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Cioccolato, 5 regole per comunicarlo in tempi di crisi

Pandemia, guerra, crisi energetica. Non mancano motivi per vedere crescere tra le persone ansia e preoccupazione. Ma con queste, aumenta anche il consumo di cioccolato. Secondo le stime di Nielsen, durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria le vendite di tavolette & cioccolatini hanno totalizzato un incremento a doppia cifra, superiore al +18%. A trainare la crescita, una sorta di “lipstick effect” alimentare: ci si rifugia nel cioccolato perché capace di generare conforto e gratificazione istantanea.

Non sorprende quindi che il claim dell’edizione 2022 di Eurochocolate, la manifestazione di riferimento per il settore in programma dal 14 al 23 ottobre presso il centro Umbriafiere di Bastia Umbra, reciti: “Felici in un secondo”. Quattro semplici parole con cui si rende omaggio alla vera caratteristica dell’alimento “eroe” di questi tempi amari: creare soddisfazione immediata.

Porre l’accento su questa capacità del cioccolato impone però anche una revisione del modo di comunicare il prodotto. DDB Group, agenzia parte di Omnicom Group, attraverso il lavoro di monitoraggio continuo svolto dal Reparto Planning guidato da Carlotta Asti, ha dunque individuato cinque semplici regole che possono aiutare la food industry a evitare errori e sfruttare le opportunità offerte da questo mood.

1 – Parlare alle emozioni
Nei periodi di recessione, molte aziende tendono ad appellarsi ad argomentazioni razionali, attraverso una comunicazione pragmatica, incentrata sul valore “oggettivo” del prodotto: un grande equivoco che rischia in realtà di portare fuori strada. Non va dimenticato, infatti, che circa il 95% delle decisioni dei consumatori è guidato dalle emozioni inconsce. Una tendenza che si acuisce peraltro in tempi di crisi, perché in presenza di stress si diventa molto meno razionali. Non va dunque dimenticato che le emozioni, soprattutto in una categoria ad alto tasso emozionale come quella del cioccolato, vendono. Quindi, prima ancora di decidere cosa comunicare alle persone, è necessario chiedersi: “Come vogliamo farle sentire?”.

2 – Trattare la qualità non come fine, ma come mezzo
I dati suggeriscono che il consumatore è sempre più attento alla qualità degli ingredienti, all’origine del cacao e alla naturalezza delle ricette. Ma dicono anche che il principale driver di acquisto per il cioccolato resta di gran lunga il binomio composto da gusto e godimento. E questo significa che, per dirla con il linguaggio del marketing, le “reason why” di prodotto devono essere sempre messe al servizio di un beneficio emozionale ed esperienziale. Perché la differenza di un cioccolato di qualità, prima di tutto si deve sentire. Altrimenti, semplicemente non interessa. La qualità, insomma, deve rappresentare un mezzo per dare vita a un’esperienza di gusto più piena e soddisfacente.

3 – Dimenticare il “guilty pleasure”
Nessuno oggi ha voglia di sentirsi in colpa. La maggior parte degli italiani quest’anno sarà costretta ad affrontare tante rinunce e sacrifici, quindi meglio iniziare a empatizzare, ragionando sempre più in termini di ricompensa e di “self-care” emotivo. Le persone vogliono sentire di meritarsi il cioccolato. E non c’è nulla di male.

4 – Sfruttare il potere dei rituali
Dallo scoppio della pandemia si è verificato un vero e proprio boom di routine, che hanno ridefinito il modo in cui scandiamo il nostro tempo. Beauty routine, morning routine, fitness routine, bedtime routine… i rituali si sono moltiplicati perché sono tra i pochi elementi in grado di garantire un senso di controllo e sicurezza. Questa tendenza accende però anche i riflettori sulla dimensione del sé. Esattamente come fa il cioccolato, che si accompagna per sua natura all’importanza di un “me-time” dedicato al piacere personale. Oggi i brand hanno quindi l’occasione di presidiare in modo sistematico le nuove abitudini, più o meno consolidate. Con possibili vantaggi concreti. Un esempio? Potrebbe valere la spesa di considerare che è in aumento il consumo di cioccolato post allenamento.

5 – Non avere paura della leggerezza
I brand sembrano spesso impegnati e seri, ma le persone non hanno mai avuto così bisogno di sorridere. McDonald’s ha appena lanciato l’Happy Meal per adulti e non è certo un caso. Non si deve cambiare il mondo. Basta fare qualcosa per migliorarlo. E il cioccolato ha il potere di farlo. Specialmente oggi.

Mare Aperto in prima linea per un sistema agroalimentare sostenibile

Il 16 ottobre si celebra il World Food Day, la Giornata Mondiale dell’Alimentazione, giorno in cui nel 1945 è stata fondata la FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura. Il tema scelto dalla FAO per l’edizione 2022 è “Non lasciare nessuno indietro” poiché nonostante siano stati fatti molti progressi nella costruzione di un mondo migliore, troppe persone sono rimaste indietro: non hanno potuto sfruttare lo sviluppo umano, l’innovazione o la crescita economica.

A causa di questa disparità, milioni di persone in tutto il mondo ancora oggi non possono permettersi un’alimentazione corretta, e sono ad alto rischio di insicurezza alimentare e malnutrizione. Negli ultimi anni l’accesso a un’alimentazione adeguata e la disponibilità di cibi nutrienti sono stati ostacolati da svariate criticità, tra cui la pandemia del COVID-19, i conflitti armati, il cambiamento climatico, le disuguaglianze, l’aumento dei prezzi e le tensioni internazionali. Questi fattori rendono necessario l’impegno concreto delle aziende, per garantire un futuro all’umanità.

L’impegno di Mare Aperto: azioni concrete per un futuro migliore per tutti
Mare Aperto Foods, azienda impegnata da sempre in materia di sostenibilità, accoglie e rilancia l’appello lanciato dalla FAO, sottolineando l’importanza di adottare soluzioni sostenibili che abbiano ricadute tangibili sull’ambiente e sull’accesso al cibo, senza lasciare nessuno indietro.

Attraverso il proprio programma di responsabilità sociale d’impresa We Sea, che consta in cinque differenti linee d’azione, l’Azienda genovese si impegna insieme alla casa madre Jealsa a contrastare la pesca illegale, migliorare costantemente i processi produttivi abbattendo i consumi d’acqua e di energia da fonti fossili e azzerare lo spreco di materia prima, contribuendo così in modo tangibile e quotidianamente alla sicurezza alimentare e alla nutrizione per tutti senza compromettere il fragile equilibrio del Pianeta.

In particolare, Mare Aperto si trova perfettamente allineata ad alcuni macro-obiettivi tracciati dall’ONU nella sua Agenda 2030 più strettamente legati a questa ricorrenza: “Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile” (SDG n.2) e “Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età” (SDG n.3). L’Azienda, infatti, produce conserve alimentari di qualità, sane e sicure, nel pieno rispetto delle normative nazionali e internazionali di settore e degli stringenti standard industriali IFS e BRC, oltreché in ottemperanza allo standard ISO 9001. In aggiunta a ciò, le conserve ittiche costituiscono una fonte di proteine nobili che rientra a pieno titolo in una nutrizione varia, gustosa e amica del benessere a tutte le età.

Inoltre Mare Aperto si impegna a perseguire l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 – “Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile” – garantendo che la materia prima impiegata nelle sue conserve ittiche provenga al 100% da fonti di approvvigionamento sostenibile: da pesca controllata e regolamentata che garantisca la piena tracciabilità delle risorse. A riprova del rigore con cui questa promessa viene convertita in fatti concreti, figurano la collaborazione con la International Seafood Sustainability Foundation (ISSF), l’adesione all’International Pole & Line Foundation (IPNLF) e la certificazione della flotta di pescherecci da parte di Marine Stewardship Council (MSC), Friends of the Sea (FOS) e Atún de Pesca Responsable (APR), che impone standard di sostenibilità e di trasparenza/tracciabilità particolarmente stringenti.

Un impegno costante, dal mare alla tavola
Mare Aperto dispone di un’offerta varia e completa: prodotti di altissima qualità e rispettosi dell’ambiente, tra questi il tonno con Solo Un Filo D’Olio d’Oliva, da oggi disponibile nel nuovo cluster 4x60g. La referenza, contenente tonno appartenente a specie non sovrasfruttate, pescato con metodi sostenibili e certificato Friend of the Sea (FOS), è perfetta in tutte le occasioni in cui si ha poco tempo per cucinare o non si è a casa perché non necessità di sgocciolamento, riducendo anche il rischio di generare perdite alimentari o scarti.

Inoltre, come per tutte le altre referenze in cluster di Mare Aperto, è provvista del sistema di apertura facilitata, che utilizza una pellicola di alluminio al posto del classico coperchio in metallo, per evitare tagli accidentali e dimostrandosi ideale anche per bambini ed anziani. Ma non finisce qui: il packaging oltre ad essere completamente riciclabile, segue l’approccio clean label ovvero trasparenza in ogni dettaglio informativo, tanto che tutti gli ingredienti sono riportati sul fronte della confezione e il cartoncino è certificato FSC – proveniente da foreste gestite responsabilmente.

Infine, grazie al tonno in scatola è possibile seguire un’alimentazione sana, corretta e bilanciata perché ricco di acidi grassi cosiddetti “buoni” – gli Omega 3 – e di proteine e aminoacidi essenziali che favoriscono il tono muscolare, la ricostruzione dei tessuti e il ricambio cellulare, contribuendo inoltre alle funzioni cognitive- cerebrali. Sono poi presenti le vitamine B3 o Niacina, B12, la Vitamina A e la D, che concorrono a proteggere le ossa, la circolazione e le difese immunitarie. Infine, il tonno in scatola garantisce un buon apporto di sali minerali essenziali per il corretto funzionamento dell’organismo, tra cui fosforo, ferro e selenio.

DimmidiSì sponsor della Deejay Ten

Si è conclusa domenica con la tappa di Milano la Deejay Ten, l’evento simbolo itinerante che rappresenta un mix tra sport, spettacolo e divertimento accessibile a tutti.

Per il primo anno DimmidiSì è stato Sponsor della corsa non competitiva di 5 e 10 km che ogni anno vede al via anche diversi personaggi della radio, a partire da Linus, speaker radiofonico e direttore artistico, ma soprattutto ideatore della corsa nata nel 2005.

Il legame con Radio Deejay garantisce all’evento una copertura mediatica che poche altre gare amatoriali possono vantare: nel 2019 il numero di partecipanti nelle diverse tappe si è aggirato attorno ai 76mila, mentre lo scorso anno solo a Milano hanno partecipato 20mila persone.

“La Linea Verde, in quanto big player del settore, non poteva mancare a un evento che sottolinea l’importanza dell’aggregazione e dello sport per uno stile di vita all’insegna del benessere. DimmidiSì, infatti, è il brand italiano che con la propria offerta di prodotti alimentari freschissimi e pronti da gustare – insalate, bevande, zuppe e contorni – aiuta a seguire un’alimentazione genuina” dichiara Andrea Battagliola, direttore generale de La Linea Verde. “Il sostegno a manifestazioni come queste è un modo concreto per promuovere valori nei quali crediamo fermamente come positività, wellbeing, genuinità ed educazione alimentare”.

DimmidiSì era presente al Village Deejay Ten, all’arco della pace, con il proprio stand nel quale ha offerto assaggi dei suoi estratti freschi di frutta e verdura e dove ha proposto un’attività divertente coinvolgendo i partecipanti sul palco di Radio Deejay.

La presenza alla Deejay Ten è stata supportata anche da una pianificazione radio mirata concentrata nelle settimane che hanno preceduto l’evento.

Quali sono le bevande più amate nel nostro Paese?

Con l’autunno giunge il tempo dei primi bilanci del 2022. Dal Nord al Sud Italia, quali sono state le bevande che gli italiani hanno più cercato e apprezzato? Tra acqua, bibite analcoliche e birra, la sfida delle bevande ha visto fronteggiarsi diversi protagonisti: ma quali sono quelle che gli italiani hanno desiderato maggiormente per dissetarsi?

DoveConviene, l’app che semplifica lo shopping nei negozi fisici facendo risparmiare denaro e tempo, ha stilato la classifica delle bevande più ricercate nel proprio marketplace e che hanno conquistato il cuore e il palato degli italiani. Acqua Sant’Anna, Coca-Cola e Birra Moretti: ecco a chi va la corona di prodotto più ricercato per ogni categoria. Ma non mancano i contendenti e le diverse regioni celano alcune sorprese.

Nella categoria delle acque, Sant’Anna è la più ricercata in tutta l’Italia e domina la classifica, registrando un tasso di ricerche pari al 39,4%. Levissima, che raccoglie il 16,5% delle ricerche, conquista invece il secondo posto in 14 regioni su 20, seguita poi da Ferrarelle, le cui ricerche ammontano al 9,9%.

Per i soft drink, Coca-Cola rimane la regina indiscussa in tutta Italia, con un numero di ricerche pari al 53,7% del totale. Fa eccezione la Campania, unica regione in cui la Pepsi prevale. Sono invece diversi i brand che gareggiano per il secondo posto: se, da un lato, Estathé (9,2%) guadagna la vittoria nei territori del Nord Italia (Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana), Pepsi (10,9%) difende la propria supremazia in Veneto, Valle D’Aosta e Friuli-Venezia Giulia e conquista le zone del centro e Sud Italia, come Abruzzo, Basilicata, Calabria, Lazio e Sicilia. A sua volta, anche Fanta trova spazio sulla mappa, posizionandosi al secondo posto in 4 regioni italiane.

Molto più combattuta la situazione nel mondo della birra, che vede l’Italia contesa tra Moretti e Peroni. Infatti, se nelle regioni del Nord, Birra Moretti regna incontrastata e registra un tasso di ricerche del 26,8%, il Sud è in mano alla Peroni, con il 18,9% del totale delle ricerche. Controcorrente invece Sicilia e Valle D’Aosta, la prima alleata di Moretti e la seconda schierata con Peroni. Le regioni del centro vedono un’equa spartizione dei due brand, con birra Moretti che trionfa in Toscana, Marche e Abruzzo, mentre Peroni ottiene la vittoria nel Lazio, Molise e Umbria.

Non mancano però le sorprese e in alcuni territori l’influenza regionale è forte: è il caso di Ichnusa, la preferita della Sardegna, ma anche della tedesca Beck’s, che guadagna il primo posto in Trentino Alto Adige e si posiziona seconda in 10 regioni su 20, con un tasso di ricerche pari al 13,7%.

Tutti i dati riportati provengono da DoveConviene, l’app del gruppo ShopFully che, insieme agli altri marketplace Tiendeo, PromoQui e VolantinoFacile, è la seconda piattaforma più utilizzata dagli italiani per il proprio shopping, dopo Amazon.

I morsi della crisi cambiano la spesa degli italiani

Rincari dei prezzi e delle bollette, inflazione in salita e timori per il futuro pesano sull’approccio degli italiani alla spesa domestica e si traducono in nuove strategie di shopping “saving oriented” in termini di scelta dei prodotti e dei canali distributivi. A delineare lo scenario del largo consumo è stato il workshop online “Largo consumo confezionato: evoluzione tra le rivoluzioni”, tenutosi ieri ed organizzato da GS1 Italy in ambito ECR e in collaborazione con IRI.

«Gli eventi degli ultimi due anni e mezzo hanno generato reazioni e conseguenze transitorie» ha spiegato Ilaria Archientini, ECR project manager di GS1 Italy. «Ma hanno anche evidenziato elementi più stabili nel tempo, a partire dalla grande capacità dei consumatori di affrontare le emergenze modificando il mix dei canali visitati, dei prodotti acquistati e l’adesione alle promozioni».

Diversi sono i fenomeni del 2022 rilevati dall’analisi di GS1 Italy e IRI come il calo del potere d’acquisto delle famiglie. L’esplosione dei prezzi delle materie prime, che si riflette sui prezzi finali dei prodotti (+5,8%) e l’aumento dei costi obbligati stanno determinando una forte diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie, su cui pesano anche la salita dell’inflazione (+5,7%) e il minor ricorso della GDO alle promozioni (22,5% di quota sulle vendite, il 4,0% in meno rispetto al 2019).

Per risparmiare si cercano quindi canali commerciali più convenienti. L’e-commerce rallenta però la crescita (2,3% di quota, come nel 2021) in tutte le sue declinazioni, e in particolare nel click & collect (+0,5%). Le strategie di saving del consumatore spostano il mix dei consumi sempre più verso i discount (+12,2% il giro d’affari annuo), verso il libero servizio piccolo (+6,0%) e verso gli specialisti del drug – casa e persona (+4,4%). L’aumento generalizzato dei prezzi in tutti i canali commerciali (e in particolare nel discount) e la necessità di far fronte alle maggiori spese per le utenze domestiche incide pesantemente sulla spesa reale delle famiglie determinando un calo generalizzato e significativo dei volumi, soprattutto in ipermercati (-1,8%), supermercati (-1,3%) e superstore (-0,7%).

Il carrello della spesa è diventato più basic. La ricerca di convenienza da parte del consumatore è visibile anche analizzando la spesa per fascia di prezzo o di posizionamento del prodotto sullo scaffale con le vendite dei primi prezzi in crescita annua di +7,6%, quelle del mainstream di +6,7% e quelle dei prodotti premium in calo di -1,7%. L’aumento dei prezzi ha determinato un rallentamento del trading up del carrello della spesa, anche se i consumatori italiani hanno resistito finanziando gran parte dei rincari sino a fine agosto. È cambiata anche la scelta delle marche, perché i consumatori cercano un equilibrio tra prezzo e qualità. Nella GDO avanzano le private label, di cui cresce anche l’offerta a scaffale (17,4% di quota). I brand industriali, che sono tornati anche a fare innovazione e rinnovare la loro offerta, guadagnano spazio nei discount e negli specialisti casa e persona.

Infine emerge anche il dato degli scaffali più vuoti. Si registra una minor efficienza in termini di on-shelf-availability e, quindi, un aumento del tasso di Out-of-Stock in tutti i canali (3,8%) e in tutti i reparti, in particolare nelle bevande (acque minerali in primis) e nel pet care (+0,4% ciascuno). A causa della mancanza di prodotto a scaffale aumentano anche le vendite perse (5,2%), soprattutto nel cura persona.

Aldi, oggi nuova apertura a Vigevano

Aldi inaugura oggi, giovedì 13 ottobre, il suo primo negozio a Vigevano (PV), in Corso Novara 148. Con una superficie di oltre 1.300 m2 e uno store concept pensato per rispondere alle esigenze dei consumatori, il punto vendita contribuisce a creare un’esperienza di acquisto sempre più “smart” grazie ad un assortimento compatto e completo, organizzato in modo efficace e intuitivo che permette ai clienti di fare la spesa rapidamente e con semplicità.

Aperto dal lunedì al sabato dalle ore 8:00 alle 20:30 e la domenica dalle ore 9:00 alle 20:00, il negozio offre ai propri clienti anche 74 parcheggi gratuiti.

In occasione della nuova apertura, Aldi propone ai suoi clienti anche speciali offerte in sottocosto in aggiunta alle promozioni settimanali, per invitare i cittadini di Vigevano a scoprire la qualità, la freschezza e la convenienza dei propri prodotti.

L’apertura di Vigevano consolida la presenza di Aldi in Lombardia, dove ora sono 48 i punti vendita sul totale nazionale di 143 aperture complessive e 2.732 persone impiegate. Il nuovo negozio fornirà 16 nuove opportunità lavorative, portando a quota 852 il numero di collaboratori sul territorio lombardo. Numeri che consolidano il piano di espansione nelle regioni del Nord, con l’obiettivo di portare nuovo impulso all’economia e all’occupazione locale.

Nel contempo Aldi conferma il proprio impegno a migliorare le condizioni dei produttori agricoli dei Paesi in via di sviluppo aderendo anche quest’anno alle attività promosse da Fairtrade, marchio certificatore per eccellenza del commercio equo e solidale. Tra i più autorevoli obiettivi perseguiti: l’impegno a garantire condizioni di lavoro più dignitose e stipendi più adeguati per i lavoratori delle filiere agricole; il sostegno alla leadership femminile, accompagnando le donne impegnate nei processi produttivi in percorsi di formazione; la prevenzione allo sfruttamento del lavoro minorile.

Sino al 23 ottobre, nei punti vendita Aldi Italia i clienti potranno supportare l’attività acquistando la selezione di prodotti sostenibili certificati Fairtrade al “PREZZO ALDI”. Tra i prodotti proposti in questa edizione i clienti troveranno lo zucchero grezzo di canna Fairtrade in confezione da 500 g, Rose Fairtrade, Banane BIO, 700 g, le Tavolette di cioccolato fondente 100 g Choco Origin Moser Roth (64% Perù, 70% Repubblica Dominicana, 80% Uganda e 74% Ecuador). Grazie all’acquisto di questi prodotti presso i negozi Aldi, si contribuisce a creare condizioni di vita dignitose e a riconoscere un compenso adeguato al lavoro dei contadini lungo la filiera produttiva. Inoltre, lo sconto applicato sui prodotti aderenti all’iniziativa non è mai a scapito del Prezzo Minimo e del Premio Fairtrade che viene pagato alle organizzazioni di produttori.

“Fin dal suo arrivo in Italia nel 2018, in Aldi abbiamo prestato grande attenzione alle problematiche sociali e ambientali cercando di migliorare le nostre pratiche, promuovendo modelli di produzione e di consumo etici e responsabili. La collaborazione con Fairtrade è volta ad offrire ai consumatori la possibilità di sostenere progetti equo solidali potendo contare sulla qualità delle materie prime garantite dal ‘PREZZO ALDI’. Cerchiamo sempre di offrire ai nostri clienti prodotti ricchi di valore etico e di sensibilizzarli ad acquisti più consapevoli” ha dichiarato Michael Gscheidlinger, Country Managing Director Aldi Italia.

Biologico, il piano di azioni di FederBio per stimolare i consumi

Con una superficie agricola coltivata a biologico pari al 17,4%, l’Italia non è tanto lontana dal raggiungimento dell’obiettivo europeo del 25% entro il 2030. Buona la domanda estera che porta l’export a un valore di 3,37 miliardi di euro (+16% vs 2021). Va però sostenuta la domanda interna dei prodotti alimentari bio, soprattutto nel consumo domestico. Nel 2022 i canali Gdo e specializzati registrano un calo dello 0,8% rispetto al 2021, i prodotti bio sono invece sempre più proposti nel fuori casa, da bar, ristoranti e ristorazione collettiva, dove registrano un +53% sull’anno precedente. La situazione inflattiva giustifica la flessione at home, così come la ripresa della socialità OOH dopo due anni di pandemia motiva, in parte, il risultato significativo nell’Horeca, ma al di là dei fattori contingenti è un dato di fatto che in Italia il consumo domestico di prodotti bio ammonta a 64 euro pro capiti, contro i 180 e i 186 euro di Francia e Germania e i 383 euro della Danimarca.

Per stimolare i consumi FederBio ha promosso il progetto Being Organic in Eu, una campagna di promozione, in collaborazione con Naturland e cofinanziata dall’Unione europea, per diffondere la conoscenza del biologico, del suo contributo al contrasto ai cambiamenti climatici e dei suoi benefici per la salute. Sarà inoltre rinnovato l’appuntamento con la Festa del biologico, un road show in tre tappe a Bologna (3 dicembre), Roma e Milano (nei primi mesi del 2023). Sono anche previste azioni a supporto della filiera con video tematici realizzati in collaborazione con Ismea, un corso presso l’Università di Bologna in Organic law e iniziative a supporto della comunicazione istituzionale per rafforzare la fiducia dei consumatori, stimolare la domanda e la conversione delle aziende dal convenzionale al biologico. Verrà infine svolta un’indagine nel canale Horeca coinvolgendo bar e ristoranti.

Le catastrofi ambientali che, periodicamente, colpiscono il nostro paese – commenta Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio – ci ricordano che serve l’adozione di un nuovo paradigma di produzione agroalimentare, basato sulla transizione agroecologica che contribuisca a contrastare efficacemente la deriva climatica tutelando la biodiversità, l’ambiente e la fertilità del suolo. Il biologico rappresenta una strada concreta per affrontare le sfide future”.

Secondo i dati Nomisma per l’Osservatorio Sana 2022, il consumatore è molto sensibile a tutte le tematiche ambientali e salutistiche di cui il biologico si fa portabandiera; sull’emergenza ambientale l’86% degli italiani pensa che la situazione sia critica e che siano necessari interventi immediati e il 49% dichiara di praticare quotidianamente azioni antispreco energetico, idrico e alimentare, il 30% si impegna attivamente per favorire il riciclo e il 13% fa scelte d’acquisto di beni di largo consumo prevalentemente sostenibili. Se sulle tematiche dello spreco e del riciclo il contributo attivo dei consumatori assume una certa rilevanza, l’area degli acquisti è quella che ha ancora un buon margine di sviluppo. Sono una minoranza (30%), infatti, le famiglie italiane che comprano spesso il biologico; chi lo fa però manifesta una generale soddisfazione per tutte le categorie di prodotti freschi e ambient.

Una più intensa comunicazione potrebbe allargare la penetrazione se si considera che il 28% degli shopper ritiene che quando fa la spesa le informazioni sui prodotti non sono sufficienti e il 57% vorrebbe saperne di più: il consumatore non ha ben chiaro quali siano i vantaggi per la salute nell’acquistare prodotti bio e come l’agricoltura biologica possa aiutare a contrastare il cambiamento climatico. Insomma, se la notorietà della foglia verde è ormai assunta resta da spiegare quali sono le differenze valoriali e qualitative che conferisce ai prodotti che se ne possono fregiare. AssoBio nella prossima primavera si farà promotore de la Settimana del bio che coinvolgerà tutte le catene della grande distribuzione e dello specializzato insieme al mondo della ristorazione.

In coerenza con questo ci auguriamo – afferma Roberto Zanoni, Presidente di AssoBio – che venga creata al più presto una piattaforma di tracciabilità validata dal Ministero delle Politiche agricole in modo da rendere trasparente, anche al consumatore, il percorso dei prodotti biologici dal campo alla tavola”.

Parmigiano Reggiano consolida la posizione nei mercati internazionali

Nel corso dell’Assemblea generale dei consorziati, il Consorzio Parmigiano Reggiano ha presentato i dati economici del terzo trimestre (gennaio – settembre 2022). Dopo aver chiuso un 2021 positivo, con un giro d’affari al consumo pari a 2,7 miliardi di euro, nel 2022 il Consorzio registra – rispetto ai primi nove mesi del 2021 – un incremento delle vendite totali pari al 2,9% (95.079 tonnellate vs 92.366 tonnellate), con un aumento dei volumi anche nei mercati internazionali, che crescono dell’1,3% (43.887 tonnellate vs 43.331).

Segno positivo anche per le vendite nel mercato italiano: +4,4% (51.191 tonnellate vs 49.035), grazie alla ripresa del canale della ristorazione e delle vendite dirette che aumentano del 4% (10.990 tonnellate vs 10.570 tonnellate).

Le aziende del Consorzio Parmigiano Reggiano hanno quindi reagito bene alla pandemia, alle incognite legate alle incertezze della crisi geopolitica accesasi con l’invasione russa del 24 febbraio, al caro energia e alla riduzione del potere di acquisto delle famiglie in alcuni mercati. Prima nello sviluppo, la Spagna (+12,4% con 999 tonnellate vs 889 tonnellate del terzo trimestre 2021), bene anche Stati Uniti, primo mercato estero per la Dop Parmigiano Reggiano (+8,2% con 10.326 tonnellate vs 9.539 tonnellate), e Francia (+7,2% con 9.323 tonnellate vs 8.697 tonnellate). Buoni i risultati anche Oltreoceano, con il Giappone che cresce del 51% (632 tonnellate vs 419) e l’Australia che segna un +12,7% (381 tonnellate vs 338 tonnellate).

«Il terzo trimestre 2022 conferma il sostanziale ‘premio’ dei consumatori, che dalla pandemia continuano a dimostrare fedeltà ai valori della nostra Dop, con un +2,9% di crescita a volume», ha commentato Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio Parmigiano Reggiano. «Nonostante i risultati positivi, siamo preoccupati dalla situazione economica italiana e dalle difficoltà che stanno affrontando le famiglie per l’aumento dei prezzi e per il caro energia. Per questo motivo, il Consorzio ha adottato un pacchetto di azioni straordinarie per un importo pari a 850mila euro: si tratta di attività promozionali in collaborazione con le più importanti insegne della GDO mirate a sostenere la domanda in un periodo di grande incertezza che potrebbe portare a una contrazione dei consumi del nostro prodotto».

Sempre in un’ottica di esigenza di equilibrio tra domanda e offerta da consolidare nel mercato e di tutela ulteriore del prodotto, l’Assemblea ha inoltre affrontato il tema delle norme che regolano la produzione di formaggi similari/comparabili al Parmigiano Reggiano, modificando lo statuto e introducendo il divieto di produrre, nei caseifici della filiera, altri formaggi comparabili/confondibili con la Dop.

L’Assemblea ha infine deliberato di portare la franchigia di esenzione contributiva al 3% rispetto alla contribuzione aggiuntiva prevista dal piano di regolazione dell’offerta come misura di avvicinamento al nuovo piano. In sostanza, la franchigia va a stabilire il volume dell’eccedenza produttiva non assoggettata alla “contribuzione aggiuntiva” fissata dal Consorzio a carico dei caseifici in caso di superamento degli obiettivi assegnati.

MD stanzia per i dipendenti un bonus contro il carovita

Nel mese di ottobre MD ha erogato un bonus straordinario di 100 euro per tutti i suoi oltre 8.000 dipendenti. Un gesto concreto per fronteggiare il carovita dovuto alla forte spinta inflazionistica e al rincaro dei costi energetici che le famiglie italiane stanno affrontando negli ultimi mesi.

La misura una tantum è stata decisa dal Cav. Podini e dal consiglio d’amministrazione per sostenere tutti coloro che lavorano per l’insegna e rendere tangibile la gratitudine di MD per le grandi passione e dedizione che caratterizzano l’impegno quotidiano dei dipendenti.

MD non è nuova a iniziative di welfare: la società è stata tra le prime ad attivare – già a marzo 2020 – un programma di assistenza sanitaria per i dipendenti in caso di positività al Covid-19 e a mettere a disposizione dei Comuni italiani buoni spesa a condizioni scontate per venire incontro alle necessità delle persone più duramente colpite dall’emergenza sanitaria.

Un modo di intendere la sostenibilità a 360 gradi, che si declina in ambito economico e sociale ma anche ambientale. Sono molte le iniziative per favorire la transizione green intraprese da MD, che a questo ha destinato negli ultimi anni importanti investimenti.

Osservatorio Immagino, l’italianità nel carrello trionfa con Docg e Doc

Nel 2021 la corsa del fenomeno dell’italianità nel carrello della spesa si è stabilizzata, dopo anni di espansione. I 23.944 prodotti su cui l’Osservatorio Immagino ha rilevato un’icona, un claim, un riferimento alla provenienza da un preciso territorio italiano o un’indicazione geografica europea hanno chiuso l’anno con oltre 8,9 miliardi di euro di sell-out tra ipermercati e supermercati. Rispetto al 2020, il giro d’affari è rimasto stabile al -0,1%, con una diminuzione della domanda (-2,7%) a fronte di un’offerta che, invece, ha continuato a espandersi (+2,5%). Nonostante questo scenario di sostanziale stabilità delle vendite, quello dell’italianità resta il fenomeno più pervasivo tra quelli individuati dall’Osservatorio Immagino, poiché accomuna il 26,8% delle referenze rilevate e contribuisce per il 27,5% al giro d’affari complessivo del paniere Immagino. Il marker dell’italianità più presente sulle etichette dei prodotti è la bandiera tricolore, che è stata rilevata su oltre 13 mila prodotti (15,5%) del totale che hanno realizzato oltre 5 miliardi di euro di sell-out, ossia il 16,0% del totale del paniere Immagino. Rispetto all’anno precedente, nel 2021 hanno perso il -1,3% del giro d’affari, zavorrati dalla contrazione del -3,8% della componente pull a cui si è rivolta una componente push in crescita annua del +2,5%.

Uova, mozzarelle, crescenze, surgelati vegetali e farine sono state tra le categorie in calo, soprattutto per l’effetto rimbalzo sulla domanda, dopo le crescite del 2020. Al contrario nel 2021 sono aumentati affettati, bevande base thè, pizze surgelate e avicunicoli di quarta lavorazione, in tutti i casi per un maggior utilizzo della bandiera italiana sulle confezioni. In flessione anche il business del “100% italiano”, che ha un’incidenza dell’8,0% sulla numerica rilevata e contribuisce per l’11,5% al valore complessivo delle vendite del paniere rilevato. Nel 2021 il giro d’affari dei 7.126 prodotti con questo claim in etichetta ha fatto registrare una flessione del -1,8%, attestandosi a 3,7 miliardi di euro. Un risultato legato soprattutto al calo della domanda, arretrata del -7,0% rispetto al 2020, e a cui si è contrapposta la crescita del +5,3% dell’offerta. Tra i prodotti sono risultati in crescita merendine, affettati, avicunicoli di quarta lavorazione e latte Uht, mentre a calare sono stati mozzarelle, formaggi a pasta filata e uova. Terzo claim di questo paniere, sia per incidenza sulla numerica dei prodotti sia per valore delle vendite, è “prodotto in Italia”: nel 2021 le 6.748 referenze su cui è stato rilevato hanno realizzato 1,4 miliardi di euro di sell-out, in calo del -0,6% rispetto al 2020.

A determinarlo è stato il calo dell’offerta, con la riduzione del -3,0% dell’uso del claim in etichetta. Invece la domanda è risultata in aumento del +2,4%. Tra le categorie in crescita troviamo piatti pronti surgelati, pesce surgelato panato, uova di Pasqua, uva e verdure di quarta gamma. Tra quelle in calo affettati, paste filate e olio extravergine di oliva. La performance migliore del 2021 nel paniere dell’italianità l’hanno messa a segno gli oltre 4 mila prodotti che evidenziano in etichetta di aver ottenuto la Doc (Denominazione di origine controllata), la Dop (Denominazione di origine protetta) o la Docg (Denominazione di origine controllata e garantita): nell’arco di 12 mesi il loro giro d’affari è aumentato del +4,0% arrivando a 1,3 miliardi di euro. Un risultato a cui hanno contribuito sia la componente push (+2,2%) sia quella pull (+1,9%), entrambe in espansione. Scorporando i trend delle singole indicazioni europee, spicca il ruolo trainante della Docg, che ha ottenuto nell’anno un aumento del +13,2% del giro d’affari, arrivato a sfiorare i 291 milioni di euro. Molto forte la domanda (+7,7%) e dinamica l’offerta (+5,5%).

Decisamente sopra media anche il trend del paniere Doc (+6,4%), arrivato a 486 milioni di euro di sellout, spinto da un’offerta e da una domanda aumentate di circa tre punti percentuali. Tra le categorie in crescita di tutto il paniere Doc, Dop e Docg spiccano gli spumanti charmat secchi, gli spumanti classici e i vini; tra quelle in calo soprattutto i formaggi grana e simili, a cui si deve in gran parte il risultato annuo negativo del paniere Dop (-2,1%), che, penalizzato dalla contrazione sia della domanda sia dell’offerta, si è fermato a 567 milioni di euro di sell-out. Sostanzialmente stabili, invece, sono risultate le vendite dei 1.946 prodotti contrassegnati dalla Igp (Indicazione geografica protetta) o dalla Igt (Indicazione geografica tipica): nel 2021 hanno perso lo 0,3% del giro d’affari, ammontato a 594 milioni di euro. Verdure di quarta gamma, cipolle, patate e affettati sono stati i prodotti in crescita, mentre mele, pasta di semola e vini quelli in diminuzione.

Le regioni italiane in etichetta
Ha continuato a crescere anche nel 2021 l’interesse per i prodotti del food & beverage che esprimono tradizioni e peculiarità territoriali. In supermercati e ipermercati è aumentato l’assortimento di referenze sulle cui etichette è esplicitata la provenienza da una specifica regione italiana. L’Osservatorio Immagino ne ha individuate 9.852 (11,0% della numerica complessiva) che hanno sviluppato oltre 2,7 miliardi di euro di vendite, ossia il +3,2% rispetto al 2020, contribuendo per l’8,3% sul giro d’affari complessivo del food rilevato. La valorizzazione della provenienza regionale ha preso spazio sull’offerta, aumentata del +2,6%, e ha beneficiato di una domanda in lieve crescita (+0,6%). Passando alla consueta classifica delle regioni che hanno sviluppato il maggior giro d’affari con i loro prodotti, ancora una volta la prima posizione spetta al Trentino-Alto Adige, con 968 prodotti (1,1% del totale) e oltre 359 milioni di euro di vendite (1,1% di quota). Leadership rafforzata nel 2021 grazie a una crescita del +2,1% del sell-out, sostenuta dall’aumento delle vendite soprattutto di spumante, latte fresco, vini Doc e Docg, speck. Seconda per giro d’affari (326 milioni di euro) è la Sicilia, con 1.109 prodotti. I principali sono stato i vini Doc e Docg, i sughi pronti, le arance e le birre, ma quelli che hanno più contribuito alla crescita annua del +3,5% delle vendite sono stati le birre, la limonata, la pasta fresca ripiena e i prodotti da forno da ricorrenza. Terza regione in ordine di importanza per giro d’affari è il Piemonte, con 301 milioni di euro generati da 1.251 prodotti. Rispetto al 2020, le vendite sono aumentate del +1,4%. Le categorie più importanti in termini di valore sono stati i vini rossi Doc e Docg, la terza lavorazione bovina (hamburger), la crescenza, la robiola e il primo sale, mentre quelle a maggior crescita nel 2021 la terza lavorazione bovina (macinato), le uova di Pasqua (> 30 g farcite/bigusto), lo spumante charmat dolce e l’acqua minerale non gassata (101-150 cl).

Al quarto posto della classifica per valore delle vendite in supermercati e ipermercati si conferma l’Emilia-Romagna, una delle poche regioni ad aver chiuso il 2021 con una contrazione, e anche significativa, delle vendite (-4,2%), ammontate a quasi 289 milioni di euro, inficiate dal calo delle vendite delle categorie più importanti, come gli affettati (prosciutto crudo) e le merendine. Ai primi posti per sellout anche vini rossi Doc e Igp, brandy, burro e passate di pomodoro. Anno molto positivo il 2021 per il mercato dei prodotti made in Veneto, le cui vendite sono aumentate del +9,1% in 12 mesi, arrivando a 279 milioni di euro ed evidenziando la miglior performance annua tra tutte le 20 regioni monitorate. E sono state le categorie più rilevanti per giro d’affari, ossia Prosecco e vini Doc e Docg (sia rossi che bianchi), a mostrare i maggiori trend di crescita. La Toscana ha uno dei panieri regionali più ricchi di prodotti (1.170 referenze) che nel 2021 hanno sviluppato 242 milioni di euro di sell-out, confermandola al sesto posto nella classifica nazionale. Nel corso dell’anno il giro d’affari del paniere toscano è aumentato del +0,4%.

Vini rossi Doc, Docg, Igp e Igt, ma anche passate di pomodoro, ceci e zuppe, sono stati tra le categorie principali mentre le crescite più significative sono state evidenziate da vini rossi Doc e Docg, vini bianchi Igp e Igt, e prodotti di pasticceria. Sopra media la crescita del giro d’affari dei 533 prodotti presentati in etichetta come collegati alla Lombardia: grazie a uno scatto in avanti del +3,8%, il loro fatturato è arrivato a quasi 163 milioni di euro. Le categorie più importanti sono state lo spumante classico non millesimato, le crescenze e i vini rossi Doc e Docg, mentre quelle più in espansione sono state gli spumanti classici e la pasta fresca.

Significativo miglioramento del business generato in supermercati e ipermercati dai 607 prodotti con l’indicazione Sardegna in etichetta. Nel 2021 hanno generato 160 milioni di euro di vendite, in crescita del +5,3% rispetto ai 12 mesi precedenti. Se i prodotti più rappresentativi restano latte Uht, vini Doc e Docg, mozzarelle e altri liquori base frutta, quelli che hanno contribuito maggiormente all’aumento del sell-out sono stati i vini bianchi Doc e Docg Italiano, i formaggi grana e simili grattugiati e il latte Uht. Sul podio delle prime tre regioni più performanti del 2021 è salita la Puglia, grazie a una crescita delle vendite in valore del +8,3%, che le ha portate a 142 milioni di euro. In questo paniere di 690 prodotti, i più “pesanti” in termini di fatturato sono stati vini rossi, taralli, mozzarelle, burrata e ceci. I maggiori contributi alla crescita li hanno forniti burrata, taralli, mozzarelle e vini rossi. Al decimo posto della classifica nazionale per regioni nel 2021 è salita l’Umbria, che ha visto aumentare il suo giro d’affari del +3,3% su base annua, arrivando a quasi 115 milioni di euro generati da 243 referenze. Presente soprattutto sulle etichette di acque minerali, passate di pomodoro e vini, ha ottenuto i migliori aumenti delle vendite in acque non gassate, vini Doc, Docg, Igp e Igt, e birre.

Sono stati 394 i prodotti individuati dall’Osservatorio Immagino che riportavano on pack l’indicazione Campania. Nel 2021 hanno realizzato 107 milioni di euro di sell-out, in calo del -0,2% rispetto all’anno precedente. Mozzarella di bufala, vini, pizza surgelata e pasta di semola sono stati i prodotti che hanno maggiormente contribuito al sell-out. Brillante annata il 2021 per i 247 prodotti presentati in etichetta come provenienti dalla Calabria. Grazie al miglioramento del +8,7% del giro d’affari, sono stati il secondo paniere regionale per crescita assoluta e sono arrivati a 102 milioni di euro di incassi. Tra i prodotti più rappresentativi si sono segnalati gli amari, il tonno e le cipolle rosse. Le migliori performance sono state quelle di amari, cipolle rosse e clementine.

Di segno opposto il 2021 dei prodotti targati Lazio: hanno accusato una diminuzione del -1,3% del giro d’affari, ammontato a 84 milioni di euro, a causa dei cali delle vendite di latte e panna freschi, di vini Doc, Docg, Igp e Igt e di passate di pomodoro. Positivo il bilancio annuo del paniere del Molise (+2,5% sul 2020), arrivato a 77 milioni di euro di giro d’affari e il prodotto più rappresentativo (ossia la pasta di semola) in crescita. Ottima performance per le Marche, i cui 273 prodotti hanno fatturato 61 milioni di euro (+6,7% sul 2020), trainati dai vini Doc, Docg, Igp e Igt. Ancora meglio il bilancio del paniere della Liguria, che ha messo a segno una crescita annua in valore del +7,7%. 40 i milioni di euro di sell-out generati dai 204 prodotti di questo paniere, con acqua minerale, vino bianco, secondi piatti surgelati e focacce tra i best seller. Sono stati 21 i milioni di euro raggiunti nel 2021 dalle vendite dei prodotti della Basilicata (+6,8%). Negative le performance di altri due panieri regionali: l’Abruzzo ha perso il -4,1% delle vendite dei suoi 172 prodotti, scese a circa 39 milioni di euro, a causa soprattutto della contrazione dei suoi vini Doc e Docg. Invece il Friuli-Venezia Giulia ha visto diminuire il sell-out annuo del -2,6% (42 milioni di euro il totale 2021), a causa del calo delle vendite di mozzarelle, latte, vini rossi Doc e Docg, e burro. Chiude la classifica la Valle d’Aosta, con 29 prodotti per 8 milioni di euro di sell-out, in sostanziale stabilità sul 2020 (+0,3%).

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