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Torna on air lo spot del Gorgonzola Dop che celebra la Generazione G

Dal 6 marzo è tornata on air la campagna del Consorzio per la Tutela del Formaggio Gorgonzola Dop che celebra la Generazione G mettendo ancora al centro della comunicazione istituzionale la trasversalità dell’erborinato italiano più famoso al mondo capace di unire Boomers, Gen X, Millennials, Gen Z e Gen Alpha intorno al suo gusto declinabile in numerose preparazioni diverse.

Due formati, da 30” e da 15”, per una pianificazione interamente concentrata su passaggi in PSU (Prima, Seconda, Ultima posizione all’interno del break pubblicitario) sulle reti Discovery, Nove, Real Time e Food Network in prossimità di alcuni degli show più amati dedicati alla cucina come “Cucine da Incubo”, “Camionisti in Trattoria”, “L’Italia a Morsi” e “Fatto in Casa per Voi”.

Parallelamente allo spot televisivo, che andrà avanti fino al 1 aprile, la campagna di comunicazione integrata del Consorzio Gorgonzola Dop prosegue anche con progetti di comunicazione online sul canale YouTube e i profili social del Consorzio.

Madama Oliva sempre più green, packaging in plastica riciclata e riciclabile

Madama Oliva punta sull’economia circolare. L’intera produzione della linea Frutto cambia veste e diventa in plastica riciclata con materia prima certificata ISCC Plus. Il packaging della linea, già realizzata in plastica monomateriale riciclabile al 100%, si aggiunge dunque alle linee Freschissimi Eco, confezionate nei contenitori di carta/plastica separabile, che già a partire dal 2022 sono stati oggetto di un restyling per garantire il più efficace riciclo delle confezioni.

“Siamo fermamente convinti che la strada migliore per un futuro ecosostenibile sia quella dell’economia circolare – spiega Sabrina Mancini, direttrice marketing di Madama Oliva – per questo motivo abbiamo deciso di utilizzare plastica non solo riciclabile, ma anche riciclata, nella linea di punta dell’azienda. Si tratta di grandi volumi produttivi che contribuiranno a ridurre notevolmente il consumo di nuova plastica. Questo intervento si inserisce in una politica aziendale che da sempre favorisce il basso impatto ambientale. Siamo infatti certificati ISO 14000 ed EMA dal 2004, e nel 2008 abbiamo realizzato il più grande impianto fotovoltaico integrato registrato al tempo in Italia, attraverso il quale, ancora oggi, produciamo oltre 1,5 milioni di KW/anno di energia elettrica per il nostro fabbisogno, con un risparmio di 975 tonnellate/anno di CO2 emesse in atmosfera“.

Le prime confezioni prodotte con plastica riciclata, che entro l’anno verranno estese a tutta la linea Frutto, sono già disponibili nella nuova referenza: il Granmix Madama Oliva. Novità assoluta sul mercato italiano, si tratta delle migliori cultivar greche con una nuova ricetta e comprendono le olive verdi Halkidiki, che nascono nella zona di Salonicco dalle terre che si allungano nel mare Egeo, e le nere Kalamata, coltivate tra il mare e le colline a sud del Peloponneso. Olive fresche, condite con peperoni a filetti, basilico e aroma di limone, per un vortice di gusto e freschezza, pensate per il momento dell’aperitivo.

“Tutti i processi di produzione sono automatizzati e ottimizzati per ridurre i consumi e la raccolta differenziata permette di contenere i rifiuti prodotti avviandoli quanto più possibile a riciclo o riuso – continua Sabrina Mancini. Inoltre, di recente abbiamo stretto una collaborazione con Veolia, la multinazionale francese specializzata nella gestione di acqua, rifiuti e servizi energetici, che prevede la progettazione e la realizzazione del nuovo impianto di trattamento dei reflui per revisionare il ciclo dell’acqua industriale in modo da ridurne il consumo“.

La scelta di passare alla plastica riciclata rappresenta un investimento green che coinvolge circa quattro milioni di vaschette prodotte ogni anno. La linea Frutto è infatti il primo brand di mercato nel segmento delle olive confezionate fresche, ed è nata per esaltare la pluralità di cultivar italiane e greche, offrendo al consumatore un’offerta elevata e variegata, perfetta per soddisfare i diversi gusti e le varie modalità di consumo. Un prodotto fresco, naturale, senza conservanti, di elevata qualità, da sempre confezionato con un packaging moderno e un elevato contenuto di servizio.

Etichetta ambientale digitale, arriva Eco-logicamente

Col 2023 entra in vigore l’“etichettatura ambientale” che obbliga le aziende a indicare sul packaging come smaltire in modo corretto le confezioni e i materiali da imballaggio dei prodotti acquistati. Per ottemperare a quest’obbligo e semplificare il processo di comunicazione, rispondendo in modo efficace e veloce alla domanda del consumatore “dove lo butto?”, le aziende possono usufruire di Eco-logicamente, la nuova soluzione digitale creata da GS1 Italy Servizi.

Già adottata da molte aziende, Eco-logicamente ha due importanti plus: da un lato consente alle imprese di conformarsi alla legge in maniera semplice ed efficace e dall’altro permette ai consumatori di scoprire, in pochi secondi e senza scaricare alcuna app, come conferire correttamente gli imballaggi dei prodotti che acquistano. Con il nuovo servizio di GS1 Italy Servizi l’azienda dovrà semplicemente inviare le informazioni relative all’etichetta ambientale e applicare sulla confezione il QR code che contiene un GS1 Digital Link, lo standard univoco globale realizzato da GS1 che permette di accedere in ogni momento e istantaneamente a informazioni sul prodotto aggiornate e complete. Così, con il minimo impatto operativo ed economico, potrà fornire ai consumatori informazioni importanti sull’etichettatura ambientale e non rischiare di incorrere in sanzioni.

Al contempo, il consumatore, con una semplice scannerizzazione da smartphone oppure collegandosi al sito https://ecologicamente.gs1it.org, ottiene tutte le informazioni di cui ha bisogno, senza dover installare alcuna applicazione. Non solo. Lo stesso QR code può essere usato per fornire anche molte altre informazioni: dai consigli d’uso al marketing alle normative.

«Eco-logicamente risponde a un’esigenza stringente: rispettare i vincoli imposti dal decreto legislativo del 3 settembre 2020, superando gli ostacoli più comuni, come la difficoltà nel reperire le informazioni di etichetta rilevanti, la poca garanzia di dettagli qualificati, la scarsa efficacia dei dati ottenuti, gli alti costi per lo sviluppo e il mantenimento delle pagine dedicate, l’utilizzo di soluzioni proprietarie basate su QR code non strutturati e l’identificazione non corretta del prodotto nel mondo digitale. Con la nuova soluzione di GS1 Italy Servizi le imprese possono risolvere queste criticità e condividere in maniera semplice e veloce le informazioni relative all’etichetta ambientale dei loro prodotti, rispettando la normativa e offrendo un valore aggiunto importante per i consumatori» commenta Sirma Kurtulmaz, Chief Operating Officer & Innovation Manager di GS1 Italy Servizi.

Essere informati sulla sostenibilità dei prodotti acquistati è sempre più importante per i consumatori. In questo modo potranno fare scelte più consapevoli, privilegiando quelle aziende che sono attente all’ambiente e che al contempo garantiscono una user experience facile ed efficace per raccontare in maniera trasparente il loro operato.

Bevande a basso tasso alcolico, mercato in espansione ma serve normativa UE

Negli ultimi anni è aumentata in molti Paesi del mondo l’offerta di bevande senza alcol o con ridotto tenore alcolico, vendute e pubblicizzate come in grado di replicare l’esperienza di consumo di birra, vino e superalcolici, per chi non può o non vuole bere la versione alcolica “classica”. Mentre il mercato delle birre analcoliche o a bassa gradazione è già piuttosto consolidato nella maggior parte degli Stati UE, quello degli altri prodotti “low/no alcohol” è solo agli inizi del suo sviluppo.

Tra i paesi UE che trainano il mercato vi sono Francia, Spagna, Germania e Belgio (in totale, 84% del mercato UE per i superalcolici e 91% del mercato UE dei vini aromatizzati “low/no”), mentre fuori dall’UE mercati vivaci sono soprattutto quello australiano e quello USA, con un valore stimato rispettivamente di circa 2 miliardi e 1 miliardo di euro ciascuno. Se la birra è di gran lunga il prodotto più venduto, in alcuni Paesi sta avanzando anche il consumo di vini dealcolizzati e versioni a gradazione ridotta dei distillati più diffusi. Ciò è vero, ad esempio, in Francia – dove il vino a basso tenore di alcol ha raggiunto nel 2021 un valore di mercato stimato a 166 milioni di euro – e nel Regno Unito, primo mercato per le alternative “low/no alcohol” ai superalcolici, con vendite per 98 milioni di euro. Se in valore assoluto questo segmento rappresenta ancora una nicchia di mercato, in genere contribuendo a meno dell’1% del rispettivo mercato di riferimento (anche qui, con l’eccezione della birra), è notevole la crescita rilevata negli ultimi anni per questa tipologia di prodotti (+18% CAGR a valore 2019-2021 per distillati e liquori “low/no”), in un quadro di generale stabilizzazione o riduzione dei consumi di bevande alcoliche.

E in Italia?
In Italia il mercato delle alternative “low/no alcohol” sta muovendo i primi passi e pare meno sviluppato rispetto ad altri Paesi, in cui è già piuttosto comune trovare vini dealcolizzati o alternative analcoliche al gin tra gli scaffali dei supermercati. Lo studio Areté destinato alla DG Agri della Commissione UE stima in circa 8 milioni di euro il mercato italiano delle bevande “low/no” alternative ai superalcolici nel 2021 (lo 0,1% del totale della categoria), a fronte dei 78 milioni di euro del mercato francese. Cifre ancora più ridotte per i vini aromatizzati, rappresentati principalmente dalle alternative al vermouth, con vendite stimate in meno di un milione di euro. Se la cava un po’ meglio il vino (parzialmente) dealcolizzato, con un mercato nazionale stimato di circa 30 milioni di euro, nettamente in rincorsa rispetto a Francia (166 milioni) e Germania (69 milioni).

I dati Euromonitor International analizzati da Areté per lo studio fanno però intravedere previsioni di forte crescita nei prossimi anni (+23% di tasso di crescita medio annuo 2021-2026 per i superalcolici “low/no”), in linea con le aspettative di molti operatori, che vedono in questo mercato un grande potenziale per raggiungere nuove categorie di consumatori (si pensi ad esempio a chi non beve alcolici per motivi religiosi) ed allinearsi a trend di consumo ormai consolidati (quali la preferenza per prodotti più salutari).

Il punto di vista dei consumatori
Mentre la birra analcolica o a bassa gradazione è ormai familiare alla maggior parte dei consumatori, nei confronti delle versioni “low/no alcohol” di altri alcolici quali il vino o i distillati, lo scetticismo era prevalente fino a poco tempo fa, anche a causa della bassa qualità percepita di queste bevande. Questa iniziale diffidenza pare però aver stimolato gli investimenti da parte dei produttori verso un miglioramento della qualità organolettica tramite lo sviluppo di nuove tecniche produttive dirette ad aumentare la somiglianza di queste bevande alle controparti alcoliche. Di conseguenza, il 59% dei consumatori dell’UE dichiara attualmente un atteggiamento generalmente positivo, di curiosità, nei confronti di queste bevande in quasi tutti i principali mercati europei, mentre solo il 6% ha riferito una reazione negativa.

Insieme ai benefici per la salute (ai primi posti per il 31% dei rispondenti), la qualità del prodotto è considerato l’aspetto più importante, nonché il principale obiettivo degli investimenti e della ricerca dei produttori. Una bassa qualità percepita e la marcata differenza di sapore rispetto alla corrispondente bevanda alcolica, sono citate come fattori atti a scoraggiare il consumo per il 25%-30% dei consumatori interpellati (in media). Gli under 35, in particolare, paiono più attenti a stili di vita sani e sono generalmente più inclini a provare prodotti nuovi (per esempio versioni “low/no” dei distillati o dei vini aromatizzati) discostandosi dalla tradizione, mentre tra i consumatori più adulti la birra analcolica/ a bassa gradazione è il prodotto che suscita maggior interesse.

La normativa
Uno degli aspetti critici, con impatti anche sugli andamenti di mercato, è la normativa. Ad oggi non esiste una definizione legale di “bevanda alcolica” nella legislazione alimentare dell’UE e il quadro normativo per i prodotti di questa categoria può variare in modo significativo da un Paese all’altro e tra prodotti diversi, così come la possibilità di commercializzare versioni alcohol free o a ridotta gradazione alcolica. Queste differenze diventano particolarmente evidenti soprattutto in tema di etichettatura e di denominazioni di vendita autorizzate: mentre la possibilità di produrre (e commercializzare come tali) vini dealcolizzati è stata introdotta dalla più recente riforma PAC del 2021, ad oggi è vietato etichettare come gin, vodka o whiskey bevande che ne imitano il sapore ma che hanno un tenore alcolico ridotto. Grande attenzione viene data nello studio proprio al tema dell’etichettatura, sul quale sarà necessario lavorare per garantire maggior chiarezza a consumatori e operatori, senza trascurare le istanze di chi vuole tutelare le produzioni tradizionali di bevande alcoliche, per le quali l’Europa è celebre in tutto il mondo.

“Guardando all’UE nel suo complesso – spiega Enrica Gentile, Project Manager per il progetto UE svolto da Areté, il mercato delle bevande “low/no alcohol” diverse dalla birra è ancora in una fase iniziale di sviluppo in tutti i Paesi membri, e le relative dinamiche sono ancora in grande evoluzione, ma le attese per i prossimi anni sono di crescite complessive a due cifre, in particolare per vino e alcolici. In questo contesto, sono di grande importanza l’innovazione tecnologica e di prodotto, ma anche la possibilità di avere un quadro normativo chiaro, a beneficio di consumatori e operatori”.

L’etichettatura di queste bevande pare essere lo snodo centrale della discussione, tema sul quale l’Unione Europea può avere diversi strumenti di intervento, ad esempio fornendo regole comuni per l’uso di locuzioni quali “analcolico” o “a bassa gradazione” nella comunicazione di prodotto e cercando (assieme ai diversi portatori di interessi) soluzioni efficaci per descrivere queste bevande.

In Giappone crescono i consumi e le richieste del bio made in Italy

In Giappone il biologico rappresenta ancora una nicchia di mercato. Il trend però è decisamente positivo, con una crescita media annua post-Covid pari al 8-10%, tanto che il Paese asiatico rappresenta uno tra i mercati più promettenti per il bio Made in Italy, come confermato anche dal panel di imprese alimentari e vitivinicole italiane intervistate da Nomisma in occasione del quinto forum Ita.Bio.

L’interesse verso il bio è in fermento in Giappone, lo conferma il “segno più” che contraddistingue in modo trasversale tutti i numeri del settore: 11,9 mila di ettari coltivati secondo il metodo biologico, in crescita del +13% in 10 anni, nonostante rappresentino ancora solo lo 0,5% sul totale della superficie agricola complessiva. Il piano di sviluppo del Ministero dell’agricoltura giapponese punta ad arrivare ad una quota del 25% entro il 2050. In questo scenario, oggi in Giappone il canale retail, rappresenta oltre i due terzi delle vendite. Il mercato degli alimenti “naturali” – healthy, naturali, sostenibili e vegetariani/vegani – è invece stimato a circa 6 miliardi euro, suggerendo come il mercato biologico per le sue caratteristiche abbia un enorme potenziale di crescita.

L’interesse per il bio è però ancora molto concentrato su specifici target (famiglie dell’upper class con figli al di sotto dei 12 anni e residenti nella regione di Tokyo), tanto che l’incidenza complessiva del bio sul totale del carrello alimentare è ancora assolutamente marginale. Dimensioni, dunque, ancora piccole ma che sottintendono enormi potenzialità da crescita, da ricondurre soprattutto ad un graduale cambiamento delle famiglie giapponesi verso uno stile di vita più sano (il 64% afferma di scegliere prodotti biologici perché più sicuri per la salute).

I dati della consumer survey originale realizzata da Nomisma rilevano che la consumer base oggi è ancora limitata ad una quota di acquirenti regolari, con i non user rappresentano il 68% della popolazione). I target in cui è molto forte il richiamo del bio sono quelli dei nuclei familiari in cui sono presenti bambini in età prescolare e delle famiglie ad alto reddito (1 su 4 consuma prodotti biologici regolarmente). Tuttavia, se si analizzano i principali driver di scelta dei prodotti alimentari per il consumo domestico, vi sono nello specifico due leve che guidano le scelte del consumatore giapponese: l’origine nazionale del prodotto e il prezzo . Solo l’8% sceglie come primo criterio di scelta per la spesa alimentare il marchio biologico (18% risposta multipla): i consumatori hanno una forte sensibilità al prezzo e, al tempo stesso, forti difficoltà a riconoscere i reali valori sottostanti alle produzioni biologiche. A differenza di quanto accade in altri mercati, i consumatori giapponesi non scelgono il biologico per motivi legati alla sostenibilità ambientale di questo metodo produttivo quanto. Piuttosto. per la sicurezza e la qualità che il bio trasmette.

Il monitoraggio realizzato da Nomisma fa emergere alcune aree di lavoro fondamentali per incrementare conoscenza, consapevolezza e interesse verso la categoria. Oltre 1 consumatore su 3 dichiara infatti di non aver informazioni sufficienti e dettagliate sulle caratteristiche e i valori degli alimenti biologici (quota che supera il 70% per i non user di bio). Nello specifico, più di 1 consumatore su 2 vuole avere informazioni più dettagliate sul contributo alla sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) e, analogamente, vuole saperne di più sui benefici salutistici e sulla distintività del biologico rispetto al convenzionale.

Nel percepito dei consumatori giapponesi, l’Italia si posiziona al terzo posto, dopo Francia e Australia, tra i Paesi che producono i prodotti bio di maggiore qualità. “Supportare i protagonisti dell’agroalimentare biologico italiano è il primo obiettivo della piattaforma Ita.Bio dove Nomisma rappresenta la struttura di market intelligence in grado di monitorare dimensioni, trend e opportunità dei principali mercati internazionali” illustra Silvia Zucconi, Responsabile Market Intelligence Nomisma S.p.A. “Nello scenario giapponese sono due le leve per la penetrazione del mercato: la ristorazione fuori casa, da sempre ambito di forte sperimentazione per il consumatore, e la possibilità di conoscere i prodotti tramite assaggi e materiali sul punto vendita. Un’area di lavoro fondamentale per il mercato è il packaging dei prodotti: riciclabile nei materiali, di alta qualità sia nella grafica che nella precisione del confezionamento”.

“Pasta, olio extra-vergine, formaggi e vino sono i prodotti italiani a marchio bio più acquistati dai consumatori giapponesi ma anche le categorie per i quali il consumatore è più interessato al binomio bio-Made in Italy. In ottica futura il vino è sicuramente uno dei prodotti che presenta le maggiori opportunità di crescita per l’Italia, anche in virtù del fatto che dal 1° ottobre 2022 la certificazione biologica JAS è stata estesa anche alle bevande alcoliche, vino incluso” afferma Emanuele Di Faustino, Responsabile Industria, Servizi e Retail Nomisma S.p.A.

“Grazie all’analisi dei mercati in collaborazione con Nomisma, al sistema Ice e a un desk dedicato attivato da FederBio, siamo in grado di aiutare le imprese fornendo informazioni e contatti utili per orientare le proprie strategie commerciali e consolidare lo sviluppo nei mercati esteri”, conclude Paolo Carnemolla, Segretario Generale di FederBio.

Euro Company è partner della Bologna Marathon 2023

Euro Company Spa Società Benefit, società attiva nella produzione, selezione e commercializzazione di frutta secca ed essiccata, è stata per la prima volta al via della Bologna Marathon in tenuta di Quality Food Partner (kit di gara, punti ristoro e stand) a fianco di runners e appassionati provenienti da tutta Italia e da ben 20 nazioni estere.

È nata così una nuova partnership, tra l’evento di running moderno, solidale e green della città felsinea e il brand che vuole essere un punto di riferimento per l’alimentazione sana e sostenibile, mettendo al centro la salute, il pianeta e il rispetto delle persone. L’evento svoltosi domenica 5 marzo, che esercita un grande fascino sia sugli atleti che sul pubblico, ha previsto tre gare competitive: la Bologna Marathon con i suoi 42.195 Km, la “30 Km dei Portici”, dedicata a uno dei simboli più caratteristici e importanti della città, e la Move Run Tune Up, storica mezza cittadina.

Euro Company ha omaggiato tutti gli iscritti alle gare competitive e amatoriali con una selezione di snack e creme pure di frutta secca da spalmare in formato monodose a marchio 100%, presenti in ogni kit di gara, oltre agli snack di Semplicemente Frutta, la linea di frutta disidratata senza zuccheri aggiunti, presenti invece nei punti ristoro.

La sponsorizzazione di un evento come la Bologna Marathon è in linea con la visione di un’azienda come Euro Company che intende ribadire la vicinanza al mondo dello sport e delle persone nel perseguire uno stile di vita sano e più vicino alla natura attraverso il consumo di frutta secca ed essiccata, promuovendo nel contempo una cultura del benessere fisico e spirituale in linea con i trend della moderna nutrizione.

Giorgio Notaro è il nuovo Amministratore Delegato di Riso Scotti Snack

Giorgio Notaro è il nuovo Amministratore Delegato Riso Scotti Snack, azienda del Gruppo Riso Scotti che, con circa 21 milioni di prodotti base riso venduti all’anno (dati 2022), rappresenta un punto di riferimento sul mercato nazionale nelle categorie merceologiche degli snack dolci e salati.

Era entrato in azienda nel 2006 con il ruolo di Direttore Tecnico, e nel 2009 aveva assunto anche il ruolo di Responsabile Commerciale Horeca e Vending, occupandosi dello sviluppo commerciale dei due canali attraverso progetti di innovazione prodotto a base riso, trasversali su tutte le categorie, e la costruzione di team di vendita dedicati ai principali canali del fuori casa.

Nato a Roma, classe 1969, Giorgio Notaro è laureato in Scienze delle Preparazioni alimentari presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”. Dopo il diploma di Specializzazione in Biotecnologie Alimentari ad indirizzo chimico analitico, inizia la sua carriera professionale a 26 anni come Responsabile R&D e Qualità presso Delfino (oggi Althea, Gruppo La Doria) – azienda attiva nella produzione di sughi pronti e can food a marchio terzi, come Knorr e Star – gestendo l’innovazione di prodotto e i processi del controllo qualità a livello industriale.

Nel 1997 entra nel Centro Ricerche del Gruppo Barilla, con il ruolo di Project Manager nell’ambito dello sviluppo di sughi pronti, pasta e snack innovativi. Nel 2000 approda in Ipagel, società del Gruppo Roncadin, prima come R&D Manager e, un anno dopo, come Plant Manager occupandosi della gestione in toto dei progetti di ricerca e sviluppo e della gestione dello stabilimento produttivo. Successivamente all’acquisizione della società da parte di Arena Group, coordinerà le attività produttive e di ricerca e sviluppo sui due stabilimenti dedicati a piatti pronti e ittico lavorato.

A seguire, dal 2006, l’esperienza nel Gruppo Riso Scotti che oggi lo vede AD della controllata Riso Scotti Snack.

Plant based, nel 2022 le vendite di Heura cresciute di oltre il 260%

Heura, start-up spagnola plant-based, annuncia un fatturato di 31,4 milioni di euro nel 2022, in crescita dell’80% rispetto ai 17,7 milioni di euro del 2021. Fondata nel 2017 dagli attivisti alimentari Marc Coloma e Bernat Añaños, l’azienda è entrata nel 2023 proseguendo sulla scia di un round di investimento del valore di 20 milioni di euro, progettato strategicamente per consentirle di affrontare due delle maggiori sfide del mondo: quelle della sostenibilità e della nutrizione.

Responsabile per l’80% della crescita dell’intera categoria plant-based in Spagna, l’evoluzione nelle vendite internazionali di Heura ne evidenza il modello efficiente e scalabile. Se nel 2020 soltanto il 6% delle vendite della start-up veniva registrato al di fuori della Spagna, nel 2021 questo stesso dato è cresciuto fino ad arrivare al 12%, raggiungendo nel 2022 addirittura il 23%. Nel Regno Unito la start-up ha chiuso il 2022 aumentando di sei volte la disponibilità dei suoi prodotti grazie al suo ingresso in Waitrose, mentre in Francia ha aumentato le opzioni di alimenti plant-based in importanti rivenditori come Super U e Casino Géant, contribuendo al 30% della crescita della categoria nel Paese. Lo scorso anno Heura ha inoltre aumentato le vendite in Italia del 240% e ha messo radici anche nella regione DACH, approdando nei principali rivenditori Billa (Austria) e Migros (Svizzera).

“Il 2022 è stato un anno cruciale per Heura, durante il quale siamo passati dall’essere i leader del movimento plant-based in Spagna a rafforzare il nostro impatto fuori dalla nostra nazione di oltre il 260%” ha commentato Marc Coloma, co-founder e CEO di Heura. “Rappresentando quasi il 40% delle vendite, le nostre innovazioni più recenti – come il chorizo, la salsiccia e la cotoletta impanata a base vegetale – sono state accolte con grande entusiasmo in tutta Europa, dimostrando l’impatto concreto dell’impegno che ogni giorno mettiamo in atto per creare alimenti che rispondano al gusto dei nostri consumatori e che rinnovino le loro tradizioni culinarie preferite. Stiamo lavorando per democratizzare alimenti che siano deliziosi, ricchi di sostanze nutritive e che al tempo stesso abbiano anche un impatto positivo sul clima per tutte le persone in Europa. Il nostro team specializzato di ricerca e sviluppo e i nostri partner ed esperti leader del settore stanno creando tecnologie di proprietà che rivoluzioneranno l’industria plant-based e sbloccheranno il vero potenziale di questo movimento”.

Riapre il Famila Superstore di Monopoli dopo lavori di restyling

Ha riaperto al pubblico ieri, giovedì 2 marzo, il Famila Superstore di Monopoli, punto vendita del Gruppo Megamark di Trani. La ristrutturazione, per un investimento di oltre 5 milioni di euro e 60 occupati (di cui 20 nuove assunzioni), rientra nel piano industriale 2022-2024 da oltre 50 milioni di euro, con otto nuove aperture di superstore, dodici ammodernamenti, una piattaforma logistica e 300 nuove assunzioni.

Il superstore, ubicato in via Conchia 1, è stato rinnovato e adeguato agli altri Famila del Gruppo con una particolare attenzione alla sostenibilità ambientale, grazie all’uso di infissi termici a risparmio energetico e isolamento acustico, banchi frigo chiusi ad alta efficienza energetica e luci a led. Novità assoluta è il Bistrò Famila, uno spazio wi-fi free interno al punto vendita, pensato per offrire alla clientela una colazione con caffè 100% arabica, sfiziosi aperitivi e una pausa pranzo con una vasta scelta di primi e secondi piatti, preparati all’interno di una cucina visiva con prodotti freschi e stagionali.

«Continua il percorso di ammodernamento dei nostri punti vendita – dichiara il cavaliere del lavoro Giovanni Pomarico, presidente del Gruppo Megamark – sempre più orientato verso la sostenibilità ambientale che, in questo momento di crisi energetica, dovrebbe rappresentare una priorità per tutti. Allo stesso tempo portiamo avanti l’impegno verso i nostri clienti, con l’offerta di una spesa di qualità e servizi sempre più attenti alle loro esigenze».

La nuova struttura, di circa 1.400 metri quadri di superficie, presenta ambienti interni spaziosi e un parcheggio per circa 150 posti auto; a disposizione dei clienti tutte le aree del fresco (ortofrutta, gastronomia, panetteria, pescheria, macelleria) e un servizio di prenotazione di piatti pronti, con produzione in loco di focacce assortite, sfornate in diversi momenti della giornata. Ad arricchire l’offerta, una selezione di vini in un angolo enoteca dedicata con vetrine refrigerate, una selezione di birre pregiate e uno spazio dedicato a una vasta gamma di capsule, cialde, tisane e infusi. Ampio spazio, inoltre, è dedicato ai prodotti per vegetariani, vegani e a quelli proteici.

Il supermercato è dotato di casse veloci e automatiche e digital infopoint per consultare gli ingredienti dei preparati, verificare i prezzi e prenotare il proprio turno ai banchi assistiti; prevista, inoltre, la sanificazione quotidiana ad ozono di ogni reparto. Sul sito www.prenotaeritira.it sarà inoltre possibile acquistare piccoli elettrodomestici, casalinghi e oggetti per il tempo libero da ritirare e pagare nel punto vendita senza spese di spedizione.

Inflazione in calo ma occorre sostenere i consumi per salvaguardare il Made in Italy

I dati diffusi da Istat relativi ai prezzi al consumo del mese di febbraio evidenziano un’inflazione in rallentamento rispetto a quella del mese precedente: l’indice generale segna +9,2%, mentre il carrello della spesa registra un +13%.

“Nonostante si inizino a rilevare i primi segnali di un rallentamento dell’aumento generalizzato dell’inflazione, per effetto del sostanziale calo dei costi dei beni energetici, permane un sentiment diffuso di incertezza sul piano economico e servirà ancora diverso tempo per attenuare gli effetti dell’aumento dei prezzi, che resta tra le preoccupazioni principali delle famiglie italiane” ha commentato Carlo Alberto Buttarelli, Direttore Ufficio Studi e Relazioni con la Filiera di Federdistribuzione.

“Il potere d’acquisto è stato fortemente messo sotto pressione in questi ultimi mesi e oggi continuiamo a registrare una contrazione dei consumi nel comparto del food, con un calo a volume tra i 4 e i 5 punti percentuali rispetto a un anno fa. È una situazione alla quale si deve porre la massima attenzione, con l’obiettivo di sostenere i consumi ed evitare impatti significativi sulle tante filiere agroalimentari di qualità ed eccellenza del Made in Italy.

Nel corso dell’ultimo anno le aziende della distribuzione moderna hanno fatto uno sforzo economico significativo, assorbendo parte degli aumenti generalizzati sui beni di consumo, per attenuare l’impatto sui prezzi e tutelare il potere di acquisto degli italiani. Oggi da parte delle nostre aziende non ci sono le condizioni per assorbire nuovi incrementi dei prezzi, ci auguriamo che i chiari segnali di rallentamento sui costi dell’energia e delle materie prime di queste settimane portino anche il sistema industriale ad agire in questo senso e porre un freno alla spinta agli aumenti che ha caratterizzato il mercato in questi mesi”.

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