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I Roero di Panificio Spar portano la tradizione di qualità sullo scaffale dei grissini

Da settembre i grissini Roero di Panificio Spar arriveranno sugli scaffali di molte catene. Fin qui nulla di particolarmente eclatante: un’altra referenza ad affollare la categoria dei derivati del pane. Ma se si considera il progetto che sta alla base e la storia del Panificio Spar, allora le cose cambiano. Non poco.

Cominciamo dalla storia, che è paradigmatica di quella di tante piccole e medie imprese familiari cresciute con in testa un’idea precisa: produrre con un processo di artigianato industriale le specialità del territorio dove operano. La storia di Spar comincia nel 1982 con l’dea di creare un consorzio di panificatori nella zona del Roero, nella Provincia Granda di Cuneo, dove la passione per il lavoro e per fare le cose bene è connaturata alle persone (Farinetti docet!).

Poi negli anni Novanta subentra la famiglia Bertolusso che imprime una svolta, avendo capito che il pane in grande distribuzione stava cominciando ad avere un ruolo diverso. E così si comincia a pensare al pane surgelato da cuocere nel punto vendita.

Enrico Bertolusso
Enrico Bertolusso

«Da quattro persone siamo presto cresciuti a oltre trenta – racconta Enrico Bertolusso, uno dei tre fratelli della seconda generazione oggi alla guida del Panificio Spar – e l’azienda si è strutturata e organizzata in modo da poter affrontare la supply chain del freddo senza derogare ai principi di qualità del prodotto, che amiamo riassumere in tre concetti di base: procedimenti di lavoro artigianali, ingredienti garantiti, territorialità. A supportare il nostro impegno sono poi arrivate le certificazioni BRC/IFS per i fornitori della Gdo riconosciute a livello internazionale».

Consolidato nel corso degli anni il ruolo di fornitori della grande distribuzione, la famiglia Bertolusso ha cominciato a pensare allo sviluppo di un proprio marchio, con un percorso inverso rispetto a quello di molti altri fornitori e copacker della Gdo.

Nasce così la linea di grissini Roero in otto varianti rigorosamente stirati a mano. «Siamo partiti da alcune considerazioni di fondo», spiega Bertolusso. «È vero che per quanto riguarda la categoria dei grissini abbiamo di fronte decine di proposte per diverse scale di prezzo. Ebbene, c’è una cosa che li accomuna tutti, compreso i nostri. Sono prodotti poveri: acqua, farina, lievito essenzialmente. Ma secondo noi è il processo di produzione che fa la differenza. I Roero hanno una percentuale bassa di lieviti, ma la lievitazione della pasta madre dura dalla 16 alle 24 ore, utilizzano solo olio di oliva italiano, nessuna margarina e niente olio di palma. E soprattutto sono stirati a mano. Tutto ciò conferisce al grissino quella leggerezza e quella fragranza tipica delle produzioni del nostro territorio. Senza dimenticare il gusto e il sapore del vero grissino originale. Non dimentichiamo che nel Roero il grissino ha una tradizione che data dal Seicento, quando apparve per la prima volta».

stiratura grissini
Una fase della stiratura a mano dei grissini Roero

Otto referenze non sono un po troppe?

«Abbiamo considerato che fossero necessarie per allargare il target dei consumatori. Se in Piemonte la cultura del grissino classico all’olio d’oliva o all’extravergine è fortissima, nelle altre regioni la modalità di consumo può essere quello dello snacking, dello spezzafame nel corso della giornata. Così si spiegano le varianti alla pizzaiola, alle olive, al sesamo tostato, al rosmarino, al mais e alle cipolle fritte. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere tutti i potenziali utilizzatori in tutte le regioni d’Italia. E stiamo cominciando anche a proporre i Roero all’estero».

 

Packaging fuori dai luoghi comuni e qualità e cura nella produzione ne fanno un prodotto premium?

«Sicuramente non si rivolge a chi cerca solo il prezzo. Diciamo che il posizionamento di prezzo non è nell’area del superpremium, ma crediamo a un giusto compromesso in grado di valorizzare la qualità che vogliamo proporre. Se riusciremo a far capire ai figli dei nostri acquirenti che questo è il gusto del grissino, i risultati non mancheranno».

 

Il lancio è previsto per settembre. Quali azioni di comunicazione prevedete?

Gli investimenti saranno concentrati in oltre 4.000 passaggi su radio locali e nazionali oltre ad affissioni nelle principali stazioni delle città italiane e al web. Per il 2016 sono previsti investimenti in tv, radio e web.

Il 25 agosto torna Nergi, il baby kiwi con 300mila vaschette

È piccolo come un frutto di bosco i poco più, ma ha tutte le proprietà, oltre all’aspetto, del kiwi, come la miniera di vitamina C. Nergi, il baby kiwi commercializzato per la prima volta in Italia lo scorso anno, ma originario dell’Asia, dove è presente in natura da secoli, sarà commercializzato a partire dal 25 agosto, fino all’inizio di novembre. con una distribuzione concentrerà nelle maggiori insegne distributive (supermercati e ipermercati) in vaschette da 125 grammi.

NERGI_MISE-EN-SITUNel 2014, in Europa sono stati venduti ai consumatori 600 mila pezzi (vaschette da 125 gr) contro i 150 mila dell’anno precedente. Nel 2015, le previsioni di raccolta sono di circa un milione di pezzi (a livello europeo, mentre 300 mila in Italia) e di 2 milioni per il 2016 (in Europa). In  Italia, la poduzione è concentrata nell’areale cuneese.

 

Campagna pubblicitaria

La “campagna 2015” prevede un ampio dispiego di forze: comunicazione online con banner su siti gourmet e campagna social su facebook, oltre a un evento a Parigi a settembre, l’animazione di un canale YouTube in Italia, un account Instagram in Germania e la partecipazione a importanti kermesse locali sia in Italia, sia in Germania, oltre all’organizzazione di eventi ed happening inediti. Regista è l’azienda francese SOFRUILEG (con sede a Labatut) che dal 2005 commercializza il frutto in Europa.

Ahold Delhaize sceglie Pedon come co-packer per una nuova linea bio

Albert Heijn, il maggior retailer olandese e parte del gruppo Ahold Delhaize, ha commissionato a Pedon la produzione e il confezionamento di una linea di cereali, risi e legumi bio. I prodotti a marchio AH sono distribuiti in 966 supermercati della catena nei Paesi Bassi, con la possibilità di estendere, in un prossimo futuro, la distribuzione in Germania e Belgio.

La gamma prodotta da Pedon comprende sette referenze a rapida cottura, provenienti da agricoltura biologica, che conciliano benessere e qualità dei prodotti con praticità e velocità di preparazione e sono adatte anche a chi segue un regime alimentare vegetariano o vegano.

Novità assoluta sono le referenze couscous di farro integrale, mix di riso e cereali Incas e mix di riso, soia e lenticchie che si aggiungono ai già noti quinoa, bulgur, 5 cereali e il mix riso e cereali per un’ampia e variegata offerta a scaffale.

Albert Heijn è la principale insegna della grande distribuzione olandese facente capo alla multinazionale Ahold che ha recentemente annunciato l’acquisizione del 61% delle quote azionarie del retailer belga Delhaize, creando così il gruppo Ahold Delhaize che, con un fatturato di 54 miliardi di euro (il quarto più grande in Europa) e oltre 6.500 store in tutto il mondo, controllerà il 4% del mercato alimentare statunitense.

Si consuma troppo sale. Arriva Essenziale con il 50% di sodio in meno

In Italia il consumo medio di sale è di 10,8 g tra gli uomini e di 8,4 g tra le donne, una quantità superiore al fabbisogno consigliato dall’OMS, secondo cui gli adulti dovrebbero consumare non oltre i 2 grammi. La stessa OMS ha dato indicazioni che in WEEuropa il sale quotidianamente consumato va ridotto del 30%.

«Vi sono solide evidenze che un eccessivo apporto di sodio, in particolare di cloruro di sodio, si associ con un aumento del rischio cardiovascolare – dichiara Maria Letizia Petroni, Medico Nutrizionista Clinico, Professore Associato settore Endocrinologia, Nefrologia, Scienze dell’Alimentazione e del Benessere – Questo aumentato rischio è dovuto a vari fattori, il maggiore dei quali è quello dello sviluppo di ipertensione arteriosa. Anche se questo vale soprattutto per quel 40% della popolazione che è sensibile al sale per predisposizione genetica».

La dottoressa Petrone ne ha parlato durante un incontro in occasione del lancio sul mercato di un nuovo sale marino a ridotto contenuto di sodio.

Essenziale_foto prodottoIl sale innovativo “Essenziale”, prodotto da Gemma di Mare (Compagnia Italiana Sali) contiene infatti  il 50% di sodio in meno rispetto al sale comune e percentuali significative di magnesio, potassio e calcio.

«Un sale naturale a basso tenore in sodio e di gusto gradevole, che si presta a tutti gli usi in cucina, rappresenta una vera e propria rivoluzione in campo nutrizionale – ha osservato Petroni – sia per la normale nutrizione umana che per la nutrizione clinica, cioè l’utilizzo in pazienti con ipertensione, cardiopatie, nefropatie lievi-moderate, osteoporosi e calcoli renali».

Il nuovo sale, già in distribuzione con il favore dei consumatori, ha richiesto alla Compagnia Italiana sali quattro anni di ricerche per arrivare a un prodotto che mantenesse sapidità e gusto pur con il 50% di sodio in meno. I sali iposodici in commercio, infatti, sono ottenuti tramite una preparazione farmaceutica degli ingredienti e vengono quindi percepiti come un “sale medicinale”, chimico, trattato e di sapore amaro.

Italiani a caccia di innovazione nella Gdo: per i nuovi prodotti spendono di più

Food glorious food, meglio se innovativo, alla faccia della crisi. Gli italiani amano provare nuovi prodotti, specie in campo alimentare (meno nelle bevande), e li cercano negli scaffali dei supermercati. Più degli altri europei: oltre la metà ha dichiarato di avere acquistato almeno un prodotto nuovo durante l’ultima spesa al supermercato (57% contro una media europea del 44%) secondo la survey di Nielsen “Global New Product Innovation”, eseguita su un campione di 30.000 individui in 60 Paesi tra i quali l’Italia. Il 28% dei connazionali è addirittura disposto a pagare un prezzo superiore per “accaparrarsi” una novità (contro media UE 10%, e global 18%). Inoltre, gli italiani si fidano più delle marche nazionali e hanno come riferimento per scoprire le novità, ancora, la televisione, anche se avanza la presenza dei social.

NIELSEN_Infografica

 

Convenienza, innovazione e salubrità i driver d’acquisto del “nuovo”

Sembra insomma che gli italiani, al di là della crisi, abbiamo una gran voglia di sperimentare: il 57% propenso alla novità è un segnale forte, che si contrappone al 41% della Germania, al 36% della Francia e al 29% della Gran Bretagna. Ma che caratteristiche deve avere il nuovo prodotto? Oltre che innovativo, deve essere adatto a tutta la famiglia (18% vs l’11% dei prodotti destinati a uso esclusivamente personale, in Germania e Francia rispettivamente al 10% e 8%). Va considerato che solo il 55% dei nuovi prodotti riesce a mantenere la distribuzione nei supermarket per sei mesi, il 24% raggiunge l’anno di vita.

La ricerca di Nielsen mette a fuoco anche quelli che sono i driver che inducono il consumatore a perfezionare acquisti di nuovi prodotti. Si osserva che quasi un terzo degli intervistati (29%, vs media Global 23% e UE 25%) preferisce il nuovo prodotto perché offerto a un prezzo più conveniente rispetto a quello precedentemente acquistato. Il secondo elemento dopo il prezzo è la componente innovativa che caratterizza il prodotto, ragione che spinge all’acquisto il 28% degli italiani (media UE 21%). Altri parametri sono: prodotti che rispondano a uno stile di vita sano (34%), fatti con ingredienti naturali (28%), ecologici (29%), comodi da usare (28%), che facilitino la vita (23%), sostenibili dal punto di vista etico (15%).

 

Tv e passaparola canali principe, social in ascesa, direct mail a picco

Sul fronte dei luoghi dove si reperiscono le innovazioni, a sorpresa la TV è ancora forte come canale, il principale attraverso il quale avviene la conoscenza di prodotti innovativi (53% della popolazione ne fa uso per la conoscenza di nuovi articoli, in linea con il dato registrato nel 2012) insieme all’immancabile passaparola (famigliari e amici). La ricerca attiva e personale su internet si attesta al 52%, come la conoscenza diretta acquisita sul punto vendita. Cresce il posting sui social media (utilizzato dal 7% del 2012 all’attuale 13%) mentre cola a picco il direct mail, che dal 30% di tre anni fa passa al 14% nel 2015.

“Dai dati della Global Survey New Product Innovation – ha dichiarato l’Ad di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – emerge che l’innovazione di prodotto non si configura più come un‘opzione che l’azienda può decidere di adottare. Infatti, data la crescente competitività sugli
scaffali della grande distribuzione e l’atteggiamento degli italiani sempre più orientato verso le novità, ogni azienda è chiamata a mettere in cantiere nuove linee di prodotto. Per questo motivo, risulta indispensabile innanzitutto studiare le ragioni che spingono il consumatore verso l’acquisto di articoli mai finora utilizzati, mettere a fuoco le tipologie di prodotto più desiderate, attivare una politica distributiva adeguata e multicanale e individuare i media più famigliari al consumatore, nel contesto della frammentazione mediatica attuale. Essere innovativi, quindi, implica la mobilitazione di tutte le componenti aziendali. Solo sfruttando ogni leva di marketing in maniera integrata è possibile investire nell’introduzione di “novità”, creando le sinergie necessarie perché la vita del prodotto possa superare il test sempre più selettivo del singolo consumatore e del mercato”.

 

Rinnovati i Frollini Bauli con zucchero a velo nell’impasto e pack riciclabile

I sacchetti di frollini Bauli, ultimi nati tra i prodotti continuativi del brand che in pochi mesi hanno conquistato una buona fetta di consumatori, si presentano migliorati grazie a una selezione ancor più accurata delle materie prime e al vero grande ingrediente speciale: lo zucchero a velo nell’impasto. Lo zucchero a velo, infatti, dà all’impasto una consistenza fine e levigata per un’ideale resistenza all’inzuppo che prosegue la scelta di una accurata selezione degli ingredienti  e delle materie prime che caratterizza i frollini Bauli, come le uova da galline allevate a terra, yogurt dell’Alto Adige, nocciole e panna fresca italiane, latte fresco alta qualità.

Ma i frollini Bauli nella loro confezione lilla si caratterizzano anche perché l’incarto non deve essere più smaltito tra i rifiuti indifferenziati ma è riciclabile tra quelli di carta: una confezione eco-compatibile senza perdere la funzionalità nella conservazione del prodotto.

Sipo valorizza l’agricoltura locale con le Verdure di Romagna

FIORI-DI-ZUCCA-OKCon il logo Verdure di Romagna, Sipo (azienda di produzione, lavorazione e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli freschi di I e IV gamma) lancia nei supermercati eipermercati italiani una linea di ortaggi coltivati nelle Province di Rimini, Forlì-Cesena e Ravenna. L’assortimento iniziale, che verrà ampliato alla prossima stagione produttiva, è formato da cuori di sedano, carote, cardo, fiori di zucca, cavolo riccio, cavolo nero e coste di sedano verde.

I nuovi prodotti sono contraddistinti da un packaging distintivo con un’etichetta che riporta l’immagine della Regione Emilia Romagna e sono disponibili sia in vassoio che in busta (in formati che vanno da 80 grammi per i fiori di zucchina a 600 grammi per le carote). La commercializzazione nei punti vendita avviene solamente nella stagione vocata, secondo il calendario produttivo, preservando l’ecosistema e la filiera agricola.

«Siamo convinti – sottolinea Massimiliano Ceccarini, General Manager SIPO Group – che le Verdure di Romagna saranno apprezzate dai consumatori delle nostre zone e di altre Regioni, proprio per la peculiare storia agricola delle terre di Romagna. Il nostro obiettivo è di valorizzare non solo gli ortaggi freschi del territorio ma anche la sua cultura e la grande tradizione eno-gastronomica».

Master lancia Mamma Emma, linea di gnocchi di patate “come fatti in casa”

Vere patate cotte al vapore con la buccia, farina tipo 0, uova fresche e sale. Sono questi (e solo questi) gli ingredienti che rendono unici gli gnocchi “Mamma Emma”, la nuova linea che l’azienda Master lancia sul mercato, buoni come quelli fatti in casa, veloci e facili da preparare, pronti in due minuti.

Gli gnocchi della nuova linea “Mamma Emma” sono riconoscibili perché passati uno ad uno sulla grattugia come insegna la migliore tradizione gastronomica italiana. La sapiente lavorazione delle materie prime consente di mantenere il gusto tipico dei veri gnocchi realizzati in casa, vellutati e gustosi, capaci di esaltare qualsiasi condimento.

La linea “Mamma Emma” si compone di quattro referenze: gnocchi di patate classici, gnocchi di patate con zucca, gnocchi di patate con ricotta e spinaci e gnocchi di patate con radicchio. Ogni passaggio produttivo è seguito passo a passo, dalla selezione delle materie prime per l’impasto fino al confezionamento finale, che mantiene inalterato il sapore genuino degli gnocchi. Master pone da sempre grande attenzione nella scelta del packaging, realizzato in cartone riciclabile al 100%, con ben visibile il prodotto come valore aggiunto per il consumatore, a voler trasmette i valori portanti dell’azienda: qualità, tradizione e sostenibilità.

L’azienda, punto di riferimento nel mercato per la produzione di pasta fresca, produce anche purè di vere patate, spatzle e canederli.

Pastifico Maffei, pack limited edition d’artista orientato all’export

Il Pastificio Maffei di Barletta è  fra i brand “con i loro prodotti hanno scritto la storia del “Food Made in Italy” e, per questo motivo, ha uno spazio espositivo all’interno del Padiglione “Cibus è Italia”. Fondata negli anni Settanta da Savino Maffei l’azienda, grazie alla ricerca continua sul prodotto e all’innovazione dei processi produttivi, ma rimanendo fedele alla qualità, è diventata una solida realtà industriale, leader nel mercato italiano, producendo e commercializzando pasta fresca di semola di grano duro, all’uovo e gnocchi di patate.

In occasione di Expo e con uno sguardo proiettato allo sviluppo dei mercati internazionali lancia una limited edition con il nuovo pack a firma dello stilista Marco Coretti, che aveva già firmato nel 2013 un nuovo pack per Maffei.

Savino Maffei«Un’operazione che in un anno portò al raddoppio del fatturato», sottolinea Savino Maffei (nella foto a sinistra) che per il 2015 prevede un ulteriore aumento del 15% del fatturato. E le premesse ci sono tutte se si considera che dagli 8,4 milioni di chili di pasta fresca del 2011 l’azienda pugliese è salita ai 14,6 milioni del 2014, marcando in quattro anni “neri” per i consumi, un incremento superiore al 73%.

Con la limited edition, l’obiettivo sarà rafforzare l’identità del brand soprattutto all’estero, sotto l’impulso di Expo e in quei mercati quali Giappone, Stati Uniti, Canada e Romania, grazie ai quali «contiamo di aumentare il fatturato estero del 15% in un anno e del 40 in due anni», fa sapere Maffei, che anticipa: «Entro luglio lanceremo un nuova linea di produzione, l’undicesima, ma per il mercato estero; si affiancherà alle specialità regionali che portano addirittura il nome di un quartiere come Bari vecchia e ad altre tipiche del Belpaese come i maccheroni calabresi, le trofie liguri, le tagliatelle all’uovo, gli gnocchi di patate, oltre ai formati speciali e alle linee realizzate per le grandi insegne della distribuzione».

 

Pasta bandiera italiana: solo il 2% l’ha eliminata per seguire una dieta iperproteica

Carbophobia? No, grazie, siamo italiani. Sembra proprio che gli attacchi ai carboidrati quali principali responsabili di obesità e diabete perpetrati delle varie diete iperproteiche, dalla zona alla Dukan alla funambolica “zona mediterranea”, non stia “attecchendo” più di tanto nel nostro Paese, nonostante la grande esposizione mediatica. Lo rivela una ricerca Doxa (1000 casi rappresentativi della popolazione italiana) commissionata da AIDEPI  ̶  Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane  ̶  dal titolo “Diete low-carb: cosa ne pensano gli italiani”, che per la prima volta ha cercato di fare chiarezza sul reale impatto delle diete iperproteiche nel nostro Paese. Le quali demonizzano l’uso della pasta e trovano da anni terreno fertile specie in aeree come il Nord America. Da noi però si suona un’altra musica, come è giusto che sia nel Paese della pasta: solo il 5% degli italiani ne ha sentito parlare, al di là del clamore mediatico e nonostante queste diete abbiano come testimonial personaggi famosi del mondo dello spettacolo, e soltanto il 2% dei nostri connazionali ha dichiarato di averne seguita una. Molto bassa (18%) è anche la percentuale di chi si dimostra interessato a seguirla in futuro, per lo più uomini che vivono in piccoli paesi del Centro e del Sud Italia. Di coloro poi che hanno sperimentato una delle tre diete low-carb più famose (nell’ordine: Zona, Dukan e Paleolitica), 1 su 3 si è dichiarato insoddisfatto, la metà perché non riusciva a fare a meno di pane e pasta e il resto perché non otteneva i risultati sperati. La dieta ideale resta, per il 72% degli italiani, quella Mediterranea, basata sui carboidrati di pane e pasta. La dieta iperproteica è considerata valida solo dall’11% del campione, mentre il 17% afferma di preferire quella vegetariana o addirittura veganaSe queste diete non fanno breccia in Italia è perché il 70% della popolazione le considera “un controsenso nel Paese della Dieta Mediterranea”, tanto che il 57% è convinto che non le seguirà mai.  Per il 53% degli italiani, infatti, è impossibile rinunciare alla pasta e al pane (45%). Alla pasta non sanno dire di “no” soprattutto gli uomini under 24, nativi dei piccoli centri del Mezzogiorno e delle isole. Per il 90% degli italiani la pasta non solo è buona, ma fa anche bene alla salute.

Riccardo Felicetti, Paolo Barilla e Massimo Menna (Garofalo) alla presentazione della ricerca.
Riccardo Felicetti, Paolo Barilla e Massimo Menna (Garofalo) alla presentazione della ricerca.

“La pasta è una summa di ‘Buona Italia’ – afferma Paolo Barilla, Presidente di AIDEPI -; ha tutte le caratteristiche nutrizionali per affrontare la vita di oggi, è uno dei prodotti più sostenibili, e fornisce tra le calorie più economicamente accessibilI (circa 15 centesimi per porzione). Inoltre è un asset economico fondamentale per il nostro Paese. Oltre ad essere il piatto preferito dalla stragrande maggioranza degli italiani, è sempre più amata anche all’estero, compresi gli Stati Uniti. Alcuni dati dovrebbero far riflettere: in Italia mangiamo in media circa 25 chili di pasta all’anno, tre volte più degli americani. Eppure il tasso di obesità tra gli adulti d’oltreoceano è intorno al 30%, tre volte quello italiano. Non è quindi la pasta a far ingrassare”.Carbophobia_INFOGRAFICA

La principale accusa rivolta ai carboidrati da tutte le diete a base proteica è di provocare picchi glicemici responsabili di una risposta sempre meno efficace all’insulina, favorendo malattie come diabete e obesità. In realtà i carboidrati complessi della pasta, a lento assorbimento, provocano un più graduale innalzamento della glicemia e contribuiscono a creare una sensazione di sazietà. L’indicazione della cottura al dente (imprescindibile per la nostra cucina) è fondamentale, visto che la cottura prolungata, attraverso una maggiore liberazione dell’amido, rende più rapida la digestione e più alto il picco glicemico postprandiale. Il controllo glicemico è anche favorito da un’alimentazione ad alto contenuto di carboidrati e fibre: frutta, legumi, avena, alimenti a base di cereali integrali, crusca di frumento e verdure andrebbero dunque usate come sugo per ottenere un piatto equilibrato.

 

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