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Il caro prezzi fa volare gli acquisti di cibo low cost, balzo dei discount (+9,5%)

Il caro prezzi taglia del 4,7% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani che sono però stati costretti però a spendere quasi 4 miliardi in più per mangiare a causa dei rincari determinati dall’inflazione. Il dato emerge dall’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al commercio al dettaglio a maggio che nei primi cinque mesi del 2023 ha fatto registrare un aumento del 7,3% della spesa alimentare con un taglio degli acquisti in quantità del 4,7%.

La situazione di difficoltà è resa evidente dal fatto che volano gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +9,5% nei primi cinque mesi nelle vendite in valore, il più elevato tra gli scaffali del dettaglio. Il risultato dei discount evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità. Le famiglie tagliano gli acquisti e vanno a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.

La situazione di difficoltà si estende alle imprese agricole colpite dal maltempo che ha decimato i raccolti e dai bassi prezzi che non molti casi non coprono neanche i costi di produzione con il rischio dell’abbandono di interi territori. Secondo Coldiretti, occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole e industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni.

L’inflazione cala ma gli italiani continuano a ridurre i prodotti nel carrello della spesa

“Lo stato del Largo Consumo in Italia” è l’indagine mensile di NielsenIQ (NIQ) che fotografa lo scenario della grande distribuzione organizzata nel nostro Paese. Nel mese di maggio 2023 il fatturato della Gdo in Italia a totale Omnichannel è pari a 7.2 miliardi di €, un valore in crescita del +8,9% rispetto alla performance dello scorso anno.

L’indagine condotta da NIQ evidenzia che l’indice di inflazione teorica nel largo consumo confezionato (LCC), ovvero il settore di mercato che comprende tutti i beni di consumo primario e i prodotti confezionati dall’industria, a maggio è scesa al 14,1%, in calo rispetto al valore registrato il mese di aprile (14,4%). La variazione reale dei prezzi invece è pari al 12,4%, con una riduzione dell’1,7% del mix del carrello della spesa. Questo dato evidenzia come le variazioni di scelta dei consumatori sui prodotti e sulle quantità acquistate incidano sull’importo finale della spesa.

Per quanto riguarda i canali distributivi, tutti registrano un trend positivo rispetto allo stesso periodo del 2022. Nello specifico, a maggio la crescita è guidata da Supermercati e Superstore (+9,4%), seguiti dai Discount (+9,1%), Iper>4.500mq (+8,4%), Liberi Servizi (+7,8%) e Specialisti Drug (+6,6%). Stando ai dati di NielsenIQ, inoltre, continua la riduzione dell’incidenza promozionale a totale Italia nel mese di maggio 2023 (22,9%), un dato in calo di 0,2 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Infine, a maggio la scelta di prodotti a marchio del distributore (MDD) registra un valore pari al 22,4% del LCC nel perimetro Iper, Super e Liberi Servizi mentre sale al 31,9% a Totale Italia Omnichannel – inclusi i Discount.

Cosa mettono gli italiani nel carrello della spesa
Continua anche a maggio 2023 l’ascesa dei prodotti dedicati agli animali domestici (+16,6%) e il cibo confezionato (+8,3%), che da molti mesi a questa parte si collocano in testa alla classifica delle aree merceologiche con l’incremento a valore più significativo. Per quanto riguarda invece l’andamento a volume, l’unica categoria che registra un trend positivo è il food confezionato (+4,2%), mentre tutte le altre mostrano una tendenza negativa, in particolar modo i prodotti per la cura della persona (-8,2%), il freddo (-9,5%) e le bevande (-9,8%).

In merito alla relazione tra valore e volume in ambito grocery, a totale Italia Omnichannel nel mese di maggio 2023 (vs 2022) l’andamento a valore è positivo (+9,3%), mentre è negativo a volume (-3,1%). Il fresco (peso fisso + peso variabile) risulta in crescita in tutti i format distributivi: nello specifico il trend migliore si osserva negli Iper>4500 (+11,1%), mentre i liberi servizi registrano l’incremento minore tra tutti i canali (+6,7%).

A livello di categoria, formaggi (+17,9%) e pane & pasticceria & pasta (+17,1%) sono quelle più dinamiche, mentre salumeria (+4,5%) e frutta e verdura (+4%) registrano i trend di crescita più bassi. Alla guida della top ten del mese di maggio 2023 per quanto riguarda i prodotti grocery invece troviamo zucchero (+59,9%), passate (+40,9%) e surgelati vegetali – patate (+39,5%).

Neuromarketing, qual è la colonna sonora ideale per fare la spesa al supermercato?

Niente di ciò che vediamo e sentiamo è affidato al caso all’interno del mini-market di quartiere o dell’iper-store di un grande centro commerciale. Dalla disposizione della merce ai colori predominanti, dalle divise del personale fino alla musica che fa da sottofondo. Da un lato, per offrire al consumatore la migliore esperienza d’acquisto possibile e invogliarlo a tornare, dall’altro per incentivare il cliente stesso a prolungare la sua permanenza in negozio, acquistando più prodotti. Si tratta del cosiddetto marketing sensoriale o neuromarketing, una disciplina sempre più utilizzata nel mondo del retail, in cui convergono marketing e psicologia e che si occupa di indagare i meccanismi che si attivano all’interno della mente di un consumatore per spingerlo all’acquisto.

La musica gioca un ruolo primario all’interno di questi processi inconsapevoli come testimonia Rehegoo, il più grande fornitore di musica indipendente di Spotify e che sin dalla sua nascita si occupa di fornire la musica di sottofondo più adatta per le principali catene di supermercati. “La musica all’interno dei supermercati ha come obiettivo quello di favorire l’acquisto, rendendo l’esperienza il più appagante possibile”, afferma Patrycja Kiepiel, Music Expert di Rehegoo. “Affinchè ciò avvenga, è importante che il music stylist studi attentamente location, prodotti e allestimento. Dopodichè, in base all’obiettivo, selezionerà la musica più adatta per far sentire il cliente a proprio agio, influenzandone in positivo lo stato d’animo. Più ci si sente bene in un determinato luogo, infatti, più è probabile che aumenti il tempo di permanenza e, di conseguenza, la possibilità di acquistare e di ritornare proprio in quel supermercato per replicare l’esperienza”.

L’importanza del ritmo
Sebbene la musica negli store sia soggetta a variazioni a seconda del target cui ci si riferisce – più stimolante e movimentata per un pubblico giovane, più rilassante e calma per un pubblico più adulto – nei supermercati, frequentati da persone di tutte le età, si ha una predominanza di musica calma e sommessa, per rallentare il ritmo e non mettere fretta. L’obiettivo è di sollevare il morale dopo una giornata frenetica, offrendo un momento di pausa dalle preoccupazioni e quindi portare non solo all’acquisto ma anche alla fidelizzazione del cliente. Inoltre i grandi negozi puntano sulla musica di qualità, diversificandola in base alla località e al periodo dell’anno.

Può essere una buona strategia inoltre diversificare la musica in base all’obiettivo da raggiungere o al tipo di prodotto e di location e qui il ritmo dei brani può fare la differenza. I pezzi più veloci, spesso anche i più allegri, con il loro effetto stimolante incentiveranno i clienti a percorrere aree più ampie dei negozi e raggiungere facilmente un maggior numero di prodotti, rendendo quindi più agile l’acquisto. Un ritmo più lento, invece, si combina meglio con un’atmosfera di relax, tipica dei supermercati d’alta gamma, in cui la merce è più costosa e necessita quindi di un tempo di permanenza maggiore per il suo acquisto.

Mattino, pomeriggio o sera: una musica per ogni momento della giornata
Un’altra variabile di cui è importante tenere conto, oltre al ritmo, è l’ora del giorno in cui si trasmette un determinato brano. Al mattino si ha bisogno di maggiore vitalità, per questo la selezione musicale è di solito più veloce ed energica, per esempio, il genere Sunny Beat Mood è ideale per stimolare i clienti assonnati. Si sconsiglia invece la musica ad alto volume, perché può avere l’effetto opposto, ovvero affaticare o respingere ancora di più i consumatori provocandone l’allontanamento prima di aver concluso l’acquisto. Nel pomeriggio invece, essendo i clienti più tranquilli e con maggiore tempo a disposizione, è ideale un tipo di musica più lenta (Mellow, Warm, Feel Good). Nel tardo pomeriggio o durante le ore serali, si verifica il più grande assembramento di persone: per velocizzare quindi il traffico dei clienti da un lato e dare emozioni positive alla fine della giornata, la scelta ricadrà su pezzi più ritmici ma non eccessivamente veloci (Exiting Mood, Groovy Mood).

Non tutta la musica fa bene alla nostra spesa: qual è meglio evitare?
Può essere capitato a chiunque di avvertire disagio in un determinato luogo, mentre si facevano acquisti. L’impulso, probabilmente, è stato quello di allontanarsi il prima possibile, senza un’apparente motivazione: una delle cause potrebbe essere proprio la musica trasmessa in quel momento. I brani in cui sono predominanti i toni bassi, infatti, evocano tristezza, rendono nervosi e di cattivo umore e non creano le condizioni adatte affinché il cliente si senta tranquillo e al sicuro durante i propri acquisti. Per questo, sono altamente sconsigliati. Inoltre, la musica nota che possiamo canticchiare, se da un lato allieta l’esperienza di shopping, dall’altro può distrarre e disincentivare l’acquisto. Secondo uno studio commissionato da Rehegoo ed effettuato da MRC Data nel 2021, infatti, più la musica è nota e rispecchia i nostri gusti, maggiore è la possibilità che l’esperienza di shopping non sia efficace. Le melodie più conosciute, infatti, tendono a catturare l’attenzione dell’ascoltatore, deconcentrandolo e distogliendolo da tutto il resto.

Prezzi più alti e carrelli più vuoti: come cambia la shopping strategy degli italiani

L’effetto congiunto dell’inflazione e dell’aumento del costo della vita ha costretto gli italiani a riconfigurare la shopping strategy ma in modo differenziato in funzione delle tipologie di prodotti e della capacità di spesa. A testimoniarlo è la nuova edizione dell’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, il report semestrale che analizza l’andamento delle vendite di quasi 133 mila prodotti di largo consumo, tra food & beverage, petcare, cura casa e cura persona.

«La storica e radicata difesa della qualità del cibo messa in atto dagli italiani ha faticato a reggere l’urto dei fenomeni così impattanti che hanno caratterizzato gli ultimi 12 mesi» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. «Sono aumentati i prezzi e si è cominciato a vedere in modo netto come siano diminuiti i volumi, anche se in maniera diversa fra fasce di prezzo, con quella più bassa che ha mostrato la maggior sofferenza».

L’Osservatorio Immagino ha approfondito il tema della convenienza in un ampio e dettagliato dossier e ha anche verificato l’impatto di questo comportamento all’interno dei suoi 12 panieri di consumo. Scoprendo, così, che non tutti i prodotti hanno subìto dei tagli nelle quantità acquistate. «Tra i principali panieri analizzati dall’Osservatorio Immagino i claim relativi al basso tenore di zuccheri, alla ricchezza in proteine e all’assenza di lattosio hanno aumentato le vendite anche in volume e non solo a valore. Evidentemente le caratteristiche di questi prodotti sono talmente importanti per i consumatori da non modificarne i comportamenti di acquisto». L’Osservatorio Immagino ha individuato e misurato altri claim e certificazioni che sono andati controcorrente nel 2022, riuscendo a crescere a volume, e li ha raccontati nelle sue 96 pagine, che offrono un quadro unico per completezza e dettaglio del largo consumo in Italia.

I contenuti della tredicesima edizione dell’Osservatorio Immagino

Questa edizione dell’Osservatorio Immagino ha monitorato l’evoluzione della composizione e delle vendite, in valore e volume, di 12 panieri, tra food e non food, che rappresentano altrettanti fenomeni e tendenze di consumo.

Nel food:

Italianità: 25.409 prodotti, 8 tra claim, icone e indicazioni geografiche europee, per 10,4 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +6,1% a valore, -5,0% a volume.
Free from: 13.951 prodotti, 16 claim riferiti alla minore presenza o all’assoluta assenza di un nutriente, 7,5 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +6,0% a valore, -5,2% a volume.
Rich-in: 10.091 prodotti, 12 claim riferiti alla presenza in assoluto o in forma maggiore di un composto nutrizionale, 4,4 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +7,8% a valore, -3,6% a volume.
Intolleranze: 10.736 prodotti, 6 tra claim e certificazioni, 4,6 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +6,0% a valore, -3,3% a volume.
Lifestyle: 12.892 prodotti, 6 tra claim e certificazioni, 3,8 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +3,3% a valore, -7,9% a volume.
Loghi e certificazioni: bollini, indicazioni e claim che forniscono garanzie precise, come la bandiera del paese d’origine (19.146 prodotti), il logo EU Organic (8.293) o le certificazioni in materia di Corporate Social Responsibility, come Fairtrade, Friend of the sea, FSC e Sustainable cleaning (quasi 12 mila).
Ingredienti benefici: 13.145 prodotti, 36 ingredienti benefici suddivisi in sette famiglie, 4,1 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +7,8% a valore, -4,7% a volume.
Metodo di lavorazione: 3.756 prodotti, 9 tecniche produttive, 1,2 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +7,5% a valore, -5,2% a volume. 
Texture dei prodotti: 7.213 prodotti, 11 claim o caratteristiche relativi alla loro consistenza, 3,4 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +6,1% a valore, -7,7% a volume.
Petcare: 4.715 prodotti, 32 tra claim e certificazioni, 1,0 miliardo di euro di sell-out. Trend annuo: +10,9% a valore, -3,5% a volume.

Nel non food:

Cura casa green: 1.842 prodotti, 7 claim relativi alla loro sostenibilità ambientale, 552 milioni di euro di sell-out. Trend annuo: +19,3% a valore, -2,2% a volume.
Cura persona: i numeri del mondo health&beauty dai 6.798 prodotti che richiamano in etichetta tre benefici funzionali (più di 1 miliardo di euro di sell-out, +5,7% a valore e -4,2% a volume rispetto al 2021) alle 22.344 referenze che presentano on pack i 34 claim più significativi del free from, del rich-in e della naturalità nel mondo dei prodotti per la cura personale.

A completare la fotografia dei consumi, l’Osservatorio Immagino propone i due consueti approfondimenti sulla sostenibilità comunicata in etichetta:
Barometro Sostenibilità: 36.067 prodotti, 35 tra claim e certificazioni relative a quattro aree (management sostenibile delle risorse, agricoltura e allevamento sostenibili, responsabilità sociale, rispetto degli animali), 15,5 miliardi di euro di sell-out. Trend annuo: +8,6% a valore, -4,3% a volume.
Packaging green: la mappatura delle informazioni sulla riciclabilità dei packaging presenti sulle etichette dei 132.829 prodotti monitorati.

Per scaricare gratuitamente la tredicesima edizione dell’Osservatorio Immagino: osservatorioimmagino.it

Italiani attenti al carovita, meno acquisti superflui e più confronto prezzi

Col coinvolgimento di 15500 rispondenti provenienti da 19 Paesi (tra cui l’Italia, con 1000 partecipanti), lo strumento di rilevazione di Toluna rivela un quadro minuzioso e dettagliato di come visione del futuro, aumento del costo della vita e altri temi di grande attualità impattino, in Italia e in tutto il mondo, i consumi e il rapporto con i brand.

Fiducia e ottimismo restano bassi: gli italiani temono il carovita
Il sentiment dei consumatori del nostro Paese registra notevoli differenze rispetto agli insight globali. Solamente il 36% si dichiara “molto soddisfatto della propria vita”, contro il 47% mondiale (ma in linea con il dato europeo, 38%). Allo stesso modo, il livello di ottimismo, che in alcune regioni del mondo, come le Americhe, tocca il 63%, è nettamente più basso in Europa (32%) e in particolare in Italia, dove appena il 28% degli intervistati si definisce “molto ottimista” per il futuro.

Un senso di pessimismo che si ripercuote sia sulla possibilità di spesa (appena il 15% degli italiani si sente “molto fiducioso” di poter spendere denaro nei prossimi mesi, contro il 27% dei partecipanti globali) che sulla visione del futuro: solamente il 16% dei nostri connazionali ritiene che la propria situazione finanziaria migliorerà nei prossimi tre mesi e il 21% entro la fine dell’anno. Il 63% dei rispondenti in Italia (e il 61% a livello mondiale) concorda, quindi, che non sia il momento giusto per spese di grande valore, posticipate a tempi di maggior stabilità. L’aumento del costo dell’energia e della vita, infatti, stanno influenzando tangibilmente le spese di quasi 3 italiani su 4, che si sentono limitati nel proprio potere d’acquisto: il 36% riconosce come l’attuale situazione economico-finanziaria stia condizionando le proprie abitudini di spesa e il 45% prevede, di conseguenza, di diminuire gli acquisti ritenuti non necessari.

Dai tagli alla ricerca di alternative, le strategie per risparmiare
Per gestire l’aumento del costo della vita, i consumatori del nostro Paese stanno mettendo in campo tattiche concrete, prima fra tutte proprio la riduzione degli acquisti percepiti come non essenziali (50%). Altre soluzioni prevedono la visita di più negozi alla ricerca di occasioni (47%), il confronto dei prezzi sia online che offline (42%) e la ricerca di alternative più economiche (26%). Quasi un quarto degli italiani, inoltre, si dedica alla spesa più frequentemente, nel tentativo di evitare gli sprechi e trovare offerte migliori, mentre il 22% opta per le marche del supermercato. In ottica di risparmio i nostri connazionali si dimostrano anche propensi a rinunciare alle attività ricreative: mangiare fuori (26%), giocare d’azzardo (20%), andare in vacanza all’estero (20%) e frequentare bar e pub (16%) sono tra le principali attività su cui sono disposti a tagliare, insieme all’acquisto di prodotti di marca (20%) – dati in linea con quelli globali. Allo stesso modo, si concretizza l’impatto sui consumi alimentari: oltre la metà dei rispondenti del Bel Paese dichiara di aver ridotto l’acquisto di piatti pronti, take out e snack, mentre si dimostrano ancora restii a rinunciare a prodotti per la casa (22%) e la salute (19%) e frutta e verdure fresche (14%).

Ambiente e società restano prioritari nel rapporto coi brand
Valori, etica e responsabilità sociale continuano a giocare un ruolo di primo piano nella vita dei consumatori italiani. Il 78% di loro, infatti, si preoccupa dell’impatto sociale, ambientale ed etico dei propri comportamenti e più di 8 su 10 si sentono soddisfatti quando compiono scelte socialmente responsabili. Nonostante la congiuntura economica attuale, dunque, l’attenzione per questi temi esercita un’influenza notevole sulle scelte d’acquisto, tanto che il 79% dei partecipanti al panel italiano concorda nel sostenere l’importanza di investire tempo e cura in queste decisioni e tre quarti di loro si impegna a comprare prodotti di brand che si allineano con i propri valori. Proprio i brand, infatti, devono sentirsi, secondo l’85% dei panelisti, responsabili nei confronti dei consumatori e il loro influsso a livello socio-ambientale è un criterio sempre più rilevante nelle scelte di prodotto degli italiani: il 70% evita aziende i cui valori non sono in linea con i propri, il 74% si distanzierebbe da quelle con un impatto negativo e, specularmente, il 63% preferirebbe quelle impegnate in attività eticamente positive. Malgrado le buone intenzioni, però, sono due i principali ostacoli indicati dai rispondenti verso la scelta di brand dall’impatto positivo: da un lato la mancanza di informazioni sufficienti sulle attività in ambito ESG (68%) e dall’altro la sensazione di non poterselo permettere (64%).

“Se il carovita costringe i consumatori a prestare maggiore attenzione alle spese e a rinunciare a quelle ritenute superflue, per i brand la grande sfida è quella di riuscire a valorizzarsi al meglio ai loro occhi per guadagnarsi un posto tra gli acquisti irrinunciabili” commenta Eliza Frascaro, Head of Research Southern Europe & MEA di Toluna. “Essenziale è allora in questo contesto anche il peso dei valori veicolati dall’azienda: il consumatore odierno, nonostante le difficoltà economico-finanziarie, ha a cuore l’impatto delle proprie decisioni e auspica che al momento dell’acquisto corrisponda una sensazione di orgoglio”.

 

Retail, inflazione e crisi stanno cambiando le aspettative delle famiglie

Spinte inflazionistiche, guerra, tensioni geopolitiche globali e cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova il settore retail. I dati diffusi da Istat relativi alle vendite al dettaglio (marzo 2023) evidenziano un incremento tendenziale a valore (+5,8%) al quale corrisponde un calo in volume del 2,9%, trend che perdura già da qualche mese.

La fotografia che esce da un recente studio di Omnicom PR Group Italia pone il comparto al 2° posto tra gli 8 analizzati, come nel 2021, nella classifica di gradimento degli italiani con il 42,9% dei consensi (al primo posto l’automotive con il 44,7%, e al terzo la tecnologia 42,6%). Gli italiani, per la prima volta, considerano “il maggior valore” di prodotti e servizi la determinante fondamentale nelle proprie scelte (con un gap di -76 punti tra aspettative ed esperienze), mettendo in secondo piano il customer care (-74 punti), seguito dalla “sostenibilità” nella sua accezione più ampia, legata alla cura dell’ambiente (-64 punti) ma anche dei propri dipendenti (-50 punti). Per garantire una offerta di “maggior valore” i retailer stanno mettendo al centro delle proprie strategie le linee a marchio privato, che rappresentano una scelta di acquisto sempre più consapevole per le famiglie italiane, che puntano su qualità e convenienza, tracciabilità lungo la filiera e attenzione all’italianità. Altro dato interessante è che “l’innovazione” è oggi solo al 6° posto delle priorità, era al 5° posto nel 2021. Bene invece il rapporto tra aspettative ed esperienze su “comunicazione frequente ed esaustiva” e “risultati operativi e finanziari”.

Similmente alla moda, per il settore della grande distribuzione si distinguono nettamente per rilevanza e interesse gli Z (15-24enni) che dominano la classifica per età sull’engagement in termini di ricerca e condivisione di informazioni, preferendo – cosa inaspettata – il passaparola ai social network. Le loro aspettative sono altissime verso la cura dell’ambiente. I boomers si concentrano sul “maggior valore” di prodotti e servizi (certificazioni su filiera, manodopera, etc.), sulla cura del cliente e nel maggiore impegno delle aziende nell’intraprendere una giusta direzione, sostenibile da un punto di vista finanziario e di impatto sociale.

“Oggi il consumatore ha aspettative alte in merito all’impegno che una insegna dovrebbe assumersi per il bene delle persone e dell’ambiente” commenta Laura Meroni, Retail Industry Lead e direttore operativo di Omnicom PR Group. “Dal packaging al riciclo, alla tracciabilità e origine dei prodotti, passando per il minor consumo di energia, senza dimenticare l’attenzione alle persone e alle loro necessità, siano essi dipendenti o consumatori. La grande distribuzione, in questo momento di grande incertezza, sta adattando le proprie strategie per venire incontro alle esigenze del consumatore. Una risposta concreta è rappresentata dalle linee a marchio privato che stanno assumendo un ruolo sempre più strategico nell’assortimento delle insegne”.

Buoni sconto fondamentali per la spesa degli italiani

Nel corso del 2022 in Italia sono stati distribuiti 250 milioni di buoni sconto con un valore medio di 1,30€, registrando una crescita del 10% rispetto all’anno precedente. Il giro d’affari del settore ha raggiunto così 350 milioni di euro, incremento proseguito nel primo trimestre del 2023 quando sono stati distribuiti circa 60 milioni di buoni, per un valore medio di 1,45€ e un giro d’affari di 87 milioni di euro.

I dati emergono dallo studio “Il mercato del couponing in Italia” redatto da Savi, azienda che si occupa della gestione dei servizi legati all’utilizzo dei buoni sconto e all’analisi dei dati nel mercato della Gdo e non solo. La ricerca è stata condotta sulla base dei dati generati da oltre 38.000 rivenditori che comprendono insegne della Gdo, drugstore, specializzati e farmacie (sono esclusi i discount) e rappresentano la quasi totalità delle aziende del settore in Italia.

Lo studio conferma quanto i coupon siano sempre più uno strumento fondamentale nella spesa degli italiani. Oltre il 40% delle famiglie è alla ricerca di sconti e offerte e quasi il 60% di esse valuta attentamente prezzi e quantità dei prodotti che intende acquistare con l’obiettivo di massimizzare il ritorno della propria spesa. Un trend già in corso da anni, ma che ha subìto un’accelerazione nel periodo della pandemia, quando la congiuntura economica e il successivo aumento dei prezzi hanno inesorabilmente modificato le abitudini di acquisto degli italiani, sempre più attenti e consapevoli.

Alla crescita nell’utilizzo dei buoni sconto è inoltre corrisposto un aumento del 25% dei coupon digitali, che oggi rappresentano il 10,5% del totale transato in cassa. Un dato rilevante che testimonia come sempre più consumatori si stiano avvicinando a strumenti alternativi e dematerializzati, nell’ambito di un processo di digitalizzazione che, tuttavia, è ancora alle prime fasi di adoption. Se si va nel dettaglio delle macro-categorie merceologiche in cui si osserva un maggiore utilizzo dei buoni sconto, il settore alimentare è quello in cui si concentra il 43,4% di tutti i coupon. Tra i beni alimentari più acquistati troviamo le bevande (30,2%), i prodotti confezionati (22,8%), il latte e i derivati (16,9%) e i dolciumi (15,6%). I coupon per i condimenti e i prodotti da forno sono stati utilizzati rispettivamente dal 5,9% e dal 4,4% del totale, mentre i surgelati dal 3,5%. Una quota sempre maggiore dei consumatori utilizza poi strategie di risparmio mirate per acquistare prodotti per la routine di bellezza quotidiana. Il 26,1% dei buoni sconto utilizzati ha infatti avuto ad oggetto articoli per la cura e l’igiene personale e il 20,5% prodotti dedicati alla detergenza. Il 7% dei coupon rientra invece nella categoria dei prodotti per gli “animali”.

“Il couponing è un settore in costante crescita ed evoluzione, perché permette di accedere a promozioni su un’ampia categoria di prodotti in maniera semplice e istantanea”, ha dichiarato Angelo Tosoni, Managing Director di Savi Italia. “Come Savi abbiamo intrapreso da tempo un percorso di digitalizzazione che ci ha spinto ad investire oltre 1 milione di euro negli ultimi tre anni per trasformare il mercato dei coupon in un’esperienza interamente dematerializzata, con evidenti benefici sia per i consumatori che per le catene della Gdo oltre che per le aziende dell’industria di marca. Queste ultime, grazie alla nostra piattaforma, possono controllare in tempo reale tutti gli analytics derivanti dalle transazioni degli utenti che utilizzano i buoni sconto. Siamo proiettati sul futuro, consapevoli che i coupon diventeranno sempre più uno strumento di engagement e di fidelizzazione dei clienti”.

 

Spiragli di ottimismo nonostante inflazione e rincari, gli italiani restano cauti

Una recente ricerca effettuata da Simon-Kucher, società di consulenza strategica specializzata in strategie di pricing, evidenza lo spiraglio di cauto ottimismo nonostante si viva un periodo fortemente connotato da incertezza economica e sociale. Dallo studio, che ha preso a campione più di 15.000 consumatori distribuiti su 17 Paesi, emerge che il 36% su scala globale sia ottimista sulle prospettive finanziarie future, dato in crescita del 12% rispetto agli ultimi 6 mesi. Nonostante in Italia la cautela rimanga fortemente radicalizzata e il livello di incertezza risulti superiore di quasi 20 punti percentuali agli altri Paesi, la ricerca mette in luce che il 19% dei cittadini si dichiara ottimista sul futuro, dato ancora basso ma in leggera risalita rispetto all’ultimo periodo.

Immediato l’impatto di queste evidenze sulle abitudini di spesa: il 39% dei consumatori italiani pianifica di ridurre le proprie spese in beni non essenziali nel corso del 2023 (come lusso, intrattenimento, elettronica e tempo libero). L’alimentare è il settore che risentirà meno del cambio di abitudini di consumo: a differenza delle altre categorie, una maggior quota di intervistati, seppur minoritaria, dichiara addirittura di voler aumentare la spesa (circa il 27%). Invariata invece la frequenza di acquisto degli italiani (solo l’1% ha dichiarato che prevede di aumentare leggermente la frequenza di acquisto) a differenza di altri Paesi in cui risulta in aumento anche di 23 punti percentuali. Nelle regioni dell’APAC si attende la crescita maggiore sia in termini di frequenza che di volumi, seguita dall’America Latina. Dalla ricerca emerge che le abitudini di spesa per categoria merceologica a livello globale sono simili; tuttavia in Italia si nota una maggiore tendenza ad accentuare il risparmio.

Diverse le sfide che alla luce del quadro delineato si profilano per le aziende di prodotto considerato che anche le nuove preferenze di consumo hanno un riflesso: gli italiani preferiscono benefit diretti come sconti più alti, promozioni e iniziative di cross selling come pacchetti di prodotti correlati. Oltre il 50% degli intervistati ha dichiarato che tra i diversi strumenti proposti dalle aziende le promozioni e gli sconti rimangono i preferiti, seguiti da offerte di prodotti più economici, private label e programmi fedeltà. “In un periodo storico segnato da incertezza, i consumatori italiani si rivelano dei cauti ottimisti nel modellare le proprie abitudini di consumo” – commenta Francesco Fiorese, Partner e Managing Director di Simon-Kucher Italia. “Adattandosi alle mutevoli circostanze con resilienza e con un atteggiamento capace di reagire positivamente alle avversità, i consumatori mostrano una grande maturità, lanciando determinanti segnali positivi anche per la produzione e le imprese”.

Ridurre gli sprechi alimentari è una delle maggiori sfide per imprese e consumatori

L’inflazione, il cambiamento climatico e il contesto geopolitico incerto continuano a rappresentare le principali minacce per i prossimi 12 mesi, sia per imprese che consumatori: il 42% di questi ultimi ha dichiarato, in una recente analisi di PwC, di aver già eliminato le spese non essenziali al fine di ridurre il più possibile gli sprechi.

“Oggi i consumatori sono molto più sensibili agli obiettivi di riduzione degli sprechi alimentari” spiega Erika Andreetta, Partner PwC Italia. “Nel contesto economico attuale segnato da un alto tasso di inflazione, che vede l’innalzamento dei prezzi di acquisto, c’è una particolare attenzione a evitare ogni tipo di spreco. Anche le imprese del settore agroalimentare si stanno muovendo nella stessa direzione. Per evitare che circa 1/3 del cibo prodotto in tutto il mondo venga sprecato, le imprese si stanno muovendo per riorganizzare le intere filiere alimentari, efficientandole con l’obiettivo di ridurre e recuperare le perdite”.

Nel nostro Paese lo spreco pro capite annuo è pari a 27 kg per un valore complessivo di 9 miliardi di euro. Spreco che, se fosse portato al 10% (a fronte dell’attuale 33%) della filiera agroalimentare, comporterebbe una riduzione del 23% del terreno utilizzato adibito all’agricoltura. Secondo le Nazioni Unite, 1/3 del cibo prodotto nel mondo, equivalente a 1,3 miliardi di tonnellate, viene sprecato a causa di ritardi e inefficienze nella raccolta, distribuzione e vendita al dettaglio. Recuperare sprechi e perdite nella filiera alimentare oggi appare dunque un obiettivo da perseguire più che mai.

Carrello spesa razionalizzato, il carovita rende gli italiani più salutisti

Rispetto a un anno fa, il carrello degli italiani appare più salutista con frutta, verdura fresca e carne che prendono il posto di liquori e vino. I dati emergono da una recente indagine di Eumetra, istituto di ricerca sociale e di marketing, che evidenzia come il filo conduttore della spesa degli italiani sia ora rappresentato dalla “razionalizzazione”.

“Inflazione, costi dell’energia e scenari economici internazionali incerti hanno modificato le abitudini di spesa degli italiani preoccupati soprattutto dall’incremento delle spese per la casa (oltre il 50% dei millennials e delle famiglie con figli), dalle visite mediche che hanno rinviato (oltre 3 famiglie con figli su 10) e dalla perdita del lavoro per il 15% dei millennials” commenta Matteo Lucchi, amministratore delegato di Eumetra. “Questo scenario porta circa il 40% di giovani e famiglie con figli a comprare al supermercato marche in promozione o meno costose. Le famiglie con figli in particolare (4 su 10) hanno percepito un aumento dei prezzi di oltre il 20%”.

Più fiducia nella marca del distributore
Il 37% delle famiglie con figli e il 35% dei millennials coinvolti nell’indagine Eumetra dichiarano di comprare più prodotti a marchio del distributore rispetto a un anno fa, a scapito dei prodotti di marca che oggi il 10% delle famiglie con figli non compra più. La marca del distributore è ritenuta più conveniente dalle famiglie con figli, sia perché costa meno, ma anche e soprattutto perché viene considerata capace di sostituire i prodotti di marche più note.

“Esiste una correlazione tra la percezione del nostro futuro familiare, lavorativo o reddituale e come spendiamo “oggi”: il carrello della spesa di questo fine settimana dipende da come ci vediamo tra sei mesi-un anno. Sono certamente le famiglie con figli che oggi soffrono i maggior timori relativi al proprio futuro” aggiunge Lucchi. “La dimensione dell’essere genitori impatta significativamente sul carrello della spesa. Questo offre un’indicazione molto utile per le aziende della Gdo: analizzare il sentiment verso il futuro e tracciare come evolve la struttura familiare dei propri clienti, dice molto su come organizzare lo scaffale domani”.

Il volantino delle promozioni non passa di moda
Oltre il 60% dei millennials e il 65% delle famiglie con figli si informa abitualmente sulle promozioni di un punto vendita attraverso il volantino cartaceo che trova direttamente al supermercato. La ricerca Eumetra sul mondo della grande distribuzione evidenzia inoltre che anche i volantini a domicilio mantengono la loro forza (utilizzati dal 49% dei millennials e dal 58% delle famiglie con figli). Il volantino porta il consumatore direttamente all’acquisto: il 30% di millennials e famiglie con figli infatti dichiarano di acquistare un prodotto perché lo ha visto sul volantino promozionale.

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