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Crai cresce ancora e chiude il 2016 con fatturato a +9% e 328 nuovi pdv

Il 2016 è stato ancora un anno con il segno più per CRAI, storico gruppo della distribuzione moderna italiana attivo da oltre quarant’anni con un incremento del fatturato di oltre il 9% rispetto al 2015 e un aumento costante del numero di negozi: sono state 262 le nuove aperture nel canale food e 66 nel canale drug.
La chiusura del 2016 segna anche un’importante crescita delle quote di mercato che vede il Gruppo Crai consolidare la propria presenza nei due canali in cui opera, con una quota che ha raggiunto il 2,49% nel food e il 26,03% nel drug dove si conferma come il secondo player del mercato (Nielsen Gnlc e Gnsd Febbraio 2017) e che a livello cumulato food e drug si attesta al 4,15%. In particolare nel canale di prossimità, il formato tipico dei negozi dai 100 ai 399 metri quadri, con una quota di mercato che si attesta all’11,83% il gruppo risulta essere nel mercato in questo canale l’insegna che cresce più velocemente.
«Siamo orgogliosi di archiviare un altro anno di crescita e di successi – afferma Marco Bordoli, Amministratore Delegato CRAI Secom -. Siamo sempre più convinti che quello che ci deve guidare è la logica di sistema che caratterizza le due anime del Gruppo, facendo sinergie laddove possibile e mettendo a terra azioni strategiche che apportino beneficio ai Poli operanti sul territorio e ai punti di vendita».

 

2016 anno di svolta tra nuove aperture e partnership, nel futuro c’è anche il discount

Nell’ambito dei progetti di espansione del Gruppo CRAI, nel 2016 si sono concretizzate diverse operazioni importanti: l’acquisizione del marchio storico di supermercati Pellicano, caratterizzato dal rilancio dell’insegna, con 20 punti vendita già aperti e molti altri in progress nel 2017; la costituzione della società Leader Price Italia S.p.A. grazie all’accordo con Geimex, società del gruppo francese Casinò, accordo che consente al gruppo italiano di fare il suo ingresso nel mondo del discount, con l’obiettivo di posizionarsi tra i principali player.
L’anno scorso è stata anche avviata una partnership con il Consorzio Coralis, con cui si è stretto un accordo di collaborazione pluriennale allo scopo di sviluppare il massimo delle sinergie possibili sulle tematiche commerciali e gestionali.
Costante è poi stata la crescita dei punti di vendita che fanno parte della Centrale CRAI, con un risultato che si assesta su 328 nuove acquisizioni di negozi in tutta Italia tra food e drug.

Il 2016 ha visto anche un potenziamento ulteriore degli investimenti strategici del Gruppo che ha siglato un accordo con la società Dunnhumby, leader globale nei servizi di analisi dei consumatori, per la gestione delle attività di CRM. L’obiettivo è quello di mettere in atto programmi di ampliamento e sviluppo dell’insegna attraverso l’attenzione e la conoscenza dei propri clienti. Il progetto è ambizioso e i risultati dei primi test sono molto positivi, con un aumento nel 2016 del numero di carte fedeltà e delle azioni a favore dei clienti fedeli.

Ottimi risultati arrivano anche dai servizi finanziari offerti dalla centrale a supporto dei punti vendita attraverso CRAI Fidi: su tutti, l’azzeramento del costo degli interessi per i finanziamenti. In particolare, sono stati erogati prestiti per diversi milioni di euro dedicati alle ristrutturazioni dei negozi. I primi dati consuntivi mettono in evidenza che i negozi per i quali il finanziamento si è tradotto in una significativa ristrutturazione, hanno registrato incrementi delle vendite pari a una media del 10%.
Il 2016 è stato anche un anno che ha permesso a CRAI di concretizzare l’attenzione che da sempre riserva alle esigenze della clientela: in questa direzione si inserisce il lancio ed il consolidamento della nuova Linea CRAI Bio, e per il 2017 è in programma un ulteriore rafforzamento della presenza di linee salutistiche a marchio Crai.

Fondamentale è la partnership con i Fornitori del prodotto a marchio rafforzata dalla possibilità di attivare nel rapporto di fornitura un accordo di reverse factoring, servizio attivato dalla Centrale CRAI grazie ad un accordo in essere con Unicredit Factoring. L’accordo offre ai fornitori convenzionati la possibilità di usufruire di un plafond in modalità sia pro soluto che in modalità pro solvendo, a condizioni di interesse e commissioni agevolate. Inoltre consente ai Cedi la possibilità di dilazionare i pagamenti.
«In sintesi, – conclude Bordoli – il gruppo è sempre più concentrato nel far crescere il valore della propria rete ed al tempo stesso volto a migliorare l’esperienza di acquisto dei propri clienti. Il nostro obiettivo è crescere in modo strutturato e sano, con una visione strategica di gruppo molto chiara».

CRAI Secom S.p.A. è presente con i suoi supermercati, superette e negozi alimentari in tutta Italia, dalla Valle d’Aosta alla Sicilia, dalla Calabria al Veneto, con una rete di oltre 3.400 punti vendita.

Il libro, sorpresa, si vende ancora. Ma nella Gdo è in caduta libera

Cinque anni fa al supermercato si vendeva un libro su quattro, il 25%. Un’altra epoca, a giudicare dai numeri dello studio realizzato da GFK e presentato a Bologna alla Children’s Book Fair 2017. Sui circa 18 milioni gli italiani che hanno acquistato libri nel corso del 2016, meno di 3 milioni (uno su sei) li hanno comprati nella grande distribuzione e solo un milione utilizza esclusivamente questo canale. Sul totale di coloro che entrano nelle catene della Gdo, solo 3 su 50 frequentano il reparto libri, ma sono anche molto pochi gli acquirenti della categoria che scelgono il canale.

In questo scenario le vendite di libri nella grande distribuzione calano nel 2016 a doppia cifra percentuale, per il quinto anno consecutivo, diminuzione confermata anche nel primo trimestre 2017. Eppure negli altri canali le vendite di libri tengono, per la prima volta nel quinquennio, sebbene con performance diverse a seconda dei segmenti, con un’importante (quanto scontata) crescita dell’e-commerce.

La Gdo sta avviando da tempo una profonda riduzione degli spazi riservati al libro ed in generale al non-food. Si rende pertanto necessario per gli operatori della filiera del libro aggiornare le modalità operative con le quali presidiare questo canale.

«Il mercato del libro è sempre stato, anche nel canale GDO, dominato dalla logica dell’offerta. Fin quando il canale è riuscito ad assorbire l’eccesso di offerta non ci sono stati problemi. Da alcuni anni a questa parte però la crisi economica, la crisi del format ipermercato, i limiti imposti dalla legge Levi hanno cambiato lo scenario e la filiera distributiva del libro in GDO non si è adeguata. Bisogna ripartire dal consumatore, dai suoi bisogni e dai suoi comportamenti – ha detto Stefano Giubertoni, Direttore generale Mach 2 Libri, azienda leader in Italia nella vendita di libri nel canale  -. Da qui bisogna costruire un’offerta molto più centrata con i moderni strumenti di category management, di trade marketing, di visual merchandising, di cross category, che si applicano nel canale da parte delle categorie più dinamiche del mass market. Editori e distributori dovranno investire su questo nuovo approccio e Mach 2 Libri, intermediario leader in questo settore, porterà il suo know how nel collegare i due estremi della filiera in questo canale. Canale che non solo può arrestare la caduta, ma può tornare a crescere, offrendo opportunità di crescita per il libro e di traffico per la GDO. In questo senso anche un cambiamento della legge in vigore sul libro, che magari riduca anche lo sconto praticabile, ma che liberi il mercato in più momenti e stimoli quegli acquisti di impulso che sono il motore del comportamento di acquisto del consumatore, potrebbe essere il benvenuto».

Secondo Filippo Gugliemone, Direttore commerciale trade di Mondadori Libri «In un Paese dove in gran parte dei comuni non sono presenti librerie, spesso la grande distribuzione assume un ruolo chiave nella promozione della lettura, essendo il luogo dove può avvenire la scoperta di nuovi autori e libri.  Oggi solo tre milioni di persone acquistano libri nella grande distribuzione: partendo da questo dato credo si renda necessario rilanciare la relazione tra editori e insegne, lavorando per intercettare gli altri 47 milioni di potenziali lettori che oggi non trovano un’offerta in linea con le loro aspettative nei punti vendita. L’esposizione ad un pubblico più ampio non può che essere un bene per tutto il sistema della lettura in Italia».

 

Acquisti d’impulso di un cliente opportunista

La ricerca di Gfk ha tracciato anche un profilo del consumatore nella GDO, che è risultato essere anche in questa categoria opportunista e non esclusivista: compra dove capita tra i vari canali a disposizione, dove l’offerta è chiara e la shopping experience positiva. In GDO oltre il 60% degli acquisti nasce da stimoli ricevuti sul punto vendita e dunque è assimilabile all’acquisto di impulso: tra le motivazioni più importanti non compare il prezzo, mentre oltre un terzo degli acquisti nel canale è di prodotti di cui viene a conoscenza nel punto vendita stesso. La legge che limita le promozioni sul libro potrebbe avere influito sul trend di mercato, in un canale nel quale il consumatore è abituato a trovare pressione promozionale oltre il 30%.

Analizzando i dati di vendita appare anche chiaro come l’offerta sia eccessiva per il canale GDO: 1.500 titoli all’anno (un quinto di quelli realmente trattati) basterebbe a coprire oltre il 90% dei bisogni. Questo eccesso di offerta porta ad un’esposizione poco funzionale e chiara e a un eccesso di stock sul punto vendita. Le modalità gestionali del libro nella GDO risultano anacronistiche per le esigenze di marketing e di profilazione dei consumatori: ancora metà della distribuzione, per semplificare la gestione dei codici, tratta il libro a punto prezzo e non a titolo, rendendo illeggibili i dati di sell out, le vendite e le abitudini del consumatore.

Lo studio è stato presentato in occasione del convegno “Il libro in grande distribuzione: un approccio diverso che parta dal consumatore”, organizzato da Mach 2 Libri.

Made in Italy sotto attacco, i dazi di Trump mettono a rischio 3,8 mld di export USA

L’ascesa sembrava inarrestabile per i prodotti agroalimentari italiani che hanno vissuto un 2016 eccezionale (vedi Meraviglioso Made in Italy, nel 2016 export alimentare a 38 mld e siamo primi nel vino), e invece no: la politica proibizionistica del neopresidente degli Stati Uniti Donald Trump ci ha messo lo zampino. Ed ora non è solo la Vespa, icona dell’Italian way of life, ma piuttosto sono 3,8 miliardi di esportazioni di made in Italy agroalimentari, che nel 2016 hanno segnato un +6%. È quanto emerge da uno studio della Coldiretti in occasione della diffusione delle indiscrezioni sulla lista di prodotti italiani ed europei sui quali l’amministrazione statunitense sta valutando di imporre dazi punitivi del 100%, E le esportazioni verso gli USA pesano parecchio: il 10% del totale dell ‘agroalimentari italiane nel mondo (38,4 miliardi) con il terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna. Il vino risulta essere il prodotto più gettonato dagli statunitensi con 1,35 miliardi (+5% nel 2016), davanti a olio (499 milioni +10% nel 2016), formaggi (289 milioni, +2% nel 2016) e pasta (271 milioni, +4% nel 2016) secondo le analisi della Coldiretti: che ora rischieranno un crollo nelle vendite.

 

La lotta si gioca sulla sicurezza alimentare

Secondo Coldiretti un tale success sarebbe frutto anche dei primati qualitativi e di sicurezza alimentare dell’Italia, l’unico Paese al mondo con 4.965 prodotti alimentari tradizionali censiti, 289 specialità Dop/Igp riconosciute a livello comunitario e 415 vini Doc/Docg, e il divieto verso le coltivazioni Ogm e la carne agli ormoni.

Sullo sfondo, la presunzione statunitense di imporre ai cittadini europei la carne trattata con ormoni, che peraltro trova contrari il 98% degli italiani i quali non vogliono correre il rischio di consumarla secondo una indagine Coldiretti/IprMarketing.

Il divieto europeo di far entrare sul proprio mercato carne trattata con ormoni risale agli anni 80 ma nel 1996 gli Stati Uniti e il Canada hanno presentato il ricorso al Wto con il quale è iniziata una lunga battaglia con alti e bassi che sta portando ora gli Usa a definire una lista di prodotti da colpire. L’obiettivo  è individuare particolari prodotti e Stati membri dell’UE da assoggettare all’imposizione di dazi supplementari fino al 100% del loro valore come era già avvenuto in passato, dal 1999 al 2011, quando a farne le spese erano state conserve di pomodoro, carne suina, il formaggio francese Roquefort, acqua minerale, cioccolato e succhi di frutta.

 

 

Un diluvio di Italian sounding, formaggi e vini in primis

Il rischio di chiusura delle frontiere potrebbe portare a una proliferazione sul mercato statunitense del fenomeno dell’Italian sounding, che vale già 20 miliardi di euro, secondo la Coldiretti. Il 99% dei formaggi di tipo italiano sono in realtà realizzati in Wisconsin, California e New York, dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola fino al Fontiago, un improbabile mix tra Asiago e Fontina. Ma c’è anche il Chianti prodotto in California, mentre sempre negli States è possibile acquistare del Marsala Wine. Il fenomeno del falso vino “Made in Italy” trova un forte impulso anche dalle opportunità di vendita attraverso la rete dove è possibile acquistare da aziende statunitensi pseudo vino ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano. Soggetti al “taroccamento” però ci sono anche altri prodotti, dai pomodori san Marzano all’olio d’oliva fino ai salumi.

Rajapack Italia nel racconto del suo direttore generale Lorenza Zanardi

Giovane e donna in un’azienda che ha il suo core nell’imballaggio, Lorenza Zanardi, Direttore Generale di Rajapack Italia ha oggi al suo attivo uno sviluppo aziendale decisamente interessante. Con lei abbiamo voluto comprendere cosa abbia significato (e quanto complesso sia stato) farsi strada in un settore che – a torto o ragione – nell’immaginario collettivo è visto come prettamente maschile. “Internamente al Gruppo RAJA – premette Zanardi – l’es-sere donna non è stato sicuramente un ostacolo. Grazie alla caratterizzazione peculiare dell’azienda. RAJA, in-fatti, è l’acronimo di Rachel e Janine, le due fondatrici del Gruppo e tutt’oggi la nostra presidente è una figura femminile carismatica, Danièle Kapel-Marcovici”. Per quanto riguarda invece il mercato italiano degli im-ballaggi, Lorenza Zanardi ha una visione un po’ meno rosea: “ Inizialmente – precisa infatti – ho incontrato diffidenze da parte di alcuni fornitori e clienti ma sono riuscita a farmi rispettare. Certo non nascondo che per una donna i tempi per ottenere stima e fiducia si allungano.Ogni giorno lavoro per migliorare la nostra offerta e il nostro servizio. Vivo in un contesto economico molto veloce per questo l’aggiornamento e la documentazione continua sono per me imprescindibili. Capita alle volte, purtroppo, di sentire ancora qualche battuta a sfondo ses-sista, ma passo oltre e lascio parlare i risultati per me”.

Rajapack Italia oggi ha al suo attivo un fatturato di 15,8 mio euro. Quali i principali driver di crescita?

Il nostro è un settore che taglia trasversalmente il mercato. La forza di Rajapack risiede nella capacità di trovare soluzioni di imballaggio sia per il piccolo artigiano che, non avendo la possibilità di fare stock, deve acquistare solo pochi pezzi ma ne richiede la consegna il giorno dopo, sia per il grande gruppo multinazionale che ha l’esigenza di avere macchinari di imballaggio su misura, packaging personalizzato, consegne multi-sito, accordi quadro sui prezzi e servizi di e-procurement on-line.

Il boom dell’e-commerce ha costituito una risorsa importante per l’azienda sotto un duplice profilo. È possibile una stima di quanto nell’ultimo triennio (che coincide con il vero exploit del commercio elettronico e quindi con una maggior richiesta di imballaggi) sia aumentata la domanda e – quindi – la vostra offerta?

Fornisco alcuni dati perché credo che siano rilevanti. La percentuale dei nuovi clienti che arrivano attraverso il canale web nel 2007, alla nascita di Rajapack.it, si fermava al 24%. Dal 2013 al 2016 è passata dal 70% al 79% e a gennaio 2017 ha raggiunto l’83%. Sempre nel 2016 il 68% della base attiva di tutti i clienti ha ordinato on-line. Anche per quanto concerne la percentuale di fatturato generata dal web vi è stato un notevole incremento. Se nel 2007 si fermava al 12%, oggi si attesta a quota 34%, con una crescita costante durante gli ultimi tre anni. È innegabile che il canale e-commerce abbia un ruolo rilevante, soprattutto nella fase di acquisizione di nuovi clienti. Parallelamente questo ci spinge a investire per rendere l’offerta on-line più ricca. Nel 2007 i prodotti su Rajapack.it erano solo 1.400, oggi sono 4.500 (l’incremento negli ultimi 3 anni è stato di oltre 500 unità). Segnalo che anche la tipologia di imballaggio proposta si evolve, per esempio negli ultimi anni offriamo scatole e sacchetti idonei anche per i resi, molto richiesti dal settore e-commerce. Parallelamente lavoriamo quotidianamente per rendere il customer journey on-line sempre più piacevole, facile e veloce.

La sua azienda ha conquistato il riconoscimento Netcomm per l’e-commerce: come ha fatto un’azien-da come la vostra a tagliare questo traguardo in un agone così fortemente presidiato da colossi del calibro di Amazon?

Premesso che Amazon è sempre stato per noi una fonte d’ispirazione e uno stimolo a fare sempre di più, voglio anticiparle che il nostro team web sta lavorando a un up-grade della piattaforma che permetterà una velocità di navigazione anche superiore a quella del colosso di Seattle… Quello che ci ha permesso di vincere il premio come miglior e-commerce B2B è stato comprendere che l’utente B2B è prima ancora un utente B2C, anzi H2H (human to human). L’esperienza sul web deve essere veloce, immediata, empatica, a misura d’uomo e, perché no, ironica (non è un caso, in-fatti, se realizziamo video tutorial capaci di informare ma anche di intrattenere). Da qui alcune nostre soluzioni come gli strumenti BOX e BAGSELECTOR che – tra migliaia di misure – permettono l’individuazione in pochi click del pro-prio formato di scatola o di sacchetto; oppure come il tool RAJAPRINT che fornisce subito un’anteprima on-line degli imballaggi personalizzati o il ser-vizio di e-procurement che mostra i prezzi concordati negli accordi quadro direttamente su Rajapack.it, consenten-do di collegare i sistemi gestionali dei responsabili acquisti direttamente al sito di imballaggi, evitando così un eccessivo inserimenti dati.

Le innovazioni principali?

Quelle finalizzate a rendere più efficiente l’organizzazione aziendale. Negli anni abbiamo implementato un sistema WMS a magazzino, un software di inventory- management per garantire che tutti i prodotti siano sempre a disposizione, abbiamo continuato ad avere up-grade del sito web e ad avvalerci di tutti i sistemi disponibili per la conversione degli ordi-ni on-line: conversion booster intelligente (propone in tempo reale agli utenti sconti personalizzati, tarati sul loro comportamento di navigazione), e-mail per recuperare il carrello abban-donato, strumenti di cross-selling on-line.Ora stiamo implementando un nuovo CRM e velocizzando la gestione logistica degli ordini.

Rajapack, dopo il potenziamento e il successo sul fron-te e-commerce si fregia di un’offerta multicanale. Non c’è il rischio che il settore del commercio elettronico prenda sempre più spazio fino a eclissare gli altri?

Sicuramente l’e-commerce acquisirà uno spazio crescente, ma non temo l’eclissi totale del mondo fisico…Il nostro è un organismo complesso, sempre più basato sulla multicanalità, che è quindi la nostra forza e una garanzia ulteriore per i clienti: la presenza fisica percepita dietro a quella virtuale rassicura e fidelizza anche l’utente on-line.Certo negli ultimi anni abbiamo diminuito la spesa per la stampa di cataloghi cartacei e incrementato gli investi-menti web nel SEO e SEM. Ma questo si è tradotto in una riduzione del costo di acquisizione dei nuovi clienti del 22%. La consapevolezza che in futuro stamperemo sempre meno cataloghi non è per noi un dato negativo, anzi, al di là dell’aspetto economico questa riduzione è molto importante a livello ecologico. Quanto agli altri canali, poi, c’è una sola certezza: non scompariranno e non ver-ranno cannibalizzati. Il contact-center è complementare all’e-commerce: l’ordine, infatti, non si esaurisce con la sua con-ferma on-line. Per qualsiasi esigenza il cliente ha a disposizione un servizio di customer-care pronto ad intervenire e risolvere qualsiasi problema. Inoltre alle grandi aziende che lo chiedono offriamo la possibilità di avere un esperto in loco, che studi con loro le migliori soluzioni personalizzate per le loro postazioni di imballaggio.

Innovazione e velocità contraddistin-guono la sua guida: può “raccontarci” alcune delle sue decisioni che “hanno fatto la differenza” imprimendo dinamismo competitivo alla macchina aziendale?

Senza dubbio aver investito nel web sin da subito. La digital transformation si è dimostrata un’intuizione vincente che ci ha permesso di moltiplicare il fatturato in pochi anni. Un’ottima decisione che è stata confermata anche dal fatto che siamo stata una delle prime realtà aziendali ad ottenere il Sigillo Gold di Netcomm. Se guardo invece al passato più recente tra le migliori decisioni mai prese primeggiano la scelta di investire tempo ed energia nell’acquisizione di grandi Gruppi inter-nazionali come clienti e senza dubbio l’avere saputo creare un team di lavoro competente e affiatato.

Granarolo guarda all’export e sottoscrive emmissione obbligazionaria da 60 milioni

Vale 60 milioni di euro l’obbligazione sottoscritta dal Gruppo CDP ed emessa da Granarolo, società italiana leader nel comparto lattiero-caseario. L’emissione, sottoscritta in parti uguali da Cassa depositi e prestiti e dal Fondo Sviluppo Export nato su iniziativa di SACE (Gruppo CDP) e gestito da Amundi SGR, ha una durata di sei anni, prevede una cedola annuale pari a 3,05%, e rimborso bullet. L’operazione è stata strutturata e collocata da BNP Paribas e Deutsche Bank in qualità di Joint-Lead Managers. L’iniziativa contribuisce al finanziamento del nuovo Piano industriale 2016-2019 di Granarolo, progetto che punta ad attuare una strategia di espansione all’estero della società e a raggiungere un incremento dal 20% al 40% dei ricavi provenienti dai nuovi mercati. Con la liquidità impiegata dal gruppo CDP, Granarolo potrà concludere nuove acquisizioni, ampliare la gamma dei prodotti offerti e le geografie raggiunte.

Attraverso questa operazione, Granarolo non solo prosegue la propria esperienza nel mercato dei capitali iniziata nel 2013 con il primo bond quotato alla Borsa lussemburghese, ma amplia anche la strategia di sviluppo sui mercati esteri avviata nel 2011 con una serie di acquisizioni di società produttive in Francia, Cile, Brasile e Nuova Zelanda e che, da Piano, prevede nuove azioni strategiche in Paesi extra-europei.

«Il bond contribuirà a finanziare il piano di sviluppo 2016-2019 che stiamo realizzando – ha dichiarato Gianpiero Calzolari, Presidente del Gruppo Granarolo –. Nord America ed Asia sono i principali mercati di sbocco, per i quali stiamo pianificando in parallelo il lancio di un vasto paniere di prodotti Made in Italy e di innovativi prodotti che rispondono a bisogni specifici di quelle comunità».

«Con l’operazione conclusa oggi, il Gruppo CDP contribuisce allo sviluppo all’estero di una società italiana leader nel settore agroalimentare” – ha dichiarato Antonella Baldino, Chief Business Officer di Cassa depositi e prestiti –. Si tratta di una operazione che coniuga l’impegno del Gruppo CDP nel supporto ai processi di internazionalizzazione delle aziende italiane, fattore chiave di successo e di competitività, con il sostegno ad un settore che si contraddistingue da sempre come una eccellenza italiana. L’agroalimentare rappresenta infatti un asset strategico dell’economia del Paese, non soltanto perché contribuisce in modo rilevante alla crescita economica e rappresenta una quota significativa del nostro export, collocandoci ai vertici delle classifiche dei Paesi esportatori, ma anche per l’immagine di qualità che da sempre restituisce al Paese in ambito internazionale».

 

Amazon acquisisce Souq.com e parte alla conquista del Medio Oriente

Se ne parlava da giorni ma è ora arrivata la conferma da parte della compagnia di Jeff Bezos: Amazon acquisirà il 100% dell’operatore di e-commerce mediorientale Souq.com. L’accordo dovrebbe concludersi nel corso del 2017. Per lo stesso operatore nei giorni scorsi erano stati offerti 800 milioni di USD da Emaar Malls di Dubai, proprietario dei centri commerciali più lussuosi della regione.

Souq.com è nato 12 anni fa per iniziativa dell’imprenditore siriano Ronaldo Mouchawar, e secondo alcune fonti “varrebbe” oggi un miliardo di USD, per alcuni un valore eccessivo.

Come is legge nella nota che conferma l’acquisizione “L’entrata nella famiglia di Amazon permetterà a SOUQ.com di continuare  a crescere e a lavorare con noi per portare ancora più prodotti e offerte ai clienti in tutto il mondo”.

«Amazon e SOUQ.com hanno lo stesso DNA – entrambi siano spinti dai nostri clienti, dall’innovazione, e da un pensiero che guarda al lungo termine – ha detto Russ Grandinetti, Amazon Senior Vice President, International Consumer. “SOUQ.com è stato un pioniere dell’e-commerce nel Medio Oriente, ed è stato in grado di creare una grandiosa esperienza di acquisto per i suoi clienti. Non vediamo l’ora di imparare da loro e supportarli con la nostra tecnologia e le nostre risorse globali. Insieme  lavoreremo per assicurare la migliore esperienza a milioni di clienti nel Medio Oriente».

«Questa acquisizione segna un momento critico per lo sviluppo del nostro e-commerce nella regione – ha commentato il cofondatore e Ceo di SOUQ.com Ronaldo Mouchawar -. Entrando nella famiglia Amazon saremo in grado di ampliare di molto le nostre capacità di spedizione e la velocità delle operazioni di selezione dei clienti».

Nonostante l’offerta di Emaar Malls fosse più alta (secondo il Financial Times Amazon sarebbe disposta a pagare un prezzo tra i 650 e i 750 milioni di USD) esisteva un accordo di esclusività che l’operatore di e-commerce basato a Dubai avrebbe dovuto rompere.

Con questa acquisizione Amazon entra nella regione per la prima volta appoggiandosi a un operatore che offre già 4 milioni di prodotti e possiede infrastrutture e magazzini logistici sul posto.

 

In Italia cresce il consumo di prodotti vegetali e Alpro si conferma leader del settore

Secondo dati Nielsen, lo scorso anno il settore dei prodotti alternativi al latte e derivati ha raggiunto un valore di 220 milioni di euro. La crescita è guidata in particolare dalle alternative vegetali allo yogurt e dalle bevande vegetali; queste ultime vedono al primo posto i prodotti a base di soia e a seguire i drink a base di mandorla, avena, riso e cocco, segnando una crescita del 36%. 

Alpro si conferma il leader del settore con una quota nel segmento del vegetale pari al 19,1% in Italia e del 43% in Europa. “L’attenzione dei consumatori verso un stile di vita più salutare e quindi verso un’alimentazione sana è un trend ormai riconosciuto. L’interesse crescente verso i prodotti a base vegetale mostrato dal mercato ne è la conseguenza”, spiega Bjorn Verbrugghe, marketing manager South Europe di Alpro.

I dati dimostrano che il consumo di bevande e alimenti vegetali si sta diffondendo sempre di più tra i consumatori italiani e non è limitato a particolari abitudini o intolleranze alimentari. Uno studio condotto da Alpro conferma questa tendenza: “Il gruppo di consumatori che utilizza maggiormente questi prodotti è rappresentato da chi punta a uno stile di vita orientato al benessere, interessandosi maggiormente alla salute, e affianca all’alimentazione uno stile di vita sportivo. Per questo sono propensi a integrare prodotti a base vegetale nella dieta quotidiana”, dichiara Verbrugghe.

Ad esempio, il prodotto più venduto del brand – la Bevanda alla Soia Original da 1 litro – si posiziona tra i 20 più acquistati nell’intera categoria che tiene conto sia delle bevande del settore lattiero-caseario, sia delle alternative.

Prevedere e soddisfare le esigenze dei consumatori è fondamentale per alimentare la crescita della categoria”, spiega Verbrugghe. “Per questo l’innovazione è il motore di Alpro, che ha recentemente lanciato nuove categorie e rafforzato la presenza in altre. Per rispondere a chi è molto attento al consumo di zuccheri, infatti, abbiamo lanciato la Bevanda Alpro alla Mandorla non tostata, senza zucchero e la Bevanda alla Soia senza zucchero. Inoltre, ci stiamo concentrando sul momento della colazione e sull’esigenza di variazione nel pasto più importante della giornata. Qui la gamma di alternative vegetali allo yogurt da 500 gr, a cui si possono aggiungere frutta secca o fresca e muesli, sono la nostra forza”.

Anche i momenti di consumo stanno evolvendo: i consumatori ricercano sempre più una colazione a base vegetale sia in casa, sia fuori casa. “Il lancio della bevanda Alpro Delicato è strategico in questo senso: si tratta infatti di un drink dalla consistenza cremosa, ottimo per essere scaldato e montato a schiuma e ideale da abbinare con il caffé”, conclude Verbrugghe.

Esselunga nel 2016 utile a 7,54 miliardi (+3,1%), il 5 aprile debutto a Roma

Utili in positivo nel 2016 per Esselunga, che ha appena pubblicato il bilancio: le vendite sono cresciute del 3,1% a 7.540 milioni di Euro con prezzi in diminuzione dell’1,1% mentre i clienti sono aumentati del 4,4% grazie anche a quattro nuovi negozi. E per il 2017 l’insegna prevede cinque aperture tra le quali ci sarà l’atteso debutto a Roma il 5 aprile (vedi Esselunga, vendo o non vendo? Gli eredi litigano, a Pasqua lo sbarco a Roma).

Il Risultato Operativo è stato pari a 405 milioni di Euro (431 milioni di Euro nel 2015), l’Utile Netto è invece calato a 262 milioni di Euro (era di 291 milioni di Euro del 2015). Questi andamenti sono stati condizionati, fra l’altro, dalle svalutazioni immobiliari. Il Margine Operativo Lordo è arrivato a 661 milioni di Euro da 626 del 2015. La Posizione Finanziaria netta migliora, passando a 55 milioni di Euro (negativo) dai 116 milioni di Euro (negativo) del 2015. Lo sviluppo della rete di vendita registrato nel 2016 ha consentito la crescita dei clienti, ottenuta anche grazie alla combinazione di contenimento dei prezzi di vendita e attività promozionali sviluppate nell’arco dell’anno. Da sottolineare che l’inflazione ricevuta dai fornitori è stata pari a +0,9%. Gli investimenti hanno raggiunto quota 490 milioni di Euro. Sono stati impiegati 9 milioni di Euro in iniziative di solidarietà sul territorio.

L’organico medio ha raggiunto 22.741 persone, con un incremento di 811 collaboratori. Il 93% del personale ha un contratto a tempo indeterminato, record tra le aziende della grande distribuzione.

 

Quattro nuovi store nel 2017 e quarto polo logistico in provincia di Brescia

Nel maggio 2016 è stato siglato il contratto di acquisto del ramo d’azienda di Ospitaletto dell’acciaieria Stefana SpA, in concordato preventivo, dove è prevista la realizzazione del quarto polo logistico del Gruppo: i lavori per la realizzazione sono in corso d’opera. Nel 2017 sono inoltre previste cinque nuove aperture tra cui Roma Prenestina, il 5 aprile, e Verona Fiera.

Nel corso del 2016 sono stati aperti i negozi di Monza (Viale Libertà), con la contestuale chiusura di quello in via Lecco, Como località Ca’ Merlata, Cusano Milanino (MI) e Prato Viale Galilei con la contestuale chiusura di quello adiacente. Lo storico negozio di Milano Viale Certosa, aperto nel 1968, è stato chiuso.

Granarolo continua lo shopping in Brasile con il 60% di ALLFOOD

Granarolo, dopo l’acquisizione (nel 2015) del 60% della brasiliana Yema, specializzata nella produzione e commercializzazione di prodotti caseari, porta a buon fine una seconda operazione in Brasile, acquisendo il 60% di ALLFOOD, primario importatore e distributore di prodotti tipici europei in Brasile.

ALLFOOD, con sede a San Paolo ha un portafoglio di oltre 200 prodotti, di cui il 48% italiani (25% formaggi e 75% salumi), il 33% a marchio proprio. La Società può contare su un centro logistico di 2000 mq e uno stabilimento di due linee produttive rispettivamente per salumi e formaggi.

“Il Brasile – dichiara Gianpiero Calzolari, presidente del Gruppo Granarolo – rappresenta un mercato strategico per la presenza di un’ampia comunità italiana di circa 25 milioni di persone che sono naturalmente interessate ai prodotti italiani; solo il segmento diary vale 23 miliardi di euro. È un Paese con un forte potenziale: Yema nel giro di un anno ha registrato un incremento del fatturato pari al 25%. L’attività di ALLFOOD – conclude Calzolari – si integra perfettamente con quella svolta da Yema; la prima infatti distribuisce prevalentemente alla grande distribuzione mentre Yema vende nel canale foodservice”.

L’operazione permetterà a Granarolo, attraverso le sinergie tra Yema e ALLFOOD, di diventare un’azienda leader nell’importazione di prodotti alimentari italiani ed europei in Brasile, in grado di coprire tutti i canali distributivi e realizzare economie di scala.

“La scelta di questa partnership da una parte rappresenta per Granarolo l’opportunità di entrare in modo ancora più forte nel mercato brasiliano, dall’altra parte rafforza la strategia di Allfood che vuole consolidare la propria leadership nella importazione di prodotti gastronomici europei in Brasile”, ha commentato Luciano Almendary, CEO di Allfood Importação. Industria e Comercio SA. “L’accesso a nuovi prodotti italiani arricchirà il nostro portafoglio e la nostra offerta verso il mercato. Crescerà anche la nostra capacità di servire i partner brasiliani a 360°, siano essi nel mercato retail, normal trade o horeca”.

Asiago DOP, al via il nuovo piano che regola l’offerta

Asiago Dop:  diventa operativo – grazie al decreto 1574/2017 del Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali – il Piano di Regolazione dell’Offerta del formaggio Asiago, approvato all’unanimità dai caseifici produttori soci per il triennio 2017-2019.

Gli obiettivi

Preservare e, ove possibile, generare nuovo valore per la filiera dell’Asiago DOP garantendo ai produttori un’adeguata remunerazione con una crescente attenzione alla qualità. Sono questi gli obiettivi del nuovo piano di crescita programmata che, partendo dall’adeguamento dell’offerta alla domanda, prosegue nel mantenimento e miglioramento della qualità, a vantaggio dei consumatori. Un impegno che vede il piano triennale 2017-2019 agire in sinergia con gli strumenti di valutazione qualitativa già inseriti nel “piano dei controlli” dell’Asiago DOP ed in particolare con l’analisi sensoriale, diventata, dal 2012, elemento di valutazione cogente per tutti i produttori.

I punti

Il consorzio, che ha avuto modo di sperimentare i vantaggi della programamzione che regola i flussi di domanda e offerta, si trova oggi davanti a importanti novità.

Il nuovo piano, infatti:

  • semplifica il meccanismo di regolazione dell’offerta limitando gli eccessi di stock,
  • valorizza la denominazione “prodotto della montagna” ed ulteriori nicchie, come l’Asiago biologico,
  • punta a rafforzare l’orientamento al mercato con un approccio che premia i produttori impegnati ad esportare Asiago DOP nel mondo.

Più nel dettaglio: il piano triennale si basa su una programmazione trimestrale per Asiago Fresco e semestrale per Asiago Stagionato. Per il primo trimestre 2017, il punto di equilibrio dell’Asiago Fresco sarà di 348.248 forme (peso medio unitario di 14,2 kg); per il primo semestre 2017, per l’Asiago Stagionato, sono previste 135.688 forme dal peso medio di 9,65 kg, ad esclusione del Prodotto della Montagna per il quale è definita, per entrambe le tipologie, un’assegnazione annua simbolica.

“La regolazione dell’offerta ha mostrato, in questo triennio, i suoi effetti positivi; per Asiago Fresco, ad esempio, i margini medi al litro rispetto al prezzo del latte registrati nel triennio del piano produttivo sono stati del 64% superiori rispetto al triennio precedente” – afferma Fiorenzo Rigoni, Presidente del Consorzio di Tutela. “Il nuovo piano -prosegue Rigoni – si limita a creare le condizioni per evitare eccedenze di stock, che avrebbero ripercussioni negative per la filiera produttiva ed i consumatori. Una proficua ed efficace valorizzazione commerciale, atta a non svilire il prezzo del prodotto è, invece, responsabilità delle aziende che, a vario titolo, lo commercializzano.”

I vantaggi per l’export

Il piano 2017-2019 impatta anche sulle esportazioni. Tra il 2009 e il 2016, il fatturato export del formaggio Asiago è cresciuto di oltre il 60%. Una crescita che il Consorzio di Tutela intende continuare ad incentivare attraverso l’azione congiunta con le aziende esportatrici. Da un lato, dunque, un apposito capitolo del piano di programmazione dell’offerta prevede, per i caseifici impegnati a diffondere il prodotto all’estero, un “Bonus Export”, dall’altro il Consorzio di Tutela conferma e rafforza le sue attività all’estero con una particolare attenzione agli USA, al Canada e ai paesi emergenti dell’Asia e dell’America Latina.

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