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Fatturato di 8,7 miliardi di euro per Deichmann, il leader europeo delle scarpe

Risultati record nel 2024 per Deichmann, il più grande rivenditore di scarpe in Europa. Il gruppo tedesco ha chiuso l’esercizio con un fatturato lordo di circa 8,7 miliardi di euro (7,5 miliardi di euro netti). L’incremento ammonta al +2,3%, depurato dagli effetti dei tassi di cambio. L’andamento positivo è stato conseguito anche grazie alle performance dei modelli di marca più costosi, che hanno incrementato il prezzo medio del venduto. Nel 2024 sono stati commercializzati oltre 180 milioni di paia di scarpe in tutto il mondo nei negozi e negli shop online. Presente attualmente in oltre 30 Paesi, il gruppo ha generato circa il 68% del suo fatturato al di fuori della Germania. Al 31 dicembre 2024 i negozi gestiti da Deichmann erano circa 4.700, un numero pari a quello dell’anno precedente, e i negozi online 40, mentre i dipendenti avevano raggiunto quota 49.900. “L’anniversario dei 111 anni della nostra azienda nel 2024 ha segnato oltre un secolo di continuo sviluppo positivo e di successi – dichiara Heinrich Deichmann, Chairman of the Management Board of Deichmann Se. –. Per questo motivo guardiamo al futuro con ottimismo nonostante le difficili condizioni del mercato. La nostra mission è offrire nei nostri negozi e online le ultime tendenze in fatto di scarpe per tutta la famiglia e brand di qualità a prezzi vantaggiosi, oltre a un servizio cordiale. Questa mission è al centro di tutto ciò che facciamo, ciò che ci distingue e che sta alla base del nostro successo”.

L’AMPLIAMENTO DELL’OFFERTA
L’anno scorso il contesto di mercato è stato complesso, in quanto la spesa dei consumatori è diminuita in molti mercati. Deichmann sottolinea però che il suo concept ha comunque dato i suoi frutti, con una crescita del fatturato di oltre il 5% in Europa. Oltre a un’ampia selezione di top brand sportivi come Adidas, Nike, Puma e Fila, l’offerta comprende marchi di punta come New Balance. L’azienda ha inoltre acquisito i diritti del marchio di calzature Esprit per l’Europa e gli Stati Uniti e le licenze di Kappa e s.Oliver. Per completare l’assortimento, al portafoglio si sono aggiunti altri marchi popolari come Rieker, Buffalo e Bugatti, Crocs, Skechers, Tom Tailor, Bench e Dockers. Nata nel 1913, l’azienda è tuttora controllata interamente dalla famiglia fondatrice ed Heinrich Deichmann si dice certo di poter continuare a mantenere l’indipendenza commerciale e finanziare la crescita senza investitori esterni: “Gli ultimi anni hanno consolidato la nostra convinzione che puntare a una crescita mirata in un processo graduale sia la strategia giusta per la nostra azienda a conduzione familiare”.

LA PRESENZA IN ITALIA
Grazie al fatturato 2024 in crescita del 14% e alla vendita di oltre 5,5 milioni di paia di scarpe, Deichmann continua ad ampliare il numero di negozi monomarca in Italia. Nel 2024 sono stati aperti 26 nuovi store e altri 3 sono stati totalmente rinnovati con il nuovo concept di arredamento, portando la rete a quota 142. Da segnalare l’apertura a Palermo, in seguito alla ristrutturazione di Palazzo Monteleone, dimora storica dell’aristocrazia siciliana; il progetto ha mantenuto inalterata la struttura architettonica interna ed esterna, enfatizzandone il valore artistico e culturale. Salito anche il numero di dipendenti italiani, che a fine 2024 erano pari a 1.200. Entro la fine del 2025 sono previste 20 nuove aperture e investimenti pari a circa 13,56 milioni di euro. “L’Italia oggi è uno dei maggiori mercati europei, dove la moda da sempre riveste un ruolo particolarmente importante – afferma Salvo Romano, Amministratore Delegato di Deichmann Italia (nella foto in alto) –. Il nostro modello di business continua a funzionare e a crescere anche grazie all’aggiunta di marchi e modelli di tendenza solo per il mercato italiano; nelle ultime quattro stagioni abbiamo sviluppato circa il 30% dell’offerta proprio per i clienti italiani più attenti alle novità e alle tendenze della moda rispetto agli altri paesi europei”.
Il piano di sviluppo per l’Italia ha previsto anche il potenziamento del network logistico e distributivo. Grazie all’inaugurazione a ottobre 2024 del nuovo polo logistico di NCV – Cooperativa Autotrasporti Nuova Camp Veloci – presso il G-Park di Valsamoggia, oltre 30.000 rolltainer contenenti quasi 500.000 colli sono stati distribuiti alla rete di punti di vendita nel secondo semestre dell’anno.

GLI INVESTIMENTI PER IL 2025
Per il 2025 Deichmann annuncia investimenti pari a circa 420 milioni di euro, il livello più alto nella storia dell’azienda. Quest’anno sono previste l’apertura di 450 nuovi store, l’ulteriore modernizzazione della rete di negozi esistenti, dell’IT, della logistica, nonché l’inaugurazione di un campus aziendale presso l’head quarter di Essen. Anche gli investimenti nelle attività omnichannel sono stati e saranno intensificati. Le innovazioni e i servizi come “ship to home” o “click & collect” rivestono un oggi ruolo importante. Inoltre, molti negozi hanno introdotto e introdurranno dispositivi digitali per la misurazione del piede e del numero corretto di scarpe, che migliorano notevolmente l’esperienza d’acquisto dei clienti e sono molto utili soprattutto per la misurazione dei piedi dei più piccoli. Significativi gli investimenti nell’app che combina gli acquisti con un programma di fidelizzazione dei clienti, la misurazione digitale del piede e contenuti moda.

I PROGETTI DI SOSTENIBILITÀ
Sul fronte della sostenibilità, da oltre 50 anni la Fondazione Deichmann è impegnata in progetti sociali e umanitari, nonché iniziative volte a promuovere la partecipazione sociale in Germania e all’estero. Tra i circa 200 progetti sostenuti nel 2024, merita una menzione speciale un’iniziativa lanciata per aiutare la popolazione dell’isola di Madagascar ad affrontare i problemi più urgenti. I progetti di aiuto includono, ad esempio, la fornitura di acqua potabile a circa 300.000 abitanti dell’isola attraverso sistemi di pozzi su larga scala, opportunità di formazione mediante scuole agricole proprie e un’assistenza medica mirata con veicoli fuoristrada e cliniche mobili. In Italia Deichmann sostiene Scarpetta Rossa, Associazione di Promozione Sociale attiva dal 2014 nel contrasto della violenza di genere. Da ottobre 2023 i negozi italiani dell’insegna sono diventati centri di primo ascolto con l’obiettivo di offrire un aiuto concreto e di ampliare la rete di protezione indispensabile a chi ha bisogno di sostegno. Tutti i dipendenti sono stati formati dai volontari dell’associazione e possono fornire prima assistenza alle donne in difficoltà raccogliendo i loro contatti e trasmettendoli tempestivamente ai volontari di Scarpetta Rossa. L’impegno di Deichmann a favore di Scarpetta Rossa prevede anche una raccolta fondi in tutti i negozi presenti sul territorio italiano.

Mopur Crunch, croccantezza vegetale firmata Felsineo

Leggero, appetitoso e velocissimo da preparare: è così che FelsineoVeg SB presenta Mopur Crunch, un secondo fresco 100% plant based. Con un elevato apporto proteico, 26 grammi di proteine per la confezione da 80 gr, pari al 33%, e un contenuto ridotto di grassi saturi, Mopur Crunch è costituito da scagliette vegetali al Gusto di Pollo. Pronto in pochi minuti, può essere cotto in padella o nella friggitrice ad aria. L’azienda lo definisce estremamente versatile, utile per dare un tocco croccante e creativo a insalate, poke, panini e wrap offrendo un’alternativa originale alle solite pietanze.

Come le altre referenze Good&Green, è realizzato attraverso il processo produttivo esclusivo di FelsineoVeg, identificato con il brand Mopur, che utilizza farine di cereali e legumi e lievito madre, l’impiego del quale è protetto da un brevetto italiano, in una bilanciata combinazione per garantire gusto e consistenza. La tecnologia Mopur assicura, inoltre, l’integrità degli ingredienti grazie a una lavorazione naturale in tutte le sue fasi. Racchiuso in confezione monoporzione da 80 grammi, con un QR Code che guida a ricette e utilizzi, Mopur Crunch è disponibile in tutte le principali insegne distributive della Gdo a un prezzo consigliato di 1,99 euro.

Nicola Bonfatti è Direttore Commerciale Mercati Internazionali di Rigoni di Asiago

È una carriera interamente dedicata allo sviluppo delle esportazioni nel settore food quella di Nicola Bonfatti, nominato Direttore Commerciale Mercati Internazionali di Rigoni di Asiago. L’azienda rafforza così il proprio impegno nell’espansione globale. Dopo un’esperienza iniziale in Marr (Gruppo Cremonini), dove ha iniziato il suo percorso nel commercio internazionale, Bonfatti ha consolidato la sua esperienza con oltre 10 anni nel Gruppo Cremonini, ricoprendo diversi ruoli di crescente responsabilità nei mercati esteri. Successivamente, ha proseguito in Zuegg, dove si è occupato del coordinamento delle filiali estere e dello sviluppo di nuovi mercati strategici. Negli ultimi nove anni, Bonfatti è stato Direttore Commerciale Estero in Olitalia, gestendo le operazioni in oltre 120 Paesi e coordinando un team internazionale di Export Manager e resident all’estero, contribuendo in modo significativo all’espansione del brand nel segmento degli oli e dei condimenti di alta qualità.

Sono entusiasta di unirmi al team Rigoni di Asiago, un’azienda che si distingue per l’eccellenza dei suoi prodotti biologici e per una crescita costante sui mercati internazionali – dichiara Nicola Bonfatti. Sono pronto a mettere a disposizione la mia esperienza per sostenere lo sviluppo del brand Rigoni e contribuire a scrivere nuovi capitoli di successo nella sua storia. Credo fermamente nelle ambizioni del piano strategico dell’azienda, che punta a consolidare la leadership nel biologico e a rafforzare la presenza nei mercati chiave, portando qualità e sostenibilità sulle tavole di tutto il mondo”.

NielsenIQ, il 2025 è iniziato bene per il largo consumo

La 40esima edizione de Linkontro, l’evento organizzato annualmente da NielsenIQ, è stata l’occasione per dare un quadro aggiornato su dati e dinamiche evolutive del mondo del largo consumo. Innanzitutto, il settore nel 2024 ha raggiunto la quota di 137,5 miliardi di euro di spesa ad opera delle famiglie italiane (+1,9% rispetto al 2023). Il solo largo consumo confezionato (Lcc) ha fatto invece registrare un valore di mercato pari a 98,2 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2023). I primi 4 mesi del 2025 maturano oltre 45 miliardi di euro di fatturato a totale negozio, dei quali più di 32 miliardi di euro nel largo consumo confezionato. A supporto del trend di crescita, gli altri principali indicatori: il +4,4% a valore nel totale negozio (+1,9% nel 2024) e un +2,6% nei volumi del largo consumo confezionato (+1,5% nel 2024). Tra le performance emerge quella del Sud Italia con un trend di incremento dei volumi doppio rispetto alla media nazionale, in particolare +5,6% a valore e +5,0% a volume.
Un rilancio che arriva dopo le diverse sfide che il settore è stato chiamato ad affrontare nel periodo 2019 – 2023, a cominciare dalla pressione inflattiva che ha causato la riduzione dei volumi, anche se inferiore rispetto alle attese, nel corso del biennio 2022-2023 (rispettivamente del -0,3% e del -1,7%). “Stiamo rilevando dei segnali positivi provenienti dal mercato – commenta Enzo Frasio, Amministratore Delegato di NIQ Italia (a destra nella foto in alto) – con performance promettenti che caratterizzano tutto il settore della grande distribuzione e del largo consumo confezionato. La ripresa dei volumi e la conquista di quote di spesa indicano che il carrello delle famiglie, in Italia, rimane una voce prioritaria nel budget mensile. Nonostante il calo del potere d’acquisto delle famiglie a cui abbiamo assistito negli ultimi cinque anni, i consumatori tricolore nel 2025 sono disposti a rinunciare ad altre spese mensili, come le uscite fuori casa, l’acquisto di altre categorie del non alimentare. Stiamo entrando nell’era del Next Normal, dove l’espansione nel largo consumo potrà essere supportata da una maggiore collaborazione nella filiera, miglioramento dell’efficienza e conoscenza ancora più approfondita dei clienti. Questa combinazione di fattori offrirà l’opportunità di crescita e ulteriori accelerazioni del settore”.

L’INFLAZIONE PREOCCUPA GLI ITALIANI
Nella memoria dei consumatori rimane però impresso l’effetto inflattivo che ha imposto un costo maggiore della spesa del 22% nel periodo 2025 versus 2019. Nonostante l’andamento dei prezzi appaia ora sotto controllo, il 29% degli italiani – secondo le rilevazioni di NIQ – continua a indicare l’incremento dei costi dei beni alimentari tra le principali preoccupazioni per il futuro e il 23% teme la recessione (versus 13% della media europea). Un timore che continua a orientare le scelte effettuate tra gli scaffali dei punti di vendita, visto che persiste la ricerca di convenienza.
NIQ sottolinea però che il fenomeno inflattivo si ridimensiona: nei primi quattro mesi del 2025, l’indice di inflazione nel largo consumo confezionato viene rilevato intorno al +1% a totale Italia omnichannel per raggiungere quota +0,8% ad aprile 2025. Anche se l’andamento non coinvolge tutte le categorie di prodotti: caffè, cioccolato, burro e salmone fresco registrano una crescita maggiore nel loro prezzo a parità di quantità acquistate.

IL FRESCO TRAINA LA SPESA
Stando alle rilevazioni di NIQ, a trainare la performance, nei primi 4 mesi del 2025, del largo consumo è il reparto del fresco, con la frutta e la verdura che registrano +7,9% a valore (+4,4% nel 2024). Anche per le carni – con la macelleria e la polleria – il saldo è positivo: +5,6% a valore. I prodotti del food confezionato si attestano a +4,1%. Segnali di frenata, invece, provengono dagli articoli per animali (+1,4% a fronte di un +3,1% nell’intero 2024) e dalla casa (-0,8% nei primi mesi di quest’anno).
Non stupisce tuttavia l’incremento per il fresco considerando la forte attenzione verso un’alimentazione sana dichiarata e agita da tutte le tipologie di famiglie, che si orientano maggiormente alla ricerca del benessere, iniziando proprio dalla composizione del carrello. Più nello specifico, tra le categorie in forte crescita ci sono il mango con +114,3% nel trend a volume, l’avocado con +47% e i semi con +32,2%. Nelle scelte di acquisto degli italiani si ritrova anche la ricerca di servizio, con prodotti facili da preparare che semplificano il consumo; è il caso delle basi per la pizza (+60,3%) e dei piatti pronti vegetali (+15,6%) e anche dei surgelati vegetali (+11,9%).

GLI ANDAMENTI DEL LARGO CONSUMO PER CANALE
La crescita delle vendite non premia tutte le tipologie distributive, che trasversalmente stanno conoscendo un aumento della frequenza di acquisto e un calo dello scontrino medio come rilevato nell’80% dei gruppi distributivi, offrendo opportunità per incrementare la fedeltà. Si evidenzia un buon andamento per i superstore (+3,4% a volume da gennaio ad aprile 2025 versus +1,3% nel 2024) e i discount (+3,8% a volume e +3,9% a valore nel 2025, complice la ricerca del risparmio). Gli specialisti drug sembrano rallentare la crescita, con un seppur interessante +4,5% a volume e +3,4% a valore. Emerge l’e-commerce che, con una quota pari al 7,1% nel 2025, assume una dimensione sempre più significativa, registrando nel largo consumo confezionato in totale un +4,4% a valore, venendo scelto per comodità e convenienza. Analizzando ancora più dettagliatamente questo canale, i pure players – ovvero gli attori che nascono con attività solamente online e che rappresentano il 50% delle vendite del canale – crescono a valore del +5,5%. Molto bene anche gli specializzati (19,5% della quota di mercato) che mettono a segno un incremento a valore del 10,5%.

IDM E MDD CRESCONO CON LEVE DIVERSE
Insieme, l’industria di marca e la marca del distributore complessivamente maturano oltre 1 miliardo di crescita anno su anno. Ciò che le differenzia sono le leve che guidano lo sviluppo. Anche nel corso del 2025, l’andamento dell’industria di marca è principalmente trainato dall’aumento dei prezzi, aprendo l’anno con un fatturato pari a +608 milioni di euro, contribuendo alla crescita del fatturato Lcc per il 57%. Invece, per quanto riguarda l’Mdd (+450 milioni di euro, pesando per il 43% della crescita), è l’ampliamento dell’assortimento di prodotto a marchio del distributore sugli scaffali a determinare la crescita per l’anno corrente. Anche i target che determinano questi risultati sono differenti: se da una parte la Mdd si rivolge sempre di più agli 8 milioni di famiglie con figli a carico (+0,5 punti di quota) e di media età (+1,6 punti in quelle con reddito medio più basso), l’Idm è in crescita sia nelle famiglie mature ad alto reddito (+0,2 punti) sia in quelle a basso (+0,6 punti).
Secondo i dati del Consumer Panel di NIQ, la strategia vincente per i principali brand del mass market, il 59% dei quali in crescita a volume nel corso dell’ultimo anno, sembra risiedere nella capacità di raggiungere un numero sempre più elevato di clienti, con maggiori probabilità di successo se si riesce anche a migliorare la fedeltà. Anche la Mdd sta cercando di espandere la sua quota, lavorando principalmente attraverso lo sviluppo degli assortimenti: cresce nel 65% delle categorie, in parte per aumento del solo numero di famiglie acquirenti (in due casi su tre) e in parte in tutte quelle dove, oltre ad incrementare il numero di acquirenti, riesce anche a crescere in fedeltà.
La crescita del comparto, registrata negli ultimi mesi, testimonia la capacità dell’industria e della distribuzione di soddisfare sempre meglio i bisogni delle famiglie italiane – conclude Romolo De Camillis, Retailer Director di NielsenIQ (a sinistra nella foto in alto) –. Nel quadro attuale e guardando al prossimo futuro emergono ulteriori opportunità di crescita. Per coglierle appieno sarà importante continuare a migliorare i livelli di efficienza delle promozioni (circa un terzo delle attività non genera volumi incrementali) e degli assortimenti. Infine, lavorando insieme su specifici target di clientela e cavalcando affinità tra brand ed insegne, si riuscirà ad intercettare un numero sempre più elevato di famiglie coprendo meglio i loro bisogni di consumo”.

Cortilia partner della prima edizione italiana di Great Taste

Great Taste 2024 - Credit Guild of Fine Food (Sam Pelly)

Eccellenza e valorizzazione del Made in Italy sono i pilastri della collaborazione tra Great Taste in Italy e Cortilia, che per la prima volta uniscono le forze per promuovere le migliori produzioni del Paese, espressione dell’evoluzione del gusto tra radici storiche e nuove tendenze. In qualità di sponsor tecnico, Cortilia metterà a disposizione i propri locali e le proprie strutture per ospitare il processo di valutazione delle realtà iscritte all’iniziativa. In questo mese di maggio, una giuria di esperti (composta da giornalisti, chef, buyer, food blogger e professionisti del settore) degusta “alla cieca” i prodotti in gara redigendo, successivamente, un report con punteggi (1,2,3 stelle) e feedback professionali.

Siamo lieti di supportare questa prima edizione italiana di Great Taste, un’iniziativa che rispecchia il nostro impegno quotidiano per la ricerca e l’inserimento su Cortilia.it di prodotti di alta qualità – commenta Andrea Colombo, Ceo di Cortilia –. Questa partnership rappresenta per noi un’importante opportunità di connessione e di crescita: ci permette di scoprire nuovi produttori e di ampliare la nostra rete di fornitori selezionati, sempre con l’obiettivo di offrire il meglio ai nostri clienti”.

Dopo la chiusura delle iscrizioni, Great Taste è alle prese con le fasi operative di selezione e valutazione, mentre a luglio ci sarà la pubblicazione dei risultati e a settembre la premiazione. “Come evidenziato in diverse occasioni, teniamo particolarmente a questo progetto e siamo orgogliosi di avere al nostro fianco un partner come Cortilia che, da oltre un decennio, svolge un ruolo di sensibilizzazione sull’importanza dei cibi che si mettono in tavola – commenta Alberto Gottardi, Presidente dell’Associazione La Tavola di Mecenate, organizzatore di Great Taste in Italy assieme a Guild of Fine Food di Londra e all’agenzia di comunicazione PG&W –. Tra gli obiettivi che ci poniamo per questa prima edizione, vi è soprattutto la volontà di valorizzare e sostenere i produttori che grazie al loro impegno quotidiano puntano all’eccellenza”.

Culatello di Zibello Dop, modificato per la prima volta il disciplinare

Un peso massimo al momento della marchiatura (ovvero 10 mesi) che passa dai 5 agli attuali 6 chili, per venire incontro a una tendenza sempre più evidente tra i produttori del Culatello di Zibello Dop: una stagionatura più lunga, tra i 36 e i 48 mesi, in grado di esaltare ancora di più i sapori del “Re dei salumi”. È una delle principali novità comunicate dal Consorzio di Tutela del Culatello di Zibello Dop, che ha modificato per la prima volta il proprio disciplinare. Un traguardo storico per l’associazione costituita nel 2009 che racchiude 21 aziende produttrici della celebre Dop della Bassa Parmense, realizzata in sole 7 località (Busseto, Colorno, Polesine Zibello, Roccabianca, San Secondo, Sissa Trecasali e Soragna) e in grado di raggiungere nel 2024 i 18,5 milioni di fatturato con 73.550 culatelli marchiati. E una delle novità principali del nuovo disciplinare è proprio nella stagionatura. Il Culatello di Zibello viene ottenuto a partire dalle più pregiate cosce di suino; non a caso è stato aumentato da 190 agli attuali 195 chili il peso della singola carcassa per aumentare la qualità della materia prima. Come ribadisce Romeo Gualerzi, Presidente del Consorzio di Tutela, l’obiettivo è ben preciso: “La maggior parte del prodotto viene venduto intorno ai 20 mesi, ma gli associati stanno optando per stagionature sempre più lunghe, fino ai 36-48 mesi; ecco perché occorre partire da un prodotto più grasso e quindi più pesante. Questo garantisce che anche nel lungo periodo il Culatello di Zibello mantiene un grado di morbidezza fondamentale, arrivando così a un risultato finale di eccellenza assoluta”.
Il Consorzio ha aggiornato anche diversi parametri, tra cui il valore relativo al sale, ora ridotto: “Ci siamo accorti – prosegue Gualerzi – che nelle lunghe stagionature il prodotto ha una disidratazione maggiore di quella stimata inizialmente. Ecco perché la percentuale minima di cloruro di sodio è passata da 3,40 all’attuale 2,8%”.

Inoltre, è stato rivoluzionato anche il metodo di controllo legato alla materia prima. “Il Culatello di Zibello Dop viene realizzato a partire da allevamenti situati in Emilia-Romagna e Lombardia – conclude Gualerzi –. Nell’attuale disciplinare i controlli genetici sulla filiera sono completamente digitali, con metodi aggiornati, precisi e in grado di migliorare ancor di più la tracciabilità del suino. Un passo importante per proteggete ed evidenziare la storicità di quella che viene definita come l’eccellenza della salumeria italiana”.

Il Culatello di Zibello Dop può vantare una lavorazione che ancora oggi avviene in gran parte a mano. E l’alternanza tra lunghi periodi umidi e nebbiosi, e altri torridi e afosi, costituisce il fattore determinante per la giusta maturazione e l’ottimale stagionatura del prodotto, che avviene rigorosamente in cantine naturali in grado di rimanere fresche anche nei periodi estivi. Mentre per quanto riguarda i dati economici, nel 2024 il Consorzio ha fatto registrare un nuovo record: per la prima volta nei 15 anni di fondazione, il valore del preaffettato ha superato il 50% della produzione annua: su 73.550 culatelli sigillati ne sono stati destinati ben 38.004 (51,6%). Complessivamente, su un fatturato al consumo di 18,5 milioni di euro, 10,2 arrivano proprio dal preaffettato con 1,07 milioni di vaschette immesse sul mercato. L’export si attesta su un 25% e sui canali di commercializzazione il normal trade risulta il principale con una quota del 60%, mentre la grande distribuzione organizzata rappresenta il restante 40%.

Filiera olio, la sostenibilità è un buon affare

La redditività della filiera dell’olio passa dalla sua sostenibilità. Ne è convinto Pascal Pinson, Ceo di Costa d’Oro, quarto player del comparto in Italia con un fatturato di 206,5 milioni di euro e 27 milioni di litri prodotti nel 2024. L’azienda, parte del gruppo francese Avril, ha avviato due anni fa Planet O-live, un piano nazionale di sostenibilità con cui ha fatto da apripista nel settore e vuole ritagliarsi il ruolo di facilitatore dei processi. “Con il lavoro di ricerca della Planet O-live Accademy, che ha coinvolto la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, l’Università di Perugia e Assoprol – afferma Pinson – studiamo le pratiche agricole che permettono di valorizzare i terreni rispettando l’ambiente e aumentando la produttività. Ovviamente siamo un’azienda e guardiamo al profitto, ma anche l’agricoltore deve guadagnare. Senza di lui noi non esistiamo”.
In base ai risultati presentati a Milano, in occasione della fiera Tuttofood, questa attività divulgativa ha raggiunto 430mila alberi, mentre l’impegno di Costa d’Oro sul fronte della sostenibilità ha portato a 158 tonnellate di emissioni CO2 risparmiate, 57% in meno di rifiuti in PVC, 30% di risorse idriche accantonate, 15% in meno di rifiuti plastici, 260 controlli annui sui pesticidi e 187 milioni di euro di valore economico generato. “Il nostro obiettivo è arrivare a 1 milione di alberi entro il 2030 – dichiara Pinson (nella foto destra) – e per questo dobbiamo continuare a coinvolgere ancor di più gli olivicoltori italiani”.

LO STATO DELL’ARTE DELLA FILIERA
Nel corso di un incontro organizzato da Costa d’Oro a Tuttofood, è emerso che condizioni climatiche avverse, frammentazione, problemi fitosanitari, aumento dei costi di gestione, carenza di manodopera hanno portato a un calo di quasi il 40% nella produzione media, pari a 244.000 tonnellate di prodotto in meno nel biennio 2024-2025 rispetto al quadriennio 2006-2009. Per Walter Placida, Presidente Federazione Nazionale Olivicola di Confagricoltura, “Veniamo da anni di grande difficoltà ambientale in cui si è speso poco in ricerca. Per fortuna la domanda è alta (l’Italia è il primo consumatore mondiale di olio, ndr), ma non vorrei che l’olivicoltura stesse perdendo centralità nello scenario agricolo nazionale perché, invece, l’olio è ancora strategico per il made in Italy”. Il sistema deve essere innovato per crescere, ma le soluzioni si possono trovare secondo Placida: “Se vogliamo che la filiera non si spezzi, bisogna invitare ai tavoli decisionali anche la grande distribuzione”. Altro tema di grande attualità è mantenere linearità nei prezzi. “Dobbiamo aumentare gli introiti, per esempio attraverso l’oleoturismo – ha dichiarato Placida –, spingere le indicazioni geografiche e riconoscere un equo valore al prodotto e al lavoro degli agricoltori per consentir loro di sopravvivere e continuare a produrre per le nuove generazioni”.

IL CONTRIBUTO DELLA RICERCA IN LABORATORIO E “SUL CAMPO”
Maurizio Servili, Professore ordinario di Scienze e Tecnologie Alimentari all’Università di Perugia, in Academy è responsabile dei progetti sull’economia circolare: “Il sistema produttivo del Mediterraneo è quasi tutto basato su oliveti secolari, bellissimi paesaggisticamente, ma che non creano sufficiente valore. Oggi i processi sono veloci e dobbiamo entrare nell’ottica che l’oliva non può essere fonte solo di olio. Sprechiamo fino al 90% in peso del frutto trasformato in frantoio e tendiamo a valorizzare il solo olio dal punto di vista economico. La criticità sta nella valorizzazione economica dei sottoprodotti dell’estrazione meccanica degli oli vergini di oliva, acqua di vegetazione e sansa, che attualmente non hanno un valore economico, ma vengono smaltiti per la produzione di biogas o, parte della sansa, utilizzata per l’estrazione dell’olio di sansa. Dobbiamo mettere in atto processi tecnologici smart in grado di produrre valore a partire da tali sottoprodotti. Ci sono molti studi che possono essere trasferiti a livello industriale, sulla valorizzazione zootecnica e, in parte, umana delle sanse denocciolate o sul recupero di composti fenolici bioattivi dalle acque di vegetazione, da utilizzare nell’industria alimentare come antiossidanti ed antimicrobici naturali, per la produzione di alimenti funzionali e integratori alimentari”.
La ricerca “sul campo” è portata avanti dal Prof. Luca Sebastiani dell’Istituto di Produzioni Vegetali della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che ha sottolineato come la Planet O-live Academy di Costa d’Oro sia partita senza attendere finanziamenti pubblici: “In Italia molte superfici olivicole sono abbandonate. I veri imprenditori agricoli sono pochi e devono confrontarsi con un mercato velocissimo in cui si affacciano competitor stranieri che, bisogna dirlo, spesso sono anche più bravi di noi, soprattutto a condividere”. Non a caso uno dei pilastri dell’Academy, insieme a conoscenza e crescita, è proprio la condivisione. “In due anni abbiamo prodotto diverse pubblicazioni, realizzato seminari e webinar – ha continuato Sebastiani – e, grazie ad Assoprol e Confagricoltura, trasferiamo i principi scientifici agli agricoltori in campo. Abbiamo supportato tante aziende, su tutto il territorio nazionale. Il ritorno economico è fondamentale per la sopravvivenza del settore e anche per garantire sicurezza sul lavoro”.

L’IMPEGNO DI COSTA D’ORO
Forte del radicamento nel cuore verde d’Italia, Assoprol Umbria ha portato all’incontro la voce dell’olivicoltura umbra certificata. “La sostenibilità è un pilastro fondamentale per il futuro dell’olivicoltura umbra e italiana” ha affermato il direttore Gianfrancesco Petroni, aggiungendo poi in tema di valorizzazione del prodotto certificato che “Noi operiamo nel contesto varietale umbro, quindi in una nicchia della nicchia, ma anche questa tipologia di prodotti deve arrivare al consumatore. Per questo stiamo promuovendo la partnership con Costa d’Oro per l’olio “DOP Umbria”, un progetto nato tre anni fa che oggi merita più che mai di essere raccontato”.
Emanuele Zampetti, che in Costa d’Oro si occupa di selezionare gli oli migliori per costruire un paniere coerente con la visione green dell’azienda, ha rivelato come gli acquisti di olio da fornitori italiani siano aumentati dell’11% nel 2024 rispetto al 2022: “La qualità del prodotto italiano è nota, ma la materia prima scarseggia. Ciononostante, siamo stati tra i pochi a proporre sempre il prodotto italiano indipendentemente dalla stagionalità e dalle dinamiche dei prezzi”. Sul fronte dell’impatto sulle comunità e il territorio, Costa d’Oro – come rilevato dalla HR Director Silvia Iacchelli – ha promosso svariate iniziative dedicate all’inclusività, al volontariato e giornate di open day rivolte ai consumatori e alle scuole, masterclass con chef e master blender e visite culturali alla scoperta di Spoleto.
Daniela Pontecorvo, Chief Marketing Officer di Costa d’Oro, ha poi spiegato come la visione sostenibile venga incorporata in tutte le attività all’interno della fabbrica: “Abbiamo voluto iniziare a misurarci su quello che di concreto abbiamo fatto finora sulla sostenibilità, sviluppando con Kpmg, il primo Report Esg in cui si evidenzia il progresso in ciascuno dei pillar di Planet O-live. Relativamente alla riduzione dell’impatto ambientale, il fabbisogno energetico di Costa d’Oro proviene oggi per il 75% dagli impianti fotovoltaici presenti in azienda. Sono stati ridotti del 15% i rifiuti plastici ed è stata posta grande attenzione all’utilizzo dell’acqua arrivando ad un risparmio del 30% sulle risorse idriche utilizzate. “Ovviamente anche l’innovazione di prodotto si ispira alla sostenibilità”, ha continuato Pontecorvo e lo conferma il lancio a Tuttofood della prima gamma di oli di semi certificata da SGS con Zero Pesticidi Residui. Inoltre, il rilancio della gamma dei classici (L’Extra, L’Extra fruttato leggero e L’Extra non filtrato) prevede da oggi il sistema di tracciabilità in blockchain, per offrire al consumatore ancora più trasparenza e sicurezza su origine e sistema di qualità adottato dall’azienda. Infine, con le nuove bottiglie più snelle, frutto del recente restyling presentato in fiera, si è raggiunto un efficientamento logistico che riduce le emissioni di CO2 in fase di trasporto.

Intelligenza artificiale: il 32% degli italiani la usa per fare acquisti

Il dato è di per sé illuminante e testimonia la pervasività dell’intelligenza artificiale: il 32% degli italiani utilizza questa tecnologia per fare acquisti e la quota è cresciuta del 47% rispetto al 2024, in particolare – altro aspetto degno di nota – fra i Baby Bommer, cioè persone con un’età compresa tra i 60 e i 78 anni. Anche se poi la fiducia nello strumento non si può definire granitica, visto che il 12% teme che l’intelligenza artificiale possa fornire consigli sbagliati. A rivelare questi e ulteriori spunti è il Retail Report 2025 di Adyen, piattaforma tecnologico finanziaria scelta da molte aziende leader a livello mondiale, come Meta, Uber, H&M, eBay e Microsoft. Nel sondaggio condotto su 41.000 consumatori di 28 Paesi, tra cui l’Italia, un italiano su dieci (10%) ha dichiarato di aver adoperato per la prima volta l’intelligenza artificiale negli ultimi 12 mesi per migliorare la propria shopping experience. Inoltre, ben il 53% si è detto disposto a fare acquisti utilizzandola in futuro. Già oggi, comunque, una percentuale analoga ricorre a questa tecnologia per trarre ispirazione con riguardo ad abiti, generi alimentari e altri prodotti. Quasi uno su dieci (9%) ha affermato di trarre le migliori idee per nuovi prodotti proprio dall’intelligenza artificiale e oltre la metà (52%) degli intervistati desidera trovare brand unici con questa modalità, un dato che evidenzia l’opportunità per i marchi di combinare partnership e cross-selling per incrementare le vendite.

BOOMER E GEN X GUIDANO LA CRESCITA
Secondo il Retail Report 2025 di Adyen, l’intelligenza artificiale nella shopping experience in Italia sta guadagnando popolarità in tutte le fasce d’età, ma sono Baby Boomer (60-78 anni) e Gen X (44-59 anni) ad aver registrato i maggiori incrementi negli ultimi 12 mesi, rispettivamente del 58% e del 54%. Tuttavia, solo il 16% degli over 60 afferma di utilizzare attualmente questi sistemi come supporto per gli acquisti, percentuale che sale al 44% per i Millennial (28-43 anni) e al 53% per la Gen Z (16-27 anni). Complessivamente, il 57% degli italiani dice di essere consapevole che i retailer potrebbero servirsi dell’intelligenza artificiale per proporre loro dei prodotti. “I consumatori stanno adottando l’IA a una velocità senza precedenti, scoprendo come questa tecnologia sia in grado di trasformare l’esperienza di acquisto – commenta Roelant Prins, CCO di Adyen –. Stiamo probabilmente entrando in un’era in cui l’IA può agire come un vero e proprio personal stylist, selezionando outfit su misura in base ai gusti e alle preferenze individuali. Le differenze demografiche emerse dalla nostra ricerca hanno mostrato risultati interessanti, soprattutto per quanto riguarda l’integrazione dell’IA nelle abitudini di acquisto da parte delle generazioni più mature”.

LA PAROLA AI RETAILER
La ricerca ha sondato anche il fronte aziendale e quando è stato chiesto ai retailer italiani come intendano aumentare i propri ricavi nel 2025, l’adozione dell’intelligenza artificiale e di nuove tecnologie è risultata una scelta strategica molto diffusa. Il 25% ha sostenuto di volerci investire per supportare le attività di vendita e marketing, mentre il 22% per favorire l’innovazione di prodotto. “L’intelligenza artificiale non è più considerata una scommessa per il futuro, ma un imperativo attuale per retailer e consumatori – sottolinea Holly Worst, VP of Retail di Adyen –. A inizio 2025 abbiamo lanciato Adyen Uplift, la nostra suite di ottimizzazione dei pagamenti alimentata dall’IA che aiuta le aziende ad aumentare la conversione dei pagamenti, a semplificare la gestione delle frodi e a ridurre i costi delle transazioni. Adottando l’intelligenza artificiale in questo modo, siamo in grado di aiutare i retailer a offrire una customer experience senza precedenti, in quanto gli acquirenti ‘buoni’ sono in grado di accelerare le operazioni di checkout, mentre noi possiamo intercettare le transazioni fraudolente. È evidente il motivo per cui l’IA abbia conquistato il primo posto come fattore di crescita più citato per il 2025”.

I PUNTI DI FORZA DEL “FISICO”
Sebbene gli investimenti in nuove tecnologie vengano accolti con favore, solo il 38% dei retailer italiani ha dichiarato di permettere già ai clienti di acquistare e completare facilmente le transazioni attraverso i canali online e offline. Un ulteriore 16% dei business leader prevede di attivare questa possibilità nei prossimi 12 mesi e una percentuale simile (14%) ha asserito di avere in programma di offrire ai clienti esperienze esclusive in store. Il Retail Report 2025 di Adyen evidenzia che le tecnologie e le esperienze online stanno aprendo nuovi canali per i brand, permettendo loro di connettersi con i clienti. Il 37% delle persone si aspetta, infatti, di poter fare shopping presso un’azienda attraverso molteplici touchpoint, tra cui social media, app e store online. Ad esempio, quasi un terzo dei consumatori (29%) ha risposto di utilizzare i social media per fare acquisti.
Detto questo, il retail fisico recita un ruolo ancora rilevante: il 37% degli acquirenti italiani sceglie i negozi fisici, contro il 23% che, invece, preferisce riempire il carrello online. Vari i fattori che giocano a favore della modalità di commercio tradizionale: il 41% degli italiani ha affermato di voler vedere e toccare con mano il prodotto prima di effettuare l’acquisto, con un 40% che ha precisato di voler provare gli articoli prima di acquistarli. E tra i vantaggi del fisico a giudizio degli italiani c’è l’immediatezza, perché circa un terzo (31%) ha dichiarato di voler uscire dal negozio con il prodotto subito dopo l’acquisto.

OraSì, il plant based gioca la carta del gusto

Vivere il plant based non come alternativa, ma come esperienza quotidiana di gusto: è questo il messaggio al centro dello spot di OraSì, marchio di Unigrà. Con il claim “OraSì, il plant based all’italiana”, il brand di bevande e creme vegetali propone un viaggio visivo attraverso attimi di quotidianità sulle note di una reinterpretazione originale dell’Inno alla Gioia firmata da Sing Sing. La narrazione invita a sperimentare le sue referenze (Avena, Riso, Soia e Mandorla) intercettando diversi target – i giovani in cerca di nuove esperienze di gusto, le famiglie che condividono momenti di gioia, il mondo pre-family e i nuclei familiari consolidati – e diversi momenti della giornata, dal risveglio al relax serale, dalla colazione energizzante alla pausa caffè. Lo spot, girato dal duo Bellone & Consonni, è ideato dall’agenzia Leo, prodotto da Bedeschi Film e post-prodotto da Prodigious. La campagna è visibile su Tv, Tv connessa, digital e social. Strategia e pianificazione media sono a cura di Expansion Group.

Ferrero si rafforza nel better-for-you con le barrette Eat Natural

Il Gruppo Ferrero amplia la propria offerta nel mercato delle barrette grazie al brand Eat Natural, barrette a base di frutta secca ed essiccata, consolidando così la sua presenza nel segmento better-for-you insieme alle barrette proteiche Fulfil. Un passo che l’azienda definisce strategico per rispondere alle esigenze in evoluzione dei consumatori, con l’obiettivo di raggiungere una posizione da top player in Italia. Il mercato delle barrette (inteso come l’insieme di quelle di cereali, base frutta ed energetiche), che in Italia vale circa 262 milioni di euro (fonte: Circana, anno terminante aprile 2025, distribuzione moderna: Iper+Super+Lsp+Discount+Online), è in forte espansione, con una crescita costante che riflette la continua attenzione verso stili di vita più consapevoli. Nello specifico, il segmento delle barrette a base di frutta secca ed essiccata vale circa 74 milioni di euro (oltre il 28% del totale barrette) e ha registrato uno sviluppo dinamico: dal 2022 a oggi è aumentato del +34% a valore (fonte: Circana). Nel 2024 circa il 48% delle famiglie italiane ha comprato barrette con una frequenza media di 5 atti di acquisto annui (fonte: YouGov anno 2024).

La novità Eat Natural si inserisce all’interno del segmento better-for-you come una barretta realizzata principalmente con frutta secca ed essiccata, sia nella variante proteica che in quella tradizionale. Secondo Ferrero, il consumatore di oggi sceglie questi prodotti non solo per le proprietà nutrizionali, ma anche per il gusto e la praticità. Eat Natural, come Fulfil, si inserisce perfettamente in questa nuova direzione. Disponibili in grande distribuzione, le nuove barrette Eat Natural arrivano in quattro diverse varianti di gusto: Eat Natural Protein, nelle versioni arachidi e cioccolato fondente extra e arachidi, mandorle e caramello salato, fonte di proteine; Eat Natural Cioccolato Fondente Extra, con cioccolato fondente extra, mandorle, mirtilli rossi e cocco; Eat Natural Mandorle e Uva Sultanina, con arachidi e albicocche, contenente il 68% di frutta secca ed essiccata, tra le più alte del mercato.
Tutta la gamma è senza glutine, fonte di fibre e realizzata senza aromi artificiali, conservanti e coloranti. Ferrero precisa che le materie prime provengono direttamente dalla sua filiera, a garanzia della qualità e della tracciabilità del prodotto. La barretta da 40 g viene definita dall’azienda ideale per una pausa on the go. Capitolo prezzi: per quanto riguarda Eat Natural Protein, la confezione da 3 barrette da 40 g ha un prezzo consigliato di 3,79 euro, che scende a 3,59 euro per Eat Natural Cioccolato Fondente Extra ed Eat Natural Mandorle e Uva Sultanina. Eat Natural nasce 28 anni fa in Gran Bretagna, con l’idea di creare snack semplici e pratici da gustare. L’acquisizione del marchio da parte del Gruppo Ferrero nel 2021 segna un’importante tappa nel percorso di espansione nel mercato degli snack better-for-you, confermando la volontà di innovare andando incontro all’evoluzione dei gusti e delle preferenze dei consumatori.

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