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Il Gruppo Fioravanti (VéGé) riapre con insegna Di+ a L’Aquila

Riapre domani, completamente rinnovato, lo storico supermercato nel quartiere Santa Barbara a L’Aquila, dove la ricostruzione continua faticosamente dopo il terremoto di sei anni fa.

Il supermercato, a insegna Di+, si ripresenta al pubblico profondamente rinnovato e con un assortimento arricchito, ospitando nei suoi 800 mq di superficie i reparti Ortofrutta, Macelleria, Grocery, Non-Food, Surgelati, Fresco a libero servizio e Banco Gastronomia servito.

Per il Gruppo Fioravanti, guidato dalla quarta generazione dell’omonima famiglia, si tratta di un investimento importante che porterà ad ulteriori aperture nel corso dell’anno, dimostrando così di credere fermamente nelle potenzialità del territorio.

“Nonostante le enormi difficoltà e criticità del settore del commercio e, più in generale, di tutta l’imprenditoria locale profondamente toccata dal sisma del 2009, il Gruppo Fioravanti continua ad investire nel territorio attraverso uno sviluppo sostenibile della distribuzione organizzata del capoluogo: ristrutturazione degli attuali pv presenti e nuovi servizi a valore aggiunto per il consumatore sono e saranno le linee guida strategiche del gruppo per i prossimi anni”- conferma il responsabile commerciale Simone Fioravanti.

Unilever scommette sull’oral care e lancia Zendium

Unilever scommette sull’oral care, portando in Italia il nuovo marchio Zendium. Lanciata in Danimarca, la linea Zendium sfrutta le proprietà di enzimi e proteine per rafforzare le difese naturali della bocca e si compone di un dentifricio e di un collutorio. Secondo gli studi clinici di Unilever, i prodotti aumenterebbero del 60% i fattori protettivi della saliva contro i batteri rispetto a un normale dentifricio al fluoro. Il marchio sarà distribuito in tutti i canali, dalla grande distribuzione organizzata alla farmacia, con un posizionamento di prezzo premium

Nonostante l’anno appena trascorso sia stato duro per il cura persona, comunque Unilever, nel 2014 ha fatto registrare buone performances nel comparto, tanto da guadagnare quota, crescendo più del mercato stesso.

«L’oral care – ha infatti spiegato l’Ad Angelo Trocchia – è una categoria molto importante per l’azienda nella Penisola: infatti dopo il mercato dello skin cleansing è il mercato che pesa di più sul fatturato dei nostri prodotti per la cura della persona. Nella categoria oral care siamo leader in Italia con circa il 30% di quota di mercato. Questi risultati ci confermano il ruolo importantissimo di questa categoria per il raggiungimento degli obiettivi di crescita 2015 di Unilever Italia». (Fonte ItaliaOggi)

 

 

Più birra meno consumi per Peroni: presentato il rapporto di sostenibilità

A fronte di un aumento nella produzione di birra rispetto allo scorso anno (+7%), Peroni, storico birrificio oggi del gruppo Sab Miller, ha ridotti i consumi di energia (-10,7%) e di acqua (-6,4%) necessari per fabbricare un ettolitro di birra. È ciò che emerge dal Rapporto di Sostenibilità 2013-2014 di Birra Peroni presentato ieri a Roma.

L’azienda quest’anno ha prodotto 4,93 mln di ettolitri di birra, 7% in più rispetto all’anno precedente, di cui 1,39 mln destinati all’esportazione. I dati presentati evidenziano il forte legame dell’azienda con la propria filiera agricola, con 1.600 coltivatori e 17.300 ettari di terra seminata destinati alla produzione di birra, e oltre 19 mila posti di lavoro in Italia (tra diretti e indiretti) attribuibili all’attività di Birra Peroni.
Migliorano, poi, i risultati in termini di impatto ambientale grazie a numerose iniziative nell’ambito dei processi produttivi. In particolare, il consumo di acqua si è ridotto del 6,4% mediante netti miglioramenti nel processo di pastorizzazione e di imbottigliamento, nonché nei processi di lavaggio. A differenza di 10 anni fa, Birra Peroni è oggi in grado di produrre l’attuale quantitativo di birra utilizzando 1.770 mln di litri di acqua in meno, pari al consumo giornaliero di una città delle dimensioni di Roma. I consumi energetici, invece, si sono ridotti del 10,7% grazie al recupero e alla diminuzione dei consumi nei reparti che presuppongono l’impiego di combustibili fossili per la produzione di energia elettrica e termica. L’azienda oggi per produrre un ettolitro di birra utilizza circa la metà dell’energia utilizzata nel 2001 (si è infatti passati da un consumo di 180,6 MJ/hl a 89,25 MJ/hl). Tale risultato è stato conseguito attraverso l’impiego di gas refrigeranti ecologici di cui sono stati dotati sia le frigo vetrine sia gli impianti per spillare la birra. Non solo: tra il 2013 e il 2014, la percentuale di rifiuti riciclati dall’azienda si è attestata al 98% a fronte di una maggiore produzione di birra (+7%).
“La nostra politica di sviluppo sostenibile – ha spiegato Federico Sannella, Direttore Relazioni Esterne Birra Peroni – ha come obiettivo principale impattare positivamente sulla nostra filiera. Oggi, per contribuire in maniera decisiva alla creazione di un futuro sostenibile, abbiamo definito la nostra azione “Prosper”. Quest’approccio amplifica e racchiude in sé il significato delle parole “crescita, miglioramento, sviluppo”. Per questo motivo – da sempre – ci concentriamo sulla tutela dell’ambiente, sul consumo responsabile, sullo sviluppo dell’imprenditorialità lungo la nostra catena del valore; dall’agricoltura fino a raggiungere i nostri partner commerciali e i nostri clienti. I risultati ottenuti nel periodo 2013-2014 segnano un ulteriore passo in questa direzione.”
Nel 2014 è proseguito, infine, il progetto Birra Peroni per l’agricoltura a supporto dell’imprenditorialità dei giovani agricoltori italiani, fornitori della malteria Saplo. Cinquanta coltivatori hanno partecipato alla seconda edizione del progetto realizzato in collaborazione con ENAPRA (Ente Nazionale per la Ricerca e la Formazione in Agricoltura di Confagricoltura) e rivolto alla formazione specialistica sulla sostenibilità. A sottolineare ulteriormente l’impegno dell’azienda in tal senso, la firma del recente accordo con Confagricoltura per promuovere una filiera sostenibile della birra.

70 tonnellate di pasta Sgambaro a impatto zero per Expo

La prima pasta “a impatto zero”, come si conviene al tema dell’esposizione universale: sarà quella fornita dal Pastificio Sgambaro di Castello di Godego (Treviso) ai cinque ristoranti allestiti tra i padiglioni da CIR Food, che ha scelto l’azienda veneta quale fornitore unico di pasta.

I numeri sono imponenti. Per tutta la durata della manifestazione si prevede una media di circa 150 mila pasti serviti ogni mese: in tutto fanno oltre 70 tonnellate di spaghetti, pennette, fusilli, che dalla pianura trevigiana prenderanno la via di Expo 2015, per incontrare i condimenti della tradizione, le preparazioni più fresche e originali e gli esperimenti culinari dei cuochi del gruppo Chic – Charming Italian Chef, che aggiorneranno settimana dopo settimana il menù del ristorante “Aromatica” puntando sull’italianità.

Le linee “Etichetta gialla” e “Ristorazione” di Sgambaro sono “ad impatto zero” perché utilizzano grano duro 100% italiano certificato. Di questo, circa il 90% proviene da campi distanti al massimo 150 chilometri dal pastificio, per limitare al massimo i trasporti. Non solo. Per ridurre la propria impronta ecologica, l’azienda ha puntato sull’utilizzo esclusivo di energia proveniente da fonti rinnovabili, sull’acquisto di auto elettriche, e su iniziative di compensazione: prima l’adozione dei boschi di Mel, in provincia di Belluno, e Lusiana, in provincia di Vicenza, poi il sostegno al progetto Bosco Limite, azioni che evidenziano non solo l’impegno dell’azienda per la sostenibilità, ma anche il suo forte legame con il Veneto e il suo territorio. Ora grazie alla collaborazione con Blue Valley, bacino ittico che attraverso il CCS System punta allo “stoccaggio” di grandi quantità di anidride carbonica nel suolo fangoso della laguna veneta evitandone la dispersione in atmosfera, Sgambaro mira a un ulteriore salto di qualità: “Investire sulla tutela boschiva è stato un buon primo passo – sottolinea il presidente Pierantonio Sgambaro – ma adesso vogliamo fare di più e offrire un prodotto che per la prima volta in Italia sia realmente a impatto zero”.

Il tutto senza perdere di vista la qualità: “Selezioniamo con attenzione le migliori varietà di grano e lo lavoriamo nel massimo rispetto della materia prima, puntando sulla trafilatura al bronzo e sull’essiccazione lenta. Così otteniamo una pasta dall’alto valore proteico e dall’ottima tenuta in cottura, adatta quindi a un contesto di ristorazione come quello proposto a Expo 2015” spiega Sgambaro. “Per noi non c’è modo migliore di farsi ambasciatori di un’Italia ‘vera’, fatta di aziende che tengono alta la bandiera del Made in Italy puntando sulla qualità. Con questa scelta abbiamo ricevuto il giusto riconoscimento per un lavoro ventennale mirato al miglioramento continuo dei nostri prodotti e alla tutela dell’ambiente. CIR ha fatto dell’italianità e della sostenibilità due principi fondanti nella gestione dei punti di ristoro all’interno di Expo 2015 e ha trovato in noi un partner ideale”.

Callipo Gelateria presenta due nuove referenze

Callipo Gelateria Srl, che si propone l’obiettivo di far conoscere nel mondo la tradizione gelatiera di Pizzo di Calabria, amplia la gamma dei propri prodotti con due nuove referenze.

Per la linea “Le Creme Pregiate” presenta il nuovo gusto Yogurt variegato al Miele e granella di Noce.

Disponibile nel formato da 430 grammi e da 2.500 grammi, è un gelato raffinato ed unico, realizzato con latte fresco di alta qualità, la noce italiana della varietà Lara e con il rinomato miele calabrese di Amaroni.

Dagli abbinamenti inconsueti e ispirati ai profumi mediterranei, Le Creme Pregiate sono tutte prive di glutine e quindi adatte anche ai consumatori celiaci.

gelateria callipo - tartufo limoncello confezione

Per la linea “Il Tartufo” lancia la nuova versione al Limoncello. Il Tartufo Limoncello è preparato con vero succo di limone di Sicilia e panna fresca.

Si caratterizza per il cuore fluido di Limoncello ed è ricoperto di granella di meringa. È in distribuzione nel formato singolo da 110 grammi oppure in astuccio da 2 pezzi. Di recente, nell’ambito del Wabel Frozen Awards (il premio dedicato al comparto surgelati organizzato dalla piattaforma Wabel, che si occupa di incontri business to business fra fornitori qualificati e acquirenti), il Tartufo Limoncello Callipo si è aggiudicato il premio d’innovazione per la categoria Gelati e Dessert.

Il Tartufo Limoncello e i Filetti di Tonno al naturale con sale iodato Presal®, inoltre, sono stati inclusi nella selezione dei 3 finalisti per le rispettive categorie merceologiche “Surgelato” e “Ittico” del TUTTOFOOD INNOVATION AWARD, il concorso dedicato ai prodotti più innovativi del 2015.

Amica Chips con Emergency

A partire da aprile e per la durata di un anno, chi acquista uno dei prodotti Amica Chips sostiene l’associazione umanitaria Emergency.

Amica Chips infatti sosterrà il Centro Pediatrico aperto da Emergency nel 2002 a Goderich, in Sierra Leone, Africa dove, ogni mese, lo staff di questo centro pediatrico, che ha vinto nel 2013 il premio AWOL come migliore struttura ospedaliera del paese, cura gratuitamente circa 2.280 bambini, di cui il 79% di età inferiore ai 5 anni. Dalla sua nascita a oggi, l’associazione ha curato oltre 6 milioni di persone in 16 Paesi.

Sulle confezioni trasparenti da 500 e 400 gr. delle patatine classiche Amica Chips – le più vendute in Italia  -, e nella pagina dedicata sul sito di Amica Chips, i dettagli dell’iniziativa.

Conad Adriatico ha l’Abruzzo nel cuore. +2,1% il fatturato, previsti 10 nuovi punti vendita

foto: via imoon.it

In occasione della seconda tappa del Grande Viaggio Conad (svoltosi nel week end appena terminato), Conad Adriatico ha reso noti i dati dello sviluppo in Abruzzo, dove, con un fatturato 2014 di 465,1 milioni di euro (+2,1% rispetto al 2013) registra la metà delle vendite totali.

A fine anno, con la ristrutturazione della rete, i punti di vendita in Abruzzo saranno 132, con una superficie complessiva di 97.165 mq, frutto del riposizionamento delle grandi superfici, di cambi insegna e di nuove aperture: i supermercati Conad saliranno a 45 e i Todis a 19. Il fatturato atteso, compreso quello dei distributori di carburante, si attesterà a 477,4 milioni di euro.

«Numeri che presi a sé non esprimono appieno il potenziale della nostra cooperativa», sottolinea l’amministratore delegato di Conad Adriatico Antonio Di Ferdinando. «Un potenziale fatto anche di sostegno all’economia regionale e alle sue eccellenze alimentari, di nuova occupazione, di investimenti finalizzati a limitare la progressiva desertificazione delle risorse produttive locali. Ancor più in una fase di pesante congiuntura economica. Abbiamo un programma di sviluppo che privilegia l’Abruzzo, con dieci nuove aperture e due nuovi impianti di distribuzione dei carburanti».

Per contribuire al sostegno dell’economia abruzzese, Conad Adriatico ha stretto accordi con 252 fornitori locali con i quali ha sviluppato nel 2014 un fatturato di 59,7 milioni di euro.

Significativa la ricaduta economica sul territorio grazie anche al consorzio Conad, che si è fatto portavoce delle migliori produzioni regionali – ortaggi, frutta, carni, pasta e vini Doc… – in Italia e in Europa con i marchi Conad, Conad Percorso Qualità, Conad Il Biologico, Sapori&Dintorni Conad e Creazioni d’Italia.

Nel Polo logistico integrato di San Salvo (Chieti) – 160 mila mq di superficie, di cui 53 mila coperti –, ampliato con il nuovo polo del freddo, l’accorpamento delle consegne di carni, salumi, latticini, ortofrutta e surgelati (e generi vari) su un unico mezzo di trasporto ridotto di oltre il 30 per cento i km annui percorsi. Lo scorso anno, il Polo di viale Marisa Bellisario ha movimento 320 milioni di pezzi in uscita con 47 mila viaggi di automezzi per 157 mila consegne ai punti di vendita.

Di particolare rilievo i dati del centro di distribuzione del pesce fresco di Pescara: oltre un milione di kg distribuito con 6.453 consegne alle 41 pescherie dei punti vendita per un totale di oltre 100 prodotti ordinabili (50 quelli trattati in media ogni giorno). La cooperativa si serve di 15 pescherecci (in appalto) – 11 per la pesca a strascico e 4 per quella a volante –, di altri 8 per la pesca a lampara del pesce azzurro (di cui 2 di proprietà del partner La Selva Pesca) e di 2 per la pesca con il palangaro di merluzzi, mazzoline e gronchi, che, dal 15 maggio, effettueranno la campagna di pesca del tonno e del pesce spada.

Sul fronte della convenienza e del risparmio per i clienti, lo scorso anno state attivate complessivamente 108 iniziative promozionali nei supermercati della cooperativa (con un’incidenza del 29 per cento sul totale del venduto) e 59 negli iper (48 per cento) che hanno prodotto benefici economici per 164,2 milioni di euro (90,9 milioni nei supermercati e 73,4 negli iper) a vantaggio dei consumatori abruzzesi.

I clienti hanno tuttavia usufruito di altre occasioni di risparmio, dalle parafarmacie (453 mila euro) ai buoni spesa in sostituzione del catalogo premi (1,4 milioni di euro), dai libri scolastici ai vantaggi legati alla Conad Card (234 mila euro il risparmio ottenuto dai soci abruzzesi).

Un prodotto su tre venduti è a marchio Conad. La marca del distributore si conferma componente fondamentale del bilancio di Conad Adriatico per lo sviluppo della rete e il rafforzamento della fedeltà dei clienti, che apprezzano la qualità da leader coniugata ad una convenienza del 25-30 per cento. Le linee di prodotti Conad primeggiano nel 45 per cento delle categorie in cui competono, percentuale che sale al 73 per cento se si considerano anche le seconde posizioni.

Conad Adriatico, che opera nelle Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata e Puglia ed è presente con propri punti di vendita in Albania e in Kosovo, associa 273 imprenditori e nel corso del 2014 ha sviluppato un fatturato di 925,4 milioni di euro (+1,7 per cento rispetto all’anno precedente). Sono 372 i punti di vendita per una superficie di 216.811 mq (+3,2 per cento): 6 Conad ipermercato, 4 Conad Superstore, 110 Conad, 145 Conad City, 39 Margherita, 32 discount Todis e 36 di altre insegne. I collaboratori occupati nella rete sono 4.153, ai quali si aggiungono i 254 che operano nella sede di Monsampolo del Tronto (Ascoli Piceno).

La quota di mercato vede Conad Adriatico leader in Abruzzo (24,5 per cento) e nel Molise (22,7 per cento); nelle Marche è attestata all’8,5 per cento, in Basilicata al 6,5 per cento e in Puglia al 6,9 per cento (fonte: GNLC – 2° semestre 2014).

Tra i servizi per i clienti, il distributore di carburanti dell’Aquila (con un milione di euro di risparmio per i clienti), le 10 parafarmacie (oltre 955 mila euro di risparmio) e i 2 corner Ottico.

Conad Adriatico è presente dal 2006 in Albania con 34 supermercati Conad, per 19.769 mq di superficie di vendita, serviti da una piattaforma multisettoriale completamente autonoma ubicata a Tirana.

Con 699 fornitori locali la cooperativa ha sottoscritto accordi di fornitura per un valore complessivo di 212,7 milioni di euro di venduto, contribuendo al sostegno e alla valorizzazione di tante economie locali.

Sul versante sociale, la cooperativa e i soci imprenditori hanno investito sul territorio oltre 1,4 milioni di euro in attività che hanno interessato e coinvolto direttamente le comunità in cui operano (oltre il 50 per cento in Abruzzo). Attività che spaziano dal sostegno alle società sportive alla cultura e alla promozione di iniziative di carattere sociale.

Il piano di sviluppo per il biennio 2015-2016 prevede 10,5 milioni di euro di investimenti, con 33 nuove aperture e 3 nuovi distributori di carburanti oltre quello in funzione dal 2013 all’Aquila.

Nuovi snack bio, senza glutine e vegan da Sarchio a Tuttofood

Sarchio, dal 1982 specialista di un’alimentazione sana e naturale con i suoi prodotti biologici, senza glutine e vegani, si presenta all’edizione 2015 di Tuttofood (3-6 maggio) con un’immagine completamente rinnovata.

In luce la nuova linea di snack bio con sei referenze per una pausa anche anche con chi è intollerante al glutine o sceglie un’alimentazione vegana.

Abbinamenti originali e gustosi come l’incontro tra la morbidezza delle bacche di goji con la croccantezza delle mandorle, oppure quinoa e mirtilli rossi insieme per uno snack leggero, ad alto contenuto di fibre, dalle proprietà antiossidanti. Ai più golosi sono dedicati: riso e gocce di cioccolato, crispy rice con cioccolato al latte finissimo o fondente extra. Mentre chi predilige i sapori più esotici potrà gustare Sarciok, lo snack al cocco ricoperto di cioccolato al latte nella nuova e pratica confezione da tre barrette.

 

Ricerca Gea-Asset: ripensare la supply chain delle imprese alimentari

È urgente ripensare i processi di gestione della domanda e della supply chain delle imprese alimentari italiane: per sostenere il valore di prodotti eccellenti senza essere sopraffatti dalla crescente complessità del mercato; per recuperare margine ed efficienza, sfruttando al meglio la capacità produttiva di impianti spesso sovradimensionati; per muoversi con successo verso nuovi confini.

Questo, in sintesi, quanto emerge dall’indagine realizzata da Gea Consulenti di Direzione e Asset, presentata in occasione del convegno Food Boost – Liberare l’eccellenza con la supply chain che ha visto la partecipazione di oltre 200 rappresentanti dell’industria del food&beverage, secondo settore manifatturiero a livello nazionale con 6.800 imprese e € 133 miliardi di fatturato.

Ma in quale misura essere eccellenti in questi ambiti costituisce un reale vantaggio competitivo, in particolare per lo sviluppo sui mercati esteri?

«Oltre la metà delle aziende continua a sprecare capitali perché non è in grado di realizzare previsioni accurate, che siano di supporto a una programmazione strategica e ottimizzata delle attività produttive. In un mercato globale sempre più esigente e complesso, non basta guardare a come si è sempre fatto in passato e non possiamo più permetterci che questo continui a penalizzare i nostri marchi», ha commentato Luigi Consiglio, Presidente di Gea Consulenti di Direzione. «È vitale rivedere con urgenza i processi di gestione dell’intera supply chain in un’ottica più evoluta, integrata e interfunzionale; una svolta necessaria per recuperare efficienza e accelerare la crescita della nostra industria alimentare, in Italia come all’estero».

«Incremento della gamma, competizione sempre più sul tempo, pressione sulla riduzione dei costi e globalizzazione sono fenomeni che caratterizzano la maggior parte dei settori industriali; nel caso del food&beverage la complessità è enfatizzata dalla presenza di numerosi canali da servire contemporaneamente, tenendo conto delle rispettive specificità e da normative sempre più stringenti. Sfide sempre più difficili richiedono approcci sistemici e soprattutto progettualità, non solo nell’affrontare i percorsi di internazionalizzazione, ma anche nel recupero di efficienza dei sistemi produttivi e nel recupero di efficacia dei processi di pianificazione e programmazione della produzione e della catena di distribuzione» ha aggiunto Andrea Sianesi, Partner di Asset.

Il campione e le aree di indagine

L’indagine Gea-Asset ha preso in considerazione un campione selezionato di 30 aziende italiane – rappresentativo di tutte le categorie merceologiche dell’industria alimentare e di diversi livelli di grandezza e fatturato – analizzandone l’assetto organizzativo (dipendenze gerarchiche, responsabilità operative e gestionali, momenti di condivisione interna delle informazioni), le performance (livello di servizio erogato e impegno del capitale circolante) e le prassi adottate nella gestione dei processi di demand management e operations planning, nonché gli strumenti informativi a supporto.

In particolare, il panel di intervistati è composto in prevalenza di imprese del settore beverage (36%), seguito da caffè e dolciumi (20%), pasta e bakery (16%), carne e salumi (16%), latte e derivati (16%) e comparto ortofrutticolo (4%).

Più dell’80% sono aziende grandi (44% con più di 250 dipendenti) e medie (40% tra 50 e 250 dipendenti); in termini di fatturato, per il 36% delle imprese coinvolte è compreso tra 100 e 500 milioni di euro, per il 24% tra 50 e 100 milioni, superando il miliardo di euro nel 20% dei casi, per un giro d’affari complessivo di oltre € 20 miliardi. Per il 44% del campione, l’export rappresenta meno del 10% del fatturato e solo per il 16% la percentuale supera il 50%; mentre la quota derivante dalla Gdo rappresenta oltre la metà del fatturato per due terzi delle imprese, superando l’80% nel 40%.  Tutte le aziende prese in esame – concentrate prevalentemente nel Centro-Nord Italia (28% in Lombardia, 24% in Emilia Romagna e 20% in Veneto) – hanno la produzione in Italia, di cui la maggior parte con 1 o 2 stabilimenti produttivi.

I risultati dell’indagine

Solo un terzo degli intervistati, infatti, si ritiene soddisfatto dei processi adottati attualmente dalla propria azienda e il 50% conferma di avere intrapreso una revisione di tali procedure, concentrandosi soprattutto sul demand management.

Di fronte alla diffusa incapacità di realizzare previsioni oculate, la grande maggioranza delle imprese sopperisce alla difficoltà di anticipare la domanda affrontando il mercato in ottica perlopiù reattiva. Se, da un lato, solo il 25% degli intervistati ritiene di avere una buona accuratezza delle forecast, dall’altro più dell’80% sostiene di avere performance eccellenti nella flessibilità di risposta al cliente, pagando tuttavia un costo elevato in termini di efficienza interna e di impegno di capitale circolante. Questa elevata variabilità e scarsa prevedibilità della domanda impatta fortemente sulle attività di pianificazione e sui processi produttivi, tanto che meno di un quarto delle aziende del campione riesce ad avere più di una settimana di orizzonte congelato.

Guardando agli aspetti che ad oggi contribuiscono a rendere soddisfatti il 30% dei rispondenti in materia di demand planning, a fare la differenza sono la raccolta di più informazioni bottom-up dalla forza vendita e sulle promozioni dei clienti (nel 90% dei casi), una maggiore frequenza di aggiornamento delle previsioni (più che mensile per il 65%) e l’utilizzo di algoritmi a supporto (75%). Aspetti che si riflettono anche sulle aziende più soddisfatte del proprio operations planning che, potendo contare su una buona accuratezza previsionale della domanda (63% degli intervistati) riescono a garantire alla produzione un orizzonte congelato (nel 75% dei casi) e, quindi, a limitare al minimo le inefficienze, pur rivedendo spesso i piani.

Tre modelli di gestione del rapporto domanda-supply chain

In generale, tuttavia, si rilevano livelli di maturità differenti nella definizione dei ruoli deputati a gestire l’interfaccia tra la domanda e supply chain. Oltre il 50% delle imprese coinvolte non ha un processo definito per il demand management, che risulta o del tutto inesistente (26%) oppure assimilato alle vendite (26%) denotando grande confusione circa i confini di responsabilità tra le varie funzioni aziendali. Laddove esiste un’unità dedicata alla gestione della domanda (48%), questa fa capo prevalentemente all’area Supply Chain (55%). Entrando nel dettaglio dei tre livelli:

– quando il ruolo del demand manager è inesistente, le performance aziendali sono basse, vi è una scarsa visibilità sul mercato in quanto le informazioni sono raccolte solamente dalle vendite, l’export conta per una piccola percentuale del fatturato (10% circa) e vi è una limitata incidenza delle promozioni.La maggiore preoccupazione di queste aziende risiede nel rispondere alla crescente complessità del settore.

– se è assimilato alle vendite, le performance sono mediamente buone, vi sono da 3 a 5 persone che se ne occupano ma vi è una forte distinzione tra chi ha la responsabilità di gestire il mercato rispetto a chi si occupa della supply chain, l’export conta per il 20%-30% del fatturato e vi è un’incidenza delle promozioni fino al 50%. La principale criticità per questo tipo di imprese consiste nel gestire in maniera efficace il coordinamento interno tra le diverse funzioni.

– laddove esiste un’unità dedicata, le performance sono alte e la funzione dispone solitamente di molte risorse, che realizzano previsioni raccogliendo informazioni attraverso meeting periodici interfunzionali e tenendo conto sia della BaseLine sia delle promozioni, che anche in questo caso hanno un’alta incidenza; l’export rappresenta oltre il 50% del fatturato e la produzione è spesso legata a un’elevata stagionalità. La difficoltà per queste aziende sta nel gestire al meglio la collaborazione con gli attori esterni della filiera (fornitori e retailer).

Il nodo dei sistemi informatici

Infine, alla luce della crescente necessità di amministrare grandi volumi di dati complessi, diventa fondamentale avvalersi di adeguati strumenti informativi che siano di effettivo supporto ai processi decisionali e operativi dell’azienda, in un’ottica quanto più integrata. Ciononostante, guardando al campione di imprese interpellate, si evidenzia un’elevata frammentazione anche nell’utilizzo dei sistemi informatici. Spesso la scelta di soluzioni diverse, che tendono a tenere separati il demand planning (DP) dall’operations planning (OP) ostacola l’adozione di un approccio realmente interfunzionale e flessibile. In particolare: il 23% degli intervistati utilizza Excel quale unico programma a supporto per entrambe le funzioni; i sistemi ERP sono utilizzati dal 18% per il DP e dal 27% per l’OP, sebbene molto spesso integrati con Excel (rispettivamente nel 75% e 83% dei casi);  il 59% si avvale di un sistema verticale o software ad hoc per il DP, in linea con quanto accade per l’OP (50%), sempre sfruttando anche Excel per alcune funzionalità (62% DP vs 9% OP).

Il quadro complessivo che emerge dall’indagine GEA-ASSET sul food italiano è quindi quello di un settore in cui è sempre più forte l’esigenza di evolvere verso nuove prassi virtuose, che favoriscano l’adozione di un unico processo integrato di Sales & Operations planning, basato su: un ascolto più attento del mercato e dell’azienda stessa, per raccogliere le informazioni utili al processo su vari fronti, con rapidità e precisione; una maggiore collaborazione, sia tra le diverse funzioni aziendali sia verso l’esterno, con clienti e fornitori;  una misurazione più efficace delle performance del processo e un nuovo approccio all’innovazione, che sappia guardare ad esempi eccellenti anche fuori dal proprio settore, per ripensare a proprio vantaggio le regole del gioco.

Rizzoli Emanuelli, una prima a Tuttofood

Innovazione e tecniche di lavorazione artigianali caratterizzano l’offerta di conserve ittiche che Rizzoli Emanuelli produce a Parma dal 1906  che saranno in mostra per la prima volta a Tuttofood (3-6 maggio a Fiera Milano Rho)

In luce la nuova linea di Rizzoline del Mar Adriatico, alici pescate  con la tecnica sostenibile “al cerchio”, disponibili in tre varietà: in olio d’oliva, in olio extravergine di oliva e arrotolate con cappero. Per mantenerne inalterato il sapore e la freschezza, sono confezionate in atmosfera protettiva e racchiuse in un packaging semiflessibile dotato di finestra con film trasparente che protegge dai raggi UV e O2, facile da aprire e contro lo spreco di prodotto. Le nuove Rizzoline hanno la certificazione di prodotto italiano Italcheck che consente di tracciarne l’intera storia, dalla pesca alla tavola.

“Abbiamo scelto di partecipare, per la prima volta, a TuttoFood per diverse motivazioni: la maggiore enfasi che avrà questa importante manifestazione con la concomitanza di Expo e la presenza di buyer italiani e internazionali verso i quali puntiamo per consolidare il nostro percorso di sviluppo. Saremo presenti in maniera significativa, come uno dei player di riferimento nel settore, con l’obiettivo di incrementare sia la crescita nazionale sia l’export”, ha dichiarato Roberto Sassoni, Direttore Generale di Rizzoli Emanuelli.

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