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Doc Maremma Toscana: riviste le norme del Disciplinare

DOC Maremma Toscana: a cinque anni dal riconoscimento della denominazione ottenuta nell’intero territorio della provincia di Grosseto, i produttori hanno avvertito l’esigenza di rivedere le norme che ne regolano e disciplinano la produzione.

“Il Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana è nato due anni fa con l’obiettivo, tra gli altri, di tutelare e salvaguardare la DOC Maremma Toscana, intervenendo, se necessario, anche sulle regole che ne disciplinano la produzione. Siamo soddisfatti di aver concluso positivamente e in modo così celere la prima parte di questo importante percorso, che porterà la DOC a un disciplinare di produzione più adeguato alle esigenze del mercato e del territorio” – dichiara Edoardo Donato, Presidente del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana.

Le principali modifiche riguardano la revisione della base ampelografica prevista per la produzione delle tipologie Rosso e Bianco: viene infatti eliminata la presenza obbligatoria di un solo vitigno prevalente (Sangiovese, per almeno il 40% nel caso del Rosso, Vermentino e/o Trebbiano toscano, nel caso del Bianco) e viene consentita la produzione con la presenza, da sole o congiuntamente, delle prime cinque varietà a bacca rossa e bianca più coltivate sul territorio, per un minimo del 60%.

Verranno ammesse e inserite nuove tipologie varietali e, in particolare, Cabernet Franc e Petit Verdot, molto diffuse in Maremma con superfici intorno ai 170 ettari, e Pugnitello, un vitigno autoctono del territorio, reperito nel 1978 in un vecchio vigneto vicino a Cinigiano e oggetto di sempre maggiore interesse da parte dei viticoltori maremmani.

Viene inoltre consentita la possibilità di presentare i vini della DOC Maremma Toscana con l’indicazione in etichetta di due varietà, inserendo quelle che comunemente si chiamano tipologie “bivarietali”, una novità assoluta fra le DOP Toscane (ad oggi, infatti, i bivarietali sono consentiti, in Toscana, esclusivamente per i vini IGT).Schermata 2016-07-19 a 15.44.55

Sarà introdotta la tipologia Rosato per il Vino Spumante e per alcuni vini varietali da uve a bacca rossa (Alicante, Ciliegiolo, Sangiovese, Merlot e Syrah) e la menzione tradizionale “Governo all’uso toscano”, che sarà utilizzabile solo per il vino Rosso e per la tipologia varietale Sangiovese.

Altro elemento di caratterizzazione dei vini della DOC sarà rappresentato dall’inserimento della qualifica Riserva, ma solo per il tipo Rosso e Bianco con la previsione, nel primo caso, di un invecchiamento obbligatorio di due anni di cui almeno sei mesi in botti di legno, mentre nel secondo di un affinamento minimo di un anno.

Una delle modifiche probabilmente più rilevanti per la tutela della qualità e della reputazione dei vini della Denominazione è la previsione della restrizione dell’imbottigliamento alla sola zona di produzione e alle aree limitrofe. Questo renderà possibile, fatte salve le deroghe che comunque la norma nazionale e comunitaria pone a salvaguardia dei diritti acquisiti, l’imbottigliamento nella provincia di Grosseto e in alcune province della Regione Toscana, consentendo di garantire l’origine dei vini e assicurare l’efficacia dei controlli.

Modifiche minori, infine, riguardano l’inserimento di un limite temporale per l’immissione al consumo dei vini rossi della DOC (non prima  del 1° marzo dell’anno successivo alla vendemmia) e la limitazione d’uso di alcuni recipienti per il confezionamento dei vini.

Il prossimo passo sarà l’istruzione della domanda da inoltrare agli uffici regionali e al Ministero delle politiche agricole. Le nuove regole saranno applicabili, con molta probabilità, a partire dalla vendemmia 2017.

“Prosegue l’attività del Consorzio a supporto della DOC Maremma Toscana con un intervento, in questo caso, che tende ad incidere sulle regole produttive e commerciali della Denominazione in modo da renderla sempre più appetibile sul mercato senza perdere di vista, tuttavia, l’importanza della sua tutela e salvaguardia” – dichiara Luca Pollini, Direttore del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana.

Il Consorzio

Conta 349 aziende – di cui 64 con produzione “verticale” – e un totale di 4 milioni di bottiglie prodotte e opera nell’intera provincia di Grosseto, una vasta area nel sud della Toscana che si estende dalle pendici del Monte Amiata e raggiunge la costa maremmana e l’Argentario fino all’Isola del Giglio. La DOC dispone di una zona di produzione di quasi 8.600 ettari di vigneto, dei quali 1.630 sono stati utilizzati per produrre i vini della Denominazione durante la vendemmia 2015. I dati riferiti ai vini imbottigliati con la DOC Maremma Toscana nei primi 6 mesi del 2016 fanno segnare un’ulteriore crescita dei quantitativi, attestandosi a circa 21.700 ettolitri contro i 32.260 dell’intero 2015. Obiettivo del Consorzio è quello di unire e valorizzare le diversità del territorio della Maremma, esaltandone tutta la complessità, non solo enologica, ma anche turistica, agricola, storica e culturale.

Supermercato 24, ancora un traguardo: aumento di capitale e nuovo AD

Supermercato24 chiude l’aumento di capitale con un round di 3 milioni di euro, sottoscritti principalmente da Innogest (lead investor) e 360 Capital Partners, già investitore nel seed round del febbraio 2015. Evidentemente la costante crescita mensile del 15% di Supermercato 24 e le prime collaborazioni commerciali con la grande distribuzione e con l’industria di marca, hanno convinto due fondi di venture capital italiani della bontà del progetto di Pandian, fondatore e presidente del Consiglio d’amministrazione.
Ad accompagnare verso il futuro Supermercato24 (che prevede di chiudere il bilancio 2016 con un fatturato di 5 milioni di euro, contro i 750mila euro del 2015) sarà il nuovo amministratore delegato Federico Sargenti, manager che ha lanciato l’e-commerce del grocery in Italia e Spagna per Amazon, che insieme al fondatore e presidente Enrico Pandian si impegna a migliorare l’efficienza del servizio attraverso il consolidamento della rete logistica, l’estensione dell’assortimento e dell’offerta con prezzi allineati a quelli dei punti vendita.

Con la chiusura dell’aumento di capitale il Consiglio di Amministrazione vedrà l’ingresso, oltre a  Pandian e Sargenti, di manager di spicco del settore come Andrea Petronio, partner di Bain & Company Italia con una vasta esperienza nel mondo del retail, del partner di Innogest Stefano Molino e di Cesare Maifredi, general partner di 360 Capital Partners.

“Ho accettato questa sfida perché Supermercato24 rappresenta il modello di business più adatto a soddisfare i nuovi fabbisogni sia dei consumatori che degli operatori Grocery in un mercato sempre più digitale.” – dichiara l’amministratore delegato Federico Sargenti – “Con Supermercato24 i consumatori italiani possono infatti avere l’assortimento e la qualità dell’insegna di fiducia combinati con la consegna  a casa in giornata anche in un’ora. I Retailer hanno a disposizione un partner che abilita i loro punti vendita all’on-line senza nessun costo di set up e beneficiando di vendite incrementali. Con questo aumento di capitale potremo continuare a crescere e migliorare  ulteriormente la qualità del servizio.”

Il rinnovato interesse dei nostri investitori ci incoraggia a strutturare al meglio il nostro business al fine di raggiungere sempre più clienti, rafforzandoci innanzitutto nelle aree dove il servizio è presente e puntando alla parità di prezzo tra la nostra piattaforma di Supermercato24 e il punto vendita.”- commenta Enrico Pandian, Fondatore e Presidente del CDA – “L’ingresso di nuovi player e-commerce nel grocery sta persuadendo sempre più clienti ai benefici dello shopping on-line anche in questo mercato, facendo di Supermercato24 il partner ideale dei retailer. Dalla nostra una storia di successo che ci vede in meno di due anni raggiungere 250mila utenti e 5 milioni di fatturato nel 2016.”

“Siamo contenti di aver investito e di poter supportare la crescita di Supermercato24” ha
commentato Stefano Molino, partner di Innogest. “Riteniamo che ci sia una grande opportunità di mercato nello sviluppo dell’online grocery in Italia, che oggi rappresenta ancora una percentuale
molto ridotta del mercato complessivo. Supermercato24 è posizionato per essere un leader nel settore grazie alla piattaforma sviluppata e ai rapporti con la distribuzione e l’industria di marca.”

Brexit, chi vince e chi perde nel retail: discount su, ipermercati giù

I discount come Lidl, che già hanno eroso negli ultimi anni quote di mercato alle insegne tradizionali, secondo gli analisti otterranno un ulteriore vantaggio dall'uscita della Grand Bretagna dall'Ue.

Planet Retail ha stilato un report che individua le opportunità e i rischi della Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea decisa con il referendum del 23 giugno, nell’ambito del commercio.

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Un costo aggiuntivo: le etichette “Made in UE” andranno sostituite con etichette “nazionali”

Un impatto a breve e lungo termine che colpirà l’intero vecchio continente, con l’Ue che perderà in un colpo solo il 12,9% della popolazione, il 16,6% del Pil, 18,7% della spesa dei consumatori, il 18,3% delle vendite retail e il 15,2% delle vendite di alimentari. Non solo: i partiti populisti di Danimarca, Olanda e Francia pensano già al loro referendum per l’uscita, con rischi di ulteriore disgregazione.

Di seguito lo scenario con le possibili conseguenze nel Regno Unito (ma non solo):

1. Rallentamento della crescita UK con probabile recessione

Opportunità per:

  • I Discount con la loro forte reputazione per un buon rapporto prezzi qualità
  • I supermercati con tanti punti vendita di prossimità, mentre perderanno le grandi superfici fuori città (si tenderà a risparmiare benzina ed evitare la “tentazione” di comprare il superfluo)
  • I produttori di prodotti Private label specialmente se di livello economico
  • Le insegne con programmi di loyalty forti, in grado di offrire benefici, sconti addizionali o premi
  • I produttori di oggetti di lusso abbordabili, perché i consumatori cercheranno di premarsi con piccole cose
  • I prodotti che costituiscono un’alternativa conveniente ai consumi fuoricasa, come le capsule per caffè

Rischi per:

  • Gli ipermercati con maggiore esposizione verso articoli non alimentari
  • La ristorazione, per la tendenza a cucinare a casa
  • I commercianti Non-food che si specializzano in prodotti non essenziali e il cui acquisto è rimandabile

2. Sterlina più debole

Opportunità per:

  • I fornitori di prodotti locali, regionali e prodotti in Gran Bretagna beneficeranno dell’aumento di competitività
  • I fornitori di prodotti britannici che esportano all’estero
  • I discounter con categorie di prodotto limitate che possono passare la gran parte delle vendite a prodotti locali sostituendo un numero limitato di prodotti
  • Chi è in grado di acquistare dai Paesi a bassi salari sullo scenario globale (ad es. Asda che fa parte di Walmart)
  • Le insegne che hanno operazioni internazionali che vedranno le vendite sui mercati esteri aumentare a causa del cambio con la sterlina bassa (ad es. Tesco)

Rischi per:

  • I retailer che trattano categorie che si basano molto sulle importazioni come gli alimentari (il 39% degli alimentari venduti in UK è importato, e in particolare lo è il fresco come frutta, verdura e latticini)
  • Gli ipermercati che vendono prodotti non alimentari fatturati in moneta esetra (con i rischi maggiori per le transazioni verso il dollaro)
  • La divisione UK degli operatori di e-commerce internazionali, perché i consumatori arriveranno da altri mercati europei per fare acquisti in sterline
  • I negozi che si appoggiano a una scelta di prodotti internazionali come leva di differenziazione (negli ipermercati potrebbero diminuire le categorie di cibi esteri o etnici)
  • Insegne internazionali con operazione in UK (Walmart, Costco, Whole Foods) perché potrebbero diminuire le vendite sul fronte britanico
  • I retailer UK con operazioni internazionali in perdita, perché le perdite saranno aumentate dal cambio sfavorevole

3. Aumento dei tassi di interesse per alleviare la pressione verso il basso della sterlina

Opportunità per:

  • Distributori e fornitori con una forte dipendenza verso le supplì chain internazionali che eviteranno una pressione inflazionistica ancora più alta

Rischi per:

  • Distributori e fornitori di fai-da-te, arredamento, e forniture elettriche per la casa perché è plausibile che il mercato immobiliare sarà duramente colpito

4. Maggiori regolamentazioni e limitazioni nel libero movimento di merci e persone

Opportunità per:

  • I Retailer che dipendono poco delle supply chains estere
  • I Retailer con supply chain intrenazionali capaci di riorganizzare il flusso di merci velocemente
  • I Retailer che beneficiano della condivisione di negoziazioni e best practice a livello regionale europeo (ad es. Asda arte del gruppo d’acquisto EMD di cui fanno parte tra gli altri in Italia Selex e Sun)

Rischi per:

  •  I retailer britannici che dipendono molto da supply chain internazionali con un debole prospettiva di sostituirli con fornitori nazionali (abbigliamento, elettronica di consumo, fai da te)
  • I retailer americani che hanno investito nel Regno Unito come “ponte” per entrare in Europa (Whole Foods, Costco)
  • Le aziende di E-commerce che potrebbero soffrire dalle aspettative fallite dei clienti che non riescono ad ottenere consegne in giornata
  • Fornitori e distributori britannici che si avvalgono di manopdopera europea a basso costo

 

5. Ulteriore frammentazione dell’UE

  • Distributori e fornitori in tutta Europa soffriranno per l’impatto negativo sulle supply chains con tempi di attesa aggiuntivi alle frontiere e maggiori rischi per il cambio delle valute

 

 

 

Brexit: le opinioni nel retail:

Lidl UK: “Apprezziamo e rispettiamo la decisione del Leave fatta dal pubblico britannico. […] Abbiamo lavorato duramente nelle retrovie per prepararci a questa possibilità, così ora siamo pronti. […] Continueremo a investire nei nostri piani di espansione nel Regno Unito con nuovi punti vendita, nuovi magazzini e nuovi posti di lavoro.“

Stefano Pessina, Walgreens Alliance Boots. «Si sceglie di investire nel Regno Unito perché da lì si può facilmente accedere a tutta l’Unione Europea. Ora che il Regno Unito non sarà più parte della Ue, cambierà tutto».

RichardPennycook,TheCo-OperativeGroup: “Il nostro messaggio è positivo: siamo passati per un periodo di incertezza e ora consociamo l’esito. Ora dobbiamo guardare avanti e cogliere le opportunità.”

Alessandro De Felice, Presidente di ANRA, Associazione Nazionale di Risk Manager e Responsabili di Assicurazioni Aziendali. “Se la Gran Bretagna avesse deciso di rimanere nell’Unione Europea, ad esempio secondo le previsioni di Sace, l’export italiano avrebbe messo a segno una crescita media annua del 5,5% nel periodo 2017 – 2019 . Concretizzata la Brexit queste stime potrebbero essere riviste al ribasso di circa 1-2 punti percentuali nel 2016 (fino a 500 milioni € in meno).

Stephen Springham, Knight Frank: “Come ha provato la scorsa recessione i trend di spesa non seguono religiosamente le prestazioni del Pil. I consumatori potrebbero chiudere i cordoni delle borse e ripensare le priorità di spesa, ma non smetteranno di spendere. Le vendite nel retail rimarranno incostanti,. Ma il retail potrebbe beneficiare da investitori esteri a “caccia dell’affare”  pronti ad approfittare di ogni perdita di valore della sterlina.”

Tim Worsall, Forbes: “La causa principale della diminuzione delle vendite nei negozi britannici [a giugno, ndr] non ha a che fare con l’incertezza causata dalla Brexit ma con Amazon”.

L’e-commerce vola e Alibaba apre le porte del mercato cinese

L’e-commerce vola e si conferma uno dei principali attori dell’ecosistema del business. A conferma della forza di questo trend, Alibaba Group ha organizzato nela sede di Milano di Aice  (Associazione Italiana Commercio Estero) il seminario  “E-commerce Gateway to China”. Con l’obiettivo di illustrare le nuove opportunità di crescita offerte dal più grande marketplace online e mobile. Presente all’incontro anche Michele Scannavini, in uno dei suoi primi interventi pubblici dopo la nomina a Presidente dell’ Agenzia ICE.

Il team di Alibaba Italia – guidato da Rodrigo Cipriani Foresio – ha presentato alle oltre 100 aziende presenti, due terzi delle quali appartenenti ai settori food, fashion e design, il modus operandi del colosso asiatico, leader nell’e-commerce, capace (in virtù della sua massa critica) di supportare l’export delle medie e grandi imprese italiane sul mercato cinese offrendo loro l’opportunità di vendere sulle diverse piattaforme del gruppo sia in ambito B2C (Tmall e Tmall Global) che B2B (Alibaba.com).

Duplice la strategia illustarta da Alibaba: da una parte, offrire ai 423 milioni di consumatori cinesi già presenti sulle piattaforme del Gruppo la possibilità di acquistare sempre più prodotti d’eccellenza del made in Italy, dall’altro incrementare il numero dei consumatori fino ad arrivare a 2 miliardi di acquirenti in tutto il mondo.

Stime mondiali
E i numeri confermano i presupposti di questa strategia. Infatti secondo un’analisi condotta da eMarketer, nel 2016 più del 15% della popolazione cinese (circa 1,4 miliardi) e il 40% dei consumatori online acquisterà beni dall’estero sfruttando il crossborder e-commerce. E in media si spenderanno 473,26 dollari nell’anno per un valore pari a 85,76 miliardi di dollari. Entro il 2020 eMarketer stima che più di un quarto della popolazione acquisterà prodotti dall’estero per un totale di 157,7 miliardi di dollari.

Le opinioni
‘’Per la aziende italiane il confronto con i mercati esteri non può più essere considerato un’opzione, è diventato una necessità’’ ha commentato Claudio Rotti, Presidente Aice, “abbiamo sempre guardato con molta attenzione al mercato cinese e oggi vogliamo aiutare le aziende italiane a cogliere l’opportunità dell’e-commerce in Cina, dove la domanda di prodotti made in Italy è in costante aumento’’.

Rodrigo Cipriani Foresio, Country Manager di Alibaba Italia e Sud Europa, ha dichiarato: “Oggi i tempi sono maturi, e a dimostrarlo abbiamo sia il grande interesse delle aziende presenti che la quotidiana ricerca da parte dei nostri consumatori cinesi di prodotti e brand made in Italy. Per questo l’Italia è stato il primo Paese in assoluto in cui Alibaba è approdato in Europa, e per questo il nostro team è determinato ad offrire alle aziende locali tutti gli strumenti e il supporto possibile per cogliere le concrete opportunità di crescita che il mercato offre”.

Tutti pazzi per la moda online: +25% a 1,8 miliardi di euro, il 5% del mercato retail

Un mercato che cresce sempre più: è quello dell’e-commerce nell’abbigliamento, che, dopo un avvio in sordina, negli ultimi cinque anni ha registrato un tasso di crescita medio annuo pari al 30% circa, il doppio rispetto a quello dell’e-commerce nel suo complesso: nel 2016 l’Abbigliamento varrà il 10% di tutto l’e-commerce in Italia (era il 6% nel 2012), con una penetrazione del 5% del mercato retail (era il 4% nel 2015). L’abbigliamento dunque nell’e-commerce di prodotto è il secondo settore, dietro solo ad Informatica ed elettronica.

 

Sono i dati dell’Osservatorio eCommerce B2C, giunto alla 15a edizione e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, che registrano nel 2016 per la moda online (ossia l’acquistato da consumatori italiani su siti sia italiani sia stranieri) una crescita del 25% e un valore di oltre 1,8 miliardi di euro. L’Export invece, cioè il valore delle vendite da siti italiani a clienti stranieri, aumenta del 30% e supera quota 1,3 miliardi di euro. Il 45% delle vendite Fashion valica i confini nazionali alla volta di Europa (in primis UK, Francia e Germania), USA, Russia e, in misura minore, Cina, Giappone e America Latina.

«L’Abbigliamento è uno dei comparti merceologici più dinamici dell’e-commerce B2c italiano per almeno tre ragioni: ritmo di crescita superiore a quello medio del commercio elettronico, offerta eterogenea e in continuo fermento, e, infine, spiccata propensione all’innovazione» ha detto Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.

Un settore all’avanguardia insomma, che ha saputo meglio di altri trarre vantaggio dalle nuove abitudini di acquisto dei consumatori e coglierne le potenzialità.

«Il comportamento di consumo degli acquirenti di fashion è caratterizzato da un approccio omnicanale, nel quale sia i touch point fisici che quelli digitali giocano un ruolo chiave – spiega Roberto Liscia, Presidente Netcomm -. Questo nuovo customer journey è stato ben compreso dalle aziende fashion, che negli anni hanno apportato numerose innovazioni alla customer experience: dall’utilizzo dei social come canale di comunicazione e di customer care, ai totem virtuali nei punti vendita fisici per prenotare i capi non disponibili al momento».

 

Le richieste? Convenienza e assortimento

Alla base della scelta di acquistare capi di abbigliamento c’è anzitutto la possibilità del risparmio grazie a occasioni e promozioni speciali. Il 52% della domanda e-commerce è realizzata nella componente di prodotti a prezzo ridotto: scontato, con sconti dal 10% al 30%, o molto scontato, con sconti dal 30% al 70%.

«In occasione del Black Friday e del Cyber Monday – afferma Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano – alcuni operatori hanno realizzato in due giorni oltre il 5% del totale fatturato online, circa 10 volte il valore delle vendite registrate nello stesso intervallo di tempo in altri periodi dell’anno. In seconda battuta, i siti di e-commerce consentono al cliente di scegliere il prodotto desiderato tra una gamma molto ampia, difficilmente reperibile in un punto vendita e infine agevolano l’esperienza d’acquisto consigliando articoli affini».

I web shopper italiani effettuano, nel 46% dei casi, acquisti mass market sui siti dei grandi retailer italiani e internazionali e sui marketplace generalisti; seguono, con un peso del 36%, gli acquisti ‘luxury’ realizzati sui siti delle grandi Dot Com, delle vendite private, dei produttori high fashion del Made in Italy e delle boutique multi-brand.

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Infine conquistano una quota del 18% gli acquisti di abbigliamento e accessori sportivi dai siti dei retailer specializzati, dei produttori e delle Dot Com generaliste.

«Se consideriamo la tipologia di prodotti acquistati online, i capi di abbigliamento (camicie, vestiti, capi spalla, jeans, pantaloni) incidono per circa il 55% e gli accessori per il 45%, con una preferenza spiccata per le scarpe – sia eleganti sia sportive – e per le borse o accessori di pelletteria – aggiunge Valentina Pontiggia, Senior Advisor dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm Politecnico di Milano – . Per quanto riguarda il genere, i capi di abbigliamento e gli accessori da donna pesano per il 50% del mercato Fashion online, quelli da uomo per il 40% circa (ed in crescita), quelli da bimbo per il 10%».

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Crescita globale: da siti italiani 3 miliardi di vendite, solo il 31% dalle aziende

Questo per l’Italia, ma anche  a livello globale il settore moda cresce, con un aumento delle visite del 18% e una crescita della creazione dei carrelli, del +25%, convertita in una crescita degli ordini pari al 24% secondo i dati Demandware.

La moda è uno dei settori che ha registrato i dati di crescita maggiori tra i segmenti analizzati, preceduto solo dall’abbigliamento sportivo che ha realizzato un +41% di visite, +44% creazione dei carrelli e + 35% ordini.

In ogni caso la moda Made in Italy movimenterà nel 2016 da siti italiani a consumatori italiani e stranieri circa 3 miliardi di euro, in crescita del 35% rispetto al 2015. Anche grazie a un tasso di crescita quasi doppio rispetto a quello dell’e-commerce totale (+19%), l’Abbigliamento si conferma nel 2016 il primo comparto di prodotto per vendite online con un’incidenza del 17%.

L’Export è trainato dalla componente ‘luxury’ (abbigliamento ed accessori di alta moda). In questo scenario, le Dot Com – sia e-retailer (specializzati e generalisti) sia siti delle flash sales – pesano il 69% delle vendite, mentre le imprese tradizionali solamente il 31%. Analizzando poi la concentrazione di mercato, i primi 5 operatori nell’Abbigliamento generano il 54% delle vendite online e incrementano il loro peso rispetto al 2015 (quando l’incidenza era pari al 50%) anche grazie ai fenomeni di acquisizione e fusione.

Wagamama debutterà a Milano con le sue attesissime specialità asiatiche

Wagamama: per gli habitué di Tripadvisor si tratta di un nome noto. E anche apprezzato. L’esaltazione del cibo asiatico, core business di wagamama, ha infatti avuto successo con i clienti di tutto il mondo. Ed entro il 2016, con l’apertura del primo ristorante nella metropoli lombarda,  anche i milanesi avranno la possibilità di sperimentarne le specialità in prima persona. È stato infatti appena siglato un accordo di partnership per l’apertura di ristoranti della catena wagamama in Italia con Percassi Food&Beverage, la holding di Percassi attiva nel settore della ristorazione.

Ramen, Teppanyaki e Donburi a go-go, dunque, dal momento in cui il gruppo di ristorazione internazionale farà il suo esordio all’ombra della Madonnina, per poi proseguire nel resto del Paese.
Con l’apertura italiana salirà a 19 il numero di Paesi in cui sono presenti locali
wagamama, che comprendono anche Bahrain, Svezia, Nuova Zelanda e Grecia.
Brian Johnston, Managing Director di wagamama International ha affermato: “Negli ultimi
anni, soprattutto i giovani Italiani si sono aperti anche ad altre cucine. È il momento giusto
per portare wagamama nel Paese del cibo per eccellenza. Abbiamo trovato un partner come
Percassi, la cui esperienza parla da sè. Siamo impazienti di poter annunciare quanto prima le
location scelte per i primi locali”.
Matteo Percassi, Amministratore Delegato di Percassi Food&Beverage ha aggiunto:
“Per noi si tratta di una partnership importante. wagamama è sinonimo di cibo di alta qualità e
servizio ai clienti impeccabile. Siamo certi che wagamama sarà in grado di conquistare anche
il palato degli Italiani”.

Retail e Grande Distribuzione sul podio nella top ten di Jobrapido

Retail e Grande Distribuzione svettano in cima. Ma ottimo piazzamento anche per Risorse umane,   Informatica e Manifattura: sono questi i settori maggiormente attivi (agiugno) nella ricerca di personale in Italia, in Germania e nei Paesi Bassi.
I risultati emergono dall’analisi condotta da Jobrapido nell’ambito del suo semestrale “Osservatorio sul mondo del lavoro”.

Con i suoi 202 mila annunci di lavoro, in Italia è il settore del Commercio/Retail/GDO quello più attivo nella ricerca di personale. Nella top 3 dei settori “a caccia di talenti”, il secondo gradino del podio va all’ambito Amministrazione/Risorse Umane, presente con 93 mila annunci, seguito dalle 85 mila offerte del comparto dei Servizi. Altrettanto ricercati sono gli impieghi nel settore della Manodopera; nel mese di giugno, infatti, gli annunci specifici per questo comparto lavorativo sono circa 80 mila.

La top 10 degli annunci di lavoro per tipologia in Italia (giugno 2016):

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Germania e Baesi Bassi

Secondo lo studio, a guidare la classifica delle offerte di lavoro in Germania è  invece il comparto Informatico, con 457 mila job post, il secondo posto lo ottiene il settore Manifatturiero con le sue 388 mila offerte, mentre il settore Logistica e Trasporti, con 327 mila job post, si colloca in terza posizione.

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Mentre nei Paesi Bassi, con 153 mila annunci, è il settore Manifatturiero a raggiungere la prima posizione, l’ambito IT (93 mila offerte) a raggiungere la seconda posizione, a cui seguono Commercio ed Export con 59 mila annunci.

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“Abbiamo analizzato diversi mercati nel corso del mese di giugno, e in ciascuno di essi abbiamo constatato che la ricerca di personale è in forte attività – ha affermato Rob Brouwer, CEO di Jobrapido – Lo studio che abbiamo condotto ha evidenziato come il comparto Informatico tedesco sia tra i più attivi nella ricerca di personale, insieme all’ambito Manifatturiero (540 mila job post tra Germania e Paesi Bassi) segno di una crescente attenzione non solo verso le attività digitali, ma anche verso la produzione industriale più tradizionale. Il numero di annunci dedicati al comparto Commercio/Retail/GDO presenti in Italia, invece, ci permette subito di avere un’idea della straordinaria forza di questo importante settore economico”.

Elio e le Store Tese festeggiano i 50 anni di Caviro

Elio e le Storie Tese in piazza del Popolo a Faenza per un concerto gratuito: è stato questo il regalo che Caviro ha fatto al territorio che la ospita in occasione dei 50 anni dalla fondazione della Cooperativa Agricola.

Mezzo secolo di crescita contraddistinta da piccoli e grandi passi che hanno portato il Gruppo a essere leader italiano per quota di mercato, superiore all’8%, e awareness dei propri marchi. Caviro ha saputo rinnovarsi continuamente trainando lo sviluppo del comparto attraverso l’eccellenza, l’innovazione e la solidità della propria base sociale: 12.000 viticoltori che costituiscono la più grande filiera vitivinicola in Italia, 34 cantine in 8 regioni per un totale di oltre 30.000 ettari e la produzione del 10% dell’uva italiana. Grazie a marchi come Tavernello, Castellino e BotteBuona l’azienda presidia oggi la fascia del consumo quotidiano, mentre il portafoglio di marchi superpremium, Cesari e Leonardo Da Vinci, si è recentemente aggiunto alla compagine con vini che, dal Veneto alla Toscana, sono considerati fra i migliori ambasciatori dell’Italia nei mercati mondiali.

Proprio per festeggiare questo importante anniversario la Cooperativa ha dato appuntamento lo scorso mercoledì 29 giugno in Piazza del Popolo per il concerto tappa del loro tour estivo “Energumeni in ferie”, anteprima dell’Emilia Romagna Festival supportata proprio dal Gruppo faentino. Una peculiare storia di successo quella di Caviro, così come quella di Elio e le Storie Tese, partiti con una carriera ‘local’ per poi esplodere a livello nazionale.

Caviro_logo_web_0x540«Quest’anno festeggiamo una ricorrenza davvero significativa per il Gruppo. Il merito è di tutti coloro che durante la vita della Cooperativa hanno dato il loro imprescindibile contributo: dai fondatori, che per primi hanno avuto la capacità di visione che ha determinato il carattere e la forza di Caviro, a tutti i soci, collaboratori e dirigenti di ieri e di oggi, commenta Carlo Dalmonte, Presidente di CaviroSca. Proprio per celebrare questo storico anniversario abbiamo deciso di fare un regalo ai cittadini di Faenza: un concerto gratuito in piazza del Popolo di Elio e le storie tese che speriamo possa non solo far divertire, ma anche contribuire a rinsaldare ancora di più il nostro legame con i cittadini, anzi le persone, che come noi vivono e lavorano in un territorio che conferma ogni giorno la sua forte capacità produttiva», conclude Dalmonte.

Una scelta decisamente originale quella di supportare l’Emilia Romagna Festival per il concerto di Elio e le storie tese, ma ricca di ragioni alla base. La band de “La terra dei cachi”, “Cara ti amo” e “La bella canzone di una volta”, per citare alcuni storici successi, ha infatti più di un punto in comune con il Gruppo, che non a caso ha puntato proprio su di loro per celebrare i suoi primi cinquant’anni di vita. Innanzitutto, lo spirito avanguardista. Se gli Elio e le storie tese infatti sono partiti in sordina calcando i palchi off del milanese proponendo codici musicali alternativi, Caviro ha anticipato i tempi non solo facendo debuttare sul mercato nel 1983 il Tavernello confezionato in Tetra Pak, ma anche perché ha creato una realtà decisamente innovativa su un doppio livello: da un lato dal punto di vista del prodotto, dall’altro per l’approccio lungimirante in termini di sostenibilità, che ha portato il Gruppo a diventare un modello di economia circolare, strategia che valorizza trasversalmente tutte le risorse disponibili con l’obiettivo di sradicare il concetto di rifiuto.

Ancora, Caviro e questa storica band italiana hanno in comune la genuinità e la trasparenza con la quale comunicano ai loro pubblici. Una chiarezza che ben si collega alla poliedricità musicale degli Elii, affiancabile al business multiforme che caratterizza Caviro. Ma il tratto che più fortemente accomuna il percorso degli artisti e quello della Cooperativa è sicuramente quello della popolarità che trasversalmente ha portato entrambi ad avere un vasto successo nel loro campo. I prodotti Caviro, dal vino alla distilleria, sono oggi apprezzati in tutto il mondo. Sono queste quindi le ragioni che hanno portato Caviro a supportare l’Emilia Romagna Festival per il concerto di Elio e le storie tese, un’occasione di festa aperta a tutti per dire grazie al territorio che ha visto nascere una storia di successo come quella che caratterizza il Gruppo.

«Valorizzare mezzo secolo di vita di un’azienda di successo come Caviro, dichiara il sindaco di Faenza Giovanni Malpezzi significa prima di tutto rendere merito ai lavoratori, ai soci, e alle capacità di coloro che hanno guidato la Cooperativa nel corso degli anni. Celebrare questo anniversario attraverso un grande evento di festa offerto a tutta la cittadinanza, oltre ad arricchire il cartellone estivo del nostro centro storico, testimonia lo stretto legame dell’Azienda con la città. Un legame che non è mai venuto meno e che ci rende orgogliosi».

«Cinquant’anni sono un traguardo importante, prosegue Dalmonte. Vogliamo mettere da parte la retorica e onorare insieme un’occasione speciale festeggiando con tutti coloro che hanno collaborato con noi. Questo è solo l’inizio di un percorso che, ne sono certo, porterà a nuovi successi».

Gruppo Selex cresce del 5,6% vs 2014 e stanzia 152 milioni per le nuove aperture

Gruppo Selex cresce ancora e consolida la sua presenza sul territorio. Nel 2015 il fatturato complessivo è arrivato a 9,95 miliardi di euro, con un incremento del 5,6% rispetto al 2014.  Positivo anche l’andamento dei primi quattro mesi del 2016. Da gennaio a fine aprile il Gruppo ha infatti registrato un aumento del + 4,9% se si considerano tutti i canali e le aperture di nuovi punti di vendita. I risultati sono stati presentati nel corso dell’Assemblea annuale Selex, tenutasi il 1 luglio a Siviglia (Spagna), con approvazione del bilancio 2015.

Il dato sulla crescita Selex a rete costante sempre nei primi quattro mesi dell’anno è + 0,7%, in controtendenza rispetto al settore della grande distribuzione italiana, che ha invece registrato un trend negativo, pari a – 1,3% ( iper + super, dati Nielsen). Selex rafforza la sua posizione al terzo posto tra i retailer, con una quota di mercato dell’11,6% (dati IRI, gennaio 2016) e conferma una stima di chiusura anno a 10,25 miliardi di fatturato.

Al buon andamento del Gruppo Selex hanno contribuito anche le performance dei prodotti a marca del distributore. In particolare le linee specialistiche premium e quelle salutistiche hanno registrato nei primi quattro mesi dell’anno un incremento delle vendite del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

I risultati positivi conseguiti nei primi quattro mesi dell’anno premiano l’impegno di Selex  sul fronte del miglioramento continuo dell’offerta, in particolare nei reparti più strategici come i freschissimi e l’area salute e benessere.

«Abbiamo lavorato in questi mesi per rinnovare la rete, migliorare la specializzazione dei reparti emergenti e rafforzare il posizionamento distintivo delle nostre insegne – ha sottolineato Maniele Tasca, Direttore Generale del Gruppo Selex- Parallelamente abbiamo presidiato attentamente l’area convenienza. Lo scorso anno grazie alle promozioni, i consumatori che hanno fatto la spesa nei nostri punti di vendita hanno risparmiato 450 milioni di euro».

Il programma di sviluppo

Per le nuove aperture (69 le unità previste entro la fine dell’anno) e la modernizzazione di punti di vendita esistenti, che porteranno all’assunzione di centinaia di nuovi collaboratori, sono stati stanziati 152 milioni di euro.

«Nonostante il 2016 non abbia ancora visto l’affermarsi di una ripresa robusta dell’economia – ha detto Dario Brendolan, Presidente del Gruppo Selex – il nostro Gruppo ha scelto di proseguire con decisione sulla strada dello sviluppo, studiando moderni formati di punti vendita radicati nel territorio e sempre attenti alle nuove tendenze di consumo e alle tradizioni delle comunità in cui operano».

Coop primo distributore italiano con il 18,7% di quota di mercato

Coop primo distributore italiano: ancora una volta l’insegna riconferma il suo primato con il 18,7% della quota di mercato, un fatturato di 12,5 miliardi e un mantenimento dei livelli occupazionali (54.000 dipendenti).

Ad attestarlo i Bilanci 2015 delle imprese del sistema. La redditività complessiva dell’aggregato delle grandi Coop è in notevole miglioramento, un trend che dimostra la tenuta di Coop in un contesto economico reso difficile (e non vanno molto meglio i primi mesi del 2016) dalla crescente concorrenza e dalla complessità dei nuovi consumatori.

I punti di forza

Coop nel 2015, in linea con la missione cooperativa, ha rafforzato la strategia sulla convenienza anche a scapito dei margini sulle merci. È in fase di lancio il nuovo Prodotto a Marchio Coop che, generando  impatti positivi nel corso del 2015, ha inciso sulle vendite per oltre il 26%, un dato stabile rispetto al 2014. Positiva è l’alleanza internazionale con Leclerc, Rewe e Delhaize; Coopernic sta generando sul fronte degli acquisti significativi risparmi per Coop.

Le iniziative

Continua a crescere la base sociale delle cooperative che supera gli 8 milioni e mezzo di soci, si confermano le principali iniziative Coop sia con il mondo della scuola (i percorsi di educazione al consumo consapevole hanno coinvolto nel 2015 circa 268.000 studenti e oltre 15.000 insegnanti), che sul versante della lotta allo spreco (donate 5.143 tonnellate di merce per un valore complessivo pari a 24 milioni di euro).

La conferma

Marco Pedroni, riconfermato al secondo mandato come Presidente di Coop Italia, afferma: “Siamo di fronte a una sfida che come Coop vogliamo e dobbiamo affrontare rilanciando su una strategia che è quella del “cibo buono e sicuro per tutti”, guardando anche a quel 40% di famiglie che continua ad avere difficoltà. Per farlo manterremo alto il presidio sulla convenienza, senza perdere di vista i valori, rinnoveremo profondamente il Prodotto a Marchio Coop, conterremo i costi e continueremo a lavorare sul versante dell’innovazione, valorizzando l’esperienza avviata un anno fa in Expo”.

 

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