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Concordato preventivo per Mercatone Uno

Alla fine nemmeno la cura di Pierluigi Bernasconi ha potuto fare di più e Mercatone Uno (79 punti vendita, undici milioni di clienti, 3.700 dipendenti) ha chiesto il concordato preventivo.

Una nota dell’azienda spiega che si tratta di “una scelta imposta dal perdurare della crisi e dal continuo calo dei consumi particolarmente grave nel settore dei beni durevoli che ha determinato, a partire dalla ripresa autunnale dell’attività, una costante riduzione del fatturato, il tutto aggravato dal contesto deflazionistico a cui conseguono prezzi di vendita sempre più bassi e perdita di marginalità”.

«Paghiamo la guerra dei prezzi e le promozioni continue di soggetti come Ricci Casa, Grancasa, Ikea, Mondo convenienza sul mobile e Mediaworld e altri sugli elettrodomestici. A questo aggiungiamoci che in questo periodo la priorità delle famiglie non è proprio quella di cambiare arredamento», ha affermato il presidente del consiglio di amministrazione Alessandro Servadei in un’intervista al Resto del Carlino.

Così l’indebitamento complessivo del Gruppo Mercatone Uno, ha aggiunto sotto l’incalzare delle domande, «ammonta a 400 milioni di euro, metà dei quali con le banche e metà con fornitori, erario e altri. I creditori sono circa 1.600 tra fornitori non dell’ultimo periodo e banche».

Ora il tribunale ha dato 120 giorni per mettere a punto un piano di ristrutturazione che dovrà vedere necessariamente l’ingresso di nuovi soci e il ridimensionamento degli storici azionisti di Mercatone Uno, le famiglie Cenni e Valentini.

Strategie digitali per le imprese Food&Beverage, si può fare di più

Le aziende italiane del Food & Beverage rimandate a settembre nell’indice di socialmediability, con tassi di penetrazion migliorabili in relazione alle potenzialità del settore. È una delle evidenze emerse nel seminario dedicato alle strategie digitali del comparto alimentari, bevande, retail e ospitalità organizzando dal F&B Knowledge Center SDA Bocconi.

http://youtu.be/h0s-FV1Z2G4

Dall’analisi di 300 casi è emerso ovviamente che il social media più utilizzato è (non poteva essere altrimenti) Facebook, seguito da YouTube, Twitter, Google Plus, Instagram. Ma moda e design, con il 95% delle aziende) e addirittura le banche con l’87% sono più “social” del F&B.

Siamo però di fronte a un approccio massmediatico ai social, che appaiono essere considerati come media tradizionale, e a una gestione più tattica che strategica, più autoreferenziale che relazionale», ha affermato Guido Di Fraia, responsabile dell’Osservatorio Socialmediability. Il 41% delle aziende, infatti, utilizza Facebook e Twitter con finalità informative e comunicative di prodotto più che come strumenti per sviluppare e gestire relazioni con i propri fan o follower.

Su una scala da uno a dieci, quindi l’indice medio di socialmediability delle aziende F&B per quanto riguarda l’orientamento social è di 5,2, per la gestione e cura  è 4,5 e relativamente all’efficacia è 5,3. «Ma vi sono casi di aziende che lavorano bene e hanno ottenuto il voto pieno», precisa D Frua, a dimostrate una eterogeneità delle politiche di uso del web.

di Fabrizio Gomarasca

Marco Pedroni eletto Presidente di Coopernic per un mandato di 2 anni

Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia è stato eletto Presidente di Coopernic e Frans Muller, CEO di Delhaize Group, Vicepresidente, per un mandato di 2 anni.

Il Consiglio di Amministrazione è inoltre composto da: Maura Latini Direttore Generale di Coop Italia, Frédéric Legal, aderente E.Leclerc, David Vander Schueren, senior vice-President di Delhaize Europe e Michel-Edouard Leclerc Presidente dei centri E.Leclerc.

Per Coop Italia ha così inizio una nuova stagione di accordi internazionali, a seguito della conclusione dell’esperienza di Centrale Italia, sciolta alla fine del 2014, e della nuova alleanza siglata lo scorso settembre, ma con decorrenza operativa a partire da gennaio 2015. “Sono onorato di questo nuovo incarico –commenta Marco Pedroni- e al tempo stesso consapevole che non è più possibile ragionare solo in termini di confini nazionali. La sfida globale e competitiva che ci troviamo a dover affrontare impone un respiro internazionale. Abbiamo di fronte impegni importanti di natura commerciale che si possono tradurre in vantaggi per i nostri soci e consumatori”.

 

A Tuttofood si scopre lo store del futuro con Shop 2015

Come sarà lo store del futuro? Lo vedremo a SHOP2015: The Future Now, dal 3 al 6 maggio a Fiera Milano Rho all’interno di Tuttofood. Quattro giornate di dimostrazioni, workshop, casi di successo per anticipare e capire cosa vogliono i consumatori del terzo millennio, come evolve il commercio e cosa di più avanzato offre il mercato “chi c’è, ci sarà”. Ne discutono e si confrontano i leader della distribuzione, i fornitori di prodotti e soluzioni, gli stakeholder del comparto.

A maggio prossimo il mondo del food sarà tutto a Milano: apre il primo maggio la grande Esposizione Universale e due giorni dopo Tuttofood, ed è proprio in un’area dedicata che verrà realizzato il simulatore del negozio del futuro. “Un vero laboratorio di idee e soluzioni per il commercio di oggi e di domani” secondo Oddone Sangiorgi, presidente del Consorzio FIA e organizzatore di SHOP 2015.

Un pdv del futuro, ma realistico

SHOP2015 non è una nuova fiera, è una unità dimostrativa, un laboratorio di idee e soluzioni, un prototipo. Promossa da Comufficio e dalle associazioni del commercio, ha come obiettivo la creazione di un “punto vendita realistico” che sia all’altezza dei cambiamenti che il nuovo millennio sta imponendo alla distribuzione commerciale. Al fine di ottimizzare l’interazione fra i comportamenti dei consumatori, verrà realizzato un layout del punto vendita “ideale”, avvalendosi di avanzate tecnologie per l’inserimento di nuove aree di attività, l’immissione di prodotti e servizi e l’organizzazione degli spazi, oltreché dell’assortimento merceologico.

Parteciperanno le aziende che producono e distribuiscono sistemi, tecnologie, arredi e attrezzature per il commercio, di beni di generale e largo consumo, alimentari e non alimentari. Queste ultime avranno modo di esporre i propri prodotti sugli scaffali come se si trovassero realmente in un punto di vendita innovativo sia per le soluzioni tecnologiche, sia per i criteri e le modalità espositive.

Intanto è già attiva la biglietteria online di Tuttofood, dove è possibile acquistare i biglietti d’ingresso con risparmi fino al 50% (fino al 28 febbraio).

Build-A-Bear orsetti fai da te scelgono soluzioni Txt

Build-A-Bear, retailer americano pioniere della customizzazione che consente, tramite 400 negozi in tutto il mondo, di creare il proprio animaletto di peluche, ha scelto le soluzioni di pianificazione ‘end-to-end’ TXT, fornitore internazionale per il Lusso, la Moda e il Retail. TXT Retail Planning è pensato per pianificazione dei prodotti e degli assortimenti, pre-stagione e in-stagione, lungo tutti i canali di vendita.

Fondata a St. Louis nel 1997, Build-A-Bear Workshop ha una rete di vendita che comprende negozi di proprietà negli Stati Uniti, Porto Rico, Canada, Regno Unito e Irlanda, a cui si affiancano i punti vendita in franchising in Europa, Australia, Africa e Messico. A questi si aggiunge il sito web buildabear.com. La crescita rapida dei diversi canali di vendita in Nord America ha rappresentato l’elemento trainante del progetto con TXT. “La maggiore complessità di gestione di canali diretti e indiretti in una molteplicità di Paesi, ha reso prioritaria l’esigenza di accrescere le nostre capacità di pianificazione. Cercavamo un sistema in grado di supportare un modello di pianificazione misto, centralizzato e decentralizzato, e che ci consentisse di lavorare con diverse valute – afferma Jeff Fullmer, Managing Director Planning and Allocation di Build-A-Bear Workshop -. Dopo un processo di selezione rigoroso, abbiamo scelto la flessibilità della soluzione TXT Retail Planning. Il team TXT ci aiuterà a rispondere in modo efficace alle esigenze così uniche del nostro business”.

La piattaforma TXT Retail Planning fornirà a Build-A-Bear funzionalità di pianificazione End-to-End insieme ad avanzate capacità di simulazione e analisi. “Siamo entusiasti di questo nuovo progetto”, commenta Peter Charness, Senior Vice President Nord America e Global Chief Marketing Officer di TXT. “Build-A-Bear è un marchio davvero speciale. Entrando in un negozio Build-A-Bear i clienti possono creare il proprio orsetto personalizzato; l’azienda è leader nel retail interattivo”.

Simply presenta a Marca l’ampia gamma di novità a marchio

Simply, che partecipa all’undicesima edizione di Marca (BolognaFiere 14 e 15 gennaio) annuncia un trend stabile in termini di quota dei prodotti MDD grazie alle ottime performance delle linee premium e specialistiche, legate alle nuove attitudini di consumo verso i cibi biologici e salutistici.

«La nostra strategia punta sulla volontà di far percepire ancora di più al consumatore che il prodotto a marchio del distributore è un’alternativa di risparmio continuativo rispetto alle promozioni sui brand, con una qualità che è pari a quella del leader, ma con un prezzo mediamente inferiore di circa il 30 per cento. – commenta Erica Fiore, Responsabile Offerta, Display e Marca Privata Simply® e Membro del Comitato Tecnico Scientifico di Marca – Grazie al nostro assortimento ampio e profondo, nel 2014 i prodotti a marchio Simply hanno mantenuto una quota stabile, in linea con il mercato. Quello che soffre di più è il mainstream, mentre crescono i prodotti delle linee specialistiche, che sono rivolte a specifici bisogni e alle nuove tendenze di consumo. Per esempio nella linea Bio, dove c’è una forte convenienza e il consumatore non ha ancora riferimenti forti con le marche industriali, e in quelle premium Passioni e Sapori delle Regioni, dove operiamo una selezione attenta degli ingredienti e delle ricettazioni, che il consumatore apprezza perché non spende di più rispetto al leader ma ha una qualità che lo premia e gratifica.

simply cioccolatiniLe indicazioni per la MDD che si possono trarre da questi trend: occorre continuare a sviluppare l’assortimento con un’offerta in grado di coprire tutti i bisogni e le nuove tendenze di consumo. I prodotti a marchio d’insegna, infatti, consentono di differenziarsi dai competitor e di fidelizzare i clienti, che hanno la possibilità di risparmiare senza dover migrare da un’insegna all’altra per inseguire le promozioni. Sono uno degli asset strategici più importanti per la nostra insegna, su cui fondare una crescita sana e duratura e rafforzare la nostra reputation».

L’assortimento

Sia in termini di approfondimento della linea standard, sia come sviluppo in profondità delle linee specialistiche, L’assortimento della MDD Simply è in continua evoluzione,

simply plumcakeL’assortimento completo è di oltre 2.000 referenze, che offrono ai clienti una qualità allineata ai leader ma con un risparmio medio del 30% e un’ampia scelta in termini di copertura e di proposta di prezzo: dalla linea alto di gamma Passioni Simply alla linea primo prezzo Simply Basic. Per completare l’offerta, sono presenti anche sei linee specialistiche: Bio con prodotti provenienti da agricoltura biologica, Vita&Gioia dedicata al benessere, I Sapori delle Regioni con produzioni tipiche regionali della tradizione gastronomica italiana, Equosolidale con prodotti provenienti dai paesi in via di sviluppo certificati da CTM Altromercato, Bimbo Bel dedicata all’infanzia, Eco con detergenti e prodotti in cellulosa certificati Ecolabel e la nuova Senza Glutine creata per i celiaci.

simply pannaTra le novità presentate a Marca 2015, la linea di cioccolatini, di gelati in barattolino e di prodotti ittici ricettati surgelati Passioni, i plumcake senza zucchero e il mix di cereali Vita&Gioia, la linea detergenza BimboBel, i sughi al tonno e all’amatriciana, la margarina, la panna fresca, gli snack di grana, oltre alle pastiglie per lavastoviglie Tutto in 1 e le strisce depilatorie per viso e corpo.

La comunicazione

Tutte le novità della MDD Simply saranno supportate da un articolato piano di comunicazione interna ed esterna, che avrà come fulcro il punto vendita attraverso attività promozionali, di pricing e campagne a tema. Anche nel 2015, inoltre, verranno utilizzati i nuovi media (approcciati nel 2014 con progetti ad hoc sulla MDD), attraverso partnership con siti di ricette, coinvolgimento di foodblogger e attività di comunicazione sulla pagina Facebook dedicata ViviSimply.

 

Lush, così il brand si costruisce on line

Lush, specialista britannico in cosmetici vegetali a base di frutta e verdura bio, dopo il successo dei monomarca si lancia sul web con l’idea di portare in rete l’esperienza vissuta (e apprezzata) dai clienti sui punti vendita. Per un brand come Lush, che ha rinunciato alla pubblicità, l’on line e le sue ramificate community sono senza dubbio media imprescindibili per dare risonanza alle proprie proposte.

Vista l’importanza di questa scelta, l’insegna sta procedendo per step graduali. Il primo passo è stato il restyling del sito (prima quello inglese, a brevissimo anche quello italiano) che punta in modo deciso sulle immagini (foto e video) come strumento di coinvolgimento.

Altro “mossa” interessante è stata l’inaugurazione di un laboratorio (Lush Kitchen) dedicato alla preparazione quotidiana di prodotti acquistabili solo on line.

I consumatori, dal web, possono seguire le fasi di lavorazione dei prodotti e conoscerne gli ingredienti.

Non basta: sempre nell’ottica di costruzione del brand al di là dei confini fisici del pdv, l’azienda ha iniziato a diffondere in rete il video The Experimenter, realizzato tramite la condivisione sui social network delle varie esperienze della numerosa clientela.

(Fonte: ItaliaOggi)

 

Whole Foods Lincoln Park Chicago. Guarda la gallery

Whole Foods Market è oggi il principale interprete della silenziosa rivoluzione alimentare in atto negli USA.

La strategia di questa straordinaria azienda (ora anche a vocazione multinazionale) è tutt’altro che snobbish – scrive Daniele Tirelli presidente di Popai Italia sull’ultimo numero di inStore – ma un ambiente con un’elevata presenza di famiglie di professionisti affluenti è stata la premessa per l’ennesimo progetto di un supermarket davvero eccezionale per dimensioni, ma soprattutto per l’assortimento che definire “profondo” sarebbe un eufemismo.

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Whole Foods di Lincoln Park costituisce dunque per ogni retailer un caso da manuale ricco di suggerimenti da studiare attentamente. Aperto nel maggio del 2009, questo Whole Foods risulta essere, tra tutti quelli della catena, il fanciest store dell’ Illinois e il terzo nel mondo per dimensione, subito dopo quelli di Londra e di Austin. Il suo layout copre 8mila metri quadri su due piani, di cui quello superiore dedicato alla ristorazione e gestisce ogni anno circa 300 mila Sku. Whole Foods si conferma quindi una realtà di estrema complessità cui dedicare più che articoli, interi libri su diversi temi: la sua ispirazione ideologica, le politiche delle risorse umane, la sua gestione finanziaria, la logistica.

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Risparmio e qualità guidano gli acquisti dei prodotti a marchio del distributore

Dall’indagine Nielsen Global Survey on Private Label and Premiumization Trends condotta intervistando oltre 30.000 utenti internet emergono due aspetti principali comuni in tutti i 60 Paesi considerati: il prezzo è il driver primario per la maggior parte dei consumatori (il 70% dei rispondenti infatti dichiara di acquistare prodotti a marchio del distributore per risparmiare), però l’appeal della private label va oltre il prezzo e riguarda anche la qualità.

Ma queste attitudini dei consumatori, si chiede il rapporto, sono trasformate in vendite? La risposta dipende dalle latitudini. Se nei Paesi ocidentali la quota al valore dei prodotti Mdd è intorno al 15% o superiore (con punte superiori al 40% in Europa), in Oriente, America Latina e Asia è inferiore al 10% (ma in Cina e Brasile è del 5% o inferiore). Non esiste però una ricetta unica, sottolinea l’indagine, sebbene le ragioni del successo in un mercato possono guidare altri mercati: la crescita delle private label richiede infatti approcci su misura per i singoli mercati.

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Anche per gli italiani (nel 66% dei casi) la ragione principale di acquisto dei prodotti Mdd è il risparmio, inteso come la possibilità di poter spendere meno per gli stessi benefici offerti dai prodotti di marca: il rapporto qualità-prezzo della marca del distributore è ritenuto infatti ottimo dal 67% dei consumatori. Questo dato è in linea con la media europea, anche se non ancora al livello di paesi come la Germania, dove raggiunge il 79%.

Il prezzo, afferma l’indagine, non è un elemento irresistibile di differenziazione. I fattori psicologici possono essere molto potenti, soprattutto in alcune categorie. Per esempio nella salute e bellezza le private label non hanno avuto un forte impatto, nonostante un vantaggio di prezzo che raggiunge il 40%. Anche nei periodi più difficili, i consumatori hanno il desiderio di indulgenze occasionali e sono disposti a pagare di più per i loro brand preferiti.

«Per natura i prodotti Mdd – ha evidenziato Jean-Jaques Vandenheede, direttore di Nielsen retail industry insight – non sono predestinati a crescere, contrariamente ai brand. L’impegno verso l’innovazione, l’analisi e il marketing sono strategie effettive per mantenere e accrescere le quote. Un’aggressiva attività promozionale, così come abbiamo visto nel Regno Unito, può anche aiutare a consolidare la crescita delle private label, ma tali misure reattive al prezzo non sono sostenibili nel lungo periodo».

Il confronto tra prodotto a marchio del distributore e industriale è costante e continuo da parte del consumatore, sia per ciò che riguarda il risparmio offerto che per la qualità dei prodotti. Il 56% degli italiani ritiene che le marche private abbiano una qualità assimilabile a quella dei prodotti di marca (rispetto al 23% del 2010) e il 47% ritiene che alcune siano superiori ai brand industriali.

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I prodotti per cui il consumatore è disposto a spendere di più per la qualità offerta sono soprattutto gli alimentari freschi, in particolare pesce e carne freschi o surgelati (46%), pane e prodotti da forno (33%), formaggio (32%), latte (26%) e uova (21%). Seguono i prodotti per la cura della persona e della casa.

Ma cosa vogliono gli italiani in termini di assortimento, prezzi, esposizione e prestazione? Innanzitutto il 51% degli italiani dichiara che comprerebbe più prodotti a marchio del distributore se ci fosse maggior varietà. Il 61% degli intervistati vorrebbe averli a fianco dei marchi dei produttori in modo da poter più facilmente compararne caratteristiche e prezzi. Inoltre la maggioranza dei consumatori (62%) richiede un’offerta completa che spazi dal primo prezzo ai prodotti di alta gamma, includendo i brand nazionali: tenere un giusto equilibrio tra le due tipologie di brand a scaffale diviene quindi una strategia fondamentale.

Nonostante l’atteggiamento dei consumatori sia molto positivo e la popolarità della marca del distributore sia molto cresciuta negli ultimi anni, nel 2014 la marca del distributore ha subito una battuta di arresto. La sua quota sul totale del fatturato Grocery nel progressivo a settembre 2014 si è mantenuta agli stessi livelli del 2013 (18,4%) e per la prima volta le vendite non hanno sostenuto la crescita del largo consumo: -1,5% della marca del distributore rispetto al -0,9% degli altri brand.

Con il travel retail è la rivincita del sesto continente

Il travel retail – gli store negli scali ferroviari o aeroportuali – è un settore in ascesa e sempre più appetibile per il suo elevato valore di marketing strategico.

I responsabili marketing delle grandi aziende infatti l’hanno già ribattezzato il sesto continente: un esercito di milioni di persone che si spostano ogni giorno in aeroporti e stazioni, per lavoro o per diletto, portando con sé esigenze e desideri che spesso si trasformano in acquisti.

Acquisti veloci e d’impulso, ma anche di lusso e di coccola (il beauty ha recentemente superato le vendite di alcolici nei duty free shop degli aeroporti). I dati parlano chiaro: quello degli acquisti negli (ormai ex) non-luoghi è un mercato in ascesa, anche perché ormai il viaggiatore trova sulla sua strada al posto di lunghi corridoi bui, vere e proprie “piazze commerciali” accoglienti e con un’offerta che spazia dal food al beauty, dall’abbigliamento all’elettronica di consumo.

E, proprio quando il centro commerciale appare in declino, aeroporti e stazioni aumentano spazi dedicati al retail e introiti, capitalizzando su quei milioni di persone l’anno che per quei luoghi devono giocoforza passare, ma anche, per le stazioni, sui residenti e lavoratori delle aree vicine.

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