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A Tuttofood si scopre lo store del futuro con Shop 2015

Come sarà lo store del futuro? Lo vedremo a SHOP2015: The Future Now, dal 3 al 6 maggio a Fiera Milano Rho all’interno di Tuttofood. Quattro giornate di dimostrazioni, workshop, casi di successo per anticipare e capire cosa vogliono i consumatori del terzo millennio, come evolve il commercio e cosa di più avanzato offre il mercato “chi c’è, ci sarà”. Ne discutono e si confrontano i leader della distribuzione, i fornitori di prodotti e soluzioni, gli stakeholder del comparto.

A maggio prossimo il mondo del food sarà tutto a Milano: apre il primo maggio la grande Esposizione Universale e due giorni dopo Tuttofood, ed è proprio in un’area dedicata che verrà realizzato il simulatore del negozio del futuro. “Un vero laboratorio di idee e soluzioni per il commercio di oggi e di domani” secondo Oddone Sangiorgi, presidente del Consorzio FIA e organizzatore di SHOP 2015.

Un pdv del futuro, ma realistico

SHOP2015 non è una nuova fiera, è una unità dimostrativa, un laboratorio di idee e soluzioni, un prototipo. Promossa da Comufficio e dalle associazioni del commercio, ha come obiettivo la creazione di un “punto vendita realistico” che sia all’altezza dei cambiamenti che il nuovo millennio sta imponendo alla distribuzione commerciale. Al fine di ottimizzare l’interazione fra i comportamenti dei consumatori, verrà realizzato un layout del punto vendita “ideale”, avvalendosi di avanzate tecnologie per l’inserimento di nuove aree di attività, l’immissione di prodotti e servizi e l’organizzazione degli spazi, oltreché dell’assortimento merceologico.

Parteciperanno le aziende che producono e distribuiscono sistemi, tecnologie, arredi e attrezzature per il commercio, di beni di generale e largo consumo, alimentari e non alimentari. Queste ultime avranno modo di esporre i propri prodotti sugli scaffali come se si trovassero realmente in un punto di vendita innovativo sia per le soluzioni tecnologiche, sia per i criteri e le modalità espositive.

Intanto è già attiva la biglietteria online di Tuttofood, dove è possibile acquistare i biglietti d’ingresso con risparmi fino al 50% (fino al 28 febbraio).

Build-A-Bear orsetti fai da te scelgono soluzioni Txt

Build-A-Bear, retailer americano pioniere della customizzazione che consente, tramite 400 negozi in tutto il mondo, di creare il proprio animaletto di peluche, ha scelto le soluzioni di pianificazione ‘end-to-end’ TXT, fornitore internazionale per il Lusso, la Moda e il Retail. TXT Retail Planning è pensato per pianificazione dei prodotti e degli assortimenti, pre-stagione e in-stagione, lungo tutti i canali di vendita.

Fondata a St. Louis nel 1997, Build-A-Bear Workshop ha una rete di vendita che comprende negozi di proprietà negli Stati Uniti, Porto Rico, Canada, Regno Unito e Irlanda, a cui si affiancano i punti vendita in franchising in Europa, Australia, Africa e Messico. A questi si aggiunge il sito web buildabear.com. La crescita rapida dei diversi canali di vendita in Nord America ha rappresentato l’elemento trainante del progetto con TXT. “La maggiore complessità di gestione di canali diretti e indiretti in una molteplicità di Paesi, ha reso prioritaria l’esigenza di accrescere le nostre capacità di pianificazione. Cercavamo un sistema in grado di supportare un modello di pianificazione misto, centralizzato e decentralizzato, e che ci consentisse di lavorare con diverse valute – afferma Jeff Fullmer, Managing Director Planning and Allocation di Build-A-Bear Workshop -. Dopo un processo di selezione rigoroso, abbiamo scelto la flessibilità della soluzione TXT Retail Planning. Il team TXT ci aiuterà a rispondere in modo efficace alle esigenze così uniche del nostro business”.

La piattaforma TXT Retail Planning fornirà a Build-A-Bear funzionalità di pianificazione End-to-End insieme ad avanzate capacità di simulazione e analisi. “Siamo entusiasti di questo nuovo progetto”, commenta Peter Charness, Senior Vice President Nord America e Global Chief Marketing Officer di TXT. “Build-A-Bear è un marchio davvero speciale. Entrando in un negozio Build-A-Bear i clienti possono creare il proprio orsetto personalizzato; l’azienda è leader nel retail interattivo”.

Simply presenta a Marca l’ampia gamma di novità a marchio

Simply, che partecipa all’undicesima edizione di Marca (BolognaFiere 14 e 15 gennaio) annuncia un trend stabile in termini di quota dei prodotti MDD grazie alle ottime performance delle linee premium e specialistiche, legate alle nuove attitudini di consumo verso i cibi biologici e salutistici.

«La nostra strategia punta sulla volontà di far percepire ancora di più al consumatore che il prodotto a marchio del distributore è un’alternativa di risparmio continuativo rispetto alle promozioni sui brand, con una qualità che è pari a quella del leader, ma con un prezzo mediamente inferiore di circa il 30 per cento. – commenta Erica Fiore, Responsabile Offerta, Display e Marca Privata Simply® e Membro del Comitato Tecnico Scientifico di Marca – Grazie al nostro assortimento ampio e profondo, nel 2014 i prodotti a marchio Simply hanno mantenuto una quota stabile, in linea con il mercato. Quello che soffre di più è il mainstream, mentre crescono i prodotti delle linee specialistiche, che sono rivolte a specifici bisogni e alle nuove tendenze di consumo. Per esempio nella linea Bio, dove c’è una forte convenienza e il consumatore non ha ancora riferimenti forti con le marche industriali, e in quelle premium Passioni e Sapori delle Regioni, dove operiamo una selezione attenta degli ingredienti e delle ricettazioni, che il consumatore apprezza perché non spende di più rispetto al leader ma ha una qualità che lo premia e gratifica.

simply cioccolatiniLe indicazioni per la MDD che si possono trarre da questi trend: occorre continuare a sviluppare l’assortimento con un’offerta in grado di coprire tutti i bisogni e le nuove tendenze di consumo. I prodotti a marchio d’insegna, infatti, consentono di differenziarsi dai competitor e di fidelizzare i clienti, che hanno la possibilità di risparmiare senza dover migrare da un’insegna all’altra per inseguire le promozioni. Sono uno degli asset strategici più importanti per la nostra insegna, su cui fondare una crescita sana e duratura e rafforzare la nostra reputation».

L’assortimento

Sia in termini di approfondimento della linea standard, sia come sviluppo in profondità delle linee specialistiche, L’assortimento della MDD Simply è in continua evoluzione,

simply plumcakeL’assortimento completo è di oltre 2.000 referenze, che offrono ai clienti una qualità allineata ai leader ma con un risparmio medio del 30% e un’ampia scelta in termini di copertura e di proposta di prezzo: dalla linea alto di gamma Passioni Simply alla linea primo prezzo Simply Basic. Per completare l’offerta, sono presenti anche sei linee specialistiche: Bio con prodotti provenienti da agricoltura biologica, Vita&Gioia dedicata al benessere, I Sapori delle Regioni con produzioni tipiche regionali della tradizione gastronomica italiana, Equosolidale con prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo certificati da CTM Altromercato, Bimbo Bel dedicata all’infanzia, Eco con detergenti e prodotti in cellulosa certificati Ecolabel e la nuova Senza Glutine creata per i celiaci.

simply pannaTra le novità presentate a Marca 2015, la linea di cioccolatini, di gelati in barattolino e di prodotti ittici ricettati surgelati Passioni, i plumcake senza zucchero e il mix di cereali Vita&Gioia, la linea detergenza BimboBel, i sughi al tonno e all’amatriciana, la margarina, la panna fresca, gli snack di grana, oltre alle pastiglie per lavastoviglie Tutto in 1 e le strisce depilatorie per viso e corpo.

La comunicazione

Tutte le novità della MDD Simply saranno supportate da un articolato piano di comunicazione interna ed esterna, che avrà come fulcro il punto vendita attraverso attività promozionali, di pricing e campagne a tema. Anche nel 2015, inoltre, verranno utilizzati i nuovi media (approcciati nel 2014 con progetti ad hoc sulla MDD), attraverso partnership con siti di ricette, coinvolgimento di foodblogger e attività di comunicazione sulla pagina Facebook dedicata ViviSimply.

 

Lush, così il brand si costruisce on line

Lush, specialista britannico in cosmetici vegetali a base di frutta e verdura bio, dopo il successo dei monomarca si lancia sul web con l’idea di portare in rete l’esperienza vissuta (e apprezzata) dai clienti sui punti vendita. Per un brand come Lush, che ha rinunciato alla pubblicità, l’on line e le sue ramificate community sono senza dubbio media imprescindibili per dare risonanza alle proprie proposte.

Vista l’importanza di questa scelta, l’insegna sta procedendo per step graduali. Il primo passo è stato il restyling del sito (prima quello inglese, a brevissimo anche quello italiano) che punta in modo deciso sulle immagini (foto e video) come strumento di coinvolgimento.

Altro “mossa” interessante è stata l’inaugurazione di un laboratorio (Lush Kitchen) dedicato alla preparazione quotidiana di prodotti acquistabili solo on line.

I consumatori, dal web, possono seguire le fasi di lavorazione dei prodotti e conoscerne gli ingredienti.

Non basta: sempre nell’ottica di costruzione del brand al di là dei confini fisici del pdv, l’azienda ha iniziato a diffondere in rete il video The Experimenter, realizzato tramite la condivisione sui social network delle varie esperienze della numerosa clientela.

(Fonte: ItaliaOggi)

 

Whole Foods Lincoln Park Chicago. Guarda la gallery

Whole Foods Market è oggi il principale interprete della silenziosa rivoluzione alimentare in atto negli USA.

La strategia di questa straordinaria azienda (ora anche a vocazione multinazionale) è tutt’altro che snobbish – scrive Daniele Tirelli presidente di Popai Italia sull’ultimo numero di inStore – ma un ambiente con un’elevata presenza di famiglie di professionisti affluenti è stata la premessa per l’ennesimo progetto di un supermarket davvero eccezionale per dimensioni, ma soprattutto per l’assortimento che definire “profondo” sarebbe un eufemismo.

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Whole Foods di Lincoln Park costituisce dunque per ogni retailer un caso da manuale ricco di suggerimenti da studiare attentamente. Aperto nel maggio del 2009, questo Whole Foods risulta essere, tra tutti quelli della catena, il fanciest store dell’ Illinois e il terzo nel mondo per dimensione, subito dopo quelli di Londra e di Austin. Il suo layout copre 8mila metri quadri su due piani, di cui quello superiore dedicato alla ristorazione e gestisce ogni anno circa 300 mila Sku. Whole Foods si conferma quindi una realtà di estrema complessità cui dedicare più che articoli, interi libri su diversi temi: la sua ispirazione ideologica, le politiche delle risorse umane, la sua gestione finanziaria, la logistica.

Continua a leggere sull’ultimo numero della rivista sfogliabile Schermata 2014-12-23 alle 10.11.09

Risparmio e qualità guidano gli acquisti dei prodotti a marchio del distributore

Dall’indagine Nielsen Global Survey on Private Label and Premiumization Trends condotta intervistando oltre 30.000 utenti internet emergono due aspetti principali comuni in tutti i 60 Paesi considerati: il prezzo è il driver primario per la maggior parte dei consumatori (il 70% dei rispondenti infatti dichiara di acquistare prodotti a marchio del distributore per risparmiare), però l’appeal della private label va oltre il prezzo e riguarda anche la qualità.

Ma queste attitudini dei consumatori, si chiede il rapporto, sono trasformate in vendite? La risposta dipende dalle latitudini. Se nei Paesi ocidentali la quota al valore dei prodotti Mdd è intorno al 15% o superiore (con punte superiori al 40% in Europa), in Oriente, America Latina e Asia è inferiore al 10% (ma in Cina e Brasile è del 5% o inferiore). Non esiste però una ricetta unica, sottolinea l’indagine, sebbene le ragioni del successo in un mercato possono guidare altri mercati: la crescita delle private label richiede infatti approcci su misura per i singoli mercati.

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Anche per gli italiani (nel 66% dei casi) la ragione principale di acquisto dei prodotti Mdd è il risparmio, inteso come la possibilità di poter spendere meno per gli stessi benefici offerti dai prodotti di marca: il rapporto qualità-prezzo della marca del distributore è ritenuto infatti ottimo dal 67% dei consumatori. Questo dato è in linea con la media europea, anche se non ancora al livello di paesi come la Germania, dove raggiunge il 79%.

Il prezzo, afferma l’indagine, non è un elemento irresistibile di differenziazione. I fattori psicologici possono essere molto potenti, soprattutto in alcune categorie. Per esempio nella salute e bellezza le private label non hanno avuto un forte impatto, nonostante un vantaggio di prezzo che raggiunge il 40%. Anche nei periodi più difficili, i consumatori hanno il desiderio di indulgenze occasionali e sono disposti a pagare di più per i loro brand preferiti.

«Per natura i prodotti Mdd – ha evidenziato Jean-Jaques Vandenheede, direttore di Nielsen retail industry insight – non sono predestinati a crescere, contrariamente ai brand. L’impegno verso l’innovazione, l’analisi e il marketing sono strategie effettive per mantenere e accrescere le quote. Un’aggressiva attività promozionale, così come abbiamo visto nel Regno Unito, può anche aiutare a consolidare la crescita delle private label, ma tali misure reattive al prezzo non sono sostenibili nel lungo periodo».

Il confronto tra prodotto a marchio del distributore e industriale è costante e continuo da parte del consumatore, sia per ciò che riguarda il risparmio offerto che per la qualità dei prodotti. Il 56% degli italiani ritiene che le marche private abbiano una qualità assimilabile a quella dei prodotti di marca (rispetto al 23% del 2010) e il 47% ritiene che alcune siano superiori ai brand industriali.

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I prodotti per cui il consumatore è disposto a spendere di più per la qualità offerta sono soprattutto gli alimentari freschi, in particolare pesce e carne freschi o surgelati (46%), pane e prodotti da forno (33%), formaggio (32%), latte (26%) e uova (21%). Seguono i prodotti per la cura della persona e della casa.

Ma cosa vogliono gli italiani in termini di assortimento, prezzi, esposizione e prestazione? Innanzitutto il 51% degli italiani dichiara che comprerebbe più prodotti a marchio del distributore se ci fosse maggior varietà. Il 61% degli intervistati vorrebbe averli a fianco dei marchi dei produttori in modo da poter più facilmente compararne caratteristiche e prezzi. Inoltre la maggioranza dei consumatori (62%) richiede un’offerta completa che spazi dal primo prezzo ai prodotti di alta gamma, includendo i brand nazionali: tenere un giusto equilibrio tra le due tipologie di brand a scaffale diviene quindi una strategia fondamentale.

Nonostante l’atteggiamento dei consumatori sia molto positivo e la popolarità della marca del distributore sia molto cresciuta negli ultimi anni, nel 2014 la marca del distributore ha subito una battuta di arresto. La sua quota sul totale del fatturato Grocery nel progressivo a settembre 2014 si è mantenuta agli stessi livelli del 2013 (18,4%) e per la prima volta le vendite non hanno sostenuto la crescita del largo consumo: -1,5% della marca del distributore rispetto al -0,9% degli altri brand.

Con il travel retail è la rivincita del sesto continente

Il travel retail – gli store negli scali ferroviari o aeroportuali – è un settore in ascesa e sempre più appetibile per il suo elevato valore di marketing strategico.

I responsabili marketing delle grandi aziende infatti l’hanno già ribattezzato il sesto continente: un esercito di milioni di persone che si spostano ogni giorno in aeroporti e stazioni, per lavoro o per diletto, portando con sé esigenze e desideri che spesso si trasformano in acquisti.

Acquisti veloci e d’impulso, ma anche di lusso e di coccola (il beauty ha recentemente superato le vendite di alcolici nei duty free shop degli aeroporti). I dati parlano chiaro: quello degli acquisti negli (ormai ex) non-luoghi è un mercato in ascesa, anche perché ormai il viaggiatore trova sulla sua strada al posto di lunghi corridoi bui, vere e proprie “piazze commerciali” accoglienti e con un’offerta che spazia dal food al beauty, dall’abbigliamento all’elettronica di consumo.

E, proprio quando il centro commerciale appare in declino, aeroporti e stazioni aumentano spazi dedicati al retail e introiti, capitalizzando su quei milioni di persone l’anno che per quei luoghi devono giocoforza passare, ma anche, per le stazioni, sui residenti e lavoratori delle aree vicine.

Continua a leggere sull’ultimo numero della rivista sfogliabile Schermata 2014-12-23 alle 10.11.09

 

Retail: 10 tendenze per il 2015

Siamo a fine anno, è tempo di bilanci ma anche di previsioni sull’anno prossimo a venire. Cosa ci possiamo aspettare nel prossimo futuro dal retail? Spulciando su vari siti stranieri abbiamo distillato per voi dieci tendenze che possiamo aspettarci guideranno le evoluzioni della distribuzione. Eccole.

  1. Approccio personalizzato grazie alle tecnologia. Il cliente si sente scelto e capito grazie alla comunicazione che avviene tramite app e alla possibilità di interpretare i suoi desideri e le sue scelte da parte dei retailer. Ma anche..
  2. I tempi sono cruciali. On e offline il tempo è per certe fasce di clientela (20-50 anni, donne che lavorano, famiglie con bambini) un fattore determinante nella scelta su dove acquistare. Largo quindi alle consegne veloci e a dispositivi per la spesa rapida nel pdv (fast check in, fast payment, app per lista della spesa, click and drive e click and collect, disponibilità di prodotto o spedizione veloce in caso di mancanza).
  3. Assistenti virtuali e digitali. Specie nella fascia alta del mercato i consumatori si aspetteranno sempre più un supporto da parte di tecnologie hi-tech che guidino alla scelta. Rfid, beacon e schermi touchscreen regneranno nel pdv.
  4. Polarizzazione dei prezzi. La classe media tende a sparire, e così il prezzo medio. La tendenza è sempre più verso i due estremi, il low-cost e il lusso. La novità è che la stessa persona può attingere indifferentemente ai due estremi: per dire, yogurt low cost del discount e aceto balsamico tradizionale da Eataly.
  5. Vendite cross settoriali. Caffè nelle librerie, assicurazioni nei supermercati, musica in caffetteria, ormai tutti vendono tutto. Un esempio avanzato? Monop’lab di Parigi gare Montparnasse,(nella foto), che cambia assortimento ogni mese a seconda dei desideri dei consumatori, in partnership con il ristoratore Elior.Monopl'lab Monoprix
  6. Personalizzazione dei prodotti o personalizzazione di massa. La produzione di massa non soddisfa più le esigenze del consumatore, che quasi mai si può permettere un vero tailor-made. E allora largo in futuro ai prodotti limited edition creati anche grazie all’input dei clienti, o a quelli per nicchie di mercato (il dilagare del gluten free ne è un esempio).
  7. “Anta” alla riscossa. La popolazione invecchia e l’offerta si adeguerà. Sempre meno teenager, sempre più anziani che richiederanno prodotti “da casa”, consegne a domicilio, confezioni facili da aprire e scritte grandi e leggibili.
  8. Donne. Il mercato più grande al mondo resta sostanzialmente ignorato da brand e retailer. Ma molte cose stanno cambiando sotto il cielo e prima o poi anche loro dovranno accorgersene. Già oggi le donne decidono nel 65% dei casi che auto comprare e nell’81% quali prodotti finanziari acquistare. Le opportunità per chi per primo saprà “parlare” all’altra metà del cielo sono immense. Un esempio? Lo store women only di Nike a Newport Beach, California (nella foto qui sotto), con centro fitness annesso che propone anche corsi di yoga
    Nike-FI_Store_11.19.14-12_native_600
  9. Emozione e marca. Far percepire al consumatore connesso e informato i plus di una marca sarà fondamentale e per questo suscitare emozioni è il grimaldello per conquistarne il cuore e il portafogli. Un esempio? WHSmiths, storica catena di cartolerie UK, che vende corsi di cucina e voli in mongolfiera.
  10. valori emozionali e lo storytelling guideranno anche il posizionamento, la differenziazione e la capacità di raccontare la storia di un brand. Purché sia autentica e legata alla sua essenza più profonda, perché non sia solo intrattenimento ma conquisti realmente il cliente al brand.

Anna Muzio

Conad chiude a +1,5% il 2014. A febbraio lo sbarco in Cina

Nel consueto incontro con la stampa di fine anno l’amministratore delegato di Conad  Francesco Pugliese ha presentato il preconsuntivo 2014 e i programmi di Conad per il 2015, non senza dare qualche stoccata all’industria di marca.
Cominciamo dai numeri.

Nel 2014 Conad registra una performance in controtendenza rispetto all’andamento del mercato, con il giro d’affari attestato a 11,73 miliardi di euro – 173 milioni in più del 2013 –, in crescita dell’1,5 per cento (fonte: Fatturato Rete Conad). Risultato ottenuto con la riqualificazione della rete di vendita e un piano strategico di sviluppo realizzato anche per linee esterne (Billa, Despar e Eurospar). La rete è cresciuta con 351 punti di vendita, 89 dei quali rappresentati da nuove aperture mentre il resto sono ristrutturazioni o cambi di insegna. L’investimento complessivo è stato di 350 milioni di euro e ha creato 1.890 nuovi posti di lavoro, portando il totale a 48.604.

Ad inizio 2015 la rete si amplierà con altri 40 punti di vendita Billa, frutto di acquisizioni per 38.581 mq e un fatturato stimato di 205 milioni di euro. Servirà a incrementare la quota di mercato, salita quest’anno all’11,4 per cento, e rafforzare la leadership nel canale supermercati, ora al 18,6 per cento (+0,4 punti percentuali rispetto al 2013), e nei punti di vendita di prossimità, al 14,3 per cento (fonte: Guida Nielsen Largo Consumo).

La rete
SuperstoreNel complesso la rete di vendita cresce di 33.818 mq, pur essendo diminuita di 12 unità rispetto al 2013 a causa della riorganizzazione: i punti di vendita sono 3.007 (37 Conad Ipermercato, 192 Conad Superstore, 1.003 Conad, 970 Conad City, 560 Margherita Conad, 180 Todis e 65 altri canali) per 1.784.461 mq di superficie. Una rete che soddisfa ogni esigenza di acquisto e che è improntata all’impegno per l’italianità dei prodotti.  “Dopo la chiusura del rapporto con Leclerc abbiamo riportato gli ipermercati sotto l’insegna Conad. 22 li abbiamo trasformati in Superstore, altri li abbiamo ridimensionati nela superficie. Oggi tutti gli ipermercati viaggiano con una crescita dell’1%. Le operazioni di rebranding saranno terminate nel corso del 2015” ha detto Pugliese.

“Non abbiamo bisogni di metro quadrati in più, ma di punti vendita in line con le esigenze di oggi. Oggi abbiamo verificato che rimodernare il punto vendita genera da subito un aumento di vendite del 25-30%. Realizzarne uno nuovo ha dei tempi, anche da questo punto di vista, decisamente più lunghi”.

Promozioni=cocaina
Sull’industria di marca, rilevando come il 53% delle aziende del largo consumo ha ridotto gli investimenti in comunicazione nei primi 9 mesi del 2014, il 40% ha ridotto la comunicazione e aumentato le promozioni e solo il restante ha investito di più in comunicazione e ridotto le promozioni, Pugliese ha affermato: “La pressione promozionale è una droga che prima o poi ci travolgerà. Sono come la cocaina che dà dipendenza dopo averla assunta la prima volta. Come porvi rimedio? Noi abbiamo scelto due strade: la valorizzazione dell’insegna e la targettizzazione dei clienti. Perché il commercio deve passare dalla massificazione alla targettizzazione dell’offerta. Non parlo delle promozoni ad personam. Quelle sono nel libro dei sogni. Noi stiamo sviluppando un sistema di scavo nei big data dei comportamenti dei nostri clienti in tutti i touch point per individuare dei cluster su cui lavorare.
Già nel 2014 come Conad abbiamo ridotto la pressione promozionale di un punto percentuale. Occorre arrivare a un corretto posizionamento del prezzo dei prodotti”.

 Robin Hood e lo sceriffo di Nottingham
“Non siamo Robin Hood. Come distributori negli ultimi cinque anni abbiamo visto i nostri margini scendere sempre di un po’, i bilanci dell’industria crescono. Noi stiamo ridando alla gente ciò di cui ha bisogno, ma non possiamo durare a lungo”.

La Marca del distributore
Per il primo anno la MDD segna il passo. “Per gli altri. In Conad è cresciuta del 5,4% a valore e del 2,7% a volume. Mi piacerebbe sapere quante sono le industrie di marca che possono vantare questi dati. Se hanno volumi e valori in negativo, si chiedano perché.
Ma se poi analizziamo meglio, la quota della MDD sulle vendite totali è del 27,2% (contro il 19,1% del mercato), allineata con le performance europee e la differenza con la media italiana è del +8,1%, quasi raddoppiata rispetto al 2007 quando era del 4,8%. Ciò significa che Conad da un grande contributo alla crescita della MDD nel suo complesso”.

La produttività
produttivita gdo«Rispetto alla produttività media italiana di 5.350 euro al metro quadrato, Conad registra 6.160 euro/mq. Ma con una superficie media per punto vendita di 600 metri quadrati, molto inferiore rispetto  a Coop, Iper, Eurospin che la precedono. Non considero Esselunga perché è un fuoriclasse: con i suoi 18.020 euro al metro quadrato si confronta con i migliori europei. Ma anche Conad in area 1 e 2 ha già varcato le Alpi, con oltre 11.000 euro al metro quadrato e i punti vendita Sapori & Dintorni raggiungono la punta d’eccellenza di 21 mila euro al mq”.

Le minacce
C’è una spada di Damocle che pende sulla distribuzione italiana, già provata da due anni di calo dei consumi: si chiama reverse charge dell’Iva. «Se sarà definitivamente approvata nella legge di stabilità, la reverse charge sarà un’altra bella botta per la liquidità dei distributori, pari a tre volte l’effetto dell’articolo 62.

La Cina è vicina
Finalmente qualcuno dei (pochi) grandi retailer tricolori ci ha pensato ad andare in Cina per veicolare l’italian food, uno dei pochi valori italiani a mettere d’accordo tutti. E così lo fa Conad, che si è accordato con un imprenditore cinese e con un’azienda statale che apriranno a febbraio cinque punti vendita a Shanghai e in due province con un assortimento di250 prodotti Sapori e Dintorni (che si chiameranno Creazioni d’Italia) e Conad tra fresco, secco, surgelati e vini. “L’obiettivo è di aprire 1000 punti vendita e di espandere il modello cooperativo di Conad in Cina, puntando sul nostro dna di imprese di persone”.
Oltre a ciò saranno installate 400 vending machines in tutta la Cina contenenti prodotti monoporzione in assaggio. Chi li acquista, li prova e se gli piacciono può ordinare via internet con consegna in tutto il Paese in 24 ore.
Nel 2014 l’export di Conad ha superato i 60 milioni di euro alla vendita. Dalla Cina arriverà un deciso incremento.

L’alleanza con Finiper
“Per scelta condivisa non faremo acquisti insieme a Finiper nelle piccole e medie imprese. L’accordo è decennale ed è un’alleancza che vuole essere di più di quello che si vede oggi. Sono tante le aree di scambio e gli effetti si vedranno con il tempo”.

Il Natale alle porte
“Secondo le nostre stime, dall’avvio della campagna di vendita per le feste, non siamo molto ottimisti. Se le cose vanno bene il Natale si potrà chiudere con un -1,5/1,8% rispetto al 2013. Nellìipotesi peggiore registreremo -2,5/2,8% sull’anno scorso”. In assoluto vale a dire 200-300 milioni di euro, passando dai 10,8 miliardi spesi nel 2013 ai 10,5-10,6 stimati nel 2014

 

Fabrizio Gomarasca

I cassieri di Edeka eseguono Jingle Bells. E i clienti applaudono

Jingle bells suonato dai cassieri di Edeka con un virtuoso utilizzo del beep dello scanner. I primi timidi accenni di nota, le luci si spengono e la magia del Natale entra al supermercato. I clienti, prima perplessi, poi sorridenti si abbandonano al ‘magico momento’. Anche questo è fare retail.

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