CLOSE
Home Tags Ricerche

Tag: Ricerche

L’inflazione ridisegna i consumi degli italiani, l’inchiesta di Altroconsumo

L’inflazione dei prezzi dovuto al Covid, da fenomeno passeggero quale sembrava essere, si è trasformata in una situazione strutturale che non si vedeva da almeno trent’anni. Le cause dell’aumento generalizzato dei prezzi sono dovute all’incremento del costo dell’energia e delle materie prime, esacerbate dalla guerra in Ucraina. I rincari di spesa riguardano tutti i settori produttivi, le bollette, il prezzo del carburante e soprattutto il prezzo dei prodotti alimentari.

Altroconsumo, tramite un’indagine statistica, ha fotografato la situazione delle famiglie italiane in questo momento. L’inchiesta ha confermato che le abitudini degli italiani sono notevolmente cambiate in molti contesti: dai consumi domestici alla mobilità, dall’alimentazione allo shopping, dal tempo libero all’assistenza sanitaria. L’indagine statistica sugli effetti dell’inflazione del 2022 è stata presentata al Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, dove si è discusso di come sono cambiati i comportamenti alimentari degli italiani e quanto gli aumenti stiano impattando sul carrello della spesa.

CARO BOLLETTE: IL SETTORE DEI CONSUMI DOMESTICI È IL PIÙ COLPITO DALL’INFLAZIONE
Il settore dei consumi domestici (casa, energia e acqua) è l’ambito nel quale è più alta la percentuale di coloro che hanno cambiato abitudini all’insegna del risparmio: lo ha fatto l’80% dei rispondenti. Lo scorso inverno, infatti, il 52% degli italiani ha usato con più parsimonia l’impianto di riscaldamento e presumibilmente starà facendo lo stesso con quello di condizionamento.

4 rispondenti su 10, non solo decidono di limitare le temperature in casa, ma risparmiano anche sull’uso degli elettrodomestici (40% degli intervistati). Il 27% degli italiani, inoltre, dichiara di essere stato più parco anche nei consumi di acqua con meno bagni, docce più veloci e rubinetto chiuso mentre ci si lava i denti. Infine, il 43% degli italiani ha sperimentato, nell’ultimo anno, un peggioramento della propria situazione economica e il 25% dei rispondenti dichiara di avere difficoltà a pagare le bollette.

Emerge, dall’analisi, che l’inflazione sta velocemente deteriorando il potere di acquisto delle famiglie italiane. Per questo motivo Altroconsumo ha chiesto al Governo di rendere definitive le misure tampone finora adottate per frenare il caro-energia, come l’abbassamento dell’Iva e l’eliminazione dalle bollette degli oneri di Sistema e le accise sul carburante. Le risorse derivanti dall’extragettito Iva (conseguenza dell’aumento dei prezzi) e dalle tasse sugli extraprofitti dovrebbero essere impiegate per ristorare le famiglie in difficoltà, in quanto il bonus da 200 può essere un aiuto, non una soluzione.

CARO-CARBURANTE: IL 65% DEI RISPONDENTI CAMBIA ABITUDINI ALLA GUIDA
Secondo l’inchiesta, a preoccupare maggiormente gli italiani, è il caro-carburante: motivo che ha spinto a cambiare abitudini alla guida il 65% degli intervistati. Il 31% di loro usa l’auto solo quando è strettamente necessario. Il 26% mette in pratica accorgimenti salva-benzina, (come guidare a velocità moderata, non spingere troppo il motore ed evitare sorpassi). Molti italiani si sono convertiti alla mobilità verde: il 18% va di più a piedi o in bicicletta e il 10% prende i mezzi pubblici con più frequenza di quanto non facesse prima della crisi.

6 ITALIANI SU 10 CAMBIANO IL MODO DI FARE LA SPESA
I prodotti alimentari subiscono gli aumenti più salati e costringono il 63% degli italiani a cambiare abitudini in fatto di spesa, come emerge anche dall’analisi dettagliata dei prezzi di alcuni prodotti alimentari di Altroconsumo. Per salvaguardare il proprio potere d’acquisto il 33% di essi dichiara di acquistare maggiormente prodotti “primo prezzo” (cioè con il prezzo a scaffale in assoluto più basso della categoria), alimenti a marchio del supermercato e in generale quelli super-scontati. Inoltre, il 29% degli intervistati ha tagliato la spesa in cibo e bevande non essenziali (alcol, dolci, snack salati…) e, cosa più preoccupante, 1 italiano su 5 (cioè il 21%) rinuncia all’acquisto di alimenti importanti come il pesce e la carne. Si riducono anche i momenti di piacere come le pause caffè al bar e le uscite al ristorante, diventate più sporadiche per il 26% degli intervistati.

Da quanto emerge dall’indagine, infine, il clima di incertezza continua a spingere gli acquisti di prodotti a lunga conservazione (cibi in scatola, zucchero, pasta e farina): il 20% dei rispondenti ammette di averne acquistato di più negli ultimi mesi.

LE SPESE MEDICHE SONO CONSIDERATE UN LUSSO PER 1 RISPONDENTE SU 3
L’inchiesta di Altroconsumo sottolinea inoltre che per 1 italiano su 3 curarsi sia diventato un lusso, un dato davvero preoccupante. Il 33% di loro dichiara infatti di non riuscire a far fronte alle proprie spese mediche. Il 16% non può permettersi le cure dentistiche di cui ha bisogno, il 13% non riesce a sostenere i costi di una visita specialistica e l’8% ha dovuto cancellare o rimandare le sedute di psicoterapia. Per il 10% dei rispondenti è diventato proibitivo l’acquisto di dispositivi medici come gli occhiali da vista o l’apparecchio acustico.

Tonno, una (nuova) passione per gli italiani

Per 1 italiano su 2 le proteine ittiche sono più nobili rispetto a quelle di origine vegetale e il tonno in scatola si conferma un evergreen. La pasta al tonno si conferma un grande must della pausa pranzo: scelta preferita per 1 italiano su 2.

Una ricerca commissionata da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) alla Doxa indaga la nuova passione degli italiani per le proteine e rivela quali sono le fonti preferite e le ricette più indicate in pausa pranzo, con un posto d’onore per il tonno in scatola. Il nutrizionista Luca Piretta: “Le proteine svolgono funzioni strutturali, di trasporto e di deposito di altri nutrienti e la loro assunzione è fondamentale. Il tonno è una buona fonte con 25,2 grammi per 100 g di prodotto sgocciolato”

Per dimagrire, per migliorare le prestazioni sportive e mettere su massa muscolare, ma anche per gli anziani: le proteine sono diventate una nuova passione trasversale degli italiani. L’alto contenuto proteico di alcuni alimenti è oggi un fattore fondamentale di scelta nel carrello della spesa, tanto da registrare il +15% dei consumi nell’ultimo biennio con un’attenzione verso le proteine ittiche e vegetali. Con un consumatore sempre più attento alla salute e alla sostenibilità, a registrare un vero e proprio exploit negli acquisti sono gli alimenti “rich-in”, che in etichetta riportano due parole chiave: “proteine” e “omega 3”, con un incremento medio di vendite del +10,2%. I secondi piatti di pesce sono la categoria proteica che cresce di più con il +71% a valore nel 2021/2020 (Fonte: Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy).

IL PASTO D’ELEZIONE È IL PRANZO: SUL PODIO DELLE FONTI PROTEICHE SI PIAZZA IL TONNO IN SCATOLA
Ma quando e in che modo gli italiani amano assumere le proteine? La pausa pranzo è il pasto d’elezione, dando prova di aver finalmente scardinato il (falso) mito, duro a morire, delle proteine come prerogativa della cena. A pranzo, quasi 4 italiani su 10 (37%) prediligono un piatto unico e completo, abbinando proteine a carboidrati, mentre il 26% preferisce cibi proteici con scarso apporto di grassi, per evitare il sonno post-prandiale garantendosi comunque sazietà ed energia. Sul podio delle fonti proteiche più consumate in pausa pranzo si piazzano, quasi a pari merito, il tonno in scatola, fonte preferita per 3 italiani su 10 (33%), le carni bianche (36%) e i legumi (34%). Lo rivela la ricerca “Tonno in scatola e proteine in pausa pranzo” commissionata da ANCIT (Associazione Nazionale Conserve Ittiche e delle Tonnare) alla Doxa e condotta su un campione di 1000 casi rappresentativo della popolazione italiana tra i 18 e i 74 anni con metodo CAWI.

PASTA AL TONNO: CALDA O FREDDA È IL MUST DELLA PAUSA PRANZO PER QUASI UN ITALIANO SU DUE
Il tonno in scatola è consumato praticamente dalla totalità della popolazione (96%) e oltre la metà (57%) lo consuma con regolarità, ossia con cadenza settimanale. Si tratta di un consumo molto trasversale, senza differenze significative secondo il genere e l’età. In Italia, il consumo è geograficamente omogeneo, salvo una leggera prevalenza del centro-sud vs nord-ovest, dove la quota dei consumatori regolari è pari rispettivamente a 60% e 51%. La pasta al tonno si conferma un grande must a pranzo. Tra le preparazioni a base di tonno preferite in pausa pranzo il 44%, quasi 1 italiano su 2, non ha dubbi: vince la pasta al tonno (calda o fredda), a cui fanno seguito altri due evergreen come l’insalatona (36%) e l’insalata di riso (34%). Seguono il tonno con le verdure (27%) e tramezzini/panini/pizze col tonno (21%).

PRATICO, VERSATILE E ANTISPRECO: I DRIVER DEL TONNO IN SCATOLA VINCONO ANCHE A PRANZO
Tra i motivi della scelta del tonno come protagonista della pausa pranzo, ci sono i suoi plus: è pratico, versatile, buono, sano e antispreco. Caratteristiche in linea con le esigenze degli italiani che dedicano mediamente 48 minuti alla pausa pranzo (il 44% circa un’ora contro il 32% che le dedica circa mezz’ora). Si svolge prevalentemente a casa (61%) o sul luogo di lavoro (ufficio, mensa, ecc.). E se rispetto al «pre-covid» la pausa pranzo non è cambiata in modo significativo in termini di durata e modalità, per il 17% è diventata però più salutare e il 15% presta più attenzione ad evitare gli sprechi, manifestando un comportamento virtuoso: se ci sono degli avanzi, il 44% li recupera nel pasto successivo, il 43% cucina solo il necessario per alimentarsi senza abbondare e il 18% compra alimenti che non prevedono scarti come cibi porzionati. Il tonno sott’olio è la variante di tonno più amata dagli italiani. Con uno stacco notevole, la variante sott’olio sbaraglia gli “avversari” con il 72% delle preferenze, a cui fa seguito il tonno in scatola al naturale (43%). In terza posizione, i filetti di tonno sott’olio con il 30% delle preferenze. Il tonno in scatola è alimento antispreco, solo l’1% finisce nel cestino. La sua porzionatura consente di utilizzare il necessario, l’olio del tonno in scatola è un ingrediente che si utilizza come condimento.

ITALIANI INFORMATI SUL RUOLO DELLE PROTEINE: PER 1 SU 2 FAVORISCONO LA CRESCITA MUSCOLARE
Sulle ragioni di questa nuova passione per le proteine influisce il ruolo che queste ricoprono, su cui gli italiani hanno le idee molto chiare: per oltre 1 italiano su 2 sono essenziali per la crescita muscolare. Per oltre 4 italiani su 10 forniscono gli aminoacidi essenziali per la crescita e il mantenimento di cellule e tessuti. Infine, per il 30% del campione le proteine facilitano l’equilibrio del sistema immunitario e per il 29% aiutano il sistema metabolico. Il successo del tonno è confermato dal fatto che nel percepito dei consumatori, le proteine del pesce sono più nobili rispetto a quelle di origine vegetale: per 1 italiano su 2, quelle ittiche sono nutrizionalmente migliori, anche se oltre 1/3 del campione (36%) non ne ha alcuna idea.

IL NUTRIZIONISTA LUCA PIRETTA: “PROTEINE DI ALTO VALORE BIOLOGICO MA NON SOLO”
Le proteine svolgono un ruolo importantissimo per la nostra salute. Insieme a grassi e carboidrati, infatti, sono uno dei tre macronutrienti di base e probabilmente il più importante. “Il tonno in scatola è una buona fonte di proteine ad alto valore biologico (25,2 grammi per 100 grammi di tonno sgocciolato), molto utili per sviluppare e mantenere la massa muscolare – spiega ancora Piretta, gastroenterologo e nutrizionista all’Università Campus Biomedico di Roma – e questo riguarda sia i giovani e gli sportivi che gli anziani, nei quali il tonno in scatola diventa uno strumento fondamentale nella prevenzione della sarcopenia. Le proteine presenti nel nostro organismo sono molecole costituite dalla combinazione variabile di venti aminoacidi, dei quali nove definiti essenziali perché non possono essere sintetizzati nell’organismo e devono essere assunti con l’alimentazione. In generale, le proteine svolgono funzioni strutturali, di trasporto e di deposito di altri nutrienti e altre sostanze. Possono svolgere attività enzimatiche o ormonali, funzionare come recettori o ‘leganti’ per varie sostanze (tra cui farmaci), possono essere coinvolte nella contrazione muscolare, nella risposta immunitaria, nella coagulazione del sangue, ma non solo. Le proteine contenute nel pesce sono di alta qualità perché contengono gli aminoacidi essenziali che l’organismo non può sintetizzare e che non troviamo nelle proteine vegetali e hanno un alto valore biologico, quindi facilmente sfruttabili per la sintesi proteica. Inoltre, le proteine ittiche sono veicolate da altri nutrienti come acidi grassi polinsaturi omega 3 e sali minerali e vitamine”. Viene da sé comprendere quanto la loro assunzione sia essenziale per il buon funzionamento dell’organismo. “Ma mi raccomando di fare sempre attenzione a seguire una dieta equilibrata e non tralasciare altri alimenti essenziali o rinunciare del tutto ai carboidrati”, conclude l’esperto.

LE RICETTE DI GERMANA BUSCA (MAMMAGY) PER UNA PAUSA PRANZO SANA, PROTEICA E ANTISPRECO
“Le conserve ittiche sono un elemento che non manca mai nella mia dispensa – commenta la food blogger Germana Busca in arte Mamma Gy – Sono versatili e pronti per farcire tante preparazioni, soprattutto quando si ha poco tempo da dedicare ai fornelli, come nella pausa pranzo che per molti dura meno di un’ora. Tonno in scatola&co si prestano anche a tante ricette da fare la sera precedente e consumare il giorno dopo a pranzo o secondo necessità, che fanno ancora più comodo a chi ha figli. Inoltre, l’olio del tonno o sgombro in scatola è perfetto anche per condire tutte le insalate o sughi per i primi piatti”. Ed è proprio partendo da questa premessa che ha ideato tre ricette per una pausa pranzo sana, proteica e antispreco: Cous cous freddo con tonno zucchine, feta e menta; Pasta fredda con sgombro, pomodorini, olive e maggiorana; Torta salata con tonno e ricotta”.

Retail, un settore in costante evoluzione

Il settore del commercio al dettaglio sta attraversando una fase di cambiamento strutturale, guidata dallo sviluppo delle attività digitali e dal sorgere di nuove modalità di acquisto e abitudini di consumo. Nelle nostre città capita sempre più spesso di osservare come i locali su strada stiano assumendo nuove destinazioni d’uso, ad un ritmo accelerato non soltanto dagli sviluppi tecnologici, ma anche dagli effetti duraturi della pandemia da Covid-19.

Alcuni dati: sostenibilità e digitale sembrano essere i temi più caldi nel settore retail. Secondo un recente studio di Deloitte, il 55% dei consumatori ha acquistato nelle ultime 4 settimane un bene o servizio prodotto secondo criteri di sostenibilità. Una ricerca di Bloomberg evidenza come gli acquisti attraverso canali digitali negli Stati Uniti siano destinati a crescere dal 24% del totale nel 2020 al 35% nel 2025. E il cambiamento di abitudini è testimoniato dalla minore fedeltà ai marchi: secondo McKinsey, nel febbraio del 2022 ben il 46% dei consumatori americani ha scelto brand diversi per le nuove spese, rispetto al 33% del settembre 2020.

Secondo Dana Telsey, amministratrice delegata di Telsey Advisory Group, una delle figure più influenti negli Stati Uniti nel settore dei prodotti di consumo e più volte premiata da Barron’s come una delle 100 donne più influenti nel settore finanziario, i negozi fisici e il commercio digitale sono destinati a convivere a lungo, all’insegna di una forte personalizzazione dei consumi. L’aspetto sociale e legato al contatto umano riveste infatti ancora un ruolo di grande rilievo per le scelte dei consumatori, scelta che aumenterà grazie alla presenza di piattaforme sempre più numerose, in grado di guidare le decisioni di acquisto verso bisogni specifici.

Le abitudini dei consumatori sembrano seguire sempre di più l’evoluzione dei valori di riferimento di una società, alla luce di un crescente interesse per i temi legati alla sostenibilità e alla riscoperta dei prodotti locali. È stato dimostrato che per formare un’abitudine duratura sono necessari appena 65 giorni. Le tendenze, dunque, possono emergere in un tempo relativamente breve quando nuovi valori diventano più importanti per i consumatori. Quello che si sta notando, sempre secondo le osservazioni di Dana Telsey, è che i consumatori stanno riscoprendo alcuni valori fondamentali, che si traducono in nuovi usi e consuetudini.

Per rispondere a questo nuovo insieme di valori che sta emergendo negli ultimi anni, i processi produttivi e i modelli di business hanno dovuto adattarsi diventando più veloci, più agili, più pronti alla personalizzazione dell’offerta. Un aspetto che sta diventando sempre più rilevante è l’origine di ciò che acquistiamo, e la capacità di un prodotto di esprimere attraverso la sua provenienza una serie di principi ben precisi, o l’eredità di una storia legata al territorio. Si osserva questa tendenza in tutti i settori, dall’abbigliamento al cibo: le persone selezionano con sempre maggior attenzione ciò che indossano e ciò che consumano, cercando in tutti questi prodotti l’opportunità di migliorare il proprio benessere e di condividere con gli altri ciò che li fa stare bene.

La pandemia ha portato le persone a sperimentare nuovi modi di comprare e consumare, con cambiamenti destinati a perdurare nel tempo. L’impatto del modello lavorativo ibrido tra casa e ufficio sarà positivo, perché destinato a portare una maggiore produttività. La tendenza a connettersi in comunità, siano esse virtuali o reali, renderà l’apprendimento e lo sviluppo di tendenze di consumo ben più veloci rispetto al passato.

Discount per 1 italiano su 2: l’indagine di AstraRicerche per ALDI

Il condominio è il luogo dove si conoscono i propri vicini di casa, ma è anche tra i corridoi del supermercato che i rapporti di “buon vicinato” si consolidano, grazie al “passaparola”, reale o digitale, su prodotti e nuove catene da provare. È questa la fotografia dell’indagine di AstraRicerche commissionata da ALDI, parte del Gruppo ALDI SÜD, realtà multinazionale di riferimento della Grande Distribuzione Organizzata tra i più importanti operatori mondiali, in occasione del suo quarto anniversario in Italia.

La ricerca, che ha coinvolto 1.019 italiani tra i 15 e i 70 anni, traccia le abitudini di acquisto degli italiani, confermando come la spesa sia al centro di consigli e indicazioni tra vicini di casa: il supermercato rappresenta un punto di riferimento importante per la vita del palazzo e del quartiere, dove intrattenere rapporti cordiali e sperimentare anche forme di solidarietà. Nell’ultima campagna pubblicitaria firmata McCann Worldgroup Italia “Segreti di condominio”, la convenienza e la qualità del “PREZZO ALDI” destano interesse e curiosità tra i condòmini e sono protagoniste proprio delle loro chiacchiere.

L’arrivo di una nuova famiglia, con i suoi sacchetti della spesa ricchi di prelibatezze, incuriosisce i vicini, che imparano come da ALDI sia facile spendere meno per vivere meglio. Con lo spirito di una sitcom all’italiana, intriso di ironia e spontaneità, i nostri condomini hanno raccontato la realtà del rapporto tra vicini di casa. Con umorismo, consigli e l’immancabile passaparola hanno popolato diversi canali di comunicazione, a partire dalle tradizionali radio e affissioni fino a toccare addressable digital tv, i social network e persino Tik-Tok, dove un originale “telefono senza fili” tra condomini ha aperto le porte a contenuti di capaci di raccontare uno spaccato di realtà con un tone of voice stravagante. Tutti i contenuti della campagna terminano con un tormentone, la chiara indicazione di dove è possibile trovare la massima qualità alla miglior convenienza: “Da ALDI, dove se no?”

IL SUPERMERCATO PUNTO DI RIFERIMENTO SUL TERRITORIO
La ricerca smentisce lo stereotipo dei cattivi rapporti tra chi condivide il pianerottolo in condominio, una realtà abitativa scelta da ben 6 italiani su 10. Per uno su due (52,6%) i rapporti sono positivi o addirittura ottimi, in un clima dove regnano soprattutto la cordialità (58,6%), il sorriso (53,0%) e la propensione all’aiuto (50,2%), aumentata soprattutto durante la pandemia. Il senso di solidarietà nel vicinato si rafforza anche attraverso gli acquisti: ben il 37,2% dichiara di aver fatto o ricevuto compere per altri, come vicini di casa o amici. Non solo: in italiano su quattro (25,4%) si è rimboccato le maniche e ha dato una mano ai vicini per piccoli lavori di idraulica, fai da te, maglieria. Queste tendenze sono trainate dai più giovani (in particolare giovanissimi tra i 15 e 24 anni) e vedono gli uomini più attivi delle donne.

Michael Gscheidlinger, Country Managing Director Italia di ALDI, commenta: “Il punto vendita, soprattutto dopo la pandemia, è diventato un vero presidio sul territorio, in cui le persone possono sentirsi a casa e costruire solide relazioni, con i cittadini ma anche con i nostri collaboratori. La prova di una novità su consiglio di un amico diventa rilevante ed oggi non è più solo il risparmio a convincere i consumatori ma anche concetti chiave come qualità, freschezza, Made in Italy, affidabilità e sostenibilità. Sono tutti valori del nostro ‘PREZZO ALDI’, la promessa che in questi quattro anni abbiamo mantenuto e che ci ha permesso di essere riconosciuti ogni anno da Altroconsumo come “Discount salvaprezzo” e nel 2022 come “Discount Preferito dai consumatori”. Grazie alla nostra rete di negozi, in costante espansione, abbiamo costruito una solida relazione con i clienti, nelle grandi città così come nei piccoli centri”.

I rapporti tra vicini si consolidano anche tra i corridoi del supermercato, uno dei luoghi in cui è facile incontrarli più spesso: lo è per un italiano su tre (33,3%), subito dopo il condominio (51,1%) e la strada (50,9%). Lo shopping è grande protagonista delle chiacchiere tra condòmini per quasi un intervistato su quattro (22,3%), per condividere consigli e suggerimenti su negozi e prodotti. Il “passaparola”, infatti, continua ad avere una forte influenza: il 50,4% afferma di provare una catena di supermercati/discount se consigliata da altri, mentre per il 36,2% un prodotto o una marca suggerita possono essere un ottimo pretesto per conoscere un negozio mai visitato prima. I consigli si scambiano non solo a voce, ma anche in modo digitale grazie alle chat di WhatsApp e Telegram, usate da circa un italiano su cinque anche per mantenere rapporti di buon vicinato.

Cosimo Finzi, Direttore di AstraRicerche, dichiara: “Tra i numerosi risultati interessanti della ricerca, si nota in particolare la rilevanza dei rapporti di vicinato: più positivi di quanto si potesse immaginare, spesso improntati all’aiuto e all’ascolto reciproco; in una società sempre più “digital” è interessante notare la forza elevata del passaparola – non sempre richiesto ma spesso ascoltato. A sua volta, il ‘word of mouth’ è talvolta digitale: anche i rapporti tra vicini possono intensificarsi ed essere temporalmente più regolari grazie alle tecnologie che, in questo caso, ci avvicinano, ci danno opportunità di contatto; dopo la lunga fase Covid-19 in cui lo stare in casa o nel condominio è spesso stato un obbligo, è positivo notare che questa microcomunità ha assunto un valore significativo e apprezzato da parte degli italiani”.

GLI ITALIANI AMANO DARE CONSIGLI PIÙ CHE RICEVERLI
Ma chi ci influenza davvero? Gli intervistati sono sinceri e mettono al primo posto le promozioni (45,7%). Resta forte il ruolo delle persone vicine: parenti 35,6%, amici 27,5% ma anche recensioni online 19,1%. I consigli sono graditi anche se non sempre richiesti: il 71,1% riceve consigli sulla spesa da altri (solo il 59,4% li richiede). Grande è la propensione a dare consigli: il 76,0% degli italiani lo fa e i comportamenti sono molto simili tra uomini e donne, anche se i giovani e giovanissimi e le famiglie più numerose sono più inclini a dare consigli.

CON CHI FARE LA SPESA? NON LE CELEBRITIES, MA ESPERTI
Ma da chi si farebbero consigliare gli italiani mentre fanno la spesa nel punto vendita? Le risposte dimostrano grande consapevolezza verso la qualità e la sostenibilità dei prodotti: il preferito è il nutrizionista (71,3%), seguito dall’esperto di ambiente (67,6%). Terzo posto a sorpresa per il direttore del supermercato (63,2%), forse per “ricambiare” i consigli con le proprie proposte di miglioramento. Del resto, il personale del punto vendita è un punto di riferimento nella vita di quartiere: per il 28,7% il cassiere del supermercato del quartiere è considerato una “figura speciale”.

IL DISCOUNT TRA I LUOGHI PREFERITI DOVE FARE LA SPESA
L’affidabilità e la notorietà dei discount tra i consumatori italiani trova conferma nell’indagine: quasi un italiano su due (47,9%) sceglie proprio questa formula per la propria spesa settimanale. Apprezzati soprattutto dai 35-44enni (54%), sono sempre più in voga anche tra coloro che hanno maggiore un potere d’acquisto: se offerte e promozioni restano i driver di scelta principale per circa la metà degli intervistati (48,6%), quasi un italiano su tre (29,7%) si reca al discount per trovare prodotti non disponibili nei supermercati tradizionali, mentre il 22,8% ci va anche per fare scorte.

Uno dei principali motivi a influenzare un consumatore nella scelta del punto vendita dove fare la spesa è la possibilità di risparmiare grazie a sconti e promozioni (53,6%), seguita dalla qualità dei prodotti freschi (46,2%) e dalla comodità del punto vendita (46,0%). Anche la rapidità (32,5%) è una componente essenziale per fare la spesa: in media, il tempo trascorso tra gli scaffali è di circa mezz’ora, dedicato soprattutto alla scelta di frutta e verdura (54,8%), alimentari confezionati (46,8%) e carne o pesce (45,5%).

QUANTO IMPIEGHIAMO PER FARE LA SPESA?
Per un terzo degli italiani la rapidità nel fare la spesa è fondamentale nella scelta di un punto vendita (32,5%). Supera i 35 minuti in media il 32,7% del campione e solo il 9,2% è solito fare una spesa lampo in meno di 15 minuti. Sono tre le aree in cui gli italiani passano più tempo: la scelta di frutta e verdura (54,8%), gli alimentari confezionati (46,8%) e carne o pesce (45,5%). Sono più rapidi, invece, nella scelta dei prodotti per la cura della casa (24,3%) o della persona (21,9%).

FEDELI, MA NON TROPPO
Affezionati al solito brand o desiderosi di provare qualcosa di nuovo? In questo gli italiani si dimostrano molto flessibili: poco più di uno su quattro (27,3%) va sempre nella stessa catena, mentre il modello preferito (42,4%) è quello di avere due o tre insegne di riferimento per acquisti di simili dimensioni e importo. A conferma di come le abitudini sulla spesa siano in costante divenire, quasi 8 italiani su 10 ritengono possibile o probabile l’eventualità di cambiare catena nei prossimi sei mesi.

Gdo, aumenta l’attenzione sul carrello della spesa

I trend positivi del settore del largo consumo registrati nel biennio della piena pandemia sono ormai un ricordo: hanno infatti subito una scossa a seguito dell’aumento dell’inflazione e del rallentamento della crescita economica dovuti all’attuale scenario geopolitico. Di conseguenza, la combinazione di questi elementi sta creando un panorama del tutto nuovo per il settore della grande distribuzione in Italia, che avrà un impatto profondo sui comportamenti e le abitudini d’acquisto degli italiani e delineerà nuovi scenari di consumo.

A dirlo è NielsenIQ che ha condotto un’analisi mettendo a confronto i dati del primo quadrimestre del 2022 sul 2021 e notando un andamento diverso rispetto a quelle che erano le prospettive di mercato. I dati del primo trimestre per il Largo Consumo Confezionato (LCC) hanno registrato uno stabile declino fino al mese di marzo, tuttavia, grazie anche al contributo positivo della Pasqua (aprile +8%) la crescita del LCC si attesta di oltre 1 punto nei primi quattro mesi del 2022.

L’indagine ha poi preso in esame l’alterazione delle dinamiche competitive in atto, per far emergere le performance dei canali di vendita: stando ai dati del 2019 di NielsenIQ rispetto all’anno corrente, l’e-commerce nel Q1 ha un valore del 2,6% diversamente dalla quota (0,9%) registrata nel 2019, mentre i discount raggiungono attualmente quasi il 20% del valore guadagnando 1 punto rispetto al 2019. Resta solido il format dei supermercati che tra il 2019 e il 2022 non ha riscontrato variazioni e registra oggi un valore del 38,3%.

L’inflazione teorica – stesso paniere e stessi volumi – nel largo consumo confezionato al momento si attesta intorno al 4,8%, ma le previsioni stimano che potrebbe arrivare oltre i 6 punti. Le variazioni reali dei prezzi raggiungono tuttavia una quota del 2,6%, mostrando un cambiamento dei comportamenti dei consumatori italiani, i quali rivedono il mix di prodotti nel loro carrello. Inoltre, la riduzione dei volumi legati all’elasticità ai prezzi sarà di circa il -2,5%.

Le conclusioni dell’analisi effettuata da NielsenIQ sono chiare: i consumatori stanno iniziando a mettere in pratica delle strategie di risparmio, che compensano gli effetti al rialzo dei prezzi causati dall’inflazione, cambiando il mix di prodotti nel carrello e facendo più attenzione a selezionare i prezzi più bassi. Si assisterà dunque a una polarizzazione delle fasce di consumatori: una parte delle famiglie sarà costretta a modificare maggiormente i propri stili di consumo per andare a compensare la perdita del potere di acquisto.

(Franco Metta)

Festa del Bio, Carrefour vara un intero mese di iniziative

Di fronte allo scenario di incertezza degli approvvigionamenti alimentari legati alla crisi internazionale, gli italiani vedono nel biologico una risposta sempre più sicura alla propria esigenza di alimentazione sana, di qualità e a provenienza locale garantita.

Secondo un’indagine condotta da SWG su un campione nazionale di 1200 consumatori per Carrefour Italia in occasione della Festa del Bio, infatti, il valore aggiunto dell’acquisto biologico per il consumatore risiede non solo nella salubrità (80% del campione) e qualità dei prodotti, ma oltre il 60% intravede anche una maggior garanzia del rifornimento e oltre il 50% ritiene che questi possano rappresentare un acquisto più conveniente in termini di rapporto qualità-prezzo nell’attuale contesto di inflazione. Un dato importante se confrontato con la propensione degli italiani agli acquisti in questo momento di crisi: oltre due terzi del campione ritiene che modificherà le proprie abitudini di consumo, con il 54% che cercherà il risparmio nelle offerte speciali e facendo scorte.

Il 56% degli italiani afferma, inoltre, che questi aspetti possano spingerli ad aumentare i propri acquisti di prodotti biologici, una tendenza trasversale a tutte le tipologie di consumatori, anche tra coloro che si dichiarano attualmente poco interessati a questa categoria: ben il 43% di coloro che non acquistano biologico ritiene infatti che in tempo di crisi questi prodotti potrebbero rappresentare una soluzione per coniugare salute, qualità e convenienza.

Anche l’impatto del biologico sul sistema paese è dipinto come virtuoso: oltre il 65% degli Italiani ritiene che scegliere questi prodotti generi dei benefici per l’ecosistema economico. Di questi, il 48% sottolinea il sostegno alle imprese italiane mentre il 38% l’indipendenza dall’import e dunque una maggiore sovranità alimentare. Seguono la tutela dell’ambiente e il risparmio di carburanti: il 37% degli intervistati che ritiene il bio un valore aggiunto per il paese sottolinea la riduzione dell’uso di fitofarmaci, spesso di importazione, e di carburante per il trasporto dei prodotti da paesi terzi (31%).

La prossimità gioca un ruolo chiave anche tra i motivi per cui gli italiani acquistano biologico: avere a disposizione prodotti italiani e locali è rispettivamente per il 57% e 48% un driver di scelta, con particolare preferenza alle aziende del territorio e quelle dedicate a produzioni esclusivamente biologiche. Solida la fiducia degli italiani nelle linee di marca privata dei supermercati, che tocca il 76%. Anche le certificazioni (54%) e il packaging sostenibile (45%) interessano, in particolare, i consumatori più giovani: è soprattutto nella Generazione Z che emerge una fortissima propensione al biologico rispetto alle altre classi di età (+19% rispetto alla media).

“Il mercato del bio, attualmente, si trova di fronte a numerose sfide, ma siamo certi delle potenzialità di questo segmento e ci impegnamo per rendere questi prodotti sempre più accessibili per tutti i consumatori, aumentando l’offerta e migliorandone la sostenibilità” sottolinea Gilles Ballot, Direttore Merci, Marketing e E-Commerce di Carrefour Italia. “In particolare, proseguiamo nello sviluppo del marchio Carrefour Bio per assicurare ai nostri clienti maggiore convenienza, una scelta che ci ha premiato con una quota di oltre il 60% del fatturato del settore. Inoltre lavoriamo per rendere le nostre linee sempre più sostenibili: abbiamo l’obiettivo entro l’estate di raggiungere il 95% delle confezioni di Ortofrutta Carrefour Bio compostabili, riciclabili o ottenute da materiale riciclato. Lavoriamo poi al fianco di oltre 400 piccole e medie aziende italiane, supportandole nel processo di conversione al biologico”.

Per favorire la diffusione del biologico, che rappresenta uno dei pilastri della strategia di Transizione Alimentare per Tutti, Carrefour Italia ha inaugurato la “Festa del Bio”, iniziativa nata in Francia e che oggi arriva anche nel nostro Paese. Il programma prevede un mese di eventi e iniziative speciali che coinvolgono gli oltre 1450 punti vendita sul territorio italiano per raccontare le storie, i valori e i principi che guidano il settore del biologico. Tra le iniziative previste, oltre ad iniziative promozionali con sconti del 20% su prodotti biologici fino a metà giugno, degustazioni ed eventi in selezionati punti vendita sul territorio nazionale ed eventi interni per sensibilizzare i dipendenti, come in occasione della Giornata Mondiale delle Api dello scorso 20 maggio.

Migliorano i driver di performance della Gdo

Tra pandemia e dinamiche inflattive, cos’è cambiato nel comportamento d’acquisto degli italiani, in termini di canali distributivi e categorie di prodotto? E come si sono trasformati i KPI di vendita e di out-of-stock nel breve e nel lungo periodo?

Sono le domande a cui GS1 Italy, in ambito ECR e in collaborazione con IRI, ha voluto rispondere nel corso del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock”, organizzato nell’ambito dell’Optimal shelf availability (OSA), un progetto che studia, misura e analizza il fenomeno dell’out-of-stock, per identificare soluzioni strategiche e collaborative, condivise da produttori e distributori, che aiutino a migliorare il livello di disponibilità dei prodotti sugli scaffali e a soddisfare, quindi, il consumatore.

Con gli interventi di Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy, e di Marco Colombo, operations e product management director di IRI, l’incontro è partito dall’analisi dei dati giornalieri dei canali di vendita moderna per metterne a fuoco gli elementi di continuità e quelli testimoni dei cambiamenti in atto, e per identificare le dinamiche nelle varie categorie merceologiche, anche alla luce delle pressioni inflattive, delle tensioni lungo la filiera e dei nuovi comportamenti di acquisto, determinati sia dall’incertezza del contesto sia da fenomeni diventati strutturali, come lo smart working.

Delineata l’evoluzione di scenario, il focus è poi passato ai driver di performance nel punto vendita, con l’obiettivo di comprendere il nuovo ruolo rivestito da assortimento, promozione, prezzo e out-of-stock per le performance dei retailer e dei produttori.

«Nel 2021 è ricominciato il trend verso la maggiore efficienza dell’out-of-stock, che si era interrotto bruscamente nel 2020 anche a causa delle difficoltà nella catena di approvvigionamento e degli acquisti dei beni di prima necessità a punto vendita, superiori rispetto alle vendite attese» ha spiegato Ilaria Archientini. «Nell’arco di un anno il tasso di out-of-stock si è ridotto dello 0,4%, scendendo nel 2021 al 3,5%. Anche in termini di impatto economico, l’anno scorso è ripresa la tendenza migliorativa che si era registrata tra 2017 e 2019, e il dato delle vendite perse nel largo consumo confezionato si è attestato al 4,7% contro il 5,1% del 2020. Quindi, il rapporto tasso di out-of-stock e vendite perse è stato pari a 1,47».

Per approfondimenti, i materiali del workshop online “Due anni di discontinuità: gli effetti nelle dinamiche di sell-out e di out-of-stock” sono disponibili sul sito di GS1 Italy.

Prossimo appuntamento con i workshop OSA, martedì 12 ottobre 2022, online dalle 14:30 alle 15:30, con “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”.

Quanto incide la marca del distributore sulle vendite del canale discount?

La domanda è precisa: quanto incide la marca del distributore sulle vendite del canale discount? Provate a dare la vostra risposta, prima di leggere quella arrivata da Gianmaria Marzoli, Retail Solutions Vice President di Iri, durante l’ultima edizione di Marca (la trovate in fondo a questo post). L’autorevolezza della fonte sgombra il campo da qualsiasi ipotesi di errore, relativamente a un numero che potrebbe sorprendere.

A pensarci bene, la cifra in questione non è che l’ennesimo segnale di quanto il discount sia cambiato in termini di assortimento, oltre che di ambientazione del punto vendita. E se è vero che il leader del canale in Italia – Eurospin – resta fedele all’impostazione classica che non prevede la presenza di grandi marche, molte altre insegne hanno ampiamente “sdoganato” i brand industriali. Basti pensare a Lidl – che occupa la seconda posizione nella classifica del discount a livello nazionale – e alla quantità di fuori scaffale brandizzati che accompagna l’inaugurazione di ogni suo nuovo punto vendita. Per non parlare della presenza di brand nelle attività promozionali nel corso dell’anno.

D’altra parte, come potrebbero le grandi marche rinunciare al canale più performante del panorama distributivo italiano? In base ai dati Iri, il largo consumo confezionato ha chiuso il 2021 con un incremento del +3,1% a valore. Parliamo di 2.452 milioni di euro aggiuntivi rispetto all’anno precedente e di questi oltre 1.550 milioni di euro (il 63,2% del totale) sono appannaggio del discount. In pratica, il discount ha contribuito con un +1,97% a quel +3,1% del totale mercato. E per dare un’idea di quanto diverso sia il ritmo di sviluppo delle vendite, basti ricordare che il secondo canale per contributo alla crescita è il supermercato, con +0,45%.

Alla luce di quanto detto finora, qual è dunque l’incidenza della Mdd sulle vendite del discount? Il 60,2%. E il quasi 40% che manca è suddiviso equamente tra grandi marche e brand industriali di primo prezzo. Perché sebbene offra più grandi marche e meno Mdd rispetto al passato, il discount non rinuncia al suo Dna fatto di convenienza e di assortimenti compatti. Una formula premiata dai consumatori italiani.

Richiesta in crescita per prodotti a marchio distributore, la ricerca di ADM

Si consolida e cresce l’importanza dei prodotti a Marca del Distributore anche a fronte dell’aumento inflattivo che si è generato nel post pandemia, ulteriormente influenzato dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Sugli scaffali della Distribuzione Moderna sono circa 70mila i prodotti contrassegnati dal logo dell’insegna distributiva, prodotti di qualità e dal prezzo conveniente, con un posizionamento mediamente del 20-25% in meno dei prodotti a marca industriale.

Il 43% degli italiani ha dichiarato di aver acquistato nel 2021 in prevalenza prodotti a marca del distributore (MDD). Risulta infatti dalla ricerca che nel 2021 la Marca del Distributore ha consolidato un percorso di crescita significativo in atto da quasi 20 anni: 11,7 miliardi di euro di fatturato (più che triplicato dal 2003) e una quota di mercato pari al 19,8%. Le previsioni del protrarsi delle tensioni inflattive per tutto l’anno 2022 rendono probabile un ulteriore aumento delle vendite dei prodotti MDD, già stimati in crescita da The European House – Ambrosetti al 24% di quota di mercato nel 2030 con 15 miliardi di euro di fatturato. Questi alcuni dei dati salienti emersi dal Convegno di apertura di MarcabyBolognaFiere, la manifestazione organizzata da ADM – Associazione Distribuzione Moderna e da BolognaFiere Group.

È quanto emerso durante il Convegno dall’intervento a due voci sulla “Marca del Distributore e consumatore nella società che cambia” risultato del position paper di The European House – Ambrosetti e della ricerca di IPSOS che si proponeva di indagare la MDD dal punto di vista del consumatore anche alla luce dei cambiamenti in atto nella società italiana.

La ricerca è stata articolata in due momenti – una community online con 45 partecipanti acquirenti MDD e una indagine quantitativa su un campione di 1.500 individui, rappresentativi dei responsabili acquisti per macro-area geografica, genere ed età – e ha mostrato che la Marca del Distributore ha un elevato livello di riconoscibilità tra i consumatori italiani tanto che 1 su 4 dichiara di scegliere il proprio punto vendita abituale proprio per l’offerta dei prodotti MDD. Il 95% dei consumatori italiani conosce almeno una Marca del Distributore e il 78% conosce anche le MDD con nome di fantasia. I prodotti più acquistati sono gli alimentari confezionati, i surgelati, seguiti da prodotti per la cura della casa, la cura della persona, le bevande non alcoliche, gli alimentari freschi, i prodotti per animali, e altro.

Modalità di acquisto che confermano la capacità della Marca del Distributore di rispondere ai nuovi bisogni della società italiana, caratterizzata da tre driver: polarizzazione della condizione economica delle famiglie (“accessibilità” della MDD), da cambiamenti socio-demografici quali denatalità, invecchiamento, famiglie monocomponenti (scelta di prodotti “ready to eat”), crescente attenzione alla sostenibilità e al benessere (a titolo di esempio, la quota di mercato dei prodotti BIO a Marca del Distributore ha raggiunto nel 2021 il 44,1%).

La MDD si è evoluta nel tempo, con un’offerta ad alto contenuto qualitativo, di innovazione, sostenibilità, salute e benessere, riconosciuta anche dal consumatore che ne apprezza la capacità di rendere accessibile la qualità: 81% degli italiani ritiene che ci sia stato un progressivo miglioramento nell’offerta della MDD negli ultimi 10 anni. In particolare, il 55% ritiene che la MDD sia attenta ai temi legati all’ambiente e alla sostenibilità, il 50% pensa che la MDD sia attenta ai temi etici e sociali.

Emergono infatti nell’apprezzamento della Marca del Distributore, valori quali la capacità di presidiare ricette ed eccellenze dei territori italiani (rispettivamente 66% e 63%), la valorizzazione dei produttori locali (59%), una risposta adeguata ai bisogni crescenti di salubrità (59%). Il 95% dei consumatori dichiara di conoscere almeno una Marca Insegna, il 90% dei consumatori che acquista prodotti MDD risulta inoltre interessato ad avere informazioni rispetto al produttore, mentre il numero medio di marche conosciute è più alto nel Nord-Ovest che nel resto d’Italia.

È stato analizzato da The European House – Ambrosetti il contributo della Marca del Distributore alla crescita e al rafforzamento della dimensione industriale e competitiva della sua filiera di fornitura: una rete di 1.500 aziende MDD partner con cui la Distribuzione Moderna instaura relazioni di collaborazione di lungo periodo (nel 50% dei casi superiore agli 8 anni). L’analisi dei bilanci su un campione rappresentativo di 610 aziende MDD partner negli ultimi 8 anni (2013-2020), suddiviso in tre cluster in base alla quota di fatturato generato con la produzione di prodotti a Marca del Distributore, dimostra che le aziende della filiera alimentare che fanno Marca del Distributore hanno performance economiche, occupazionali e reddituali migliori delle altre aziende del settore alimentare. La performance media annua nel periodo 2013-2020 aumenta al crescere della quota di fatturato generato con la Marca del Distributore.

Marco Pedroni, Presidente di ADM – Associazione Distribuzione Moderna ha sottolineato l’importanza della MDD nella difesa del potere d’acquisto dei consumatori e per l’economia italiana: “Entrambe le ricerche confermano il valore generato dalla Distribuzione Moderna che ha saputo rappresentare sia durante la crisi pandemica che nella drammatica fase attuale un presidio di sicurezza e di quotidianità. I consumatori apprezzano e riconoscono l’offerta della MDD. Al tempo stesso la MDD è un volano di amplificazione dell’incredibile offerta alimentare che caratterizza il nostro Paese. Con la MDD si può dimostrare che qualità, ampiezza della gamma e convenienza sono assolutamente compatibili”.

Sulla evoluzione nel tempo della MDD e sui prossimi percorsi di sviluppo, Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House – Ambrosetti ha dichiarato:
“Mai avremmo potuto ipotizzare che, nello stesso momento storico, ci sarebbe stata la convergenza di cinque fattori di rischio: la pandemia globale, lo scoppio della guerra, l’esplosione dei costi energetici e logistici, l’interruzione di alcune filiere di approvvigionamento e l’impennata dell’inflazione, con forte pressione sui redditi disponibili delle famiglie. In questo contesto di grande incertezza, la Marca del Distributore svolge un importante ruolo sociale, grazie al sostegno al potere d’acquisto delle famiglie italiane. Come emerge dallo studio, l’acquisto di prodotti a Marca del Distributore ha abilitato, solo nel 2021, un risparmio complessivo pari a 2,1 miliardi di Euro, pari a circa 100 Euro per famiglia, a fronte di un’offerta di qualità e ad altro contributo di innovazione e sostenibilità”.

Nando Pagnoncelli, Presidente di Ipsos Italia, ha illustrato la ricerca sottolineando come: “I consumatori hanno percepito un progressivo miglioramento della MDD negli ultimi 10 anni e le riconoscono oggi di aver ‘democratizzato la qualità’, rendendo accessibili a molti – per prezzo e facile reperibilità – prodotti precedentemente confinati in un ambito di ‘specialità’ elitario od occasionale. La MDD, grazie ad una offerta percepita come più ampia, più qualificata e specializzata, ha aumentato la propria vicinanza, anche emotiva, ad un consumatore sempre più ‘laico’, più autonomo nella valutazione della qualità dei prodotti, più oculato nella ricerca della migliore qualità al miglior prezzo”.

Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali ha dichiarato: “Quello dell’agricoltura è uno dei settori più colpiti dalla crisi che stiamo attraversando. Auspico che a livello europeo si possa identificare un percorso comunitario di crescita che favorisca la tutela della produzione e implementare gli investimenti in nuove tecnologie necessari a rispondere alle esigenze di quel consumatore evoluto che la ricerca presentata oggi ci ha mostrato già maturo nel compiere scelte d’acquisto consapevoli”.

Verdure più cercate online, l’indagine di ARvis

Arvis.it ha effettuato un report di ricerca online sul volume di ricerca relativo alla verdura di stagione, per capire quanto e come gli italiani siano interessati all’argomento. Quello che emerge è uno spaccato di intenzioni di acquisto e abitudini di ricerca.

Verdure autunnali: boom di ricerche in rete
Tra le stagioni, l’autunno è quella che concentra il maggior numero di ricerche online relativamente alle “verdure di stagione”. Non a caso ottobre è il mese più cercato, con picchi di ricerche oltre le 13.000 unità.
Si possono immaginare molteplici motivi. Uno fra tutti, l’autunno, un po’ come la primavera, è un periodo di transizione. Le ricerche online mostrano una sorta di sicurezza nell’individuare le verdure estive e invernali, mentre c’è maggior difficoltà per i periodi di passaggio e quindi l’utente medio chiede a Google “quali sono le verdure di stagione in autunno?”

Ricerche medie sulle singole verdure stagione per stagione
Andando però ad analizzare le ricerche fatte online con i nomi delle singole verdure emerge un quadro differente.
Guardando le verdure più cercate nel corso di tutto l’anno, vincono i peperoni, che sono prettamente estivi e solo alterzo posto, con i broccoli, troviamo una verdura autunnale. Si tratta però di valori medi, ovvero distribuiti nel corso dell’intero anno. Se andiamo a guardare le ricerche per le verdure tipiche di ogni singola stagione cosa succede? Vediamo medie annuali e picchi stagionali per ognuna.

In estate si mangia tanta frutta, anche quando si pensa sia verdura
Una bella insalata fresca, magari accompagnata da un cocktail colorato e con i piedi sulla sabbia. Una fotografia del pranzo estivo perfetto che lascia aperto un solo dubbio: come creare l’insalata perfetta? Un indizio viene fornito dalle ricerche online. Di certo non possono mancare i cetrioli, che a luglio raggiungono quasi 50.000 query assolute. Ma anche delle ottime zucchine, magari tagliate alla julienne, con il loro picco di ricerca di 60.500. Per dare un tocco di colore, infine, non possono mancare pomodori e peperoni.

Proprio i peperoni sono la verdura più cercata in estate e durante tutto l’anno, con un volume di ricerca medio di 60.667 query mensili da marzo 2020, come visto sul grafico delle medie mensili. Questo è dovuto a una ricerca costante mai sotto le 49.500 ricerche, che trova il suo picco nel mese di agosto, l’ultimo con 74.000 query. Ma la vera particolarità è che i peperoni in realtà sono un frutto. Proprio come i pomodori e le melanzane. Questi hanno un volume di ricerca medio rispettivamente di 52.025 e 44.888 query negli ultimi 24 mesi.
Ma qual è la differenza tra frutta e verdura?
Viene considerato frutto tutto ciò che nasce dal fiore di una pianta in seguito all’impollinazione e al suo interno contiene semi. Le verdure, invece, nascono da foglie, fusti e radici. Ecco, dunque, che gli esperti annoverano correttamente peperone e pomodoro tra la frutta.

Le verdure autunnali più cercate online? Anche qui abbiamo… un frutto
Se l’autunno è la stagione che concentra il maggior numero di ricerche online, qual è la verdura autunnale più cercata su Internet? Il primo posto è occupato dalla zucca, protagonista indiscussa delle tavole autunnali e anche delle festività di questo periodo. La zucca, infatti, viene cercata non solo per ricette, curiosità e benefici, ma anche per Halloween. Non a caso, il picco di ricerche viene raggiunto a ottobre: sia nel 2020 che nel 2021 le query assolute sono state 165.000. Ma la vera particolarità è che in realtà si tratta di un frutto! Si tratta, in particolare, del frutto delle piante appartenenti alla famiglia delle Cucurbitacee. Anche se la zucca raggiunge il picco più alto, a livello di ricerche medie sono i broccoli i più cercati online. Negli ultimi 24 mesi il volume medio di ricerca è stato superiore alle 53.000 query mensili.
Oltre alla zucca, ottobre è anche il mese dei funghi. Sono state 90.500 le query assolute nel 2020 e 74.000 a ottobre 2021. Qui però siamo di fronte a un dilemma biologico: dal punto di vista scientifico, infatti, i funghi non sono propriamente verdure. Insomma, in autunno si mangiano tante verdure che in realtà verdure non sono.

Chi ha detto che in inverno non ci sono verdure fresche?
Il pensiero comune è che frutta e verdura siano più abbondanti nella bella stagione: maggior varietà e freschezza e più facilità a capire la stagionalità. Le ricerche su Internet, però, mostrano una realtà ben diversa: le verdure di stagione invernali sono cercatissime! Domina il cavolo nero, che a novembre e gennaio raggiunge picchi oltre le 100.000 ricerche. Il risultato finale è una media di 53.675 query mensili negli ultimi 24 mesi, con il record di gennaio 2021: 135.000 ricerche.
Anche barbabietole e cicoria sono molto cercate online, oltre ai cavoli più genericamente definiti. La media si aggira intorno alle 30/40.000 query mensili negli ultimi due anni, con picchi per la cicoria oltre le 60.000 query.

E in primavera? Non tutto è come sembra
Tra le verdure primaverili, il picco di ricerche online è raggiunto dagli asparagi: tra marzo e aprile hanno superato le 110.000 query assolute, sia nel 2020 che nel 2021. Il volume di ricerca è dettato anche dalla curiosità attorno a questa pianta, per le sue proprietà nutritive ma anche per i possibili rischi. Inoltre, sono immancabili le ricerche per le ricette, come il risotto con asparagi, che registra una media di 40.500 query mensili negli ultimi 24 mesi. Se gli asparagi vantano il record di ricerche assolute, sono i carciofi la verdura primaverile mediamente più cercata online nel corso dell’anno. Il volume di ricerca medio mensile da marzo 2020, infatti, è di 48.179 query, quasi 13.000 più degli asparagi, il cui traffico medio è di 35.846 ricerche mensili.
Confronto di verdure per ciascuna stagione
Se andiamo a confrontare i picchi di ciascuna verdura più cercata in ciascuna stagione, a vincere è ancora una volta un frutto: la zucca, infatti, batte tutti e per la scienza è il frutto della pianta. In effetti è dolce e succosa, ideale per fare torte. Eppure viene usata anche come contorno e per preparare i famosi tortelli. Insomma, almeno in Italia, la troviamo sui banchi dedicati alle verdure, insieme ai peperoni e a tanti altri frutti “mascherati”!
Non si gioca con il cibo?
Nomi, cose, città e verdure! Per rendere ancora più appassionante e competitivo questo gioco intramontabile, tra le categorie di parole da inserire può essere aggiunta quella della verdura. Questa sembra essere stata l’idea di molti italiani per passare il tempo tra restrizioni e quarantene. E quando il gioco si fa duro non si può far altro che chiedere aiuto a Google!

E allora, quale verdura inizia con la lettera “G”? Questa è la query con il volume di ricerca più alto nel mese di marzo 2020, proprio in corrispondenza del lockdown: sono state addirittura 3.600 le ricerche assolute. Questo tipo di ricerche ha seguito l’andamento della pandemia, con picchi di traffico proprio nei mesi in cui le limitazioni diventavano più stringenti. La “G” è la lettera che ha messo più in difficoltà gli italiani, seguita dalla “E”, la “T” e la “D”. Per sorprendere gli amici ecco alcuni consigli: gombo, edamame, topinambur, daikon. Con queste verdure la vittoria è assicurata!

BrandContent

Fotogallery

Il database online della Business Community italiana

Cerca con whoswho.it

Diritto alimentare