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Inquinamento e degrado ambientale: il 59% degli italiani ne è molto preoccupato

Un Pianeta da salvare?

Pare proprio di sì, stando al pensiero degli italiani indagato da Nielsen in collaborazione con Novamont. Inquinamento e degrado ambientale, infatti, sono tra le voci definite  “molto preoccupanti” dal 59% degli italiani, addirittura più delle difficoltà economiche, indicate come molto preoccupanti solo dal 53%. Per l’88%, inoltre, la difesa dell’ambiente è uno dei valori più importanti nell’attuale società.

Quasi la totalità degli italiani si dichiara d’accordo con il principio di mutuo impegno: per il 92%, infatti, tutti dovrebbero impegnarsi per ridurre la quantità di rifiuti – rifiuti che preoccupano ben l’87% dei rispondenti.

L’85% dei responsabili d’acquisto nostrani, inoltre, afferma di fare la spesa orientandosi verso marche e prodotti rispettosi dell’ambiente, anche se ciò significa spendere un po’ di più. Per il 75%, infatti, è contemplabile pagare di più un prodotto solo perché è ambientalmente sostenibile, o perché lo è la sua confezione (73%).

La ricerca Nielsen approfondisce poi il tema del packaging. Il 62% dei consumatori è convinto che le aziende produttrici siano le principali responsabili dell’utilizzo della plastica come componente degli imballaggi nel comparto alimentare – ricordiamo che la plastica è percepita come “altamente inquinante” dall’87% degli italiani – mentre solo 15% attribuisce responsabilità ai retailer. Al contempo, però, pur riconoscendo al Governo “colpe” marginali, il 22% crede che sia proprio lo Stato a poter fare di più per ridurne l’utilizzo. Per il 47% dei consumatori sono invece le aziende produttrici a doversi impegnare per ridurre l’impiego della plastica negli imballaggi. Il 18% dei consumatori riconosce anche le proprie responsabilità e ammette di avere un ruolo nell’utilizzo di questo materiale nei pack dei prodotti.

Appurato che nel percepito degli italiani ci sia anche la consapevolezza della pericolosità della gomma, che quasi al pari della plastica è considerata responsabile dell’inquinamento dei mari – 30% vs. 31% dei rispondenti – ben il 54% degli intervistati si dichiara favorevole all’introduzione della plastic tax come imposta alle imprese che producono confezioni monouso di plastica.

Gli italiani sono anche propositivi sul futuro: nei prossimi anni, il 64% si aspetta una riduzione dell’utilizzo della plastica non riciclabile negli imballaggi. Per raggiungere l’obiettivo, il 28% di loro suggerisce di impiegare maggiormente bioplastiche compostabili / biodegradabili, il 17% propone invece una maggiore distribuzione di prodotti sfusi e un maggiore utilizzo di carta / cartone e vetro. Suggeriti anche il vuoto a rendere (16%), l’impiego di plastiche riciclabili (14%) e la riduzione del volume/peso delle confezioni (7%).

Per quanto riguarda le categorie, dall’indagine emerge l’urgenza di ridurre l’utilizzo della plastica soprattutto in: acqua, bevande analcoliche, latte, yogurt, snack dolci (ivi compresi biscotti e cioccolato) e snack salati.

La ricerca Nielsen si concentra, in ultimo, sul comparto della carne***, particolare sia per peso dello sfuso nel largo consumo, sia per le implicazioni di sostenibilità legate agli imballaggi.

Dal punto di vista degli imballaggi, in questo comparto, la prospettiva è ancora più netta. L’88% dei consumatori di carne dichiarano di ritenere importante che il pack sia rispettoso dell’ambiente, e uno su tre chiede maggiore utilizzo di bioplastiche (34%) e di carta/cartone e vetro (20%). A maggior ragione, il consumatore di carne si dichiara sicuramente disposto a pagare di più per carne fresca in una confezione sostenibile nel 57% dei casi, e in media pagherebbe il 4,9% in più. Il messaggio chiave per i player del settore è quindi che gli italiani sono ormai convinti che la situazione di degrado ambientale sia effettiva, ma anche che la plastica non è l’unico “mostro” percepito, e che le possibilità di attivarsi con metodi di imballaggio e distribuzione più sostenibili ci sono, anche se questo dovesse significare un certo aumento dei prezzi al consumo – che i consumatori italiani dichiarano di essere disposti a sostenere.

*La prima rimane quella per la disoccupazione.
**La ricerca è stata condotta su un campione rappresentativo dei responsabili d’acquisto italiani tra i 18 e i 65 anni.
***N.B. L’85% degli intervistati ha acquistato carne almeno una volta negli ultimi 6 mesi, in media acquistano carne fresca circa una volta alla settimana

Goglio vince l’Oscar dell’Imballaggio 2019 per il pack monomateriale 100% riciclabile

Sulla scia di questa attitudine, Goglio vince  l’Oscar dell’Imballaggio – Best Packaging 2019 per il pack monomateriale, due strati di polipropilene, 100% riciclabile, una delle tante soluzioni eco-friendly proposte, che rappresentano l’impegno “green” del Gruppo.

Caratterizzata dall’assenza di alluminio, la confezione garantisce la conservazione ottimale del prodotto grazie alla presenza dell’esclusiva laccatura barriera a base acqua, spalmata sulla superficie del materiale. Il laminato ottenuto mantiene alte le caratteristiche di barriera e protezione, migliorando al contempo le proprietà meccaniche e la resistenza alla perforazione.

La confezione è inoltre dotata dell’esclusiva valvola monodirezionale di degasazione, anch’essa realizzata interamente in polipropilene. La valvola, applicata al sacchetto, ne diventa parte integrante: poiché tutto il sacchetto è realizzato con materiale appartenente alla stessa famiglia, può essere conferito nella raccolta rifiuti plastici senza dover separare le sue parti.

Alle caratteristiche tecniche indicate si aggiungono anche due effetti estetici di notevole impatto: l’inchiostro effetto specchio e la verniciatura opaca a registro.

I dettagli a specchio, creati attraverso la stampa con effetto metallizzato, donano appeal al sacchetto, a cui si somma l’effetto opaco a contrasto, che dona un aspetto naturale al resto del sacchetto.

La soluzione monomateriale rappresenta un’alternativa all’utilizzo dello strato di alluminio garantendo performance di conservazione paragonabili, valida in tutti i casi in cui le condizioni lo permettono.

 

Meno rifiuti entro il 2025, la missione Im-ballo (con tre obiettivi) di Aldi

Ridurre. Riutilizzare. Riciclare: sono i capisaldi della strategia di ALDI per ridurre e riutilizzare i rifiuti da imballaggio di plastica nominata “ALDI, MISSIONE IM-BALLO!”. L’iniziativa vede il brand coinvolto in una serie di attività volte a raggiungere importanti traguardi anche nel rispetto degli obiettivi 2030 del pacchetto di misure sull’economia circolare adottato dalla Commissione Europea. Di pari passo con il piano di espansione sul territorio italiano, l’insegna tedesca sta lavorando al suo programma pluriennale di Corporate Responsibility “Oggi per domani”, con l’obiettivo di adottare giorno dopo giorno buone pratiche attente a tutti gli attori con cui si relaziona.

La strategia ha dato vita a una serie di iniziative che coinvolgono, oltre ai propri collaboratori, anche fornitori, produttori e lo stesso cliente finale, per ridurre i materiali di imballaggio, riutilizzare tutti i tipi di pack e massimizzare la riciclabilità di ogni materiale.

Gli obiettivi della “missione” sono tre e si concentrano su direttrici ben precise:

Riduzione dei materiali di imballaggio: entro il 31 dicembre 2025 il peso totale degli imballaggi di articoli private label dovrà essere ridotto, rispetto al 2018, del 25% in relazione al fatturato.

Aumento del tasso di riciclabilità: entro il 2022 riciclabilità verificata per tutte le tipologie di pack in private label.

Eliminazione articoli in plastica usa e getta: entro il 31 dicembre 2019 ALDI sostituirà tutti i prodotti in plastica usa e getta con soluzioni più sostenibili.

Il progetto è un ulteriore esempio dell’impegno del discounter per offrire prodotti di qualità e allo stesso tempo sostenibili. In quest’ottica, il prodotto assume un ruolo centrale e il packaging ne diviene parte integrante. Ciò si traduce in un’attenzione responsabile nelle scelte commerciali, lavorando assiduamente sulla filiera, responsabilizzando fornitori e produttori, e sensibilizzando i consumatori, al fine di essere sempre in linea con gli standard fissati dall’azienda.

L’insegna tedesca sta inoltre lavorando affinché per il reparto ortofrutta vengano sviluppate soluzioni ad hoc per ridurre ulteriormente l’uso di plastica nelle confezioni.

 

Non solo plastica

A seguito delle sue linee guida per l’acquisto di legno, ALDI sta lavorando anche affinché entro il 31 dicembre 2020 tutte le confezioni in carta siano costituite da materiale riciclato in misura non inferiore al 70% del totale, ovvero siano certificate secondo la catena di custodia (CoC) da parte del Forest Stewardship Council (FSC) o alternativamente del Programme for the Endorsement of Forest Certification Schemes (PEFC).

Nel mese di giugno il brand ha lanciato anche “Io RICICLO!”, l’iniziativa di sensibilizzazione e informazione dei clienti sulla salvaguardia dell’ambiente, con lo scopo di informare sul tipo di materiale impiegato e agevolare un corretto conferimento dei rifiuti nel circuito di raccolta dei Comuni, tramite icone chiare e ben visibili sui packaging dei prodotti.

L’industria dei beni di consumo scende in campo per un’economia circolare della plastica

Al Consumer Goods Forum tenutosi a Parigi lo scorso 28 ottobre sono stati presi impegni: una dichiarazione che chiede all’industria dei beni di consumo di svolgere un ruolo di primo piano nell’eliminazione dei rifiuti di plastica su terra e mare, e approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation, secondo la quale nessuna plastica deve essere gettata via come rifiuto.
Il Consumer Goods Forum (“CGF”) è un network industriale globale guidato dai suoi membri per incoraggiare l’adozione globale di pratiche e standard che servono l’industria dei beni di consumo in tutto il mondo. Riunisce i CEO e i dirigenti di circa 400 tra retailer, produttori, fornitori di servizi e altre parti interessate di 70 Paesi.
La dichiarazione è stata rilasciata in vista della conferenza Our Ocean che è in corso a Bali, in Indonesia, dove Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone e membro del Consiglio di CGF, sottolineerà l’importante ruolo che l’industria può e dovrebbe svolgere per affrontare i rifiuti di plastica.

 

Dichiarazione per un’economia circolare

La dichiarazione completa è questa: “In qualità di Board of The Consumer Goods Forum, riconosciamo l’urgente necessità per il nostro settore di svolgere un ruolo di primo piano nell’affrontare il problema dei rifiuti di plastica. Ci impegniamo a realizzare azioni di collaborazione pre-competitiva con l’obiettivo di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare.

Riconosciamo che la sfida dei rifiuti di plastica sarà risolta solo dalla collaborazione globale tra aziende, governi nazionali e locali, organizzazioni multinazionali, industria del riciclaggio e consumatori. Di conseguenza, il Board of The Consumer Goods Forum (CGF) approva la visione della New Plastics Economy della Ellen MacArthur Foundation di un’economia circolare in cui nessuna plastica finisce come rifiuto.

Diversi membri del CGF stanno già compiendo sforzi in linea con gli obiettivi della New Plastics Economy, sforzandosi di ridurre gli imballaggi problematici o inutili e aumentare l’uso di imballaggi che sono riciclabili o riutilizzabili. Per integrare gli sforzi delle singole aziende associate, il CGF identificherà aree specifiche in cui possiamo lavorare in modo collaborativo e preconcorrenziale per promuovere un’economia circolare per gli imballaggi in plastica. Le aree di interesse iniziali comprenderanno l’ottimizzazione del design del packaging, il lavoro con gli altri per consentire il riciclaggio e il riutilizzo dei sistemi e lo stimolo dell’impegno dei consumatori”.

 

Ipse dixit

“Le aziende devono trovare un nuovo approccio alla plastica e semplificare l’utilizzo da parte dei consumatori e riciclare di più. Il CGF si impegna a essere in prima linea in per ridurre la quantità di plastica in uso, semplificare i materiali che usiamo, migliorare i tassi di riciclaggio e passare a nuovi modi innovativi di fare impresa “. Steve Rowe, Chief Executive di Marks and Spencer e Board Co-Sponsor del gruppo di sostenibilità di CGF.

“La sfida dei rifiuti di plastica è reale e urgente e va affrontata attraverso azioni specifiche che le aziende possono intraprendere individualmente e collettivamente, in collaborazione con governi, ONG e industria del riciclaggio. Siamo impegnati a fare la nostra parte per garantire che la plastica di cui abbiamo bisogno sia sicura ed economica, riutilizzata, riciclata o compostata”. Ian Cook, Presidente e CEO di Colgate-Palmolive e Co-Chair del Consiglio di amministrazione di CGF.

“Il sostegno del CGF dimostra che l’industria dei beni di consumo sta intensificando gli sforzi per affrontare la sfida del packaging in plastica: eliminare gli sprechi e costruire un’economia circolare della plastica. Attendo con impazienza che altri membri della CGF sottoscrivano il Global Commitment della New Plastics Economy e che lavorino con noi per guidare il cambiamento sistemico “. Emmanuel Faber, Presidente e CEO di Danone, e membro del Consiglio di Amministrazione di CGF.

“Sono orgoglioso del fatto che Nestlé sia ​​tra i firmatari del New Global Plastics Economy Commitment. Rappresenta una struttura potente per guidare l’azione collettiva. Ogni sforzo conta”. Mark Schneider, Amministratore delegato di Nestlé S.A., e membro del consiglio di amministrazione di CGF.

“È chiaro che l’ardua sfida dei rifiuti di plastica può essere affrontata solo se lavoriamo tutti insieme – aziende, governi, comunità e consumatori in tutto il mondo. Il CGF è stato creato per guidare esattamente questo tipo di collaborazione su larga scala. Nello specifico, i nostri membri si impegnano a lavorare insieme nelle tre aree in cui riteniamo che l’industria possa dare un contributo unico: progettazione del packaging, coinvolgimento dei consumatori e sistemi di riciclaggio. Non vediamo l’ora di lavorare anche con gli altri stakeholder che svolgono ruoli di primo piano in queste aree e che condividono il nostro obiettivo a lungo termine di eliminare i rifiuti di plastica sulla terra e sul mare”. Peter Freedman, Managing Director del Consumer Goods Forum, ha dichiarato: “

Spreco: un terzo dei pacchi spediti viaggia in scatole grandi il doppo del necessario

Una nuova frontiera nella lotta allo spreco guarda sempre più al packaging e alla logistica: oltre un terzo (per la precisione, il 34%) delle grandi aziende di commercio al dettaglio in tutto il mondo ammette che i loro prodotti vengono spediti in pacchi grandi il doppio del necessario. Lo ha rivelato una ricerca di DS Smith, che sottolinea la stupefacente quantità di “vuoto” spedito nel mondo a causa delle confezioni non ottimizzate.

Il rapporto, intitolato The Empty Space Economy (L’economia dello spazio vuoto), mostra che l’impatto ambientale stimato della spedizione di spazi vuoti è significativo, con almeno 122 milioni di tonnellate di CO2 emesse (inutilmente) ogni anno, pari alle emissioni annue di anidride carbonica di Belgio, Pakistan o Argentina.

Nonostante ci sia la possibilità di ridurre significativamente i costi di spedizione e le emissioni di CO2, sembra che i manager non considerino la riduzione gli spazi vuoti nel packaging come una priorità assoluta. Solo il 36% degli interpellati aveva condotto una verifica dello spazio vuoto nella confezione dei propri prodotti, e solo un terzo (34%) aveva preso in considerazione il passaggio a una soluzione di imballaggio più ottimizzata.

“La rimozione di ciò che è effettivamente “spazio vuoto” si tradurrebbe in miliardi di euro di potenziale risparmio nei costi di spedizione, che sono attualmente trasferiti al consumatore – ha dichiarato Alessandro Fulvi, DS Smith Packaging Marketing Director -. Con l’evolversi della maturità dell’acquirente di e-commerce, non è più accettabile limitarsi a consegnare le merci in tempo e senza danni. L’imballaggio in eccesso e lo spazio vuoto all’interno di un cartone consegnato frustrano il consumatore e creano un’esperienza negativa del marchio”.

“La chiave, come tutto ciò che è legato alla catena logistica, è quella di guardare la sfida in modo olistico. È necessario concentrarsi maggiormente sull’ottimizzazione della confezione del prodotto presso la fonte di produzione e, successivamente, a livello di centro di evasione ordini”.

DS Smith ha sviluppato “Made2Fit”, un sistema di confezionamento automatizzato che elimina lo spazio vuoto e riduce significativamente i movimenti del prodotto che possono causare danni.

È possibile scaricare l’intero rapporto a questo indirizzo: https://www.strategic-packaging.com/download-whitepaper-the-empty-space-economy

L’olio Sagra più classico ora è anche in formato spray

Piacerà ai gourmet appassionati di cucina la novità Sagra, storico marchio italiano di olio sempre attento all’innovazione, che propone sugli scaffali della Gdo il suo best seller, l’Extra Vergine Il Classico, nel nuovo formato spray. Obiettivo: trasformare il tradizionale “filo d’olio” in una nuvola leggera in grado di donare ai cibi un condimento delicato e uniforme.

Proprio per il suo gusto delicato, frutto di una accurata modulazione delle note di amaro e piccante, calibrati con straordinaria sapienza dai master blender Sagra, l’Olio Extra Vergine di Oliva Il Classico  è particolarmente apprezzato dai consumatori, adatto per cotture brevi e condimenti leggeri. Da questa versatilità è nata l’idea della versione spray, che lo rende disponibile anche nei momenti come i pic-nic, le scampagnate e in generale nelle occasioni in cui un contenitore più pratico e meno ingombrante ne facilita l’utilizzo rispetto alla classica bottiglia di vetro.

L’innovativo spray Sagra si caratterizza per una grande versatilità, grazie infatti al suo moderno erogatore è possibile calibrare in modo molto efficace la quantità di prodotto da irrorare sui cibi, garantendo una nebulizzazione precisa e mirata. Inoltre, il pack in alluminio garantisce una conservazione ottimale del prodotto e una resistenza superiore agli urti.

Il nuovo packaging in formato spray permette una varietà di utilizzi più ampia rispetto alla classica bottiglia e un’esaltazione del sapore senza precedenti.

PepsiCo annuncia che la metà delle bottiglie in Europa sarà riciclata entro il 2030

PepsiCo intende raggiungere l’uso del 50% di plastica riciclata (rPET) nelle sue bottiglie entro il 2030 in tutta l’Unione Europea, con uno step intermedio del 45% entro il 2025. Così facendo, l’azienda aumenterà di oltre tre volte la quantità di plastica riciclata utilizzata, che equivale a più di 50.000 tonnellate di rPET.

L’annuncio arriva a supporto della campagna di impegni su base volontaria lanciata dalla Commissione Europea che promuove il riutilizzo della plastica, per assicurare che entro il 2025 nel mercato dell’Unione Europea vengano usate almeno 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata per realizzare nuovi prodotti. L’impegno coprirà tutti i Paesi che dovrebbero essere membri dell’Unione Europea entro il 2025, coinvolgendo tutti i brand di bevande in PET del gruppo (il materiale più usato nella realizzazione delle bottiglie), inclusi Pepsi, Pepsi MAX, 7Up, Tropicana e Naked. L’obiettivo si applicherà alle operazioni di Beverage di PepsiCo, incluse le società di proprietà e quelle in franchising.

L’obiettivo rientra nella più ampia visione globale di “Performance with Purpose” di PepsiCo, che tende a progettare il 100% delle sue confezioni in modo tale da essere riciclabili, compostabili o biodegradabili e ridurre l’impatto di carbonio entro il 2025. La società stima che attualmente il 90% delle sue confezioni di bevande in tutto il mondo sia completamente riciclabile.

PepsiCo è già un fondamentale utilizzatore di plastica riciclata per uso alimentare (rPET) nell’UE, avendo fatto ricorso a circa il 13% di rPET per le sue attività nel settore delle bevande in Europa nell’arco del 2017.

“In PepsiCo prendiamo la responsabilità di proteggere l’ambiente seriamente e siamo determinati nel nostro impegno a trovare soluzioni sostenibili per creare i nostri prodotti – ha detto Silviu Popovici, Presidente di PepsiCo Europa & Africa Sub-Sahariana -. Ci siamo prodigati in Unione Europea per promuovere una cultura che incoraggi e sostenga imballaggi di recupero e riciclati. Oggi sono molto felice di annunciare che d’ora in poi ci spingeremo ancora oltre nell’utilizzo della plastica riciclata nelle nostre confezioni, poiché lavoriamo per soddisfare e superare questo nuovo obiettivo negli anni a venire.”

“Sviluppare un approccio efficace e a lungo termine per packaging sostenibili richiede uno sforzo multiforme e PepsiCo è impegnato a collaborare con i numerosi interlocutori coinvolti per assicurare che nel futuro si riesca a sviluppare un’economia circolare per le materie plastiche. Considerata la grave carenza nell’offerta di materie plastiche riciclate a prezzi accessibili adatte per il confezionamento degli alimenti, chiediamo agli stakeholder pubblici e privati del sistema di riciclaggio, compresa la Commissione Europea, di unirsi a noi e fare gli investimenti necessari per espandere la capacità di riciclaggio. A patto che vengano compiuti i giusti progressi nell’aumentare i tassi di recupero degli imballaggi e nel migliorare la tecnologia di ritrattamento, punteremo ad andare addirittura oltre il nostro attuale impegno.”

In aggiunta all’impegno annunciato oggi da PepsiCo, l’azienda collabora già con diversi soggetti a supporto della sostenibilità degli imballaggi, incluso l’essere membro della New Plastics Economy, un’iniziativa su base triennale guidata dalla Fondazione Ellen MacArthur per dare avvio a un sistema di materie plastiche che funzioni.

Una parte cruciale nell’aumentare la disponibilità di plastica riciclata adatta per il riutilizzo negli imballaggi, è garantire che le bottiglie vengano collocate nel sistema di riciclaggio, e non finiscano a inquinare l’ambiente. Oltre a partecipare agli schemi di Responsabilità Estesa del Produttore (PER) in tutta l’UE, PepsiCo collabora a programmi per aumentare i tassi di recupero e riciclaggio e ad iniziative per promuovere ed educare i consumatori al riciclaggio.

Pasta 100% con grano italiano e alto-proteico: la nuova ricetta de La Molisana

Da settembre pasta La Molisana arriva sugli scaffali con una nuova ricetta, fatta con grano esclusivamente italiano e alto-proteico (fino al 17%). Tutto ciò è reso possibile da un percorso virtuoso di agricoltura sostenibile che valorizza le colture locali attraverso parametri qualitativi e tecnologici altissimi. Il grano proviene infatti da Molise, Puglia, Marche, Lazio e Abruzzo, dove gli accordi di filiera messi in atto da La Molisana riconoscono agli oltre 1.450 agricoltori un prezzo minimo garantito e introducono modelli premiali che incentivano la qualità della materia prima.
In questo modo La Molisana mette a punto un importante strumento per sostenere l’agricoltura italiana, creare un legame stabile con i coltivatori e tutelare il loro lavoro.

Questo impegno sarà ben evidente sulle nuove confezioni che orgogliosamente mostrano la scritta ”solo grano italiano decorticato a pietra”. La novità interessa l’ampia gamma di formati sia classici, sia integrali. Compreso l’iconico Spaghetto Quadrato che si rifà alla tradizione regionale abruzzese-molisana dello spaghetto alla chitarra, i Rigatoni e le Farfalle Rigate Integrali, rivisitazione delle classiche farfalle in ridotte dimensioni dalla texture ruvida e porosa grazie alla trafilatura al bronzo è esaltata dalla rigatura su un lato, perfetta per catturare il condimento.

L’azienda ha anche lanicato il nuovo concorso “La Molisana e Gli Incredibili, insieme per una pasta da eroi”: modalità e informazioni su www.lapastaincredibile.it da dove è anche possibile scaricare il ricettario

Nutri-score, la controversa etichetta a semaforo arriva anche in Belgio

Il logo Nutriscore.

L’etichetta a semaforo Nutri-score che dà i voti agli alimenti classificandoli in più o meno salutari, già adottata l’anno scorso in Francia (leggi Parte in Francia Nutri-score, l’etichetta a semaforo: un danno per il Made in Italy?), arriva anche in Belgio. Il ministro della salute federale Maggie De Bock come anticipato da The Brussles Times ha dato – è il caso dk dirlo – semforo verde , anche se l’adozione per ora rimane volontaria. Ma il ministro cladeggia. Da parte loro le sue maggiori insegne Delhaize e Colruyt, hanno già adottato il sistema, approvato anche dall’organizzazione dei consumatori Test-Achats. L’etichetta fornisce un’indicazione che va dalla A (verde scuro) alla E (rosso) che dovrebbe riflettere in che misura un prodotto alimentare contribuisce a una dieta sana.
Meno entusiasta l’industria alimentare, che avrebbe dichiarato che la maggior parte dei produttori non utilizzerà l’etichetta.

Il Nutri-Score si basa su un calcolo del contenuto di zucchero, sale, grassi saturi e calorie che per molti (compresa la nostra Coldiretti) è a dir poco semplicistico. Molto cavalli di battaglia della sanissima dieta mediterranea ad esempio si guadagnano punteggi scrasi tendenti al rosso, tra questi l’olio EVO, il parmigiano e il prosciutto. Da consumare cum grano salis, ma che sarebbe un delitto (per il gusto, quanto meno) eliminare dalla dieta.

I dubbi sull’industria alimentare processata sono comprensibili: sono già obbligati ad elencare gli ingredienti e le loro proporzioni, ma le informazioni sono in caratteri minuscoli e potrebbero essere inintelligibili per la maggior parte dei laici, specialmente quando ingredienti come gli zuccheri sono elencati sotto diversi nomi in modo che le quantità appaiano più piccole di quelle che sono.

“Il codice colore è troppo semplicistico”, ha detto il portavoce di Fevia, la federazione dell’industria alimentare, Nicholas Courant. “Non tiene conto delle esigenze individuali. Potete immaginare che un atleta di 25 anni abbia requisiti diversi rispetto a un pensionato. Ma questo sistema non tiene conto di ciò. E ha anche aggiunto. “Pensate al nostro cioccolato belga, un prodotto di cui siamo giustamente fieri. Vogliamo davvero attaccare un segnale di avvertimento rosso sulla confezione?”

Packaging: quando non è solo questione d’immagine

Packaging e prodotto sono due facce della stessa moneta, un legame approfondito nell’incontro: “Il Packaging design, progettare le nuove funzionalità del packaging tra creatività, efficienza e sostenibilità”. «Ogni volta che usiamo un prodotto – ha affermato Sonia Biondi, market & consumer understanding  business unit manager Doxa – il brand ci parla attraverso il pack. La grafica identifica la marca e rappresenta il contenuto. Se il pack resta un contenitore, oggi gli sono richieste ulteriori funzioni: riciclabilità, sostenibilità ambientale, rassicurazione».

«Il packaging – ha confermato Francesco Buschi, strategy director di Futurebrand – è una delle espressioni principali della marca e deve rispondere alle nuove tendenze di consumo, che stanno modificando il mondo delle marche. C’è un ritorno alla materia prima, ai processi produttivi: il prodotto torna in primo piano rispetto al momento di consumo».

Questi nuovi approcci obbligano le marche tradizionale a ricontestualizzare la propria immagine (loghi, codici di colore, grafiche…) e permettono a nuovi brand di entrare sul mercato giocando su questi valori e di essere rilevanti. «Alcuni trend si incrociano e si sovrappongono tra loro – ha sottolineato – la trasparenza va di pari passo col gusto e il concetto di premium; la nostalgia con l’artigianalità».

La trasparenza, intesa come massima semplificazione del messaggio, si traduce nella scelta di pack ed etichette trasparenti, che fanno diventare il prodotto protagonista. Le etichette raffigurano le materie prime, il retropack acquisisce importanza. «La comunicazione – ha proseguito – rassicura e argomenta. Non si nasconde nulla e si mostra tutto». Questi concetti vanno di pari passo con l’espressione di un nuovo concetto di valore, espresso in maniera più semplice e meno pomposa, usando codici di altri settori (come quello della profumeria) e immagini della tradizione.

La nostalgia gioca su codici vintage per creare emozioni, che fanno sembrare antichi anche nuovi prodotti. Questo aspetto va spesso di pari passo con l’artigianalità, ricreata attraverso pack unici. Il gusto, infine, viene esaltato attraverso colori, materiali e forme che lo rendono evidente anche attraverso la confezione. Anche il colore ha mutato il suo ruolo. «Per farsi notare – ha affermato –bisogna rompere i dogmi di colore. Il colore è il mezzo più semplice per aiutare il consumatore nella navigazione dello scaffale. Ma bisogna saper usare i codici giusti ed essere coerenti».

Il bianco che distingue

Chi ha saputo lavorare sul colore per modificare la propria immagine a scaffale è Molino Rossetto, le cui referenza si distinguono andando a formare una “macchia bianca”. « Le nostre più grandi innovazioni  – ha raccontato Caterina Gobbin, responsabile marketing di Molino Rossetto – sono nate analizzando uno scaffale vecchio, piccolo, monotono e poco accattivante e ascoltando e dialogando con il consumatore finale».

Negli anni l’azienda ha dapprima abbandonato i grandi formati per arrivare agli attuali pacchetti da 400-500 grammi, adatti alle nuove famiglie e che consentono un migliore sfruttamento dello spazio a scaffale. Poi sono stati introdotti i rivetti. «Questa soluzione – ha spiegato la Gobbin – è nata dalla necessità di gestire un numero sempre maggiore di referenze con lo stesso numero di macchine confezionatrici. Una soluzione dovuta ad una necessità di ottimizzare la produzione è diventata dunque un tratto distintivo».

Pack funzionali per i vegetali

Il mondo del vegetale non è insensibile alle nuove istanze. «Oggi gli individui hanno diverse dimensioni – ha affermato Giacomo Barasi, marketing manager fresh salads di Bonduelle Italia – socialità, individualismo, bilanciamento tra vita personale e professionale, wellness, attenzione al territorio… I vegetali incarnano tutti questi trend, declinandosi in varie modalità».

L’offerta di Bonduelle – tra fresco, conserve e surgelato – soddisfa tutte le esigenze, anche grazie alla corretta definizione del pack: vaschette pensate per il consumo dell’insalata in ufficio; buste riciclabili; pack microondabili; informazioni sulla traccibilità… «Ora la sfida per i pack della IV gamma – ha sottolineato –  è il pack più verde. Per lo sfuso sono obbligatori i sacchetti biodegradabili a pagamento. Credo che questo impatterà anche sul mondo della IV gamma».

Strategie per le pl

La private label non sta certo a guardare. «Il packaging – ha affermato Alessandra Manzato, group category manager di Conad – è il veicolo dello storytelling e la leva strategica per avvicinarsi ai bisogni dei clienti e vincere la sfida commerciale con l’Industria di Marca. Uno dei primi punti di contatto di una marca con i consumatori è il pack».

Conad ha scelto di accompagnare la segmentazione del portafoglio con la rivisitazione della propria identità visiva. «Abbiamo rifocalizzato l’attenzione sull’offerta – ha proseguito – mettendo il pack al centro. Per esempio, per la linea base Conad siamo partiti dalla margherita, nostra icona, per creare un’immagine forte, senza copiare i leader dei vari segmenti. Nella linea benessere PiacerSi, abbiamo scelto un linguaggio che trasmette dinamicità e modernità, mentre per Alimentum (gamma dedicata agli intolleranti) abbiamo cercato di trasmettere anche il gusto». 

Il coraggio di cambiare

La scelta di rompere gli schemi tradizionali è sempre coraggiosa, ma un cambiamento di immagine può influire sull’andamento di un prodotto e della categoria. «La scelta di usare per i baby food il pouch anziché il tradizionale vasetto – ha spiegato Olivia Erfurth, strategic account manager di Gualapack Group – ha permesso a una start up di raggiungere in pochi anni un fatturato superiore a 100 milioni di dollari e la stessa scelta da parte di una multinazionale in Costa Rica ha invertito i trend di mercato. I megatrend da seguire sono la riciclabilità, la crescita dell’eCommerce, le nuove abitudini alimentari e la praticità per il consumo fuori casa. Il pack flessibile può permettere anche alle icone classiche di cambiare e di fare tendenza».

di Elena Consonni

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