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Oleificio Zucchi diventa Società Benefit

Un nuovo importante traguardo, per un’azienda con 215 anni di tradizione: Oleificio Zucchi ha ottenuto il riconoscimento giuridico come Società Benefit. Uno status che conferma la volontà del gruppo cremonese di coniugare crescita economica e benessere sociale. Le Società Benefit rappresentano un modello di impresa che integra la finalità del profitto con l’impegno a generare un impatto positivo su persone, comunità e ambiente. Questo modello giuridico, regolato dalla legge, richiede che l’impresa operi in maniera responsabile, sostenibile e trasparente, perseguendo scopi di benessere collettivo e fornendo una rendicontazione annuale sui risultati ottenuti. Ad oggi più di 3.000 realtà italiane sono impegnate nel promuovere questo nuovo paradigma imprenditoriale basato sulla consapevolezza e sulla sostenibilità.

Oleificio Zucchi sottolinea come proprio la sostenibilità sia un valore fondante della sua attività, che ha portato a risultati significativi. Ad esempio, nel 2017 l’azienda ha introdotto la Certificazione di Sostenibilità per la filiera dell’Olio Extra Vergine di Oliva, primo disciplinare di settore che garantisce tracciabilità e responsabilità lungo tutta la filiera; nel 2024 ha conseguito il riconoscimento Made Green in Italy, attestazione ufficiale del Ministero dell’Ambiente per la misurazione e riduzione dell’impronta ambientale per l’Olio Extra Vergine d’Oliva 100% Italiano Sostenibile Zucchi. Tutte le azioni e gli investimenti di Oleificio Zucchi per la sostenibilità ambientale, l’innovazione e la responsabilità sociale sono documentati nel Bilancio di Sostenibilità, uno strumento che l’azienda redige dal 2005, quando fu tra i pionieri della rendicontazione nel settore. Attraverso questo documento, l’azienda monitora con trasparenza il proprio percorso di miglioramento, che comprende anche iniziative a supporto della comunità locale, rafforzando il legame con il tessuto sociale e promuovendo pratiche di crescita condivisa. “Diventare una Società Benefit è una naturale evoluzione del nostro impegno – afferma Alessia Zucchi, Amministratore Delegato di Oleificio Zucchi –. Per noi la sostenibilità non è un concetto astratto, ma un progetto concreto che guida ogni nostra scelta. Vogliamo continuare a generare valore non solo per il nostro business, ma anche per le persone che lavorano con noi, per le comunità in cui operiamo e per l’ambiente che ci circonda. Questo riconoscimento rafforza la nostra missione e ci sprona a fare sempre meglio”.

Madama Oliva diventa Società Benefit e ottiene la certificazione sulla parità di genere

Per Madama Oliva il 2025 si apre con importanti novità: a partire dall’1 gennaio l’azienda è diventata Società Benefit e ha cambiato forma societaria passando da S.r.l. a Società per Azioni. La nuova ragione sociale è dunque Madama Oliva S.p.A. o, alternativamente, Madama Oliva S.p.A. Società Benefit. La trasformazione societaria, approvata all’unanimità dall’assemblea dei soci, costituisce un passo naturale nel percorso di sviluppo di Madama Oliva e punta a consolidare allo stesso tempo il proprio impegno verso la sostenibilità e li miglioramento della qualità dei servizi offerti. Nel 2024 l’azienda ha registrato dati di fatturato in aumento del 14% attestandosi a quota 53,3 milioni di euro.

“Le decisioni attuate dal CdA rafforzano la solidità e la trasparenza della struttura societaria, garantendo maggiore flessibilità per sostenere l’espansione aziendale sia a livello nazionale che internazionale” – spiega Sabrina Mancini, Direttrice Marketing di Madama Oliva -. “Questi importanti cambiamenti riflettono il nostro obiettivo di supportare in modo più efficace la crescita, consolidare il nostro ruolo di leadership nel settore e affrontare con successo le sfide di un mercato in continua evoluzione. Un altro importante risultato riguarda l’adozione dello status di Società Benefit, che integrerà formalmente obiettivi di impatto sociale e ambientale nel nostro statuto”.

L’adozione dello status di Società Benefit integrerà formalmente gli obiettivi di impatto sociale e ambientale nello statuto di Madama Oliva, con l’ulteriore consolidamento dell’impegno verso un futuro più sostenibile, equo e orientato al bene comune. Tra i cardini della politica aziendale ci saranno la creazione di valore per la società e l’ambiente, oltre che per clienti, collaboratori e partner, il monitoraggio e la rendicontazione dei risultati ottenuti attraverso la pubblicazione di una relazione periodica d’impatto sociale e ambientale. Ai cambiamenti in atto si aggiunge l’ottenimento della certificazione UNI/PdR 125:2022 riguardante la politica aziendale per la parità di genere con cui Madama Oliva intensifica il proprio impegno rispetto alla valorizzazione delle diversità e all’empowerment femminile. Tale politica è rivolta a tutto il personale e i princìpi fondamentali alla base di questa politica sono l’imparzialità e l’inclusività, la correttezza e la trasparenza; la valorizzazione delle risorse umane; la tutela della persona, della genitorialità e il contrasto ad ogni forma di violenza e discriminazione.

“Il 2025 sarà un anno ricco innovazioni e cambiamenti importanti che porteranno l’azienda ad affrontare nuove sfide. Crediamo che lo sviluppo di un modello culturale che promuove la parità di genere, oltre a generare valore sociale, apprezzato nel contesto lavorativo in cui si opera, costituisca un fattore generale di sviluppo. Per tale ragione vogliamo assicurare anche formalmente la parità di genere attraverso azioni concrete che, oltre a risultare conformi ai requisiti e agli indicatori stabiliti nelle singole aree della normativa, risultino di reale e concreto apprezzamento da parte delle donne presenti in azienda” conclude Sabrina Mancini.

Maiora cresce (+7,37%), diventa Società Benefit e rinnova il CdA

Maiora, gruppo pugliese operante al Centro-Sud nei canali Gdo e Cash & Carry con le insegne Despar e Altasfera, nel 2023 ha realizzato un incremento dei ricavi del +7,37% rispetto al 2022 (833 milioni). Un bilancio positivo dunque per la giovane azienda nata nel 2012 che però rappresenta l’evoluzione di due storiche imprese del territorio, Cannillo e Ipa Sud, e che ha visto crescere considerevolmente i principali indicatori finanziari, registrando rispettivamente un Ebitda di 54 milioni (+ 39%) e utili di 20 milioni (+ 65% rispetto al 2022).

Raggiunti ottimi risultati anche dal punto di vista del piano di riammodernamento della rete, che a oggi conta la ristrutturazione di oltre 30 punti vendita: il piano industriale 2021/2025 ha puntato essenzialmente su un consistente remodelling, finalizzato al restyling dei principali store della rete (tutti adeguati secondo i canoni del modernissimo “Format 35”), con un investimento di 21,4 milioni nel 2023. Si aggiunge nel 2024 un ulteriore stanziamento di 22 milioni, utili a completare ristrutturazioni e nuove aperture di una rete che arriverà così a contare oltre 550 punti vendita (franchisee inclusi) e 14 Cash & Carry, comportando un incremento di 400 collaboratori e collaboratrici, come previsto dal piano di assunzioni.

Tra le importanti novità che accompagnano il percorso di crescita di Maiora ci sono l’annuncio del passaggio a Società per Azioni Società Benefit, modello ritenuto più adeguato alle dimensioni, ai valori e alle prospettive del gruppo, e il rinnovamento, nel solco della continuità, del Consiglio di Amministrazione. Accanto ai Consiglieri Felicia Ileana Cannillo, Marco Peschechera, Luigi Peschechera, entrano a far parte del principale organo di gestione societario Grazia de Gennaro e Giuseppe Peschechera: ciascuno, anche in virtù delle deleghe conferite, contribuirà a condurre la Maiora verso il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi definiti. A Franco Cannillo, patron del Gruppo Cannillo, viene affidato il ruolo di Presidente, mentre Pippo Cannillo manterrà il ruolo di Amministratore Delegato. Nicola Peschechera continuerà ad assicurare il suo prezioso contributo quale Presidente Emerito.

Maiora è tra le prime aziende del settore ad adottare questa importante transizione, individuando, attraverso la trasformazione societaria, le principali direttive che affiancheranno la prospettiva economica. Tra queste, l’attenzione alle tematiche ESG, su diversi fronti: riduzione degli effetti negativi sull’ambiente circostante, contenendo gli sprechi e commercializzando prodotti a ridotto impatto ambientale con migliori aspetti nutrizionali, per contribuire alla salute della popolazione; attuazione di un’evoluzione progressiva del modello di business verso un’economia a emissioni ridotte, in linea con gli obiettivi europei di neutralità climatica e quelli nazionali di transizione ecologica; progressiva restituzione al territorio del valore generato, contribuendo allo sviluppo locale attraverso iniziative di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale; impegno a rappresentare un punto di riferimento per le proprie persone e per quelle delle comunità locali, favorendo un ambiente di lavoro produttivo, rispettoso, equo e sicuro.

“Dopo un 2023 ricco di soddisfazioni abbiamo intrapreso nel 2024 ambiziosi progetti in merito a vari aspetti, tutti con l’obiettivo di investire nel nostro percorso di crescita. Inoltre, la credibilità del nostro gruppo, che siamo certi aumenterà ulteriormente con il passaggio in Società Benefit, si tradurrà in sempre maggiore responsabilità nei confronti del territorio in cui operiamo” ha commentato Pippo Cannillo, Amministratore Delegato di Maiora.

Sostenibilità: Crai modifica lo statuto e diventa una società benefit

Il Gruppo Crai diventa una società benefit, dichiarando nello statuto il proprio impegno a generare un impatto positivo sulla comunità e sull’ambiente. Si tratta di una decisione che rientra nel percorso di rinnovamento “Crai Futura” con cui il Gruppo sta ridisegnando in modo profondo la propria organizzazione e il modello distributivo, riaffermando l’identità e il radicamento su tutto il territorio nazionale.

Il cambiamento societario rappresenta un passo significativo nel percorso di sostenibilità di Crai, da sempre animata da una forte attenzione verso la collettività, rendendo ancora più concreti e tangibili gli impegni nel bilanciare l’attenzione ambientale, sociale ed economica con l’obiettivo di creare un reale valore condiviso. Un ulteriore traguardo che riflette la volontà dell’azienda di adottare un modello di business che pone al centro il territorio, la qualità della vita dei collaboratori e il benessere delle comunità in cui opera, al di là del successo economico.

“In Crai crediamo che il vero valore di un’azienda risieda nella capacità di creare un impatto positivo e duraturo per la collettività, soprattutto per le generazioni future. La trasformazione in società benefit è solo l’inizio di un percorso ambizioso intrapreso con Crai Futura. Guardiamo con entusiasmo a questo nuovo capitolo con l’obiettivo di continuare a innovare e crescere in modo sostenibile, contribuendo a generare valore per il territorio, sempre nel rispetto delle persone e dell’ambiente” commenta Giangiacomo Ibba, Amministratore Delegato di Crai Secom.

Carrefour Italia diventa Società Benefit, un segno del cambio di paradigma nella Gdo

Carrefour Italia diventa Società Benefit, individuando nella propria attività di business specifiche finalità di beneficio comune da perseguire contestualmente all’interesse economico. La qualifica di Società Benefit ai sensi della Legge n. 208/2015 sarà perfezionata a fine giugno e prevedrà il monitoraggio e le rendicontazioni degli obiettivi sociali e ambientali attraverso un report di impatto annuale, da prodursi a partire dal prossimo anno.

Sono quattro le Finalità di Beneficio Comune che Carrefour Italia persegue:

Finalità di Beneficio Comune
Si impegna a favorire la transizione del sistema alimentare in chiave sostenibile, offrendo ai clienti prodotti di qualità, resi accessibili attraverso molteplici canali e formati di vendita, e promuovendo un’alimentazione equilibrata, con il coinvolgimento della rete produttiva e distributiva, e favorendo la consapevolezza dei consumatori. Questo investendo in particolar modo nella marca privata, così da promuovere una produzione più sostenibile e valorizzare le eccellenze del territorio; e collaborando con i fornitori, come per esempio attraverso il Patto per la Transizione Alimentare, volto a favorire la sinergia con le aziende che lo sottoscrivono su obiettivi di responsabilità comune, come la tutela della biodiversità e la riduzione progressiva delle emissioni di Co2 nella filiera, prediligendo imballaggi più sostenibili e puntando su prodotti sani e di qualità.

Ambienti di lavoro
Carrefour Italia si impegna a promuovere un ambiente di lavoro rispettoso, equo e sicuro, che consenta lo sviluppo personale e professionale dei collaboratori e la conciliazione vita-lavoro, e che favorisca l’inclusione e le pari opportunità. Impegno portato avanti non solo in azienda, ma anche stimolando gli imprenditori affiliati in franchising, che sottoscrivono con Carrefour Italia un protocollo finalizzato ad assicurare la tutela delle condizioni di lavoro dei collaboratori impiegati nei loro punti vendita. L’azienda ha poi recentemente introdotto una nuova policy di genitorialità rivolta a tutti i collaboratori e le collaboratrici, che prevede 10 giorni in più di congedo parentale per il secondo genitore retribuito al 100%, un’integrazione economica dell’indennità prevista dalla legge per i genitori che usufruiscono del congedo parentale facoltativo, supporto psicologico ed accompagnamento nel rientro al lavoro, anche attraverso misure di flessibilità. Inoltre, l’azienda a livello di Gruppo si impegna ad aumentare del 50% la presenza di collaboratori con disabilità entro il 2026 e sarà sviluppata una politica proattiva per la promozione della diversità delle origini.
 
Creazione di valore economico per tutti i soggetti coinvolti nel sistema impresa
Un obiettivo tra tutti è quello di tutelare il potere di acquisto dei clienti, attraverso sconti e promozioni come quelli per anziani e studenti, ma anche attraverso l’offerta di prodotti di marca privata, inclusi i prodotti di primo prezzo con Simpl’. Per quanto riguarda i fornitori, Carrefour Italia è inoltre impegnata nel favorire l’esportazione dei prodotti Made in Italy: solo nel 2022 la merce esportata e venduta nei punti vendita Carrefour a livello internazionale ha raggiunto 1,1 miliardi di euro. Infine, l’impegno a condividere con i dipendenti il valore economico creato, offrendo loro contratti equi e competitivi e la possibilità di partecipare ai risultati aziendali, attraverso ad esempio l’azionariato diffuso ed iniziative di welfare.

Ridurre l’impatto ambientale delle attività dell’impresa
Da un lato l’obiettivo è raggiungere la carbon neutrality a livello di Gruppo entro il 2030 con l’eCommerce ed entro il 2040 nei punti vendita, percorso possibile anche grazie agli investimenti in energia rinnovabile e fotovoltaico. Dall’altro c’è l’obiettivo di ridurre i consumi energetici del 20% entro il 2026 e di ridurre i rifiuti, con particolare attenzione agli sprechi alimentari dei punti vendita. Tante le iniziative in atto in questa direzione, come la partnership con Too Good To Go e la vendita a prezzo scontato del 70% di prodotti che hanno superato il TMC (Termine Minimo di Conservazione) e che preservano comunque tutte le garanzie di sicurezza alimentare.

“Siamo orgogliosi di diventare una Società Benefit, una decisione strategica che conferma la nostra volontà di fare impresa focalizzandoci non solo sulla dimensione economica, ma creando allo stesso tempo ricadute positive e valore tangibile per l’ambiente e la società in cui siamo inseriti” – afferma Christophe Rabatel, CEO di Carrefour Italia. “È un ulteriore passo nel nostro percorso per promuovere la Transizione Alimentare per Tutti, favorendo un reale cambio di paradigma lungo tutta la filiera, per una produzione più sostenibile e un consumo più responsabile. Le urgenze che viviamo ci impongono agire e passare definitivamente dalle parole ai fatti”.

Business sostenibile, Cielo e Terra diventa società Benefit

Un evento storico per Cielo e Terra: la modifica dello statuto è il giusto coronamento degli sforzi compiuti in questi anni per tracciare un cammino caratterizzato non solo dallo sviluppo economico, ma anche da un operato sempre più sostenibile, in un’ottica di trasparenza e condivisione.

Già azienda B Corp, con l’adozione dello status di Società Benefit, Cielo e Terra Spa si pone come punto di riferimento per tutti gli stakeholders, rafforzando quell’approccio che di fatto coniuga tradizione e innovazione, ottenendo così una piena e completa sostenibilità sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale e ambientale.

Il nuovo statuto attesta come Cielo e Terra sia riuscita a conciliare le esigenze aziendali con lo sviluppo di un modello di business che integri la sostenibilità superando slogan e professioni di intenti. Con questa modifica statutaria si è voluto altresì confermare l’impegno alla neutralità climatica aderendo all’iniziativa CO2alizione.

La condivisione di buone pratiche è la formula adottata da Cielo e Terra ormai da anni, con la partecipazione a convegni e incontri nel Paese per dimostrare la fattibilità di un circolo virtuoso: una politica adottata dalla direzione aziendale e portata nei più importanti eventi dedicati alla sostenibilità, per raccontare concretamente come il concetto di green non sia e non debba restare meramente un’idea, ma diventi un insieme di iniziative reali e dall’esito misurabile, da intendersi come patrimonio aziendale da diffondere il più possibile.

I traguardi raggiunti da Cielo e Terra Spa confermano che un reale approccio alla sostenibilità faccia bene alla natura e alle persone e non rappresenta un ostacolo alla produttività e alla redditività, anzi.

La Certificazione B Corp
Lo standard B Corp prevede una valutazione puntuale e approfondita dell’azienda attraverso il B Impact Assessement. Il risultato consiste in un punteggio aziendale dato da cinque differenti aree: Governance, Lavoratori, Comunità, Ambiente e Clienti. L’attenzione e i progetti sviluppati da Cielo e Terra in questi ambiti hanno permesso l’ottenimento della Certificazione B Corp, arrivando ad essere la più grande azienda vitivinicola certificata in Europa, nonché una delle più grandi a livello globale. Cielo e Terra ha identificato tra i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU quelli più rilevanti per l’azienda utilizzando il modello SDGs Action Manager costruito da BLab e UN Global Compact.

Programma VIVA – la sostenibilità nella vitivinicoltura italiana
Nel 2021 Cielo e Terra ha colto la necessità di misurare l’impatto derivante dalle proprie attività adottando uno degli standard più riconosciuti del settore vino. VIVA, il disciplinare del Ministero della Transizione Ecologica per la misura delle prestazioni di sostenibilità della filiera vite-vino, permette di sviluppare un’analisi di quattro indicatori – Aria, Acqua, Territorio e Vigneto – e di far verificare tali studi da un Organismo di Certificazione accreditato. L’ottenimento della certificazione VIVA di Organizzazione ha consentito di misurare la propria carbon footprint, e di evidenziare, ad esempio, che grazie all’acquisto di elettricità da fonti rinnovabili certificate, i consumi energetici rappresentano meno dell’1% dell’impronta carbonica aziendale.

La sostenibilità della filiera a partire dal packaging
Grazie all’attenzione verso l’intera filiera di approvvigionamento e alla collaborazione con i maggiori fornitori di packaging e materiali per imbottigliamento, l’azienda ha realizzato interventi che hanno recepito positivamente i principi dell’economia circolare. Questo approccio ha garantito il miglioramento dei prodotti, il rafforzamento di partnership commerciali e una maggiore attenzione all’ambiente.

Particolare importanza riveste l’attenzione alla filiera carta: con il progetto Freschello for Forest, presentato al Vinitaly 2017, tutti i materiali a base cellulosica utilizzati per l’imbottigliamento e la distribuzione del vino sono certificati FSC: tappi di sughero (Amorim Cork), etichette (UPM Raflatac) e cartoni (DS Smith). Dal 2020 non vengono più utilizzati tappi raso tecnici ma solo tappi raso in sughero e dal 2021 il 100% di tappi di sughero sono certificati FSC. Oltre un quarto dei cartoni acquistati sono FSC (318 ton), raddoppiate rispetto al 2018. Inoltre con l’acquisto di tappi Amorim Cork, la cui impronta carbonica calcolata in uno studio LCA risulta negativa grazie alla CO2 sequestrata nella fase forestale, ha permesso di evitare nel 2021 l’emissione di 3.608 ton di gas serra lungo l’intero ciclo di vita.

Le attività sociali
Cielo e Terra ha aderito con il marchio premium Bericanto a 1% for the Planet, creata nel 2002 da Craig Mathews e Yvon Chouinard (fondatore di Patagonia), per favorire l’incontro e la cooperazione tra le organizzazioni attive nella difesa del pianeta. Notevole anche il sostegno ai progetti sociali come AMREF e Wine2Water per sensibilizzare e facilitare l’accesso all’acqua per le donne in Africa, altre tappe che hanno portato Cielo e Terra a una sostenibilità integrata.

Ci sta diventa Società Benefit. Obiettivo 2022? BCorp con Lexant e Nativa

Ci Sta, pizzeria 100% italiana nata dall’idea del manager italiano Nico Grammauta, protagonista nel settore del food retail, promette una rapida espansione in Italia con un approccio etico e sostenibile.

Guidata in questo percorso dall’avv. Simona Cardillo di Lexant, con il supporto dello studio notaio Pantè, la società titolare del brand Ci sta ha scelto di trasformarsi in Società Benefit, modificando il proprio statuto ed assumendo formalmente l’impegno a creare valore non solo per gli azionisti, ma per tutti tutti i propri stakeholders, comunicando con trasparenza e responsabilità l’impegno assunto secondo la normativa introdotta con legge 208/2015 (Legge di stabilità 2016). Inoltre ha  ottenuto la certificazione da parte di B Lab, l’ente internazionale di certificazione che valuta i criteri prestabiliti di selezione.

Quanto ai prossimi obiettivi, la società ha le idee chiare: supportata da Lexant e da Nativa, punta a diventare BCorp entro il 2022.

Tutto questo si traduce in un impegno con e per il futuro: il manifesto di Ci Sta oggi vede definite le parole e gli obiettivi che rappresenteranno l’insegna nei prossimi mesi: riduzione dell’impatto ambientale  (attraverso la massimizzazione dell’utilizzo di energia da fonti rinnovabili o a basso impatto rispetto alle alternative di mercato), contrasto allo spreco di cibo, valorizzazione delle eccellenze agro-gastronomiche italiane e valorizzazione del territorio, supporto a organizzazioni impegnate in attività di beneficenza a favore della comunità, e in particolare di categorie di persone in difficoltà o svantaggiate, promozione del talento individuale come fondamento di una cultura che incoraggia il lavoro di squadra. In poche parole: ambiente, territorio, filiera, persone, comunità, prodotto.

“In qualità di Società Benefit Ci Sta intende perseguire una o più finalità di beneficio comune e operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse. Il nostro sogno, al quale lavoriamo con dedizione, è raggiungere la certificazione di B Corp nel corso del 2022”- conclude Nico Grammauta.

Lo ‘shared value’ nelle Societa’ Benefit e B-Corp. Il parere legale

Per ottenere profitti a lungo termine, le Aziende devono prendere in adeguata considerazione le esigenze dei vari stakeholders, i quali oggi si dimostrano sempre più sensibili e condizionati nelle proprie scelte dall’espressione di valori di sostenibilità, sicurezza, etica e trasparenza. Secondo il parere dei maggiori esponenti del mondo dell’economia, le aziende che sapranno conciliare business e valore condiviso saranno dunque quelle che avranno i migliori risultati.

In tale contesto si inseriscono Società Benefit e certificazione B-Corp (un tema già precedentemente trattato), che rappresentano lo strumento per coniugare concretamente profitto e valore condiviso e per far sì che questi siano fonte di reciproco accrescimento.

Con Simona Cardillo dello studio Lexant, approfondiamo il concetto – già trattato in precedenza – di ‘valore condiviso’ o ‘beneficio comune’, esaminando nel concreto il metodo di individuazione e di misurazione di questo.

“In forza dell’art. 378 della L. 208/2015, per ‘beneficio comune’ si intende il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni.

Fin da subito è bene sottolineare che, nelle Società Benefit, al centro del concetto di ‘valore condiviso’ (shared value) vi è la coesistenza ed il bilanciamento del beneficio ambientale/sociale e dell’obiettivo economico, senza che sia possibile rinunciare ad uno in ragione dell’altro e con necessità di concreta individuazione e misurazione di entrambi i valori.

Non rientra allora nel concetto delle Società Benefit (e delle B-Corp) la pura distribuzione di una parte dei profitti a progetti a valenza sociale, quanto piuttosto l’attuazione di politiche e programmi che producano valore nuovo e durevole, capace, da un lato, di produrre effetti eticamente apprezzabili e, dall’altro lato, di restituire all’azienda un vantaggio misurabile in termini economici.

Quando un’azienda crea valore condiviso, ci può fare un esempio?

Quando, ad esempio, le procedure che adotta per ridurre l’emissione di inquinamento le permettono anche di ridurre i consumi e quindi i costi per l’energia, oppure se l’attività di formazione professionale in favore di comunità bisognose consente a queste di migliorare il proprio benessere e, aumentandone l’efficienza nella produzione, garantisce all’azienda anche prodotti di maggiore qualità.

Shared Value e Corporate Social Responsibility, coincidono?

No: in ottica Società Benefit il beneficio collettivo cui tendere (lo Shared Value) è infatti un concetto ben differente rispetto alla così detta Corporate Social Responsibility (CSR).

Quest’ultima è costituita dalle politiche e dai comportamenti aziendali guidati da un’attenzione al contesto ambientale e sociale dell’impresa. Lo shared value, invece, è un concetto più robusto, che rappresenta la strategia di creazione di valore nel lungo periodo in coordinamento con il core business aziendale, del quale sfrutta le risorse specifiche e le conoscenze.

Valore condiviso e obiettivi benefit

Come individuare il valore da conseguire?

Naturalmente, le opportunità sono diverse per ogni azienda, come è diverso l’approccio che può essere da questa scelto in ragione del proprio settore di riferimento, dell’ubicazione, delle propensioni del management e così via. In ogni caso, il metodo[1] utile alla concreta individuazione dello specifico valore da perseguire potrà essere rappresentato dal (i) riconcepire prodotti e mercati; dal (ii) ridefinire la catena del valore; o dal (iii) facilitare lo sviluppo di cluster locali.

Nel primo caso, il punto di partenza per implementare una shared value strategy sarà l’individuazione di alcuni bisogni sociali insoddisfatti e di un mercato di riferimento, per poi capire quali siano i benefici o i danni generati dai propri prodotti per, infine, ridefinire tali prodotti tenendo conto degli aspetti emersi.

Nel secondo caso, si partirà invece dalla consapevolezza che l’azienda, nello svolgimento della propria attività, produce danno all’ambiente e alla società. Sulla base di tale presa di coscienza, l’azienda potrà allora intervenire sulla catena del valore, ridefinendola, così migliorando l’impatto esterno dell’attività aziendale, con contestuale riduzione dei costi.

Più concretamente?

Alcuni esempi di tale impostazione possono riguardare il rapporto tra energia e logistica ai vari livelli della supply chain e l’uso di risorse scarseggianti che, se risparmiate tramite riciclo, individuazione di risorse alternative o riutilizzo, determinano un contestuale risparmio economico; la gestione degli acquisti laddove la corsa al ribasso dei prezzi di acquisto, se da un lato danneggia i fornitori (magari siti in zone in via di sviluppo), dall’altro potrebbe risultare antieconomica anche per l’azienda: i fornitori non cresceranno in prestazioni e professionalità. In tale ottica, collaborare e finanziare la crescita dei fornitori porterà anche l’aumento dei volumi di produzione e l’aumento della qualità dei prodotti acquistati; l’interdipendenza tra salute e produttività dei dipendenti, essendo accertato che assistenza sanitaria, formazione e politiche di incentivo al benessere, anche psicologico, determinano maggiore rendimento e produttività dei lavoratori.

Nell’ultimo caso, ancora, si prenderà in considerazione l’interdipendenza tra l’impresa e la comunità in cui questa è inserita (cluster) e si lavorerà sul concetto per cui la crescita della comunità determina un corrispondente effetto positivo sulla attività e sui risultati aziendali.

Operativamente, qualsiasi sia l’approccio scelto, l’azienda

  • identifica i punti di intersezione tra attività aziendale e società, successivamente
  • individua i problemi sociali sui quali può e desidera intervenire ed infine
  • definisce il proprio piano d’azione, che poi
  • tiene monitorato in corso di sviluppo e sino al suo compimento.

 

L’elaborazione di un piano

Cosa serve per raggiungere l’obiettivo?

Al fine di perseguire la finalità di beneficio comune e di monitorarne l’andamento, l’azienda dovrà predisporre un piano contenente gli obiettivi specifici individuati; le azioni che intende intraprendere per il perseguimento di questi; le risorse di capitale (economico, umano, sociale, ambientale) che  saranno  impiegate  per  il raggiungimento  degli  obiettivi specifici individuati; gli strumenti volti a verificare l’effettività delle azioni intraprese  a  favore  dei soggetti “beneficiati”; gli idonei indicatori che verranno utilizzati per misurare il raggiungimento dei target specifici[2].

La misurazione del valore

Parliamo di misurazione del valore, ma cosa comporta? Quali i vantaggi? Quali le prerogative?

La misurazione del valore creato è l’elemento che caratterizza le Società Benefit e le concretizza nella loro essenza di modello di business efficiente e di successo.

Proprio la visione empirica dell’impatto benefico creato dalle S.B. conferisce a queste la reputazione di modello aziendale virtuoso e di successo.

La misurazione del valore è fondamentale per presidiare il processo, per verificarne l’efficienza nel corso del suo evolversi e per appurarne la realizzazione. La misurazione consente alle imprese di capire in che misura la creazione di valore sociale determini un aumento del valore economico e permette eventuali aggiustamenti in itinere.

Ma non solo. La misurazione del valore permette di fornire agli interlocutori, in particolare banche e investitori, una dimostrazione concreta della propria capacità di creare valore e di svilupparlo nel tempo.

Come si articola il processo di misurazione?

Esso percorre tutto l’iter, dalla individuazione degli obiettivi, allo sviluppo del progetto, fino alla conclusione dello stesso, e si svolge in quattro fasi[3]:

  1. identificare gli specifici problemi sociali la cui soluzione permetta all’azienda anche di aumentare i ricavi o ridurre i costi, assegnando loro una priorità in base alla compatibilità con l’attività svolta e in base all’opportunità economica che promettono;
  2. effettuare un’analisi costi-benefici, identificando gli obiettivi e i costi relativi ad ogni attività di creazione di valore condiviso, per poi confrontarli con i relativi benefici sociali e risultati economici allo scopo di comprendere come i benefici sociali possano aumentare direttamente la performance economica dell’impresa. Al termine dell’analisi si potrà decidere se sia conveniente, o meno, procedere con l’iniziativa individuata e si potrà dunque predisporre il piano;
  3. tracciare i progressi fatti verso il raggiungimento dell’obiettivo benefit tracciando input e attività svolte, ed output e risultati finanziari relativi al progetto;
  4. misurare i risultati finali per appurare se i costi sostenuti dall’impresa abbiano prodotto un buon ritorno, a livello sia sociale che economico.

E’ possibile fornire un esempio empirico di quanto detto?

Possiamo analizzare il progetto ‘Coletivo’ Coca-Cola[4], con cui l’Azienda ha creato valore condiviso aumentando l’occupazione dei giovani a basso reddito in alcune comunità in Brasile, rafforzando i canali distributivi del commercio al dettaglio e la solidità del brand in quelle aree, con un conseguente aumento delle proprie vendite locali.

L’approccio seguito da Coca-Cola durante lo sviluppo della strategia di valore condiviso ha ricalcato le quattro fasi sopra descritte: 1. identificazione di uno specifico problema sociale: dopo attento studio sulle esigenze della crescente classe media in Brasile, Coca-Cola ha individuato nell’istruzione dei giovani con basso reddito una questione sociale strategica per la società. Questi giovani infatti avevano difficoltà a trovare un lavoro per la mancanza di istruzione primaria che lo Stato non era sempre in grado di garantire e per le limitate offerte di lavoro; 2. preparazione del business case: Coca-Cola ha dunque deciso di intraprendere, in collaborazione con organizzazioni non-profit locali, progetti di istruzione e formazione, inserendo i giovani, per un periodo di due mesi, nella vendita al dettaglio, nello sviluppo di un business e nell’apprendimento di capacità imprenditoriali. Il progetto prevedeva anche l’impiego dei giovani nei negozi locali che avrebbero così migliorato la loro attività grazie all’aiuto ragazzi, con un conseguente aumento delle vendite dei prodotti Coca-Cola; 3. tracciare i progressi: Coca-Cola ha nominato alcuni supervisori del progetto Coletivo, incaricandoli di misurare e riportare i progressi sulla base del numero di giovani partecipanti all’iniziativa, del numero di commercianti coinvolti e dell’evoluzione delle vendite di questi ultimi nel tempo, monitorando i relativi costi per verificarne efficacia ed efficienza; 4. misurare i risultati: le misurazioni costanti hanno permesso di modificare alcune decisioni per sviluppare l’approccio più efficace, per esempio inserendo corsi per aumentare l’autostima dei giovani e aiutarli così durante la ricerca di un lavoro.

[1] Monica Boggione, La creazione di valore condiviso: un’analisi empirica delle società benefit per individuare possibili metodi di misurazione.

[2] Ilsole24ore, Dossier Diritto Plus plus 24Diritto, maggio 2017.

[3] Monica Boggione, La creazione di valore condiviso: un’analisi empirica delle società benefit per individuare possibili metodi di misurazione.

[4] M.E. Porter et al., Measuring Shared Value. How to unlock value by linking social and business results.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)
Mail: simona.cardillo@lexant.it
Skype: Cardillo Studio Lexant
www.lexant.it

Società Benefit e Certificazione B-Corp: la Tavola Rotonda di Lexant

Cosa sono Società Benefit e BCorp, in cosa consiste il beneficio comune, quali sono gli oneri e quali i vantaggi concreti, in termini reputazionali ma anche economici, che ne derivano?

In un mercato in cui tutti gli stakeholders sono sempre più interessati e condizionati nelle proprie scelte dall’espressione di valori di sostenibilità, sicurezza, etica e trasparenza, lo strumento della Società Benefit e della Certificazione BCorp suscita grande interesse.

L’argomento sarà oggetto della Tavola Rotonda Virtuale organizzata da Lexant il prossimo 18 novembre (dalle 17 alle 18), nella quale interverranno l’Avv. Simona Cardillo (Senior Associate Lexant), il Dott. Francesco Dori (Partner Studio Alfuor) e il Dott. Fabrizio Fujani (TUV Rheinald). Evento moderato dalla Dott.ssa Federica Silvestri (Business coach).

La partecipazione all’evento è gratuita, ad invito.

Per informazioni: info@cseventi.com       

+39 3470043601

Segreteria organizzativa Dott.ssa Nicoletta Oberto

Club Lexant by Academy ASK

 

I vantaggi di diventare una Società Benefit. Il parere legale

La recente situazione emergenziale ha avuto, e sta avendo, un impatto dirompente sui mercati e sull’economia, ed ha messo in discussione il ruolo stesso dell’impresa, che necessariamente dovrà evolversi per assecondare nuovi valori.

La pandemia sta, infatti, cambiando per primi i consumatori, non solo nei loro parametri di revisione della spesa, ma li sta portando ad una maggior attenzione negli acquisti, basati oggi anche sull’etica e sulla trasparenza dell’imprenditore.

Questo vale in tutti i settori di mercato e, con particolare forza, in quello agro-alimentare, nel quale la tutela di ambiente, sicurezza, tradizione e forza lavoro rappresenta uno dei primi criteri di scelta e determinazione all’acquisto.

Il Rapporto Coop 2020, rimanendo nel settore alimentare (ma lo stesso vale per altri settori, quali quello della cosmetica e del fashion), ha messo in evidenza come, complice la paura per la propria salute, sia aumenta l’attitudine alla sicurezza, più che all’economicità del prodotto.

In tale contesto, sempre crescente è allora l’interesse delle Aziende verso la possibilità di convertirsi in una Società Benefit (anche dette B Corp, seppur i due termini non corrispondano esattamente, come vedremo in seguito), al fine di aumentare la reputazione aziendale e quindi la propria capacità attrattiva.

Peraltro, come vedremo in seguito, le SB (Società Benefit) sono oggi incentivate anche grazie all’ultimo Decreto Rilancio, che ha stanziato un fondo specifico ed ha riconosciuto il credito di imposta al 50% per la costituzione o la trasformazione in Società Benefit.

Per fare un po’ di chiarezza sulla natura di tale ‘nuova’ forma giuridica, sulle sue caratteristiche, modalità di costituzione e di gestione, abbiamo interpellato l’avvocato Simona Cardillo dello studio Lexant.

“Prima di tutto – precisa Cardillo – è bene chiarire che costituire o convertirsi in una Società Benefit non vuol dire rinunziare al profitto, bensì adottare strutturalmente un nuovo approccio al business che sia finalizzato anche alla creazione di valore condiviso nel lungo termine (in ambito sociale, umano, culturale, ambientale, ecc..)”

Può spiegarci cosa sono le Società Benefit?

Il modello societario della Società Benefit, nato nel 2010 negli USA con il nome di Benefit Corporation, è stato recepito in Italia a partire dall’inizio del 2016 quando il nostro ordinamento ne ha riconosciuto lo status giuridico mediante l’introduzione dell’art. 1, commi 376-383 e allegati 4 – 5 della legge n. 208/2015 (“Legge di Stabilità 2016). Si tratta di una nuova forma giuridica d’impresa for profit che aggiunge nel proprio oggetto sociale, alla finalità di profitto, la formale finalità di distribuzione di valore condiviso, che viene configurato come un obbligo di natura statutaria. La legge del 28 dicembre 2015 (Legge di Stabilità 2016), al comma 376 definisce le Società Benefit come aziende che:

nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni e attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse”.

La SB dovrà garantire il costante bilanciamento tra l’interesse economico e quello della collettività, nominando un responsabile interno e stilando una relazione d’impatto annuale, attraverso la quale condividere con il pubblico le azioni svolte e gli impegni per il futuro.

Come funziona questo strumento?

Con la relazione d’impatto (da allegare al bilancio e pubblicare sul sito aziendale) la SB misura annualmente il proprio impatto sociale, ambientale ecc, per poi certificarlo e mostrarlo a consumatori e investitori. È un documento necessario per soddisfare il requisito imprescindibile di trasparenza, deve essere stilato da un ente esterno e deve contenere:

  • descrizione degli obiettivi, delle modalità e delle azioni messe in atto per perseguire le dichiarate finalità di beneficio comune;
  • valutazione dell’impatto generato, utilizzando lo standard di valutazione esterno, come descritto nell’allegato 4 della legge 28 dicembre 2015, e le aree di valutazione identificate nell’allegato 5 della stessa.
  • descrizione dei nuovi obiettivi che la Società Benefit intende perseguire nel corso dell’esercizio successivo.

Sono disponibili diversi standard di riferimento per redigere la propria relazione d’impatto (oggi uno dei maggiormente accreditati è il B Impact Assessment (BIA), sviluppato dall’ente non-profit B Lab).

Le Società Benefit hanno specifiche responsabilità?

In Italia è richiesto dalla legge che tutte le Società Benefit nominino un “responsabile dell’impatto” il quale è responsabile, assieme al management, di assicurare che la società persegua il proprio scopo dichiarato di Beneficio Comune.

In una SB sono gli azionisti a determinare se essa abbia raggiunto un impatto significativo positivo. Questa prerogativa discende dal fatto che agli azionisti è riconosciuto un diritto privato di azione, detto benefit enforcement, che si può esercitare per far rispettare la mission aziendale, qualora l’azienda non sia riuscita a perseguire gli obiettivi prefissati. In caso di controversia spetterà poi al Tribunale determinare se sia stato effettivamente ottenuto l’impatto positivo, o meno.

Inoltre, se la società non fornisce adeguata trasparenza o se emergono irregolarità nei modelli di misurazione, scatta un regime sanzionatorio che è quello in materia di pubblicità ingannevole e del Codice del consumo, il quale si aggiunge alla, forse ancora più temuta, perdita di reputazione e di fiducia da parte del mercato.

Quali tipi di società possono diventare Società Benefit?

Secondo la specifica normativa sulle Società Benefit tutti i tipi societari previsti dal Codice civile (SNC, SAS, SPA, SRL, …) possono utilizzare il modello della SB modificando il proprio atto costitutivo/statuto, inserendo nell’oggetto sociale gli scopi di beneficio comune generale (operare in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti degli stakeholder) e specifico (il perseguimento una o più specifiche finalità di beneficio comune) previsti dalla legge.

Come si introduce la denominazione di una Società Benefit nella ragione sociale?

Oltre alle normali regole di denominazione applicate alle altre società, il comma 379 della legge istitutiva delle Società Benefit (L. 208/2015) prevede che  la Società Benefit possa introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole «Società benefit» o l’abbreviazione «SB» (es. “Nomesocietà Srl Società Benefit”, “Nomesocietà Srl SB”, “Nomesocietà SpA Società Benefit”, “Nomesocietà SpA SB”) e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi. Si tratta di un elemento di grande impatto in termini di promozione dell’immagine aziendale, permettendo di rendere immediatamente riconoscibile a tutti gli stakeholders la scelta operata.

Se la società non fornisce adeguata trasparenza o se emergono irregolarità, scatta un regime sanzionatorio

Ne aveva accennato all’inizio, quale differenza c’è tra Società Benefit e B-Corp Certificata?

Non bisogna fare confusione tra Società Benefit e B Corp® Certificata. Lo status di Società Benefit è una forma giuridica, mentre la B-Corporation (o B Corp®) è una certificazione.

Non è necessario, per essere una Società Benefit, essere necessariamente certificati B-Corp, né viceversa è necessario per ottenere la certificazione B-Corp essere una Società Benefit.

In merito a quest’ultimo punto, è bene precisare che in Italia le B Corp® certificate debbono, entro alcuni (2-3) anni dalla certificazione, necessariamente trasformarsi in Società Benefit per mantenere la certificazione stessa.

Quali sono i vantaggi di diventare una Società Benefit?

L’art. 38-ter della legge di conversione del Decreto Rilancio, che ha ottenuto il via libera definitivo dal Senato il 16 luglio 2020, al fine di sostenere il rafforzamento, nell’intero territorio  nazionale, del sistema delle Società Benefit, riconosce un contributo sotto forma di credito d’imposta nella misura del 50 per cento per abbattere i costi di costituzione o trasformazione in Società Benefit sostenuti a decorrere dalla data di entrata in vigore (19 luglio 2020) della legge di conversione del decreto al 31 dicembre 2020.

Potranno usufruire del credito d’imposta tutti i soggetti che sostengono le spese per costituire o trasformarsi in una società benefit, regolata dall’articolo 1, commi 376 e seguenti, della legge di Bilancio 2016 (Legge n. 208/2015).

L’art. 38-ter della legge di conversione del Decreto Rilancio riconosce un contributo sotto forma di credito d’imposta al 50%

Ulteriore intervento a favore delle Società Benefit è quello previsto nel Decreto Legge fiscale (emendamento all’art. 49 del DDL 2220 “Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili”), il quale prevede che le SB (e in generale tutte le imprese che opereranno in modo trasparente e responsabile, anche senza la qualifica giuridica di Società Benefit) potranno vedersi riconosciuta una premialità nei bandi pubblici.

Per concludere, qual è oggi lo stato dell’arte delle Società Benefit?

Il legislatore italiano è stato certamente all’avanguardia in quanto attualmente il nostro Paese è l’unico europeo ad aver disciplinato la figura delle Società Benefit. Va, però, precisato che purtroppo attualmente non sono state introdotte le agevolazioni fiscali necessarie per stimolare davvero lo sviluppo di tale forma giuridica, la quale deve ‘accontentarsi’ del proprio valore in termini di immagine, reputazione ed appeal commerciale.

L’assenza di incentivi economici e fiscali è legata alla volontà del legislatore di disincentivare quelle condotte meramente abusive, finalizzate all’intento di conseguire un regime fiscale più favorevole ma prive di una reale volontà di concretizzazione degli obiettivi di beneficio comune.

Probabilmente tale atteggiamento sarà superato nel prossimo futuro, come già dimostra la il Decreto rilancio con la specifica previsione di incentivi per le Società Benefit.

Sta di fatto che già la sola valenza reputazionale da spendere sul mercato rende questa forma giuridica economicamente appetibile per le aziende, soprattutto in quei settori di mercato nei quali gli stakeholder premiano le scelte di trasparenza, responsabilità e sostenibilità. Su tutti, certamente, il settore del Food&Beverage, in tutte le sue forme, dalla produzione, alla distribuzione, alla somministrazione, ma anche il settore della cosmetica, della moda e del lusso.

Avv. Simona Cardillo Senior Associate

Via Pietro Cossa n. 2 – 20122 Milano (MI)

Mail: simona.cardillo@lexant.it

Skype: Cardillo Studio Lexant

www.lexant.it

 

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