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Fattorie Garofalo, arriva Daniele Paganelli come Responsabile Vendite Italia

Fattorie Garofalo, gruppo imprenditoriale attivo nel settore lattiero-caseario bufalino, annuncia l’ingresso nel team di di Daniele Paganelli come Responsabile Vendite Italia.

Con un’esperienza decennale maturata nell’industria alimentare, Paganelli avrà il compito di guidare il reparto vendita Italia sia per il canale Gdo sia per quello del Food Service. Arriva in Fattorie Garofalo dopo aver ricoperto per sette anni l’analogo ruolo in Fresystem, azienda specializzata nella produzione e commercializzazione di prodotti dolciari surgelati. In precedenza invece, il manager ha svolto incarichi in campo commerciale in realtà come Délifrance Italia e Red Bull.

In Fattorie Garofalo Paganelli dovrà rafforzare la squadra guidata da Alfio Schiatti, Chief Commercial Officer, e contribuire al percorso aziendale che punta al proseguimento dello sviluppo e al consolidamento della posizione, massimizzando i vantaggi di una filiera totalmente circolare e integrata, garanzia di qualità e sostenibilità.

Martino Pessina è il nuovo CEO di Takko Fashion

Takko Fashion, tra i principali fashion discounter europei, annuncia la nomina di Martino Pessina come nuovo CEO dell’azienda.

Laureato in International Business Management presso l’Università Bocconi, Pessina ha ricoperto ruoli presso brand B2C nel settore della moda e della gioielleria. Di recente, come CEO, ha guidato il business omnicanale di Pandora con vendite superiori a tre miliardi di euro. Prima di questa esperienza invece ha trascorso quasi vent’anni in diverse posizioni dirigenziali presso H&M, diventando Presidente del Nord America, responsabile della regione più grande con vendite di oltre quattro miliardi di dollari USA e 20,000 dipendenti.

“Sono entusiasta di intraprendere questo nuovo percorso con Takko Fashion e non vedo l’ora di collaborare con i miei nuovi colleghi e di contribuire allo sviluppo costante di questo marchio di successo” commenta a caldo Martino Pessina, che si è unito al consiglio di amministrazione esecutivo dell’azienda lo scorso 16 gennaio.

“Grazie alla conoscenza eccezionale del segmento di moda di valore in Europa di Pessina siamo convinti che potremo sviluppare ulteriormente il modello di business di Takko Fashion, sempre più orientato alla qualità e al risparmio, nei vari mercati in cui opera” aggiunge Dirk Van den Berghe, Presidente dell’Advisory Board di Takko Fashion.

Oltre a Martino Pessina come CEO, il consiglio di amministrazione esecutivo di Takko Fashion è composto da Thomas Füllhaas, Chief Operations Officer (COO) e Sebastian Weber, Chief Product Officer (CPO).

UniCredit supporta Conad con un plafond di 25 milioni per la filiera sostenibile

UniCredit sostiene Conad nel suo percorso di sostenibilità attivando un plafond di 25 milioni di euro per la più ampia organizzazione di imprenditori indipendenti del commercio al dettaglio presente in Italia. L’operazione è finalizzata a finanziare l’acquisto delle merci e delle scorte di magazzino con beneficio per la filiera dei fornitori in tutta Italia.

Per UniCredit si tratta della prima operazione in Italia che consente di accedere a finanziamenti a breve termine con agevolazioni legate al raggiungimento di obiettivi ESG. UniCredit infatti riconosce all’azienda una riduzione del tasso rispetto alle condizioni previste per queste operazioni, con successiva verifica del raggiungimento di obiettivi di miglioramento in ambito ESG.

Nel dettaglio Conad si prefigge un incremento percentuale dei prodotti MDD con packaging in materiale sostenibile e un presidio costante e rigoroso dei controlli effettuati sui prodotti Conad Percorso Qualità, a garanzia di qualità e tracciabilità lungo ogni anello della catena di fornitura. La banca si impegna a monitorare l’andamento dei risultati ottenuti dall’azienda e comunicati tramite autocertificazione, riscontrabili nel bilancio di sostenibilità di Conad.

“Siamo particolarmente soddisfatti dell’accordo raggiunto con UniCredit, che viviamo come un importante riconoscimento del percorso che abbiamo avviato nella direzione di una crescente attenzione a ogni attività che contribuisca a ridurre il nostro impatto sull’ambiente e ad aumentare l’attenzione per la sostenibilità nelle nostre filiere. Abbiamo già raggiunto obiettivi importanti, perché oggi il 70% delle confezioni dei prodotti a marca Conad è realizzato con materiali sostenibili, come rendicontiamo nel nostro bilancio di sostenibilità. Attraverso questo strumento, che prevede una attenta misurazione dei dati, metteremo in evidenza i nostri progressi anno dopo anno” commenta Francesco Avanzini, Direttore Generale Operativo di Conad Consorzio Nazionale.

“L’operazione perfezionata con Conad rientra nella nostra strategia di vicinanza al territorio e al tessuto imprenditoriale. Lavoriamo per supportare le aziende in un’ottica di crescita innovativa e sostenibile. Confermiamo così la capacità e la determinazione del nostro Gruppo nell’accompagnare in percorsi di successo le imprese italiane che vogliono migliorare la sostenibilità del proprio business, generando un impatto positivo verso l’ambiente e le comunità di riferimento e favorendo la crescita delle filiere produttive, leve primarie per lo sviluppo del Paese. Lo facciamo garantendo non solo credito agevolato ma anche consulenza mirata perché la sostenibilità è al centro del nostro modo di fare business e alla base della nostra cultura aziendale” aggiunge Andrea Burchi, Regional Manager Centro Nord UniCredit.

Riconosciuta la certificazione Top Employer a Maiora

Maiora è ufficialmente certificata Top Employer. Si tratta del riconoscimento che attesta le eccellenze aziendali nelle strategie HR, ovvero di Risorse Umane, utili a contribuire allo sviluppo e al benessere delle persone, nonché a migliorare il loro ambiente di lavoro.

La certificazione Top Employer viene rilasciata dall’omonimo Top Employers Institute in seguito a un’analisi approfondita delle condizioni di lavoro aziendali, nel caso in cui soddisfino gli elevati standard internazionali richiesti in sei aree chiave in ambito HR. Queste ultime riguardano importanti tematiche, dalla governance aziendale all’organizzazione e sviluppo, dalla talent acquisition all’engagement e possibilità di carriera, fino ad arrivare alla mission e visione aziendale nonché ai suoi valori, progetti e ideali.

“Il 2024 si apre con l’importante traguardo di Maiora Top Employer, eppure per noi questo non rappresenta la fine di un capitolo, né tantomeno l’inizio di uno nuovo, quanto piuttosto della naturale evoluzione di un percorso, che porta con sé esperienza, determinazione e perseveranza” dichiara Pippo Cannillo, Presidente e AD di Maiora, che aggiunge: “questa certificazione è la traduzione pragmatica dell’attenzione che Maiora dedica ai propri collaboratori. Integrità e valore sono fondamentali per noi, per essere sempre a fianco di ogni membro di questa grande famiglia”.

Crescita senza precedenti per l’agrifoodtech italiano: nel 2023 investiti quasi 170 milioni

Con oltre 740.000 aziende agricole, 330.000 imprese di ristorazione, 70.000 industrie alimentari e 4 milioni di lavoratori, il mercato agroalimentare italiano è il terzo più grande dell’Unione Europea e nel 2023 ha generato più di 65 miliardi di euro, pari al 3,8% dell’economia totale italiana. Non sorprende dunque che all’orizzonte si scorgano tante nuove realtà imprenditoriali che mirano a rinnovare un settore così strategico per il nostro Paese: ad oggi, sono circa 340 le startup attive nel settore Agri-Foodtech, un mercato che in Italia ha ricevuto un investimento pari a 167 milioni di euro nel 2023, contro i 152 milioni dell’anno precedente (+9,8%).

In questo scenario nasce il primo Report italiano sullo stato del Foodtech di Eatable Adventures, tra i principali acceleratori globali in materia Foodtech, promosso dal Verona Agrifood Innovation Hub.

L’identikit delle startup italiane Foodtech: Nord Italia, team agili e quote rosa
Il Nord domina il panorama delle startup in Italia: circa un terzo (30,5%) ha sede in Lombardia, seguita a ruota da Emilia-Romagna (11,1%) e poi da Piemonte, Veneto e Lazio, da cui ne provengono a parimerito circa il 10%. Inoltre, il 50% delle startup totali è nato tra il 2022 (25,3%) e il 2023 (22,8%): un fenomeno partito nel 2018 (7,6%) che, dal 2021 ha registrato una vera e propria impennata (19,1%), fino a toccare l’apice nel 2022. Un aumento, non solo dovuto al crescente interesse nel ricorrere all’innovazione per fornire risposte alle consistenti sfide della filiera agroalimentare e ai cambi nelle tendenze di consumo, ma anche alla nascita di iniziative di supporto dell’ecosistema e di nuovi strumenti di investimento per le realtà emergenti.

Guardando alla composizione delle startup, team compatti da 1 a 5 dipendenti per circa il 69% del campione, fino a un massimo di 6-10 dipendenti per il 13%. Società con un’età media di 35,6 anni, agili, ancora da plasmare e sviluppare nel tempo, non senza la presenza fondamentale dei talenti femminili: ben il 32% delle startup è stata fondata da una o più founder donne, una variabile molto positiva se si considera che la media nazionale delle imprenditrici si attesta solo al circa il 10% del totale, mentre quelle con team misti non superano il 16%. Questa osservazione non solo evidenzia la presenza di donne in ruoli chiave all’interno del settore delle tecnologie alimentari, ma suggerisce anche che l’industria ha un fascino particolare e impegna attivamente le quote rosa.

I must have del settore: focus su produzione, trasformazione alimentare, marchi e brevetti
Sono quattro le categorie individuate da Eatable Adventures nell’analisi dello stato del Foodtech in Italia: Agritech (tecnologie applicate all’agricoltura), Produzione e Trasformazione Alimentare, Retail&Distribuzione (robotica applicata, piattaforme di analisi retail, nuovi canali di vendita etc.) e Restaurant Tech&Delivery (piattaforme di prenotazione e gestione; robot di cucina etc). Le startup si concentrano principalmente nel segmento Produzione e Trasformazione Alimentare (36%), seguito dall’Agritech (22.3%), Restaurant Tech&Delivery (22%) e infine Retail&Distribuzione (19.6%). Quasi la metà delle startup (il 43%) attive nella Produzione e Trasformazione Alimentare si concentra sulla realizzazione di nuovi prodotti con ingredienti innovativi, mentre tra quelle attive nell’Agritech il 33% ha sviluppato nuovi sistemi di coltivazione o sistemi di automazione delle colture (31.5%).

Altro dato interessante è che il 66% del campione sviluppa internamente le proprie tecnologie, senza avvalersi di collaborazione con terze parti: solo il 12% ha cooperato con le università, il 2% con poli tecnologici e il 13% con altre aziende esterne. Ciò significa che circa il 70% delle startup mostra un livello di sviluppo autonomo notevolmente elevato, evidenziando una solida maturità tecnologica. Guardando alle tecnologie più impiegate, l’intelligenza artificiale emerge come quella predominante, utilizzata dal 42,86% delle startup intervistate; seguono a ruota il machine learning, con un tasso di utilizzo del 37,14% e le biotecnologie con uno del 32,38%. Per proteggere la proprietà intellettuale delle innovazioni create, elemento fondamentale per garantire la competitività sul mercato, oltre la metà delle startup (54,3%) implementa la registrazione di marchi nel proprio modello di business e il 40% possiede almeno un brevetto, mentre il 19% si affida al segreto commerciale.

Investimenti in Italia: lo stato dell’arte
Da una parte, a livello globale, gli investimenti nel Foodtech hanno registrato, nel secondo trimestre del 2023, un calo pari a circa il 61% rispetto all’anno precedente, dovuto principalmente ai conflitti geopolitici e alla crisi economica che hanno colpito a 360° tutti i settori. Dall’altra, invece, il mercato italiano emerge tra i più dinamici e in crescita con un +9% rispetto al 2022: nel 2023, infatti, le startup italiane hanno raccolto 167 milioni di euro (43% in fase seed; 32,3% in fase pre-seed), un dato che evidenzia la fiducia degli investitori nazionali e internazionali nel potenziale di crescita del segmento. Non solo: tra gli investimenti di primo piano in Italia, spiccano anche i programmi di formazione sostenuti da realtà come CDP Venture Capital Sgr e la stessa Eatable Adventures con Foodseed, il primo acceleratore nazionale nell’ambito foodtech italiano che, nel 2023, ha selezionato e accelerato sette realtà emergenti Made in Italy, destinando a ciascuna un investimento iniziale di 170 mila euro – con possibilità di incremento fino a ulteriori 500mila euro per le più performanti. Un programma che ha attirato l’interesse di primari partner di settore che hanno appoggiato l’iniziativa, tra cui Amadori e Cattolica, Business Unit di Generali Italia. Come ulteriori risorse che potrebbero agevolarne lo sviluppo, le startup intervistate segnalano l’attrazione di Investitori Internazionali, il sostegno da parte dell’Industria Alimentare Italiana, la presenza a eventi Internazionali, la conoscenza delle best practice e la semplificazione dell’accesso agli aiuti pubblici.

Osservatorio Non Food, si torna nei negozi fisici mentre rallenta l’e-commerce

La ventunesima edizione dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy riepiloga il 2022 del settore non alimentare in Italia, rilevando una crescita annua di +4,3% del giro d’affari, arrivato a 109,3 miliardi di euro. Se il tasso di incremento resta inferiore a quello registrato nell’anno precedente (+12,0%), la tendenza positiva nel medio periodo (2018-2022) registra un aumento a valore pari a +6,0%. Si conferma quindi l’uscita dalla crisi dettata dalla pandemia, ma la ripresa rallenta a causa delle pesanti dinamiche inflattive, che impongono ai consumatori di far convivere la voglia di ritorno alla normalità dopo la pandemia con un potere d’acquisto ridotto dall’aumento generalizzato dei prezzi.

“La ripresa post-pandemica iniziata a fine 2021 è continuata anche nei 12 mesi successivi, consentendo a diversi comparti del Non Food italiano di tornare ai livelli di vendita che avevano nel pre-Covid” afferma Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy. “Nonostante le tensioni macroeconomiche generate dal conflitto in Ucraina e l’elevata inflazione, nel 2022, e in particolare nella prima metà dell’anno, il valore della spesa delle famiglie è cresciuto e la maggior parte dei comparti stimati dall’Osservatorio Non Food ha aumentato il suo giro d’affari, anche con crescite a doppia cifra, com’è accaduto ai prodotti di automedicazione. Fanno eccezione alcuni settori, come casalinghi, giocattoli, elettronica di consumo ed edutainment, che hanno rallentato la loro crescita dopo i positivi risultati ottenuti nel 2021, rivelando l’ennesima strategia di razionalizzazione nella scelta dei prodotti da acquistare a fronte di una forte pressione inflazionistica sulla quasi totalità dei prodotti di consumo, alimentare e non, e sui servizi”.

Continua l’aumento dei consumi, ma l’inflazione pesa sempre di più
Così com’era avvenuto nell’anno precedente e con la complicità dell’inflazione, anche nel 2022 i consumi totali delle famiglie hanno mostrato una dinamica espansiva, con una crescita complessiva di +13,4% (dato Istat a valori correnti), che li ha portati a 1.166 miliardi di euro. Positivo anche il trend relativo ai soli consumi non alimentari, che incidono per il 15,7% su quelli complessivi: in un anno sono aumentati di +13,8% proseguendo il trend di recupero post-pandemia.

I comparti del non food tra conferme e sorprese
Con oltre 22 miliardi di euro annui di sell-out, l’elettronica di consumo mantiene, per il terzo anno consecutivo, la leadership tra i 13 comparti analizzati dell’Osservatorio Non Food di GS1 Italy, pur avendo registrato un calo di -1,5% del fatturato a valori correnti rispetto al 2021. Trend analogo di contrazione del giro d’affari per i casalinghi (-4,0%), i giocattoli (-2,4%) e l’edutainment (-1,1%), che mostra un andamento negativo per la prima volta dal 2018. Vendite in robusta crescita, invece, per il secondo comparto a valore, quello di abbigliamento e calzature (+9,2%, per un totale di 21,8 miliardi di euro) che si sta avvicinando ai valori pre-Covid, così come sta accadendo agli articoli per lo sport (+4,5%). È andata meglio al tessile che ha aumentato il sell-out di +7,3%, riuscendo a superare i livelli pre-pandemici. Il 2022 ha confermato la ripresa della cancelleria (+6,0%) e registrato il boom dei prodotti di automedicazione, leader per tasso di crescita del giro d’affari (+11,5%). La maggior attenzione ai consumi legati alla salute e al benessere ha trainato anche la ripresa della spesa nei comparti profumeria (+6,5%) e ottica (+5,6%), che ha beneficiato anche del bonus vista. L’effetto dei bonus statali si è fatto sentire anche in altri comparti. A partire da mobili e arredamento, terzo settore per entità del giro d’affari generato, che ha chiuso il 2022 con vendite in crescita di +4,6%, arrivando a superare i livelli di fatturato del 2019. Gli incentivi dedicati agli ambienti domestici hanno sostenuto pure la crescita del bricolage (+6,6%), trainato anche dalla maggior propensione dei consumatori al fai-da-te, scelto in un’ottica di risparmio e personalizzazione. Nel 2022 le quote di mercato dei 13 comparti analizzati dall’Osservatorio Non Food di GS1 Italy risultano per la maggior parte confermate, con scostamenti annui non superiori allo 0,5%. I due principali settori per giro d’affari sono gli unici ad aver visto variazioni più consistenti della loro quota di mercato: -1,2 p.ti % per l’elettronica di consumo e +0,9 p.ti % per abbigliamento e calzature.

I canali di vendita tra radicamento sul territorio, servizi e innovazione
Nel 2022, con la completa riapertura dei punti vendita fisici, lo scenario del commercio Non Food è nuovamente cambiato. I retailer hanno ricominciato a investire sia in nuove aperture sia in restyling dei negozi esistenti (ma anche nella razionalizzazione della rete vendita), mentre i clienti hanno ripreso a frequentare i negozi fisici e hanno rallentato la corsa all’e-commerce, che aveva caratterizzato gli ultimi tre anni. Anche la geografia distributiva si ridisegna: il numero dei punti vendita del commercio urbano centrale (il principale, con il 43,7% del totale) e dei centri commerciali (al secondo posto con il 38,9% di quota) è rimasto stabile mentre è aumentato il numero delle attività presenti nelle aree periferiche (+4,6%) e delle agglomerazioni commerciali all’aperto, in particolare dei factory outlet (+10,4%).

La leadership delle grandi superfici specializzate
L’Osservatorio Non Food di GS1 Italy ha analizzato poi l’evoluzione della rete commerciale nei 13 comparti merceologici rilevati. Ne è emerso che le grandi superfici specializzate (GSS), con i loro 27.711 negozi, mantengono la leadership totale, nonostante il calo della numerica dei punti vendita dettato dalla razionalizzazione della rete (-1,1% rispetto al 2021). Apprezzati per l’ampiezza e la profondità dell’offerta, ma anche per i servizi di consulenza pre-vendita e il radicamento sul territorio, convogliano oltre il 50% delle vendite di elettrodomestici bruni, articoli sportivi, abbigliamento e calzature e sono leader anche in elettronica di consumo e tessile casa. Le grandi superfici alimentari hanno chiuso il 2022 con una leggera crescita numerica (+0,6%), per un totale di oltre 21 mila punti vendita tra ipermercati, supermercati, superstore, superette e discount. Nell’universo del Non Food hanno un ruolo sempre più risicato, salvo nei periodi dell’anno caratterizzati dalle promozioni (come il back to school e il Natale) e per comparti come la cancelleria, i giocattoli e il tessile, dove hanno una quota superiore al 10% ma tendenzialmente in calo o stabile.

Le grandi superfici non specializzate (come cash & carry, grandi magazzini e mercatoni) hanno registrato un aumento del numero di punti vendita e restano importanti soprattutto per profumeria, abbigliamento e calzature, tessile; in quest’ultimo comparto i grandi magazzini hanno colto il primo risultato positivo dal 2016. I negozi specializzati restano leader in molti comparti, soprattutto in virtù del know- how, della personalizzazione e del servizio che assicurano. La quota di mercato più alta si rileva nei casalinghi (91,0% a valore), mentre in ottica, cancelleria e bricolage supera il 60% a valore. Anche nella profumeria i negozi specializzati, in catena o indipendenti, hanno visto ripartire le vendite (+18,3%) avviandosi così a recuperare la leadership persa durante la pandemia.

Il rallentamento dell’e-commerce
Infine, l’e-commerce: nel 2022, per la prima volta dalla sua nascita, ha dovuto affrontare l’inflazione e ha registrato un generale rallentamento dei trend di crescita: in alcuni comparti ha visto diminuire il giro d’affari (edutainment, articoli per lo sport ed elettrodomestici bruni) e in altri ha ridotto la quota di mercato (abbigliamento e calzature, fotografia ed elettrodomestici bianchi). Edutainment (55,6% di incidenza a valore, ma 83,9% nei videogiochi) ed elettronica di consumo (28,1%, ma 48,7% in multimedia storage) sono i comparti dove le vendite online hanno un ruolo maggiore, mentre quello dei prodotti di automedicazione è quello con la maggior crescita annua del giro d’affari (+25,6%).

Gli italiani premiano la Mdd, mercato in crescita sia a valore che a volume

In un periodo segnato da crisi globali e climatiche, precarietà lavorativa e aumento dei prezzi dei beni di consumo, le famiglie italiane optano sempre più spesso per la marca del distributore: nel tentativo di contenere quanto più possibile i costi, i consumatori privilegiano alternative di qualità ma più economiche.

Circana ha illustrato nel dettaglio il ruolo chiave giocato dalla Mdd nel 2023 in un convegno svoltosi a Marca 2024, ponendo l’accento sulla marca del distributore che, oltre a registrare un incremento significativo a valore (+15,4%) – che le consente di raggiungere 22,1 punti di quota, con un guadagno di +1,2% rispetto allo stesso periodo 2022 – cresce anche in termini “reali” a volume (+4,7%). Questo nonostante un’inflazione superiore all’industria di marca (10,6 vs 10), ma che risulta in discesa negli ultimi mesi.

Analizzando le categorie, migliora il posizionamento competitivo della Mdd in tutti i reparti merceologici con un particolare guadagno di punti quota nel settore del freddo (+2,7%), cura persona (+2,1%), cura casa (+1,8%) e nel fresco (+1,6%). La crescita a valore tra i reparti è sostenuta da una crescita anche a volume. Il trend positivo della Mdd va di pari passo con un aumento dell’offerta che le consente di raggiungere il 16,6% di quota assortimentale, in aumento dello 0,7% rispetto al 2022.

I segmenti di offerta mainstream e primo prezzo guidano la crescita a valore della Mdd (insegna, +16,2%; marchi do, +42,9%; primo prezzo, +19,0%), mentre rallenta la crescita delle linee di alta gamma a eccezione del Funzionale che con un +15,3% che mantiene un buon dinamismo. Anche per la Mdd si rilevano segnali di ripresa della pressione promozionale (+1,4%) con un’inversione di tendenza rispetto al passato, ma non ancora ai livelli pre-pandemici.

D.it: un 2024 all’insegna del potenziamento della marca del distributore

Con un fatturato stimato intorno ai 3,5 miliardi di euro e una quota di mercato nazionale approssimativamente del 2%, D.it – Distribuzione Italiana annuncia l’intenzione di continuare a investire risorse nella marca del distributore, settore che nell’ultimo periodo ha registrato un incremento del 21% sul valore del singolo prodotto e dell’11% sul volume, conquistando l’11% del mercato del largo consumo confezionato e un recupero di quota pari l’1,5% del MDD nell’ultimo anno.

“Per noi il prodotto a marchio è un sistema vivo su cui dobbiamo sempre più costruire valore. Significa avere una relazione continuativa e duratura con 220-250 aziende, nei confronti delle quali il nostro comportamento ha un impatto molto forte. Significa supportare le produzioni e le economie locali ed anche essere un punto di riferimento essenziale per garantire ai nostri clienti qualità e convenienza” sottolinea Alessandro Camattari, Direttore Commerciale e Marketing D.it che aggiunge: “Prodotto a marchio significa anche impattare non solo sulle nostre insegne, per esempio dal 2023 stiamo lavorando sullo sviluppo dei reparti freschissimi, quindi tutto quello che va a toccare e ad agire positivamente sulla frequenza di spesa dei nostri clienti”.

Guardando ai progetti per il 2024, D.it si concentrerà sull’innovazione e sulla qualità tramite i marchi Sigma e Sisa nel segmento mainstream anche con nuovo impulso per il brand salutistico Equilibrio&Piacere, che vedrà l’introduzione di nuove referenze ad alto contenuto proteico. Sono inoltre previsti potenziamenti nel reparto ortofrutta, nonché sul versante carne e gastronomia da banco. Non solo: nel 2024 si andrà sempre più verso un ulteriore rafforzamento della collaborazione con Slow Food e questo include il rilancio delle linee specialistiche come lo sviluppo del progetto Cantine Gusto&Passione, così come l’integrazione di nuove referenze Salumi e Formaggi Gusto&Passione, Selezione Slow Food Italia, e un incremento complessivo del 10% delle referenze MDD.

MD vara un nuovo marchio privato, Buona Spesa Italia. Sarà disponibile da Pasqua

Nella cornice di Marca 2024, MD presenta il suo nuovo marchio privato, Buona Spesa Italia. La linea conta su 150 prodotti tipici della spesa quotidiana, dalla pasta, ai biscotti, dai pelati ai salumi passando per i formaggi.

Tra le prime referenze introdotte al pubblico della fiera bolognese, la pasta caratterizzata dal 14% di proteine e da grano 100% italiano, l’olio 100% italiano, il latte microfiltrato 100% italiano, ricottine fresche con latte 100% italiano, il tutto contraddistinto da una presenza del brand altamente riconoscibile a scaffale.

“Con Buona Spesa Italia instauriamo un dialogo ancora più chiaro con il consumatore che oggi può continuare a scegliere tra linee di prodotto che vanno dal low al premium, ma avendo in più a disposizione anche un’ottima gamma che rappresenta al meglio il concetto di migliore qualità al giusto prezzo e che gli racconterà chiaramente cosa sta comprando” spiega Giuseppe Cantone, Direttore Commerciale di MD.

I prodotti del marchio Buona Spesa Italia saranno sugli scaffali degli oltre 800 punti vendita MD a partire dalla prossima Pasqua.

Parallelamente si rafforza l’offerta premium di marchi come Lettere dall’Italia, la linea destinata a esprimere il meglio dei prodotti che rendono grande il Made in Italy e che, dal 2019, anno del lancio, con le sue Dop, Docg e Igp di territorio ha registrato crescite costanti. A Marca Lettere dall’Italia, si presenta con un restyling del packaging che sottolinea ancora di più la natura premium dei prodotti.

Marca del distributore, un volano di crescita per le economie regionali

A confermare l’importanza ricoperta dalla MDD in questi ultimi anni è il rapporto “Marca del Distributore e Made in Italy: il ruolo della Distribuzione Moderna”, realizzato da The European House – Ambrosetti per ADM – Associazione Distribuzione Moderna, presentato al convegno inaugurale di Marca by BolognaFiere 2024: quasi il 30% (27,2%) del fatturato delle produzioni tipiche locali italiane, pari a 8,5 miliardi di euro, viene generato direttamente dalla distribuzione moderna attraverso i marchi del distributore. Per i prodotti italiani inoltre, i marchi del distributore valgono all’estero 4 miliardi di euro, l’8% del totale delle esportazioni internazionali food & beverage di prodotti Made In Italy.

Uno sguardo alle regioni
Oltre il 42% del fatturato complessivo delle imprese di produzione tipiche locali abruzzesi è stato generato dalla collaborazione con la distribuzione moderna attraverso i marchi del distributore. Si scende al 40% per i prodotti del Friuli-Venezia Giulia e al 36,9% per quelli campani. Secondo il report realizzato da The European House-Ambrosetti per ADM i produttori locali piemontesi hanno realizzato il 27,1% del fatturato complessivo grazie alla MDD. Percentuali analoghe si registrano in Umbria (26,8%) e nelle Marche (26,1%). Emilia-Romagna, Veneto e Lazio rientrano tra le prime 10 regioni a beneficiare della collaborazione con la Gdo rispettivamente con il 25%, il 24,5% e il 23,8% delle vendite di prodotti locali attraverso la distribuzione moderna. Seguono via via Toscana (11°, 23,3% del fatturato), Liguria (12°, 23,2%) e Sicilia (13°, 22,7%). Al di sotto del 20% si collocano il Trentino A.A (19,3%), la Lombardia (19%), le Basilicata (13,3%) e la Puglia (12,1%). Chiudono la classifica Molise (9,8%), Calabria e Sardegna (entrambe al 4,8%).

“Per comprendere l’impatto fondamentale della distribuzione moderna e nello specifico della marca del distributore, basti considerare che la MDD coinvolge indirettamente circa 50 sotto-comparti economici e oltre 1.500 imprese del settore agricolo e food (il 92% italiane e il 78% piccole e medie) che producono alimenti commercializzati con la marca dell’insegna della distribuzione moderna. Gli effetti dell’inflazione e della riduzione dei volumi di vendita colpiscono perciò direttamente il patrimonio di imprese locali italiane che rappresentano la spina dorsale dell’economia del Paese” spiega Valerio De Molli, managing partner e CEO, The European House – Ambrosetti.

“I prodotti a marca del distributore hanno esercitato un importante ruolo sociale ed economico tutelando il potere di acquisto delle famiglie e sostenendo le filiere e la produzione del made in Italy. Tra le misure già adottate per il comparto ci sono il trimestre antinflazione e i provvedimenti inseriti nella legge di Bilancio che mirano a contrastare l’inflazione, come il taglio del cuneo fiscale, il rifinanziamento per tutto il 2024 della carta ‘Dedicata a te’ per l’acquisto di generi di prima necessità e carburanti, il rinvio delle Sugar e Plastic tax” aggiunge Valentino Valentini, Viceministro delle Imprese e del Made in Italy.

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