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Nasce a Milano Meet, primo centro italiano di cultura digitale

I temi del 2018 secondo Meet.

Nasce a Milano, MEET, il primo centro internazionale in Italia volto a promuovere la cultura digitale: luogo di incontro, confronto e co-progettazione che intende colmare il divario digitale nel Paese. Promotori dell’iniziativa sono l’istituzione filantropica Fondazione Cariplo e Meet the Media Guru, piattaforma di idee ed eventi diretta da Maria Grazia Mattei che, dal 2005, indaga il tema dell’innovazione e del digitale come crocevia per la cultura, l’economia e le professionalità del nostro tempo.

Luogo fisico e contenitori di incontri, workshop, mostre e iniziative sarò l’attuale Spazio Oberdan in piazza Oberdan, storica sede della Fondazione Cineteca Italiana che collaborerà con la nuova entità: i 1200 metri quadri di proprietà della città metropolitana sono stati assegnati con un bando proprio pochi giorni fa al progetto sostenuto da Fondazione Cariplo, che da 26 anni promuove iniziative benefiche e culturali. I lavori per la ristrutturazione dovrebbero terminare entro il 2018, ma per ora contenitore e luogo digitale per l’incontro e la divulgazione delle iniziative (al via da marzo) sarà il sito di meet.

 

Il futuro è qui

Il digitale è il futuro, e può essere un’opportunità o una minaccia, a seconda che si conosca e non si subisca passivamente.  E questo in tutti i campi, dal retail all’agricoltura, dalla cultura all’arte. 
MEET nasce come impresa sociale con la convinzione che l’innovazione sia un fatto culturale, prima ancora che tecnologico e che la diffusione della cultura digitale favorisca non solo la crescita dell’economia, ma anche delle opportunità e del benessere per tutti i cittadini.

Anche se è fortissimo il legame con la città, per il suo ruolo strategico nel processo di innovazione del Paese sottolineato dal sindaco Beppe Sala presente oggi al lancio di Meet, il centro ambisce a fare di Milano un punto di riferimento per la Cultura Digitale anche sulla scena internazionale, ma allo stesso tempo promuoverà iniziative in altri luoghi de Paese.

«Per Meet the Media Guru, Cultura Digitale è il DNA del tempo che viviamo, è il sistema di simboli e comportamenti che definisce il nostro presente. – ha dichiarato Maria Grazia Mattei, Direttore del neonato Centro e fondatrice di Meet the Media Guru – Spesso, come accade a chi guardi in un cannocchiale rovesciato, si crede che il cambiamento tecnologico sia la causa quando è la conseguenza del nostro modo di vivere e di pensare. Qual è il pericolo di questo malinteso? È che ci trasformi in semplici fruitori di tecnologia sempre nuova. Mentre noi, presi dalla rincorsa verso l’ennesima novità, sopraffatti dalla fatica dell’aggiornamento costante, spaventati dal restare indietro – perdiamo il senso di tutto questo correre. Con il MEET vogliamo dare voce alla Cultura Digitale come un nuovo Umanesimo che tiene insieme gli elementi della travolgente trasformazione, senza lasciare nessuno fuori, in una logica di incontro e di inclusione».

È stato più volte sottolineato nel corso della presentazione il doppio ruolo di una città come Milano, tra inclusione, apertura all’esterno e al diverso, e alle nuove possibilità date dalla attuale rivoluzione tecnologica, basata su intelligenza artificiale, robotica e Iot. 

«Oggi, tra le numerose povertà che ci troviamo di fronte (a Milano 13mila bambini soffrono la fame), c’è una povertà culturale nei confronti della trasformazione che il digitale ha prodotto e sta producendo – ha detto il Presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti -. Ciò determina distorsioni legate all’analfabetismo che sfociano nell’improvvisazione. La povertà culturale, e per certi versi anche strutturale, non consente di utilizzare a pieno le potenzialità che il digitale offre per lo sviluppo economico e per la crescita delle persone. Per questo Fondazione Cariplo ha creduto e crede nella necessità di far nascere una nuova iniziativa come MEET. Creatività, inclusione sociale, opportunità per i giovani. Milano ha dimostrato di saper cogliere le sfide della modernità, rinnovandosi rispetto al suo passato industriale e confermando il suo ruolo centrale nell’economia del Paese. È giusto che anche dal punto di vista culturale Milano si faccia promotrice di un progetto innovativo che porti l’Italia all’attenzione dell’Europa e del mondo».

Importante è che al centro ci sia l’uomo, o meglio un nuovo umanesimo tecnologico come hanno sottolineato i relatori: oltre al sindaco di Milano Sala e ai promotori dell’iniziativa, Luigi Ferrara, preside del Centre for Arts, Design & Information Technology della George Brown College di Toronto e dell’Institute without Boundaries e Lucilla Sioli, capo della direzione Industria della direzione generale Connect della Commissione Europea, che ha fornito l’immagine di una Italia un po’ indietro rispetto ai Paesi più avanzati ma che dall’innovazione ha tanto da guadagnare, specie sul fronte del ricco tessuto delle Pmi.

 

App e shopping su mobile: le evidenze del Global Commerce Review

App dipendenti? Decisamente sì. Oggi in fase di acquisto, gli acquirenti sono sempre più mobile e più confidenti nella funzionalità delle applicazioni.

Ergo, è prioritario ri-definire le strategia di marketing commerciale.

Ecco quanto emerge dalla Global Commerce Review, il report di Criteo che analizza le attività, i comportamenti e le preferenze degli acquirenti su tutti i dispositivi e gli ambienti di navigazione.

“Con l’aumento dell’utilizzo degli smartphone, l’adozione di app e la navigazione da mobile hanno portato a modelli di shopping omnicanale interessanti”, ha dichiarato Alberto Torre, Managing Director di Criteo Italia. “Il nostro ultimo report evidenzia il potere delle shopping app nel generare tassi di conversione e vendite significativamente più elevati su dispositivi mobili, e conferma che i clienti omnicanale offrono il più alto valore a lungo termine. I retailer e le aziende possono trarre vantaggio da queste tendenze per ottimizzare i loro investimenti di marketing, connettendosi in modo più efficace con gli acquirenti per ottenere i migliori risultati commerciali.”

I punti chiave della ricerca

La prima evidenza interessante riguarda le performance delle app, in rapporto al mobile web. Emerge infatti che:

  • In Europa, i retailer con una shopping app oggi generano il 50% delle loro vendite su dispositivi mobili, con il 54% di transazioni tramite app.
  • Il tasso di conversione per le shopping app è stato tre volte superiore al tasso di conversione standard del 4% registrato sul mobile web.
  • In Nord America, i retailer con una shopping app generano il 67% di tutte le vendite di eCommerce su dispositivi mobili. La modalità in-app rappresenta il 66% delle transazioni mobili per i retailer che generano vendite sia sul mobile web sia in-app.

Emerge inoltre una progressiva diffusione degli acquisti on the go, con effetti conseguenti sull’utilizzo dei vari dipositivi:

  • Nel quarto trimestre del 2017, in Italia le transazioni con smartphone e tablet (app escluse) sono state il 37%. Su base annua le vendite tramite smartphone sono aumentate del 43,5%, mentre quelle da tablet sono diminuite del 15,7%. L’utilizzo del desktop continua a dominare durante le ore di lavoro, ma ha registrato una flessione anno su anno con un calo delle transazioni dell’1,1%.
  • In Italia, le categorie di vendita al dettaglio con la più alta percentuale di vendite da dispositivi mobili sono salute/bellezza (47%), moda/lusso (40%), articoli sportivi (40%) e casa/giardinaggio (33%).
  • La stagionalità ha ridotto leggermente il numero delle transazioni desktop precedute da un clic su mobile, in quanto i consumatori sono più attivi sui dispositivi mobili durante l’estate. In Italia il 25% degli acquisti è preceduto da un clic su un altro dispositivo e il 15% di quelli su desktop viene preceduto da un clic su un dispositivo mobile.

Le strategie omnicanale aiutano a guidare gli acquirenti e oggi generano il 27% di tutte le vendite, nonostante i clienti omnicanale rappresentino solo il 7% del totale.

A ogni momento il suo shopping

Il passaggio da un device all’altro è strettamente correlato al momento della giornata: prevale il desktop durante le ore d’ufficio, decisamente in ascesa lo smartphone nel tempo libero.

Ne consegue che:

  • In Italia i retailer che desiderano rivolgersi agli utenti nelle ore di lavoro, non possono ignorare il dominio del desktop in questo arco di tempo, specialmente tra le 9:00 e le 12:00.
  • In alternativa, l’ottimizzazione del targeting per smartphone e tablet rimane determinante la sera e per tutto il weekend.

 

 

Pardgroup: nuova partnership con Kubedesign per una comunicazione ecosostenibile

Pardgroup, unico player sul mercato in grado di accompagnare i propri clienti dalla progettazione alla realizzazione del punto vendita ha avviato una nuova partnership con Kubedesign, azienda all’avanguardia nella progettazione e realizzazione di sistemi per la comunicazione visiva ecosostenibile.
Grazie alla creatività del Team di architetti e designer, Pardgroup realizza idee fin dalla fase di progettazione. Poi le produce, le movimenta, le trasporta sul punto vendita e le installa e si occupa anche della promozione, realizzazione di eventi lancio, aziendali e della veicolazione sui canali di comunicazione. Il tutto in prima persona, senza mai passare da intermediari. Il valore aggiunto è, infatti, la multicanalità: un unicum sul mercato. Dal canto suo Kubedesign – capitanata dal Founder Nazzareno Mengoni – è in grado, attraverso materiali non convenzionali,  di reinterpretare ambienti e spazi con soluzioni ad hoc per i clienti.

La sinergia tra le due realtà, consentirà a  Kubedesign di far conoscere ulteriori opportunità di comunicazione visiva ecosostenibili a tutta le realtà che ruotano intorno a Pardgroup nei settori Consumer electronics, Fashion & Luxury, Sportwear, Housewares, Food & Beverage e Retailers.
Mentre  Pardgroup, avvalendosi delle competenze di Kubedesign, potrà ampliare la propria offerta creativa e progettuale con soluzioni ambientalmente compatibili, anche biodegradabili, in alternativa ai sistemi standard e tradizionali, perfettamente in linea con la sua linea ‘Unconvetional’.
Kubedesign è, infatti, in grado di sviluppare display, pannelli, espositori personalizzati di ogni forma, dimensione e design richiesto. “La cultura della ricerca, la forza di sperimentare, l’innovazione, l’attenzione per i dettagli e le tecnologie all’avanguardia sono gli ingredienti da cui nascono i nostri progetti per la comunicazione visiva” dichiara Nazzareno Mengoni.
“Il design è l’elemento propulsore della nostra filosofia che grazie al sapiente uso delle forme, delle linee e dei colori prende vita e diventa il mezzo per reinterpretare ambienti e spazi. Siamo determinati nel dare un’anima ai progetti dei nostri partner, non è solo lavoro, è passione!” specifica Mengoni.
Kubedesign realizzerà fin da subito una serie di corner, isole espositive, pannelli visual e altri elementi ad hoc per Pardgroup. “Con Kubedesign e una co-progettazione ah hoc di elementi in materiali ecosostenibili, le esigenze dei Clienti vengono avvallate, i costi di produzione e trasporto diminuiscono, l’impatto ambientale si riduce e le scelte diventano più ecologiche. Il rispetto per l’ambiente si concretizza oggi con un impegno etico in linea con la nostra mission aziendale” dichiara Luca Negroni, CEO & Co-Founder di Pardgroup.
“Grazie a questa sinergia, Kubedesign diventa la nostra Sharefactory e Pardgroup è sempre più in grado di rispondere alle richieste del mercato con soluzioni su misura e competitive a livello economico oltre che eco-friendly” commenta Francesco Santoni, Co-Founder di Pardgroup.

Benessere al supermercato: carrello più salutare, Waitrose lancia le lezioni di yoga

Il punto vendita sempre più diventa luogo di accoglienza e interazione con il cliente che va ben al di là della singola spesa, con un’attenzione sempre più spinta verso il benessere: la catena della Gdo britannica Waitrose ad esempio questo mese lancia i corsi di yoga. Sullo sfondo il desiderio di stare bene che ha investito le scelte nutrizionali, cambiando di fatto gli acquisti. In Europa come in Italia: Coldiretti segnala un aumento del +7% per il pesce fresco, del 4,3% per la frutta fresca e del 4% per gli ortaggi freschi per una spesa alimentare che dopo cinque anni nel 2017 torna a crescere (del 3,2%, dati Ismea). Il che significa che sulle tavole degli italiani non si consuma così tanta frutta e verdura da inizio secolo. L’andamento positivo è favorito da nuove modalità di consumo e tecnologie casalinghe come centrifughe ed essiccatori. L’attenzione verso i segmenti naturale e benessere è confermata dalla forte crescita di alimenti come la frutta secca, +7,9%, la pasta di semola integrale, +16% o il riso integrale, + 20% rispetto al 2016. Bene anche zuppe pronte (+33%) e le insalate in busta con gli ortaggi di IV gamma (+4,3%), mentre l’olio extravergine di oliva cresce dell’11%. L’altra faccia della medaglia è la flessione di un grande classico della tradizione italiana percepito come non più così salutare come la pasta, con una flessione dei derivati del pomodoro (-0,5%) e della pasta secca di semola (-3%) per i quali nel 2018 secondo Coldiretti si attendono riscontri positivi con l’entrata in vigore dell’obbligo indicare in etichetta l’origine degli ingredienti utilizzati.

E visto che il benessere non si gioca solo a tavola, e che il punto vendita diventa sempre più luogo di attrazione (la spesa noiosa, da riordino, si farà sempre più online, e in automatico) Waitrose apre le porte dei suoi spazi la sera proponendo da questo mese  in tre punti vendita lezioni di yoga. Tenute da istruttori qualificati, costano £ 7 (7,9 euro) una e £ 35 (39 euro) il pacchetto da sei lezioni.

Come chiarisce Moira Howie, Nutrition Manager di Waitrose: «Sappiamo che il benessere generale è sempre più importante per i nostri clienti. Oltre a mangiare bene ora possono anche rilassarsi e godere dei benefici dello yoga in alcuni punti vendita, e allo stesso tempo fare nuovi incontri».

Sempre sul fronte benessere Waitorse sta testando anche in un paio di supermercati un nutrizionista personale che fornisce consigli dietetici personalizzati ai clienti.

Energia, sicurezza e comodità spingono Iot e smart home: nel 2017 spesi 250 milioni (+38%)

Vale 250 milioni in Italia il mercato della Smart Home, che comprende tutte le soluzioni Internet of Things per la casa. Il dato, contenuto nella ricerca dell’Osservatorio Internet Of Things della School of Management del Politecnico di Milano presentata a Milano nel corso del convegno dal titolo “Non manca (quasi) più nessuno: la Smart Home apre i battenti”, è relativo al 2017 e fa registrare un aumento del 35% rispetto al 2016. A spingere questa crescita, secondo Giulio Salvadori, direttore dell’osservatorio, in particolare “le applicazioni per la sicurezza e la gestione del riscaldamento e degli elettrodomestici”. A motivare l’acquisto dei consumatori italiani sono essenzialmente pochi bisogni: la possibilità di avere la propria abitazione sotto controllo, la maggiore comodità nello svolgere attività ricorrenti e il risparmio energetico.

 

Italia relativamente poco “smart” attende l’arrivo dei “Big” e degli assistenti vocali

Il mercato italiano appare ancora un passo indietro rispetto agli altri grandi Paesi europei, ma risente positivamente dello sbarco nel mercato della casa connessa, accanto alle start-up (che offrono oltre metà dei prodotti in vendita) di grandi produttori con brand affermati, dotati di una rete di vendita capillare e di una filiera fidelizzata di installatori, fattori cruciali per aumentare la fiducia dei consumatori. Se infatti il 38% degli italiani dichiara di possedere già almeno un oggetto “smart” in casa, il 74% di loro ammette di avere avuto bisogno dell’aiuto di un professionista per l’installazione mentre il 51% si dice preoccupato per i rischi legati alla privacy e ai cyber attacchi da parte di malintenzionati. Tra retailer, produttori, assicurazioni, utility e telco, ormai all’appello nel nostro Paese nel mercato della casa connessa mancano solo i grandi operatori over the top come Amazon, Google e Apple, che all’estero hanno appena iniziato la battaglia globale degli assistenti vocali intelligenti (Smart Home speaker), destinata a rivoluzionare il settore.

A trainare il mercato italiano della Smart Home sono le applicazioni per la sicurezza, come sensori per porte e finestre in grado di rilevare tentativi di infrazione, videocamere di sorveglianza, serrature e videocitofoni. Seguono i prodotti per la gestione del riscaldamento, cioè caldaie e termostati connessi, e infine le soluzioni per la gestione elettrodomestici, in particolari lavatrici connesse, controllabili via App e dotate in alcuni casi di assistente vocale. Da noi non sono ancora arrivati gli Smart Home speaker, altoparlanti che riducono la complessità di connessione e che negli Usa hanno già toccato i 35 milioni di esemplari venduti.

 

Il consumatore italiano appare ancora pigro e scarsamente informato. Se come detto il 38% degli intervistati tra i 18 e i 74 anni dice di avere in casa una soluzione di Smart Home, e il 32% l’ha acquistata nel corso del 2017, chi oggi non dispone di oggetti connessi per la propria abitazione nel 27% dei casi non ha mai valutato di acquistarli e nel 17% non ne comprende appieno i benefici. I media tradizionali si confermano il principale canale di comunicazione: infatti il 58% dei consumatori ha sentito parlare di Smart Home nella pubblicità su radio, TV e giornali, mentre il 32% tramite Internet.

Il canale di vendita di Smart Home più diffuso in Italia resta quello tradizionale (70% del mercato) anche se cresce la quota di mercato dei canali alternativi come retailer online e offline, assicurazioni, telco e utility (30% con una crescita del 125% in un anno).

Le tre principali barriere alla diffusione delle soluzioni per la Smart Home sono l’installazione dei prodotti, che risulta ancora difficoltosa per il consumatore, costretto spesso a rivolgersi a un installatore specializzato; l’integrazione dell’offerta con servizi di valore, ancora carente; e la ancora scarsa presenza di brand affermati, riconoscibili dal consumatore e quindi ritenuti affidabiliIi.

Retail Innovations 13: le case history più interessanti

Retail Innovations 13, la ricerca internazionale realizzata da Kiki Lab – Ebeltoft Group e curata da Fabrizio Valente porta sotto i riflettori le testimonianze aziendali di manager Retail. L’appuntamento è a Milano il prossimo 3 marzo dalle 9 alle 17,30.

Alcune case history dal mondo: Spagna, Olanda, Francia, Canada, Danimarca, Australia, Germania e Usa

 

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D’Osa, la nuova linea Coop che aiuta a cucinare facile e sano

Coop lancia una nuova private label: si chiama D’Osa ed è fatta di 37 referenze per cucinare in casa, materie prime e semilavorati con un percorso, per così dire, “facilitato”. Unendo due esigenze della nostra epoca: la passione per la cucina e l’esigenza di alimentarsi con cibi realizzati con ingredienti di qualità, buoni, sani e attenti agli aspetti etici e di sostenibilità.

È un po’ schizofrenico il consumatore d’oggi, ha poco tempo per cucinare ma ama fare da sé e avere il controllo della realizzazione, arriva a casa tardi dal lavoro ma non disegna di mettere le mani in pasta e infornare. Dunque largo alla IV gamma, ai prodotti semipronti, alle referenze gourmet.

 

Si parte con 37, a regime 55 referenze

In catalogo proposte che, in tantissimi casi, con l’aggiunta di pochi prodotti freschi, permettono di realizzare ricette che in genere richiedono una preparazione impegnativa: semilavorati e preparati per dolci, panificati dolci e salati, lieviti di vari tipi e decorazioni (come granelle di zucchero e altro). A regime la gamma completa sarà costituita da 55 referenze distribuite tra due grandi aree: i preparati per dolci (13 referenze di preparati, 19 referenze di ingredienti e 14 di guarnizioni) e le miscele di farine (con 9 referenze tra miscele per panificati pizze e focacce).

Sul fronte delle sempre più pressanti richieste per un’alimentazione salutare, le referenze D’Osa sono prove di coloranti, dolcificanti quali aspartame e saccarina, addensanti come la carragenina; si fa un limitato uso di additivi mentre soia e mais (e loro derivati) sono Ogm free. Non solo: nei preparati per dolci, ove possibile, sono utilizzati ingredienti Fair trade-Solidal (come nel caso del cioccolato), biologici, farine meno raffinate (tipo 1 e 2) e integrali. La maggior parte delle miscele di farine contengono inoltre materie prime 100% italiane e le miscele sono a basso contenuto di sale, di tipo funzionale e altamente proteiche.

Disponibile sul sito, il ricettario d’Osa Coop offre idee, consigli e spunti da realizzare con l’aiuto dei tantissimi prodotti di questa nuova linea. Disponibile in tutti i punti vendita Coop dall’8 febbraio, e rappresenta l’avvio dei festeggiamenti per il 70esimo anniversario de primo prodotto a marchio Coop, apparso nel maggio 1948.

 

 

Intelligenza artificiale, anche il retail l’ha scoperta (a metà): ecco le sue applicazioni

L’intelligenza artificiale sta avanzando a grandi passi anche nelle imprese. Ed è il retail uno dei settori in cui trova maggiore applicazione. Dopo il banking-finance-insurance e l’automotive, è, assieme all’hi-tech e alle telecomunicazioni, tra i settori maggiormente interessati a introdurre a livello internazionale soluzioni di intelligenza artificiale.

Il dato emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano presentata al convegno “Artificial Intelligence: prospettive dalla ricerca al mercato”, a Milano. La ricerca ha analizzato 721 imprese e 469 casi, riferibili a 337 imprese internazionali ed italiane, di utilizzo di Artificial Intelligence, quel ramo della computer science che studia lo sviluppo di sistemi hardware e software dotati di abilità tipicamente umane, come l’interazione con l’ambiente, l’apprendimento e l’adattamento, il ragionamento e la pianificazione. L’Italia è un po’ più indietro rispetto agli altri Paesi europei: il 56% delle grandi imprese oggetto di indagine ha già avviato progetti di Artificial Intelligence contro circa il 70% di Francia e Germania.

 

Mille soluzioni, dai Big Data agli assistenti vocali, fino al riconoscimento biometrico

I principali ambiti di applicazione riguardano l’Intelligent Data Processing (35%), soluzioni che utilizzano algoritmi di AI per estrarre informazioni e avviare azioni basate sulle informazioni estratte, e i Virtual Assistant o Chatbot (25%), agenti software in grado di interagire con un interlocutore umano per eseguire un’azione o offrire un servizio. Questi trovano particolare applicazione nel sistema della distribuzione, come per l’assistenza al cliente dopo la vendita (87% dei casi), oppure per l’offerta al cliente di servizi che non riguardano direttamente l’ambito in cui opera l’azienda (7%) o per gli assistenti virtuali della tipologia Corporate Knowledge (6%), che hanno il compito di rispondere a domande poste dal personale o da figure esterne. Seguono a distanza le soluzioni di Recommendation (10%), raccomandazioni personalizzate per indirizzare le decisioni del cliente in diversi momenti del percorso d’acquisto basandosi su informazioni fornite dagli utenti stessi, le Image Processing (8%), che analizzano le immagini per il riconoscimento biometrico e l’estrazione di informazioni, le Autonomous Vehicle (7%), mezzi a guida autonoma in grado di percepire l’ambiente esterno e adattare le manovre di conseguenza, e gli Intelligent Object (7%), capaci di eseguire azioni senza intervento umano, interagendo con l’ambiente circostante tramite  sensori e apprendendo dalle azioni delle persone che li usano. Chiudono l’elenco soluzioni marginali come Language Processing (4%), che elaborano il linguaggio per comprendere un testo, tradurlo o produrlo in autonomia a partire da dati e documenti, e Autonomous Robot (4%), in grado di spostarsi e muovere alcune parti, manipolare oggetti ed eseguire azioni in autonomia.

«L’Artificial Intelligence – spiegano Nicola Gatti, Giovanni Miragliotta e Alessandro Piva, direttori dell’Osservatorio Artificial Intelligence – potenzialmente non conosce confini applicativi e inciderà progressivamente sul tessuto economico e sociale di ogni Paese. La velocità di diffusione nei diversi ambiti non sarà omogenea, ma dipenderà da fattori tecnologici e di conoscenza. Le imprese italiane stanno ponendo a questo tema grande attenzione per non perdere occasioni di miglioramento della competitività. Per coglierne a pieno i potenziali benefici, però, devono innanzitutto conoscere a fondo l’offerta di soluzioni disponibili e poi intervenire sui processi organizzativi e sul rafforzamento delle competenze, perché le persone siano effettivamente in grado di valorizzare le abilità delle macchine».

Dalla ricerca emerge come un qualsiasi progetto di Artificial Intelligence nelle fasi iniziali necessiti di un grande investimento da parte dell’impresa, non solo in termini economici. Al momento, le soluzioni pronte all’uso sono limitate e per raggiungere un livello di prestazioni simile o superiore a quello umano spesso richiedono lavoro sia in fase preparatoria, per le infrastrutture, il patrimonio informativo, le competenze e la cultura, che in corso d’opera, per l’apprendimento della macchina e il miglioramento. 

«Siamo solo agli inizi di un percorso di diffusione e di comprensione del potenziale dell’intelligenza artificiale, che porterà a definire meglio i confini applicativi e il grado di intelligenza di una soluzione – dice Gatti -. Dall’autovettura che si guida da sola all’elettrodomestico che impara stile di vita e necessità della famiglia, dall’assistente personale che consiglia le decisioni di spesa fino ai robot assistenziali per disabili e anziani, ogni esperienza del quotidiano può essere ripensata alla luce delle capacità delle macchine. La velocità con cui questo avverrà dipenderà dall’esistenza di soluzioni tecnologiche consolidate, dalla capacità di gestire un delicato cambiamento nelle organizzazioni e dal bilancio tra valore dell’innovazione e costo del rendere intelligenti prodotti e processi».

 

Consegna della spesa nel frigo di casa: Amazon USA? No, Edeka, Germania

È stata una delle ultime trovate di Amazon, ma anche Walmart ci sta provando: no, non stiamo parlando del controverso brevetto di braccialetto vibrante, ma della consegna direttamente in casa (quando il proprietario non c’è). Ora questa modalità “estrema” (non serve nemmeno presenziare nella canonica finestra di due ore) arriva nel Vecchio Continente, in Germania, grazie a Bringmeister, insegna per la spesa online di Edeka, che promette di consegnare yogurt, carne e verdure ordinate direttamente in frigorifero.  Il modo lo spiega lo stesso retailer in una nota: “i clienti possono facilmente utilizzare le chiavi elettroniche, i cosiddetti Smart Locks, per fornire ai fornitori di servizi un accesso limitato nel tempo alla loro casa e prenotare i vari servizi come desiderano”. 

Il servizio è reso possibile grazie a un’azienda partner di Edeka, Cary, e la consegna in casa è solo uno dei vari servizi offerti, dalle pulizie alla lavanderia. Il tutto effettuato mentre gli utenti sono al lavoro o in viaggio. “Cary si occupa della gestione degli accessi sicura. Bringmeister mette l’acquisto nel corridoio o lo sistema, su richiesta, direttamente nel deposito o nel frigorifero”. E addirittura effettua il ritiro di bottiglie o casse da restituire.

il servizio di chiavi elettroniche costa 9,99 euro al mese.

Il testa a testa con Amazon Fresh, partito a Berlino l’anno scorso e ora sviluppato i altre città, è evidente. Tanto che Bringmeister, acquisito d Edeka nel gennaio 2017,  in alcune città ha già iniziato a proporre la consegna in giornata.

Cosa serve la blockchain nel retail? Traccia prodotti e assicura la supply chain

Non solo nel fintech, la tecnologia blockchain e il trattamento dati sono oggi e saranno in futuro mezzi sempre più determinanti anche nel retail, per assicurare la trasparenza e il controllo dell filiera, dalla fabbrica al negozio, dal campo alla tavola. Per sfruttarne a pieno le potenzialità è nata la partnership tra DNV GL, fornitore di servizi di assurance e uno degli enti di certificazione leader a livello internazionale, e VeChain. pioniera nell’utilizzo della blockchain che controlla la principale piattaforma pubblica di blockchain per prodotti e informazioni. DNV GL adotterà progressivamente la blockchain per aiutare le imprese a rendere più trasparenti e tracciabili i loro prodotti, dalla fabbrica al consumatore finale.

 

Blockchain nel retail: più trasparenza lungo la supply chain

Oggi è cruciale per le aziende gestire complessità e rischi lungo la supply chain e al contempo garantire la conformità agli standard di settore e alle richieste degli stakeholder, in ambiti che vanno dalla qualità del prodotto alla responsabilità d’impresa. Ad esempio, un produttore del settore agroalimentare deve verificare di aver implementato processi in grado di gestire correttamente la sicurezza alimentare in tutte le fasi della filiera o un produttore di automobili deve garantire la sicurezza funzionale dei suoi veicoli.

Combinando il know-how di DNV GL con le principali applicazioni della tecnologia blockchain e utilizzando dispositivi IoT (Internet of Things) come sensori integrati nei prodotti, è possibile conoscere la storia, lo stato e le prestazioni di un prodotto e ottenere informazioni sulle modalità di produzione, su come è stato trasportato, come è stato conservato e lo stato di qualità in qualsiasi momento. Il livello di trasparenza e la quantità di informazioni raccolte lungo tutta la filiera consentiranno alle aziende un maggior controllo e un miglioramento dell’efficienza complessiva lungo tutta la supply chain.

I consumatori, dal canto loro. potranno verificare la sicurezza e la genuinità del prodotto che intendono acquistare. Per il consumatore sarà possibile controllare direttamente che il prodotto provenga da un produttore eticamente responsabile, che il cibo congelato sia stato trasportato in modo sicuro e alla temperatura corretta, che il bene di lusso sia originale e sarà anche possibile tracciare da quale grappolo d’uva proviene il vino.

«I dati stanno diventando un asset sempre più prezioso, e la partnership con VeChain consentirà alle nostre soluzioni digitali di soddisfare le mutevoli esigenze di un’economia fondata sui dati – ha affermato Luca Crisciotti, CEO di DNV GL – Business Assurance -. Sfruttando l’IoT e la tecnologia blockchain stiamo reinventando il processo di assurance. Il nostro concetto di Digital Assurance fornirà alle aziende e ai consumatori finali un grado di informazioni sul prodotto e sui fornitori senza precedenti, in misura e accuratezza mai stati possibili prima».

Queste nuove soluzioni saranno dedicate inizialmente al settore agroalimentare, al retail e alla moda. In un secondo tempo saranno rivolte ad altri settori, come quello automobilistico e aerospaziale.

«La blockchain ha molte applicazioni oltre al settore finanziario e sono lieto che DNV GL abbia riconosciuto l’impatto rivoluzionario che può portare nella gestione della supply chain – ha detto Sunny Lu, CEO di VeChain -. Mettiamo insieme servizi di assurance con la tecnologia blockchain per aiutare i clienti ad accrescere la credibilità dei propri prodotti sotto ogni aspetto: dalla qualità alla sicurezza, agli aspetti legati alle loro prestazioni».

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