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Solo il 6,2% dei prodotti in GDO ha un packaging 100% riciclabile

La sostenibilità ambientale deve essere una priorità: e i pareri sono sempre più concordi su questo punto. Basti pensare che secondo un recente sondaggio pubblicato da Environmental Leader ben il 74% dei consumatori sarebbe disposto a pagare di più per un prodotto dal packaging sostenibile. Ma se molto è stato detto, poco è stato fatto: secondo uno studio effettuato dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy infatti soltanto il 25,4% dei prodotti alimentari nella GDO riporta in etichetta le informazioni necessarie su come smaltirne correttamente la confezione e solo il 6,2% dei prodotti ha un packaging completamente riciclabile. Questo significa che il 74,6% dei prodotti non riporta alcuna informazione. Carenze che rappresentano un enorme problema per l’ambiente: il peso del packaging determinato dagli acquisti di prodotti di largo consumo degli italiani nel 2019 ammonta infatti a quasi 3 milioni di tonnellate. Il futuro però appare più roseo: un’indagine di Markets and Markets pubblicata su Food Packaging Forum stima che il mercato globale dei packaging eco-friendly passerà dagli attuali 174,7 miliardi ai 249,5 miliardi di valore entro il 2025 (+42,8%), registrando un tasso annuo di crescita composto del 7,4%. Sono sempre di più infatti le aziende che investono sulla sostenibilità, come l’italiana Vitavigor, pronta a lanciare una nuova linea di snack con carta 100% riciclabile.

Ma quali sono le aree merceologiche che comunicano maggiormente la riciclabilità dei packaging sulle etichette? Secondo lo studio di Osservatorio Immagino di GS1 Italy, ai primi posti possiamo trovare l’ortofrutta (43,7%), il freddo (41,5%) e la drogheria alimentare (31,8%), seguiti dal fresco (26,5%), il cura casa (24,3%) e le carni (14,6%). Le percentuali dei prodotti che indicano la possibilità di riciclo restano basse invece per quanto riguarda le bevande (14,6%), il pet care (13,1%) e la cura persona (11,5%). Per quanto riguarda invece i prodotti all’interno delle singole categorie merceologiche, l’acqua minerale trionfa con il 100% delle referenze dichiarate totalmente o largamente riciclabili sull’etichetta. Poco più in basso, con oltre il 90% delle referenze, abbiamo il cura casa, con prodotti per detergenza bucato e stoviglie, le bevande piatte e gassate, le carni e l’ortofrutta, mentre intorno all’80% ci sono i prodotti di drogheria alimentare, del fresco, del freddo e del petcare. Infine, fra i prodotti con il minor grado di riciclabilità del packaging ci sono i preparati e i piatti pronti (41,2%), i prodotti da ricorrenza (30,7%) e i condimenti freschi (25,3%).

“Diventa sempre più importante comunicare al consumatore le informazioni sulla riciclabilità per favorirne la consapevolezza, aiutarlo nelle scelte d’acquisto e soprattutto nel corretto smaltimento del packaging di prodotto – ha spiegato Samanta Correale, Business Intelligence Senior Manager GS1 Italy – Affinché l’intero processo sia virtuoso, infatti, è necessario che arrivi fino in fondo”.

Interno1: in autunno il debutto del concept center di GS1 Italy

Si chiama Interno 1 ed è il nuovo progetto di GS1 Italy, un concept center nel cuore di Milano che sarà inaugurato in autunno.

Un nuovo canale di comunicazione di GS1 Italy, dei suoi valori, dei servizi che offre alla business community e delle attività di formazione svolte all’Academy di GS1 Italy.

Interno 1 sarà lo spazio dell’innovazione, della ricerca e dello sviluppo di GS1 Italy. Un touchpoint tra mondo digitale e mondo fisico rivolto a un pubblico trasversale, per alimentare il dialogo sui trend contemporanei e creare nuove relazioni con tutti i protagonisti degli scenari più dinamici a livello nazionale e internazionale.

Uno spazio multimediale e interattivo, dove immergersi nella digital transformation. Un contenitore di idee, suggestioni, eventi ed esperienze che faranno scoprire il codice a barre e tutti gli altri standard e soluzioni GS1 in modo nuovo, sorprendente e coinvolgente.

Il cantiere di Interno 1 è appena partito ed è già social: l’avanzamento dei lavori, con il dietro le quinte e le curiosità, si può seguire in tempo reale sul nuovo profilo corporate Instagram, che segna il debutto di GS1 Italy su questo social.

 

Per restare aggiornato su Interno 1, segui GS1 Italy su Instagram e visita il sito di Interno 1.

Capire, prevenire e curare l’out of stock. Il Monitor ECR-OSA

Stando all’ultimo rapporto mensile del Barometro ECR-OSA, complice l’emergenza Covid-19, in marzo il tasso di out-of-stock nel largo consumo confezionato è salito al 4,2% e le vendite perse sono arrivate al 6,4%. Ma cosa fa il consumatore se non trova a scaffale il prodotto desiderato?

Il tema è stato trattato e approfondito nel  report che riporta le evidenze emerse dal progetto pilota “Monitor ECR-OSA” avviato da GS1 Italy in ambito ECR con un gruppo di aziende di produzione e distribuzione del largo consumo italianoBarilla, Ferrero, L’Oréal e Dimarin collaborazione con IRI.

Ecco gli atteggiamenti più comuni nel cliente deluso: nel 25% dei giri si cancella l’acquisto mentre nel 10% si cambia pdv (in entrambi i casi c’è un’inconfutabile perdita di vendite da parte del negozio).

Poi c’è invecce chi sostituisce il prodotto (65% dei giri di spesa), con l’acquisto di un altro prodotto nella categoria (40% dei casi) o con l’acquisto di un prodotto al di fuori della categoria (25% dei casi).

Il tema, a questo punto, diventa: perché mancano i prodotti a scaffale? E come ridurre il fenomeno dell’out-of-stock?

Il report indica alcune strategie:

  • Controllare in modo continuativo la disponibilità dei prodotti a scaffale.
  • Identificare le cause dell’out-of-stock.
  • Costruire, quindi, un modello operativo di Optimal Shelf Availability management.

 “Il Monitor ECR-OSA” è disponibile gratuitamente sul sito di GS1 Italy

 

Elettronica di consumo: il mercato cresce grazie al top di gamma

Con un ottimo +4,3% il comparto dell’elettronica di consumo procede alla grande: è quanto emerge dall’Osservatorio Non Food 2019 di GS1 Italy che registra, da anni, la ripresa di questo settore. Solo nell’ultimo quinquennio le vendite hanno infatti registrato il +14,9% di crescita a valore.

Tra i 13 comparti merceologici analizzati dall’Osservatorio Non Food 2019 di GS1 Italy, l’elettronica di consumo è quello in cui le vendite su internet sono cresciute maggiormente, sia in termini di quota di mercato (+1,2%) che di fatturato (+20,3%). Ad incidere positivamente sul trend del canale online è stata anche la diffusione della modalità “clicca e ritira in punto vendita”, a testimonianza di politiche di canale sempre più orientate a gestirne l’integrazione in chiave omnichannel.

L’analisi condotta dall’Osservatorio spiega che la ripresa del segmento è sostenuta dalla propensione dei consumatori per l’acquisto di prodotti top di gamma e premium di cui gli smartphone rappresentano l’emblema.

Nel corso del 2018, ad incidere positivamente sull’andamento del comparto dell’elettronica di consumo, sono state anche le numerose iniziative promozionali, organizzate soprattutto nel mese di novembre, come ad esempio il Black Friday, diventato poi in alcuni casi un Black Weekend e/o una Black Week, e il Cyber Monday. Si tratta di promozioni molto apprezzate dai consumatori e che confermano il loro interesse a tenere monitorate le occasioni che offrono il maggiore risparmio soprattutto sui prodotti premium e di fascia top.

L’andamento per canale

Il canale leader del comparto resta quello delle grandi superfici specializzate (GSS), che nel 2018 hanno visto diminuire di -0,5% la loro quota di mercato, scesa al 37,6%, ma che hanno anche aumentato di +2,7% il giro di affari, invertendo la tendenza rispetto al 2017. La rete dei punti vendita delle GSS ha proseguito il suo trend di contrazione (circa 70 punti vendita in meno rispetto al 2017), seppur con dinamiche molto diverse per gruppo e/o insegna. Le GSS “hanno retto” l’urto del web grazie al vasto assortimento di prodotti e alla presenza all’interno del punto vendita di personale formato e capace di affiancare e guidare il consumatore in tutte le fasi dell’acquisto. Quest’aspetto è stato rilevante soprattutto nei confronti dei punti vendita despecializzati, ma è stato meno significativo nei confronti del canale online, dove le informazioni e gli assortimenti sono molto più ricchi.

Nel 2018 è proseguita la contrazione delle vendite dei prodotti di elettronica di consumo all’interno degli ipermercati (-5,4% nel giro d’affari e -0,5% di quota rispetto al 2017), che hanno continuato a proporre assortimenti troppo limitati e iniziative promozionali troppo deboli per poter competere con gli altri operatori del comparto.

L’anno scorso è stato positivo per le grandi superfici non specializzate (come mercatoni e cash & carry) che hanno guadagnato un +0,4% di quota di mercato, arrivando all’8,9%. L’aumento del market share è stato supportato da un incremento significativo delle vendite a valore (+8,1%), dovuto soprattutto all’attuazione di offerte mirate e alla loro buona comunicazione.

Rispetto al 2017, l’anno scorso il canale dei negozi specializzati è risultato più stabile, come quota di mercato, e ha visto aumentare di +3,9% le vendite.

 

Tra estetica e wellness, aumenta la spesa per il “bellessere”

No, questa volta non si tratta del solito calco dall’inglese: il bellessere è un neologismo italianissimo, inventato dallo psicologo del lavoro Enzo Spaltro, che esprime l’idea che la bellezza deve essere intesa come speranza di un benessere futuro. Un po’ come dire, la speranza è l’ultima a morire. Ma il termine, trasversale al non food, sta anche a designare quei prodotti che si trovano all’incrocio tra salute, estetica e forma fisica. E che stanno vivendo un vero e proprio boom. Un’ampia gamma di referenze che va dagli integratori alle attrezzature per lo sport, dai cosmetici ai dispositivi wearable che incidono sempre di più sul budget delle famiglie italiane. A fotografare il boom del “bellessere” è l’edizione 2018 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy.
Il dominatore comune di questi prodotti è la promessa di far stare bene, perché migliorano l’estetica o il look, combattono lo stress mentale e permettono di tenersi in forma. Un paniere che l’edizione 2018 dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha identificato e misurato, tramite l’analisi dell’andamento di 13 comparti del settore dei beni non alimentari.

 

Con un giro d’affari da 6 miliardi il bellessere trascina il non food

Ed è proprio all’aumento della spesa delle famiglie italiane per l’acquisto dei prodotti destinati alla cura di sé che si deve, in gran parte, la ripresa registrata dai consumi extra-alimentari rilevati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, che hanno chiuso il 2017 con un +0,5% annuo e con a 103,7 milioni di euro di giro d’affari.

L’attenzione al benessere ha guidato un buon percorso di espansione a diversi settori, a partire da quello degli articoli per lo sport, che è stato nel 2017 il secondo mercato non-food in termini di trend di crescita dopo l’edutainment (+3,7%). Complessivamente l’anno scorso gli italiani hanno speso quasi 6 miliardi di euro, di cui quasi 2 miliardi destinati all’acquisto di attrezzature sportive, tra attrezzi per il corpo e misuratori di potenza per l’attività fisica svolta. Un giro d’affari cresciuto in un anno del 2,5% ma che, nel medio- lungo periodo, mostra un solido +6,1%, e che vede affermarsi l’e-commerce (+14,3%) e le grandi superfici specializzate (+8,9%) come canali d’acquisto preferiti dagli italiani.

Il desiderio di stare bene (a livello sia fisico sia mentale) e la maggiore attenzione alla prevenzione sono stati driver importanti per la crescita e la “democratizzazione” degli acquisti di attrezzi sportivi, favorite dalle insegne low cost e dalle offerte reperibili sul web. Al successo delle attrezzature sportive si collega anche l’aumento della spesa degli italiani per comprare dispositivi indossabili, i cosiddetti wearable.

I valori legati alla cura di sé, al benessere e alla forma hanno spinto anche le vendite dei prodotti di automedicazione (farmaci acquistabili senza prescrizione medica e integratori notificati dal Servizio sanitario nazionale) e dei prodotti di profumeria, che sono stati tra i best performer del 2017. In entrambi questi mercati si assiste alla competizione tra diversi canali di vendita specializzati, che ha visto drugstore, farmacie e profumerie tra i più dinamici degli ultimi anni. L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha rilevato che nel 2017 i prodotti di automedicazione hanno raggiunto i 6,3 miliardi di euro di vendite (+2,4% annuo), di cui oltre 4 miliardi generati da prodotti notificati a connotazione farmaceutica (come integratori, prodotti erboristici e omeopatici), che in un anno sono aumentati del 7% a valore e che rappresentano sempre più un competitor importante per i farmaci da banco.

Quanto ai prodotti di profumeria, hanno registrato un giro d’affari di 5,7 miliardi di euro (+3,1%) consolidando un trend positivo che prosegue da cinque anni (+7,9%) e che mostra prospettive positive anche per il futuro. L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha evidenziato anche la spinta di nuovi canali di vendita, sollecitati dall’interesse degli italiani a trovare un buon equilibrio tra le proprie disponibilità economiche e il desiderio di “coltivare” il proprio benessere.

Big Data: nel marasma dell’informazione come scegliere quella di qaulità

Se c’è qualcosa che non può dirsi innovativa è l’idea dei Big Data come soluzione esplicativa
della complessa fenomenologia socio-economica.
Tale può apparire solo agli spiriti semplici sempre pronti a farsi apostoli dell’ultimo neologismo
americano. Il mito dei tanti dati, della più diversa natura, da cui derivare ‘leggi’ che governano il comportamento umano, ha affascinato uomini di genio già molto tempo fa. Francis Galton, un cugino di Charles Darwin, visse di rendita per 89 anni, assecondando la sua smodata bulimia per le più diverse ‘metriche’ socio-antropologiche.

Per anni e anni classificò migliaia di delitti e di sentenze per scoprirne le regolarità implicite. Allo stesso tempo misurò ossessivamente tutte le caratteristiche antropomorfiche dei suoi contemporanei: nasi, occhi, capelli e loro colore, gambe, braccia, peso… Fu affascinato dalle diverse abitudini comportamentali e culturali, persino dalle reazioni dei visi alle corse dei
cavalli. Tentò di mappare l’estetica femminile britannica, classificando i tratti che rendevano le ragazze più o meno attraenti. Infine, instancabile, concluse anche che le impronte delle dita non solo erano diverse le une dalle altre, ma che non mutavano nel corso della vita umana, fornendo così la chiave per nuovi metodi investigativi ancor oggi in uso.
Tuttavia le induzioni più rilevanti di questo suo misurare e correlare maniacalmente tutto, confluirono nella sua ‘nuova scienza’ che egli battezzò eugenica, un nome che oggi evoca orribili ricordi, sia delle tesi segregazioniste, sia di quelle naziste. Prima di Galton, il mito dei Big Data aveva ossessionato anche un’altra mente geniale: quella del belga Lambert Adolphe Jaques
Quetelet, che giunse a formulare la celeberrima (e deteriore) definizione di ‘uomo medio’ (energicamente respinta, già ai suoi tempi, da Antoine-Augustin Cournot). Tuttavia la questione essenziale era stata evidenziata.
Come distinguere, nel marasma delle informazioni disponibili, la significatività o la casualità di ciò che si documenta? I fenomeni sociali ed umani hanno natura diversa da quelli naturali, fisici, – osservava Cournot! Oggi gli americani (sempre loro!) convengono su un punto: Garbage-In-Garbage-Out, ovvero con dati spazzatura si ottiene spazzatura.
Ecco perché risulta fastidioso sentir parlare di grandi progetti che, in virtù di una potenza di calcolo crescente, dovrebbero dare significato a dati di vendita, opinioni sui social network, analisi semiologiche,… tutti mischiati in una bouillabaisse algoritmica miracolosa.

Ed ecco la pars costruens
Nondimeno, per far seguire alla critica un pensiero positivo, diremo che esistono progressi seri ed utili sul piano informativo. Tra essi ne citiamo uno originale e di casa nostra: il progetto Immagino curato da GS1. L’idea è semplice e sfidante, ovvero rilevare e classificare tutte le caratteristiche riportate sulla confezione dei prodotti di largo consumo, assieme alla loro immagine riconducendoli all’identificativo del codice EAN.
Il marketing del settore non sembra aver ancora compreso le potenzialità di questi nuovi ‘big data’
strutturati e standardizzati. Eppure esse sono enormi. Ciò per varie ragioni. La prima è che l’informazione raccolta è oggettiva e dunque confrontabile trasversalmente e lungo la dimensione del tempo.
La seconda è che questa rigorosa base definitoria di marche e prodotti è stabile nel tempo. Ciò
permette una corretta individuazione di eventuali trend di specifiche merceologie. La terza è la sua
adattabilità a ragionamenti di tipo abduttivo, grazie alla possibilità di definire, logicamente, proprie arene competitive. Possiamo cioè scegliere un ampio numero di caratteristiche oggettive, per esempio organolettiche o chimiche o di altra natura per paragonare razionalmente qualcosa a qualcosa d’altro.
Per essere più chiari presenteremo allora un semplicissimo esempio introduttivo. Prendiamo da
Immagino due piccoli gruppi di marche di yogurt bianco e alla fragola, con le loro caratteristiche
nutrizionali. Usando una statistica multivariata: la Correspondence Analysis o la Multidimensional
Scaling, otteniamo una mappa percettiva che rappresenta la distanza multidimensionale di queste
marche. Si tratta di un primo elementare passo nello studio dell’arena competitiva basandoci su tutto ciò che è scritto sulla confezione. Che cosa leggiamo dunque nelle mappe così ottenute? Nel caso dello yogurt alla fragola, il posizionamento delle marche è maggiormente distribuito nello spazio ed alcune si collocano in prossimità di specifiche caratteristiche; diciamo la quantità di grassi. Allora utilizzando altri dati Nielsen, potremmo verificare se i risultati di vendita seguono una tendenza comune ad altri prodotti anch’essi più grassi degli altri, oppure se la spiegazione vada cercata in altre direzioni.
Nel caso dello yogurt bianco notiamo, invece, un addensamento in una zona del grafico, a  omprova che le caratteristiche organolettiche (grassi, zucchero, calorie, ecc.) non discriminano tra quelle marche, poiché il prodotto è più o meno lo stesso.
Proseguendo e sfruttando altri dati disponibili, potremmo poi verificare se questi marchi convivono
nei medesimi punti di vendita, misurandone l’overlapping. Nel caso siano presenti negli stessi
negozi, passeremmo a evidenziare la distribuzione dei loro prezzi relativi. Ulteriormente, tenteremmo di valutare aspetti soggettivi tratti da altre analisi,
tipo la qualità percepita, la fedeltà alla marca, l’estetica delle confezioni, il goodwill pubblicitario,
… In breve, la logica di tipo abduttivo sfrutterebbe progressivamente e in modo ragionato informazioni di diversa natura volte a probabilizzare la veridicità di una certa conclusione. Sino a prova contraria questo tipo di ragionamenti alla Sherlock Holmes, un computer non è in grado di farli, perché la nostra ‘misteriosa’ capacità di intuire e poi dedurne qualcosa è ciò che ci rende (non tutti) più intelligenti delle macchine. I dati di per sé non sono informazione.
L’informazione di per sé non è conoscenza. Il progetto Immagino di GS1 Italy è un bell’esempio
di come dei big data – well done(!) – possano effettivamente rivitalizzare lo stanco marketing del largo consumo, purché si aggiunga loro una reale, seria competenza statistica e soprattutto la pazienza, la meticolosità, lo spirito critico e il buon senso che governano la vera ricerca scientifica.

di Amagi

Free from, rich in e biologico: gli italiani scelgono sano, fin dalla colazione

Free from, rich-in e biologici: sono queste le tendenze prevalenti degli italiani. Fin dalla colazione. A dirlo è la terza edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che ha analizzato le informazioni presenti sulle etichette di 54.300 prodotti alimentari di largo consumo posizionati nell’area della prima colazione e le ha incrociate con i dati delle vendite realizzate in supermercati e ipermercati di tutta Italia.

Il dettaglio

Gli alimenti “free from”, hanno raggiunto il 42,1% delle vendite nell’area della prima colazione: un’incidenza doppia rispetto alla media nazionale del food. Stessa situazione anche per gli alimenti biologici con il logo europeo in etichetta, che a colazione registrano un’incidenza due volte superiore rispetto alla media del settore alimentare e una crescita dell’8,3% nel 2017.

Ancora poco presenti, invece, i prodotti destinati a persone con intolleranze alimentari. Complessivamente nel 2017 hanno raggiunto il 12,2% di incidenza sulle vendite, con una crescita annua del 3,9%, ma hanno ancora una presenza inferiore alla media generale del food: la quota dei prodotti “senza glutine” è metà di quella che detiene nell’intero largo consumo alimentare.

Allocazione del budget

Ma come si suddivide la spesa che gli italiani destinano all’acquisto dei prodotti da consumare al mattino? Le quote maggiori di budget (Figura 1) sono destinate agli alimenti “free from” (42,1% di quota, in crescita del +3,8% rispetto al 2016). Seguono, con una quota del 16,1% ciascuno, i prodotti “rich-in” e quelli che sottolineano in etichetta la loro italianità (in crescita, rispettivamente, del 3% e del 1,1%). A completare il basket di spesa, i prodotti con bollini e certificazioni relativi a origine o sostenibilità (15,9% di quota, +2% di trend), quelli che richiamano in etichetta claim legati al mondo dei lifestyle (12,8% di quota, +5% sul 2016) e, infine, quelli destinati a persone con intolleranze alimentari (12,2% di quota, in crescita del 3,9%).

 

Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 3, 2018

I claim più diffusi

L’analisi dei claim più diffusi presenti sulle confezioni dei prodotti per il breakfast (Figura 2) vede al primo posto “senza olio di palma”, che ha raggiunto una quota a valore del 27,1% sulle vendite, seguito da “con fibre” (7,4% di quota, +4,6% annuo) e “integrale” (7,2% di quota, +4,3% di crescita annua).

Nel corso del 2017 a crescere nelle vendite sono stati soprattutto gli alimenti con zucchero di canna (+17,2%), “senza olio di palma” (+13,1%), “senza zuccheri aggiunti” (+10,6%), con farina di riso (+9,8%), quelli “con pochi grassi” (+8,3%) e i biologici (+8,3%).

Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, ed. 3, 2018

 

L’altra novità nel mondo della prima colazione degli italiani è costituita dall’arrivo nel menù del mattino di alcuni “superfood: sull’onda delle mode alimentari, della curiosità e della propensione a sperimentare nuovi alimenti dal vissuto salutistico, l’anno scorso è cresciuta la spesa destinata all’acquisto di prodotti contenenti avena, semi di lino e semi di chia, ma anche quinoa, zenzero, farina di mais e cannella.

Consumi Under 35: più edonismo senza figli, più salute con, ma restano tutti green

Ecologia, benessere, salute. Sono i principali fattori che guidano e orientano i consumi degli “under 35”, la fascia di popolazione più sensibile ai valori emergenti della società e più consapevole nelle scelte di acquisto. Persone che guidano la svolta etica degli stili di vita, puntando al rispetto per l’ambiente e per gli animali, all’attenzione al tema delle intolleranze alimentari e talvolta all’alimentazione veggie. Il profilo di questi consumatori esigenti e informati è tracciato dalla seconda edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy. Due in particolare le tipologie di “under 35” individuate dalla ricerca, con consumi un po’ diversi tra di loro.

 

Senza figli: eco, animalisti, ricercano il benessere e il free from

Da un lato ci sono le cosiddette “pre-familiy”, ovvero single e coppie senza figli che perciò sono più liberi di intercettare e interpretare al meglio i nuovi valori e le tendenze emergenti nel largo consumo. Dall’osservatorio Immagino emerge che sono loro ad acquistare più prodotti “ecologici”: spendono più della media italiana in prodotti per la cura personale definiti “senza parabeni”, “vegan” e “cruelty free”. È quasi scontato che anche l’acquisto di prodotti alimentari sia guidata da esigenze di benessere e di forma fisica. Nel carrello della spesa degli “under 35” hanno un peso sopra la media i prodotti con poche calorie e a basso tenore di zuccheri, quelli “senza” (che siano il lattosio, gli allergeni, il glutammato, il glutine). Meno presenti nel carrello, invece, gli alimenti definiti in etichetta “biologici” o “senza OGM” e quelli caratterizzati da una delle indicazioni geografiche europee (come Dop, Doc e Igp), forse a causa del costo troppo elevato per la limitata disponibilità economica degli “under 35”.

 

Con figli: nel nome della salute e della sicurezza alimentare

Quando poi arriva un figlio cambia tutto. Nasce la “new family” under 35, con bisogni e conseguentemente consumi di altro genere. Le scelte più edonistiche o legate alla forma fisica sono sostituite da quelle dettate dal soddisfacimento dei bisogni dei figli. Nelle famiglie giovani con bimbi fino a sette anni crescono le spese per l’acquisto di prodotti privi dei nutrienti che vanno controllati nell’alimentazione dei bambini (come sale e zuccheri) e di quelli che, al contrario, hanno un alto tenore di nutrienti importanti nell’età della crescita (come ferro, calcio e vitamine). Anche qui vanno per la maggiore i prodotti “senza” ma in questo caso a essere sbianchettati sono gli additivi, i coloranti e i conservanti. Le new family sono attente alla giusta presenza in tavola di alimenti vegetali ma non eliminano gli alimenti di origine animale: dall’analisi dell’Osservatorio Immagino emerge che per questi consumatori il fenomeno “veggie” registra una minor diffusione sia rispetto alla media nazionale sia rispetto al cluster di famiglie più giovani.

Nessun passo indietro, invece, da parte dei giovani genitori sulla difesa dei valori di fondo della loro generazione improntati all’ecologia: anche nel budget di spesa delle nuove famiglie trovano ampio spazio i prodotti green, quelli biologici, i cruelty free, e i prodotti biodegradabili o confezionati in plastica riciclata.

 

Foto: Lou Liebau / Unsplash

Nasce Osservatorio Immagino di GS1 Italy e Nielsen: i consumi visti dalle etichette

Raccontare i consumi degli italiani e i loro mutamenti incrociando le informazioni presenti sulle etichette dei prodotti registrate da Immagino con i dati Nielsen su vendite, consumo e fruizione dei media: è questa l’idea che sta alla base di Osservatorio Immagino, il nuovo progetto nato dalla collaborazione tra GS1 Italy e Nielsen. Obiettivo: scandagliare più a fondo le tendenze di consumo.

Un vero progetto di Big data insomma che integra due immensi patrimoni informativi: le oltre 100 variabili presenti sulle etichette degli 80 mila prodotti di largo consumo digitalizzati da Immagino messe a disposizione da GS1 Italy con i dati scanner raccolti in 10 mila punti vendita della distribuzione moderna, con quelli relativi ai consumi di 9 mila famiglie e alle loro abitudini di consumo  e alla di fruizione dei contenuti televisivi e online di Nielsen.

 

Integrale, free from, Dop, bio i trend

La prima edizione dell’Osservatorio Immagino è basata sui dati dell’anno 2016 relativi a 58 mila prodotti di largo consumo, che hanno sviluppato circa 31 miliardi di euro di vendite, pari al 74% di quanto venduto nel totale del largo consumo in Italia da ipermercati e supermercati. L’obiettivo di GS1 Italy e Nielsen è di estendere progressivamente l’insieme di prodotti.

Dall’Osservatorio emergono stili di consumo e scelte di acquisto rivolte al consumo di prodotti free from (ad esempio “senza glutine” o “senza olio di palma”) e di quelli arricchiti, con una crescita dell’universo veg e delle intolleranze alimentari, e dei consumatori interessati all’italianità dei prodotti e ai prodotti biologici.

«Attraverso le tabelle nutrizionali abbiamo tracciato l’identikit di un “metaprodotto”, ossia i valori nutrizionali del prodotto “medio” acquistato dai consumatori: si tratta di un prodotto equilibrato, che conferma il buon rapporto degli italiani con l’alimentazione – spiega Romolo de Camillis, retailer director di Nielsen -. Analizzando gli ingredienti dei prodotti abbiamo misurato come la loro presenza possa influenzare l’acquisto. Abbiamo anche osservato come cambia il consumo di un ingrediente al variare del reddito, dell’età e del ciclo di vita della famiglia: ad esempio, le fasce di popolazione con reddito e istruzione più elevata consumano prodotti con minore contenuto di zucchero».

Più (fibre) meno (zucchero, sale, olio di palma)

Ad esempio l’Osservatorio indaga due trend apparentemente contrapposti, ma che vanno verso una stessa direzione salutistica: quello del free from e quello dei prodotti arriccchiti.

Al mondo alimentare si aggiunge il mondo della cura persona con l’analisi su 9.700 prodotti che ne ha messo in luce le caratteristiche focali e i trend del momento, come il cruelty free, la valorizzazione del made in Italy e la diffusione di alcuni ingredienti di origine vegetale (come noce di cocco, calendula, soia e avena).

L’Osservatorio Immagino verrà aggiornato due volte l’anno, in formato cartaceo e digitale, arricchendosi a ogni edizione di nuovi approfondimenti.

Immagino Gs1 Italy: la product library di immagini e informazioni per leggere i consumi

Immagino, Gs1 Italy

Partito poco più di un anno fa, sulla spinta del Regolamento europeo 1169/2011 sulle informazioni in etichetta, Immagino di Gs1 Italy ha ormai costruito un database di 50 mila prodotti di oltre 700 aziende che coprono il 100% delle categorie del largo consumo. Ciascun prodotto fotografato è connotato con un set di oltre 100 caratteristiche ricavate dalle imformazioni contenute sul packaging: informazioni nutrizioali, allergeni e additivi, ingredienti, packaging, lifestyle.

«Con questo patrimonio di informazioni – ha detto il direttore generale di Gs1 Italy Bruno Aceto nel corso del convegno Fare Meglio Italiano – Immagino non è solo uno strumento efficiente per tutta la filiera, ma è anche una nuova fonte di informazioni per conoscere determinati fenomeni di consumo».

Da uno studio realizzato in collaborazione con Nielsen su 25.000 prodotti rappresentativi di tutte le categorie per un valore di 30 miliardi di euro di vendite, è stato possibile avere nuove metriche e inedite viste sui consumi degli italiani, da mettere a disposizione di tutti i componenti dell’ecosistema: aziende (industria e distribuzione), terze parti, istituzioni, i consumatori.

Qualche esempio. Analizzando le informazioni nutrizionali di bsicotti e merendine si scopre che i prodotti a basso contenuto di grasso hanno realizzato nell’anno terminante a luglio 2015 un incremento delle vendite rispettivamente di +3,2% e +5% contro il -1,7% e il +1,1% della media dei prodotti. Così i 250 prodotti senza lattosio sono cresciuti del +11,3% contro il +3,2% di quelli con lattosio. E i 717 prodotti biologici con il logo della foglia europea hanno registrato vendite per 251 milioni di euro con una crescita del 14,4%.

Una piccola notazione. Immagino è un servizio studiato e realizzato da Gs1 Italy, l’unico nel sistema GS1 globale. Anche questo significa Fare Meglio Italiano.

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