturato di supermercati e ipermercati in Italia.

«Rispetto a giugno 2020, la quota dei prodotti di largo consumo che danno indicazioni sulla riciclabilità del packaging è aumentata di quasi 3 punti %, arrivando a coinvolgere il 30,1% delle referenze rilevate dall’Osservatorio Immagino» afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Un chiaro segnale di quanto le aziende siano attente alle esigenze di informazione del consumatore e di come la sostenibilità sia sempre più anche un tema da comunicare ai clienti finali. Ma resta ancora molto da fare. Un esempio significativo è quello delle confezioni in vetro, materiale riciclabile al 100%, ma su cui spesso questo aspetto viene dato per scontato e non viene, quindi, esplicitato in etichetta».

Surgelati e gelati sono le categorie merceologiche dove l’etichetta sul grado di smaltimento delle confezioni è più diffusa (si trova sul 50,3% delle referenze), seguiti da ortofrutta (46,4%), mentre bevande (17,7%), petcare (16,4%) e prodotti per la cura personale (15,3%) sono quelli a minor tasso di diffusione. L’83,4% degli oltre 36 mila prodotti rilevati dall’Osservatorio Immagino che forniscono esplicite indicazioni sul livello di riciclabilità delle loro confezioni è venduto in packaging totalmente o largamente riciclabili. Con punte sopra al 90% nei reparti ortofrutta, cura casa e bevande. Rispetto all’anno finito a giugno 2020, questa quota è aumentata di +0,8%, mentre è diminuita di -0,4% l’incidenza delle referenze vendute in confezioni non riciclabili, scese al 5,3% della numerica totale.

Ma quanto pesano effettivamente sul volume della spesa i packaging che indicano la sostenibilità dell’imballaggio? Partendo dalla composizione del carrello medio (fatto per circa il 50% dai prodotti delle 20 marche top e dalle private label), l’Osservatorio Immagino ha calcolato il dato ponderato sulle vendite per numero di confezioni. Risultato: il 74,7% delle confezioni di prodotti a marca del distributore vendute in supermercati e ipermercati spiega quanto sia riciclabile il packaging. Il dato è migliorato di +2,1 punti % rispetto all’anno finito a giugno 2020. Per le 20 imprese top,l’incidenza sulla numerica delle confezioni è inferiore (53,3%), ma il trend di crescita è decisamente più brillante (+9,2% annuo). Le aziende follower si fermano al 40,4% del numero delle confezioni vendute (-1,7%) e i fornitori minori al 22,3% (+2,6%).

Nella classifica dei comparti merceologici in base al numero di confezioni vendute, la pasta si conferma al primo posto davanti a pane e sostitutivi, prodotti da forno e cereali. A chiudere la classifica sono stati ancora una volta le bevande alcoliche (come vino, birra e champagne/spumanti) e il cura persona (come profumeria e cosmetica).

L’Osservatorio Immagino ha voluto approfondire anche come sono composti i packaging utilizzati nel mondo dei prodotti di largo consumo. Nel 47,0%dei casi si tratta di confezioni monomateriale (-1,5% rispetto alla rilevazione precedente) che per quasi il 90% sono totalmente o largamente riciclabili. Il 51,5% delle referenze è venduto in packaging composti da diversi materiali (+1,5%) e via via che aumenta il numero dei materiali utilizzati diminuisce la quota di quelli riciclabili. Ortofrutta e petcare sono le aree merceologiche in cui il packaging monomateriale è più diffuso (rispettivamente 74,9% e 71,0% delle referenze), mentre la drogheria alimentare è quella con il maggior utilizzo di confezioni plurimateriali (52,6%).

Cosa ci ha lasciato in eredità il 2020? Il report di Osservatorio Non Food

Niente è più come prima. La pandemia ha sparigliato le carte e riaperto i giochi nel mondo dei prodotti non alimentari di largo consumo, determinando acquisti in pesante calo in alcuni settori merceologici e formati distributivi, ma anche spingendo lo sviluppo di altri prodotti e canali commerciali. Impossibile, quindi, pensare al futuro del Non Food senza approfondire, con la giusta distanza e la necessaria base numerica, quel che è successo in Italia nell’anno clou della pandemia. A riepilogarlo, raccontarlo e “misurarlo” è l’Osservatorio Non Food 2021 di GS1 Italy, che offre un patrimonio informativo unico perché rappresenta l’intero universo dei consumi extra alimentari sia sul fronte della domanda sia dell’offerta, dall’andamento degli acquisti all’evoluzione della rete commerciale, fisica e virtuale.

«Il 2020 è stato un anno caratterizzato dal protrarsi dell’emergenza legata al Coronavirus, che, attraverso chiusure forzate e timori sanitari, ha modificato molte abitudini di consumo soprattutto per i prodotti non alimentari» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Il Non Food ha subito un forte rallentamento in quasi tutti i comparti, ma alcune famiglie di prodotti hanno visto un’accelerazione delle vendite, altri una reale rinascita. Anche le modalità di acquisto sono cambiate. L’e-commerce è diventato il canale preferenziale, benché i negozi fisici siano rimasti un punto di riferimento insostituibile per molte tipologie di prodotti non alimentari. Alla luce di quanto accaduto nel 2020, qualcosa andrà ripensato nel grande mondo del Non Food, perché la realtà mutata con cui il consumatore ha dovuto fare i conti durante la pandemia ha lasciato una traccia profonda, spesso arricchita anche da una nota di soddisfazione, esperienziale e personale, nel confrontarsi con le nuove tecnologie digitali».

Le novità dell’edizione 2021 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy
L’Osservatorio Non Food offre una visione unica di un anno di pervasiva discontinuità, qual è stato il 2020, perché integra, sistematizza e correla le rilevazioni effettuate da diverse fonti con la ricerca sul punto di vista del consumatore svolte da Metrica/TradeLab. Per monitorare in modo sempre più efficace il ruolo della distribuzione moderna (specializzata e non) nei 13 principali comparti merceologici del comparto non alimentare monitorati, la nuova release dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha potenziato il monitoraggio dei canali di vendita, rendendo visibile separatamente il canale degli acquisti online, e ha ampliato il censimento della rete dei gruppi della distribuzione moderna specializzata non alimentare. Maggiore spazio è stato dedicato all’approfondimento dell’e-commerce ed è stata introdotta l’analisi sull’utilizzo dei social network da parte delle principali insegne della distribuzione non alimentare come strumento di comunicazione. L’edizione 2021, la diciannovesima da quando è nato quest’Osservatorio, non poteva non approfondire l’impatto dell’emergenza Covid-19 sui consumatori. Per questo è stata condotta un’analisi del sentiment degli shopper di prodotti non alimentari finalizzata a monitorare i comportamenti di acquisto e di scelta del canale commerciale, e a comprendere se e quanto queste dinamiche stiano diventando strutturali.

2020: meno consumi, più povertà
Dopo anni di dinamica positiva, seppur molto lenta, i consumi delle famiglie (dato Istat a valori correnti) hanno registrato una pesante flessione (-11,8%) che sintetizza la grave crisi economica determinata dalle conseguenze della pandemia.

2020: un anno “bipolare” per l’universo Non Food. Chi scende, chi sale
Nel 2020 i 13 comparti monitorati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy – che esclude i servizi Non Food e alcuni comparti minori compresi dall’Istat – hanno ottenuto 93,5 miliardi di euro di vendite, in calo di -9,5% rispetto al 2019. Questo risultato ha interrotto bruscamente l’andamento positivo, seppure lento, degli anni precedenti e il trend crescente di medio periodo, che, fino al 2019, aveva rispecchiato un clima di fiducia titubante, ma comunque positivo, grazie al processo di sostituzione di alcuni prodotti caratterizzati da tecnologie e design innovativi. Nel 2020 questo fenomeno di “upgrading” tecnologico domestico si è fermato e la rinuncia agli acquisti ha accomunato ben 11 dei 13 comparti merceologici rilevati nell’Osservatorio Non Food. Gli unici due ad aver chiuso il 2020 con una crescita delle vendite sono stati l’edutainment (il settore che raccoglie tutti i prodotti destinati alla formazione e all’intrattenimento, come film, libri, videogiochi e supporti musicali), avanzato di +9,4% sul 2019, e l’elettronica di consumo (che raccoglie telefonia, hardware, elettrodomestici, fotografia, multimedia storage) che ha ottenuto un +6,3% rispetto all’anno precedente. Tra gli 11 comparti merceologici in calo annuo, la forbice della riduzione del sell-out è stata piuttosto ampia, spesso a due cifre, con valori che vanno dal -2,0% dei prodotti di automedicazione al -17,5% degli articoli per lo sport. Il crollo più pesante del 2020 è stato quello di abbigliamento e calzature: non solo perché ha avuto il maggior calo percentuale degli acquisti (-26,5%) di tutto il Non Food, ma anche perché ha perso il maggior incasso in termini assoluti, vista la sua leadership storica per giro d’affari. Nel 2020 l’elettronica di consumo ha superato il mondo dell’abbigliamento e calzature diventando il comparto più importante nel Non Food per valore delle vendite.

2020: Factory Outlet, e-commerce e prossimità: la rete vendita si riconfigura
A fine 2020 la distribuzione moderna non alimentare contava in Italia 29 mila punti vendita appartenenti a poco meno di 300 gruppi (specializzati e despecializzati) presenti in 20 differenti comparti merceologici. L’Osservatorio Non Food li ha raccolti in sei tipologie di agglomerati commerciali, di cui cinque hanno chiuso l’anno con una rete vendita in calo: agglomerati centrali urbani, centri commerciali, parchi commerciali, aree urbane periferiche, nei luoghi di passaggio e di traffico (come stazioni e aeroporti). Unico agglomerato ad aver chiuso il 2020 con un aumento del numero dei negozi sono i Factory Outlet (+0,7%). Nel 2020 l’e-commerce ha avuto un balzo importante, avvicinando anche molti consumatori tradizionali che non avevano mai usato il canale virtuale. Le vendite via web sono risultate in crescita, sia per giro d’affari che per quota di mercato, in 12 dei 13 comparti analizzati dall’Osservatorio Non Food (unica eccezione i prodotti per la fotografia). Il risultato più eclatante è stato quello nell’elettronica di consumo dove l’e-commerce è stato il canale di vendita a maggior crescita annua in termini di fatturato (+55,5%) e di market share (26,0%).

L’altro fenomeno commerciale del Non Food nel 2020 è stata la forte crescita delle forme di distribuzione alternativa: le vendite a domicilio o per corrispondenza e di quelle realizzate nei distributori automatici e nell’e-commerce sono aumentate a valore del 13,9% rispetto al 2019.
Nel 2020 un consumatore su due ha affermato di aver cambiato permanentemente le proprie abitudini di spesa in seguito alla pandemia: se ne sono avvantaggiati soprattutto le forme di commercio di prossimità e l’e-commerce. I lockdown hanno fortemente penalizzato i centri commerciali, ora chiamati a riposizionarsi come luoghi di ristoro ed entertainment e non solo di shopping. La ricerca di comodità e convenienza, che restano driver importanti nel Non Food, uniti alla ricerca di una qualità accessibile, gioca a favore dei Factory Outlet e dei parchi commerciali. Così come il perdurare dello smart working, con la maggior presenza dei consumatori nei centri minori e nelle periferie urbane, può rappresentare un’occasione di rilancio per le polarità commerciali extraurbane.

Certificazione IFS Food, nuovi obblighi all’orizzonte

Dal 1° luglio 2021 le aziende che necessitano della certificazione IFS Food (secondo la versione 7 di questo standard), utile per lavorare con i retailer internazionali e garantire sicurezza e tracciabilità dei prodotti alimentari, dovranno dotarsi di un codice GS1 GLN  per ogni stabilimento di propria competenza.

Cos’è il GLN?

Il GLN (Global Location Number) è nato per identificare in modo univoco le aziende come entità legali e per molti importanti utilizzi, come lo scambio elettronico dei documenti, l’allineamento elettronico delle informazioni di prodotto, l’adesione a circuiti di pagamento e la tracciabilità dei prodotti.

Come si ottiene il GLN in Italia?

Basta rivolgersi a GS1 Italy, l’unica organizzazione che rilascia i codici GS1 GLN nostro Paese

Le aziende che usano i codici a barre GS1 (ex EAN) per i loro prodotti hanno già a disposizione i codici GS1 GLN e, se dotate di un prefisso aziendale GS1, possono assegnare fino a 1.000 GLN differenti ad altrettanti stabilimenti aziendali. Alle imprese che non usano i codici a barre, invece, GS1 Italy propone il noleggio dei codici GS1 GLN necessari per le loro attività.

GS1 Italy si occupa anche dell’iscrizione dei codici GLN nel registro internazionale Gepir di GS1, anch’essa richiesta a partire dal 1° luglio 2021 per la certificazione IFS.

Tutti i numeri GS1 GLN rilasciati da GS1 Italy vengono automaticamente pubblicati nel Gepir, la banca dati internazionale che consente a tutti di risalire all’azienda proprietaria di uno stabilimento o di un brand partendo dal codice GLN rilasciato a prodotti o luoghi aziendali.

 

Nasce Circol-UP, il tool di GS1 Italy per l’economia circolare

Nasce Circol-UP, lo strumento messo a punto da GS1 Italy – con la partecipazione dell’Istituto di Management della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa – per aiutare le aziende del largo consumo nel loro percorso di sviluppo della circular economy.

Parliamo infatti di check-up tool che consente alle aziende di misurare e di identificare le opportunità̀ per massimizzare la circolarità̀ dei processi produttivi, della filiera e dei prodotti

“Circol-UP è stato sviluppato per fornire alle singole aziende un feedback riguardo la valutazione del loro livello di circolarità e per evidenziare le azioni che potrebbero intraprendere per adottare un modello di business circolare, innovativo e competitivo” – afferma Silvia Scalia, ECR Italia e training director di GS1 Italy. “Con questo progetto GS1 Italy vuole sensibilizzare le aziende italiane sull’importanza di misurare la propria performance di circolarità e contribuire così al raggiungimento degli obiettivi 12 e 17 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta in sede ONU”.

Il tool è stato ideato e sviluppato da un apposito gruppo di lavoro, creato da GS1 Italy nel 2018, a cui hanno partecipato 19 aziende: 3M Italia, Artsana, Barilla, Carlsberg Italia, Colgate-Palmolive, Conad, Coop Italia, Decathlon Italia, Eridania Italia, Fater, Ferrarelle, FGH PRS Management, Marchesi Antinori, Mondelez Italia, Panzeri Diffusion, Parmalat, Sammontana, Sanpellegrino, Simpool.

Circol-UP prende in esame tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto (ossia approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, consumo e gestione rifiuti) ed è stato adattato alle specificità degli operatori di tre diversi settori:

  • Alimentari e bevande.
  • Cura persona e cura casa.
  • Retail.

Grazie a questa serie di indicatori l’azienda potrà identificare in maniera autonoma le aree in cui performa meglio e quelle in cui può migliorare la performance di circolarità.

Category management: pareri a confronto

Di Category management si parla da anni, ma qual è oggi lo stato dell’arte?

Il tema è stato trattato nel corso dell’incontro “Category management ieri, oggi e domani” organizzato da GS1 Italy, mettendo a confronto le testimonianze dirette di Aspiag, Barilla e Peroni.

“Partendo dai risultati del report internazionale “Category Management Yesterday, Today & Tomorrow”, abbiamo voluto costruire un piano di attività finalizzate a divulgarne i contenuti, raccontando – e facendo raccontare direttamente alle aziende – come sta cambiando l’approccio al Category management” – spiega Silvia Scalia, ECR and training director di GS1 Italy. “Da sempre la missione della nostra organizzazione è quella di contribuire all’efficienza del sistema nella gestione e nel trasferimento dei dati. Abbiamo il compito di abilitare un nuovo modo di dialogare con il consumatore, grazie alla capacità degli standard GS1 e delle soluzioni GS1 Italy di rendere disponibili tutte le informazioni che servono per instaurare un rapporto continuativo e di fiducia con il consumatore online e nel mondo fisico”.

Come hanno ricordato Brian Harris e Luc Demeulenaere, i due esperti internazionali intervenuti nell’incontro, negli ultimi 10 anni il focus si è spostato da prezzo, assortimento e layout dello scaffale, a un più complesso sviluppo di promozioni, store format, strategie omnicanale, fino all’emergere di nuovi driver che ruotano intorno a valori importanti come salute, sicurezza, ecologia, globalizzazione, convenienza: valori su cui hanno influito fortemente tanto l’ondata pandemica quanto i suoi impatti sull’economia, rendendo ancora più rilevante per il futuro il ricorso ad una precisa segmentazione e alle nuove tecnologie di intelligenza artificiale per capire e rispondere alle esigenze dei consumatori.

“Oggi il Category management si sta confermando l’approccio di riferimento per il marketing collaborativo nella filiera del largo consumo a livello mondiale”-  ha detto Antonella Altavilla, owner di ADF consulting. “Il futuro lo proietta in spazi di applicazione sempre più ampi, delineando nuove opportunità di collaborazione a valore aggiunto per l’Industria e la Distribuzione. A caratterizzarle saranno una ‘tailorizzazione’ più marcata e la sostenibilità dell’offerta omnicanale di prodotti e servizi mirata a specifici target di clienti”.

“È importante che Industria e Distribuzione migliorino la loro capacità di sviluppare e di condividere nuove visioni di categoria in un’ottica strategica – è stata la conclusione di Brian Harris. Anche la capacità di segmentare e coinvolgere specifici target di consumatori sarà fondamentale: è necessaria una visione integrata e olistica delle persone, dei loro comportamenti, dei loro bisogni e dei loro valori. Infine, le nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale saranno imprescindibili per accedere ad una vasta quantità di dati e sviluppare una profonda conoscenza dei consumatori”.

Le testimonianze

Sull’evoluzione del Category si sono pronunciate le tre aziende convenute. Per Roberto Sinigaglia, organizzazione acquisti e business process manager di Aspiag, il Category “deve fondarsi su pilastri come strategia, capacità analitiche, capacità organizzative, information technology, misurazione delle performance. In ognuna di queste troviamo le ragioni che hanno frenato l’approccio e le cause principali del fallimento del Category management”.

Secondo Sinigaglia il Category management per Aspiag “continuerà a essere “shopper centric”, per creare valore alla categoria, aumentando la shopper exhibition. Il passaggio da product oriented a shopper oriented è un passaggio fondamentale che il retailer deve compiere in collaborazione con il fornitore “category captain” della categoria”.

Partendo dagli studi da cui emerge che la penetrazione è il principale driver di vendita e che ispirare le persone è fondamentale per l’acquisto, Barilla ha ideato un approccio di Category management che ha completamente ripensato la categoria “pasta meal” e l’ha declinato sulle specificità di ognuno dei tre paesi coinvolti (Italia, Francia ed Emirati Arabi Uniti). I risultati? In Italia e in Francia, la più chiara segmentazione dell’offerta ha migliorato sia la produttività sia la leggibilità degli scaffali, mentre negli Emirati Arabi Uniti è stata creata una nuova ambientazione degli scaffali, più interattiva ed emozionale, con cui il brand ispira i consumatori attraverso il fascino gastronomico dei piatti.

“Il consiglio per chi sta valutando di investire nel Category management è di partire da uno studio approfondito dei comportamenti degli acquirenti e sviluppare costantemente iniziative per i consumatori, che sono sempre alla ricerca di novità e di ispirazione. Inoltre, l’approccio omnicanale può permettere alla categoria di esprimere ancora un importante potenziale”- ha affermato Marco Greggio, key account category developer di Barilla.

Peroni, dal canto suo, ha sviluppato un nuovo progetto dedicato alla categoria “birra” nel canale supermercati e ipermercati italiani. Partendo dall’analisi delle ragioni del calo delle vendite, l’azienda ha deciso di focalizzarsi sui nuovi trend di consumo salutistici e sull’ottimizzazione dell’assortimento e della visibilità a scaffale, con il duplice obiettivo di invertire il trend delle vendite e di aumentare il closure rate degli acquirenti. Per questo ha proposto un’esposizione a scaffale che riflette i criteri di scelta del consumatore e che faciliti la selezione e il processo di acquisto dei clienti. Il risultato? Il Category management ha contribuito a migliorare il trend delle vendite complessive a valore e di quelle non in promozione e a riportare in positivo il segmento delle birre analcoliche. Ma ha anche fatto diminuire l’out-of-stock e crescere il closure rate degli acquirenti target.

“Per chi guarda al Category management, il consiglio è continuare a investire sull’analisi degli acquirenti e aggiornarla costantemente per cogliere le evoluzioni nel loro comportamento e sfruttare strumenti più interattivi per raggiungere i target di acquirenti chiave” – ha concluso Veronica Maggioni, national account manager di Peroni.

Il treno del digitale corre sui binari dell’EDI. Il monitoraggio di GS1 Italy

L’Italia ha preso il treno della digitalizzazione, tra i temi-chiave del 2021. E l’EDI (Electronic Data Interchange) è uno dei principali vettori del processo di digitalizzazione del paese. Sono 19 mila le aziende che finora hanno adottato l’EDI, condividendo in modo digitale 240 milioni di documenti in un anno. Ma sono ancora poche e sono concentrate in soli cinque settori (il 98% delle aziende appartiene a largo consumo, automobilistico, farmaceutico, elettrodomestici ed elettronica di consumo). Quindi, la maturità digitale nei processi business-to-business è ancora tutta da conquistare.

Trend dei messaggi GS1 Edi scambiati nel LCC nel periodo 2014-2019

Ma quali sono i vantaggi dell’EDI per le aziende?

Come emerge dal “Monitoraggio dell’uso dell’EDI nel largo consumo in Italia”, realizzato da GS1 Italy in collaborazione con la School of Management del Politecnico di Milano, uno dei plus principali è un importante taglio dei costi: un produttore, infatti, può risparmiare dai 3 ai 5 euro per ogni fattura, dai 10 ai 14 euro per ogni ordine ricevuto e fino a 42 euro a ciclo se completa la dematerializzazione di tutti i documenti del ciclo dell’ordine; mentre un retailer può risparmiare tra 4 e 6 euro per fattura, dai 5 ai 7 euro per singolo ordine emesso e fino a 23 euro a ciclo. Inoltre, l’EDI può essere implementato in modo semplice se si adottano sistemi user friendly e a misura di PMI, come Euritmo, la soluzione web-EDI studiata da GS1 Italy, già usata da 7.500 aziende italiane per lo scambio dei documenti commerciali. Ma i costi non sono tutto: anche la prassi operativa se ne avvantaggia dal momento che, adottando lo scambio elettronico dei documenti (EDI) le imprese possono: ridurre gli errori, velocizzare i pagamenti e i tempi di consegna, eliminare le attività a scarso valore aggiunto (come il data entry), azzerare controlli e verifiche manuali per tutte le transazioni commerciali, diminuire le rotture di stock e le scorte, ridurre i contenziosi, migliorare la tracciabilità dei prodotti, esportare i prodotti.

 

 

Category management: l’agenda di ECR e GS1 Italy per il 2021

Webinar, eventi e corsi di formazione: al via un piano di informazione e formazione su uno dei temi chiave del largo consumo: quello del category management.

L’obiettivo? Aiutare produttori e retailer a soddisfare le nuove esigenze del mercato “stressato” dal COVID-19.

Dovendo rispondere alle mutevoli esigenze del mercato, il Category management è infatti un modello in continua evoluzione e il suo successo è dettato anche dalla sua capacità di adattarsi ai cambiamenti dinamici che investono il mass market.

Per questo, in questa fase socio economica decisamente precaria, incerta e volubile, è giusto interrogarsi su come stia funzionando oggi.

La community internazionale di ECR – in Italia parte di GS1 Italy – intende dare una risposta con il progetto dedicato al Category management e rivolto alla business community del largo consumo per condividere con le aziende i contenuti e le best practice internazionali.

L’obiettivo è aumentare la conoscenza su questo tema e contribuire alla costruzione di una piattaforma europea a supporto delle aziende dell’Industria e della Distribuzione per aiutarle ad affrontare i cambiamenti che stanno investendo il mercato.

«Partendo dagli interessanti e stimolanti risultati del rapporto dedicato all’evoluzione del Category management adottato nel largo consumo che l’ECR community ha presentato a fine 2020, abbiamo costruito un piano di attività finalizzate a divulgarne i contenuti, raccontando – e facendo raccontare direttamente alle aziende – come sta cambiando l’approccio al Category management» spiega Silvia Scalia, ECR Italia and training director di GS1 Italy. «Accanto a un ciclo di webinar internazionali, abbiamo in programma un grande evento nazionale a marzo e abbiamo intensificato l’impegno sul fronte della formazione, attivando presso l’Academy di GS1 Italy nuovi corsi e percorsi dedicati al Category management».

16 febbraio: il webinar ECR Community

Proprio ECR Italia sarà protagonista, martedì 16 febbraio, alle ore 16.30, del webinar internazionale dell’ECR Community, in cui, dopo la presentazione della case history di Barilla, affronterà il tema del Category management omnichannel, con un focus sul passaggio dalle categorie di prodotti alle categorie di esigenze e desideri degli shopper. Il webinar è gratuito, previa iscrizione online.

30 marzo: l’evento GS1 Italy

Il 30 marzo sarà la volta di un evento organizzato da GS1 Italy per illustrare le soluzioni e le best practice in ambito ECR Italia e che vedrà la partecipazione di importanti aziende di Produzione e Distribuzione che presenteranno le loro esperienze.

Aprile: partono i corsi Academy

Quindi, a partire da aprile, prenderanno il via i corsi dell’Academy di GS1 Italy, con un percorso di webinar di approfondimento e condivisione dell’evoluzione delle diverse componenti del Category management per affrontare i cambiamenti nelle aspettative e nei comportamenti degli shopper e l’evoluzione dei canali di vendita per il presidio dell’omnicanalità. Ciascuno di questi webinar abbinerà la presentazione dell’approccio teorico supportato da casi di successo a esercitazioni pratiche in cui i partecipanti testeranno concretamente l’impatto dell’utilizzo dei modelli teorici presentati. I webinar potranno essere fruiti singolarmente in contesti multiclient o personalizzati in specifici percorsi aziendali, in funzione delle specifiche esigenze.

GS1 presenta un manuale operativo anti Covid

In che modo le aziende potranno affrotare le nuove sfide nate nell’era della pandemia? Dallo studio coordinato da ECR Italia con il supporto dei team di ricercatori di LIUC Università Cattaneo e Politecnico di Milano nasce  un “manuale operativo” che raccoglie, descrive e sistematizza le 360 iniziative anti-COVID messe in campo nel 2020 da produttori e retailer.

Il nuovo studio, presentato da GS1 Italy nel corso dell’evento online “COVID-19 nel largo consumo: vademecum per il new (ab)normal, mette in evidenza gli effetti della pandemia sui diversi processi delle aziende del largo consumo in Italia e “fotografa” le azioni messe in campo per garantire la catena di fornitura nonostante il momento di difficoltà.

Le pratiche adottate

Ecco alcune delle soluzioni adottate in Italia: prioritarizzazione dell’assortimento, razionalizzazione dei formati, rallentamento nel lancio di nuovi prodotti e riduzione della complessità. E ancora, attivazione di fornitori alternativi di materie prime, packaging e prodotti finiti, ma anche creazione di scorte strategiche e ricerca di soluzioni alternative per il trasporto e il magazzino. E poi snellimento degli iter decisionali e switch dinamico tra stabilimenti produttivi, magazzini e punti di consegna delle merci. Fino alla ridefinizione dei calendari e dei planning di lavoro e maggior ricorso al trasporto intermodale, senza dimenticare la volata della digitalizzazione, con l’aumento dell’EDI, della raccolta di ordini da remoto e dell’e-commerce. Ma, soprattutto, una maggiore collaborazione tra attori della filiera grazie al rafforzamento delle relazioni e alla condivisione delle informazioni per far fronte insieme alle conseguenze della pandemia sulla supply chain.

«Abbiamo voluto approfondire le reazioni delle imprese di produzione e distribuzione dal punto di vista dei processi di filiera» afferma Silvia Scalia, ECR and training director GS1 Italy «e studiare le iniziative e le buone pratiche introdotte per ridurre gli impatti derivanti dalla pandemia e per assicurare la disponibilità dei prodotti lungo la filiera. L’obiettivo pertanto è stato quello di raccogliere e capitalizzare le esperienze direttamente dalle aziende e metterle a fattor comune per creare una base di conoscenza diffusa riguardo alle soluzioni e agli approcci adottati e adottabili in queste situazioni».

«Abbiamo raccolto direttamente dalle aziende le iniziative e le soluzioni collaborative che hanno adottato a causa della pandemia per garantire la business continuity e abbiamo razionalizzato questo patrimonio di informazioni secondo categorie ragionate per facilitarne la consultazione, la diffusione e la condivisione» spiega Giuseppe Luscia, ECR project manager di GS1 Italy. «Dalla raccolta, dall’organizzazione e dalla sistematizzazione di queste informazioni è nato il Vademecum presentato oggi, che mettiamo a disposizione di tutto il sistema come patrimonio di conoscenze condivise e come “manuale” operativo a garanzia della continuità del business e della gestione del rischio».

Il panel delle aziende coinvolte in questa ricerca comprende 21 operatori:

  • Distribuzione: Bennet, Conad Adriatico, Conad Centrale, Conad Nord-Ovest, Coop Nord-Ovest, Esselunga.
  • Produzione: Barilla, Bauli, Bolton, Cameo, Coca Cola HBC, Fater, Ferrero, FHP di R.Freudenberg, Heineken, Kellog’s, Lavazza, Mondelez, Nestlé, Ponti e Unilever.

Complessivamente, dall’analisi dei 21 casi di studio è emerso che, per rispondere alle sfide imposte dalla pandemia, le imprese del largo consumo hanno adottato 360 iniziative diverse, pari a una media di 18 iniziative per impresa. Nel 41% dei casi sono state pensate nella fase pre-COVID, nel 47% sono state sviluppate durante le settimane cruciali del primo lockdown nazionale e nel 12% dei casi sono state intese per essere attivate dopo la prima ondata.

L’adeguamento alle nuove esigenze imposte dall’emergenza sanitaria ha comportato in media per le aziende, nel bimestre marzo-aprile 2020, un aumento del 2-5% dei costi logistici rispetto allo stesso periodo del 2019.

«Le soluzioni sviluppate dalle aziende hanno riguardato soprattutto la semplificazione dei processi logistici e la velocizzazione dei processi decisionali» spiegano Fabrizio Dallari e Alessandro Creazza, del Centro sulla logistica e supply chain management della LIUC Università Cattaneo. «I nuovi rischi emergenti hanno richiesto di introdurre ridondanze nei sistemi, aumentandone la flessibilità e la fungibilità e abilitando una pianificazione dinamica al variare delle condizioni al contorno. In questo contesto la collaborazione di filiera si è confermata elemento cardine per garantire gli approvvigionamenti ed aumentare la resilienza nei processi order-to-delivery e demand-to-supply».

Il team dei ricercatori ha sistematizzato queste 360 attività disegnando l’albero delle soluzioni per la business continuity (Figura 1) – descritto puntualmente nel Vademecum – in cui:

  • I tronchi rappresentano le 8 macro-categorie individuate.
  • I rami le 24 categorie di soluzioni.
  • Le foglie le 60 soluzioni operative adottate.

«L’80% delle aziende ha fatto leva su almeno 7 delle 8 macro-categorie individuate nello studio, mentre tra le 60 soluzioni ben 38 sono state adottate da tutte le imprese del campione, 19 sono state appannaggio delle aziende di produzione e 3 di quelle dei retailer» spiega Marco Melacini, professore di logistics management e direttore dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet” del Politecnico di Milano. «Se nell’immediato le dotazioni di health & safety hanno consentito di rispondere ai rischi sanitari, per il futuro sono sempre più necessarie nuove capability che consentano di fronteggiare le nuove sfide per la filiera del largo consumo».

L’albero delle soluzioni

Le 8 macro-categorie individuate dal Vademecum GS1 Italy sono:

  • Decomplexity: ridurre la complessità della supply chain, focalizzandosi sull’essenziale per utilizzare al meglio le risorse a disposizione (“Less is more”), ad esempio rivedendo l’assortimento per eliminare temporaneamente le referenze basso-vendenti oppure riducendo gli ordini relativi ad espositori, palbox o display pallet in favore di unità di carico standard non rilavorate.
  • Ridondanza: disporre di risorse aggiuntive/alternative da attivare in caso di necessità per assicurare la continuità delle operations (“Just in case”), ad esempio aumentando lo stock di prodotti alto-vendenti nel caso di emergenza o attivando dei fornitori alternativi di materie prime e packaging.
  • Streamlining: rivedere i processi di supply chain, specialmente in termini di decision making, per renderli più snelli e agili, operando “at the speed of relevance”, ad esempio riducendo la “burocrazia” o estendendo l’orario di ricevimento delle merci nei Ce.Di..
  • Dynamic Planning: modificare in real time le scelte logistiche relative all’utilizzo e all’allocazione delle risorse, per incrementare adattabilità e flessibilità (“It is not the strongest that survives”), ad esempio allocando gli stock in modo dinamico nei diversi nodi logistici del network o ridefinendo i quantitativi da distribuire ad ogni cliente per garantire la disponibilità di prodotto a tutti.
  • Fungibilità: aumentare la sostituibilità di articoli e sistemi produttivi, riducendo gli switching cost, per attivare rapidamente piani alternativi (“Design for resilience”), ad esempio standardizzando formati e confezioni dei prodotti destinati a mercati o canali differenti oppure allocando le produzioni su più siti alternativi in caso di necessità.
  • Collaborazione di filiera: adottare comportamenti virtuosi nelle relazioni di filiera a beneficio di tutti gli attori coinvolti, ad esempio avviando logiche di collaborative planning, condivisione delle previsioni di domanda e aumento della visibilità lungo la filiera oppure riducendo i tempi di pagamento dei fornitori.
  • Health & Safety: tutelare la salute e la sicurezza di dipendenti, fornitori e clienti per ridurre il rischio di contagio e garantire la capacità operativa (“Work hard, stay safe and make history”), ad esempio adottando tutti i sistemi di distanziamento oppure remotizzando e digitalizzando la raccolta degli ordini da parte della forza vendita.
  • New Capabilities: sviluppare competenze innovative per migliorare la capacità di affrontare le nuove sfide (“Bridging the future”), ad esempio introducendo sistemi automatici di gestione del magazzino, potenziando l’e-commerce oppure adottando sistemi di supporto alle decisioni alimentati con dati storici per simulare gli scenari distributivi e fare analisi “what-if”.

La sintesi della ricerca delle soluzioni è stata pubblicata nel Bluebook “Un vademecum per il next normal. Lesson learned post Covid-19 nella filiera del largo consumo” disponibile gratuitamente sul sito di GS1 Italy.

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