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Gdo italiana poco redditizia, ma con qualche eccellenza. L’indagine Mediobanca

Crescono le vendite della GDO italiana, ma non i margini. Questa è una delle principali evidenze emerse dall’indagine sulla Grande Distribuzione Organizzata, presentata in occasione del primo GDO Annual Talk, dell’Area Studi Mediobanca.

Facile interpretare questi dati come segno di un mercato sempre più consolidato e che mostra le prime avvisaglie di saturazione. Grazie al contributo delle poste non ricorrenti sono cresciuti del 7,2% sia il risultato ante imposte che quello netto. Ciò spiega perché la redditività del capitale (Roi) dell’industria della GDO ha chiuso il 2017 al 4,8%, in calo dal 5,2% del 2016, mentre la redditività netta (Roe) si attesta al 5,3%, in crescita dal 4,9% del 2016.

 

Dai Discount alla Grande Distribuzione: chi sale e chi scende

L’analisi dei dati per comparto mette in luce dinamiche differenti. Le catene di discount hanno chiuso il quinquennio con la maggiore crescita media annua delle vendite (+9,6% dal 2013 al 2017 e +9,7% solo nel 2017). Anche la Distribuzione Organizzata, che comprende forme consortili e di unione volontaria, è stata molto dinamica (+5,6% medio annuo dal 2013 e +6,1% nel 2017). Bene anche la Lega delle Cooperative (Legacoop), che annovera i due maggiori operatori del settore: Conad, che ha realizzato dal 2013 una crescita media annua del 3,1% e del 5,3% nel 2017 e le Coop, che hanno segnato un progresso medio del giro d’affari del +0,7% nel periodo e del +3,4% nel solo 2017. In calo, invece, la Grande Distribuzione, il cui fatturato è in ripiegamento in media dello 0,2% rispetto al 2013, ma che ha comunque chiuso il 2017 col segno “più” (+0,2%). 

I discount si impongono anche in quanto a rendimento del capitale, con un Roi del 19,9% nel 2017, superiore a quello della Distribuzione Organizzata (9,2%) e della Grande Distribuzione (3,5%). All’interno del mondo cooperativo Conad segna il 7,9%, il gruppo Coop lo 0,6%.

In sintesi: nel 2017 i discount hanno realizzato vendite pari al 15,6% del totale, ma utili pari al 34,2%; la Distribuzione Organizzata rappresenta il 33% del giro d’affari, ma cuba utili per il 44,3%; la Grande Distribuzione muove un fatturato pari al 27,2% ma raccoglie solo il 2,5% degli utili. Il mondo cooperativo: vendite per il 24,2% del totale e utili per il 18,9%.

 

I Top player della GDO italiana

Scendendo ulteriormente nel dettaglio dei singoli operatori, la top5 per incremento del fatturato nel 2017 vede in testa il gruppo Crai (+14,2%), seguita dalla catena discount Eurospin (+11,1%). Terza la Végé (+9,8%) che ha preceduto MD (+8,8%) e la tedesca Lidl (+8,5%), anch’esse appartenenti al segmento discount. Hanno superato la soglia di crescita del 5% anche Agorà (+7,5%), Despar (+6,9%) e Conad (+5,3%). La top5 cambia se si analizza tutto il quinquennio. Il maggiore tasso di crescita medio annuo è, infatti, della MD (+15,6%) che precede Crai (+9,8%) e Lidl (+9,2%).

Il gruppo più redditizio in base al rendimento del capitale investito (Roi) del 2017 è Eurospin (23%), che precede MD (18,6%) e Lidl (16,9%). A seguire Agorà (12,5%), Végé e Crai (entrambe 11,7%) e C3 (11%). Performance diverse dovute a molteplici fattori (ubicazione, tipologia e assortimento dell’offerta, riconoscibilità del brand e sua fidelizzazione, superficie occupata, ecc.). In questo senso soffre soprattutto il segmento Iper il cui format deprime notevolmente le performance economiche degli operatori. 

Con 1.245€ mln di utili netti cumulati nel periodo 2013-2017 Esselunga detiene il primato di risultati nel quinquennio. Sul podio anche Conad (872 mln) e Eurospin (817 mln). Più indietro Selex (618 mln), Lidl (398 mln) e Végé (320 mln). Se si rapportano gli utili cumulati del periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount non hanno rivali: il gruppo MD ha accumulato utili pari a 2,6 volte il patrimonio netto iniziale, Eurospin e Lidl pari a 1,6 volte. Tutti gli altri operatori hanno multipli inferiori all’unità.

 

La GDO internazionale

I diciotto principali gruppi della GDO a livello internazionale hanno chiuso il 2017 con ricavi aggregati pari a 1.258€ mld, in crescita del 3,3% rispetto al 2016. In particolare, la statunitense WalMart si conferma il player più forte al mondo grazie al suo imponente fatturato di 413,4€ mld, di poco superiore al Pil dell’Austria. A seguire un’altra americana, Kroger con 102,3€ mld, la francese Carrefour (78,9€ mld), la britannica Tesco (64,8€ mld) e l’olandese Ahold Delhaize (62,9€ mld). Ampiamente indietro il maggior operatore italiano, Coop con 14,8€ mld di vendite al lordo dell’Iva, soprattutto se si considera che l’ultimo operatore estero considerato, la spagnola Mercadona, ha segnato nel 2017 vendite nette pari a 21€ mld.

I big della GDO mondiale hanno una forte proiezione internazionale che permette loro di realizzare all’estero una parte consistente del proprio giro d’affari. L’olandese Ahold Delhaize, in particolare, fattura all’estero il 78,2% delle vendite, prima assoluta in questa speciale classifica. Subito dopo troviamo tre gruppi francesi: Auchan (64,3%), Carrefour (54,6%) e Casino (44,7%). Il discorso cambia per i player statunitensi che, WalMart a parte (23,8% del fatturato prodotto all’estero), operano solo sul mercato domestico. I grandi della GDO italiana hanno una dimensione esclusivamente nazionale, così come anche la britannica J Sainsbury, la canadese Loblaw e la spagnola Mercadona

Capitolo Roi: nel 2017 si attesta al 9,9%, su livelli doppi rispetto a quelli segnati dall’aggregato italiano. Anche i grandi player mondiali mostrano tuttavia segni di riduzione della redditività lorda che era pari all’11,8% nel 2015 e all’11% nel 2016. L’australiana Woolworths è il gruppo straniero che ha fatto segnare nel 2017 il Roi più elevato (20,7%), seguita dalle statunitensi Publix Super Markets (20,5%), Target (18,6%) e WalMart (15,8%). Unendo la classifica per Roi degli operatori internazionali e italiani troveremmo Eurospin al primo posto assoluto (23%), mentre MD (18,6%) si collocherebbe quinta, appena prima di Lidl Italia (16,9%). Dall’ottava alla undicesima posizione, invece, troveremmo i gruppi Agorà (12,5%), Végé e Crai (11,7%), e C3 (11%). 

 

L’e-commerce nella GDO alimentare in Italia e all’estero

L’e-commerce alimentare in Italia è ancora poco sviluppato, ma rappresenta un segmento in crescita nel mercato degli acquisti online. Nel 2018 il suo giro d’affari, nonostante incida solo per il 4% della domanda e-commerce italiana, è cresciuto del 34% rispetto al 2017 raggiungendo un valore di 1,1 miliardi di euro. Gli acquisti online di prodotti alimentari da supermercato hanno raggiunto nel 2017 un valore superiore ai 200 milioni di euro con un incremento di oltre il 50% rispetto all’anno precedente. Gli italiani spendono in media molto meno online: 500€ annui per i nostri web shopper contro i 1.850€ registrati in Francia.

L’incidenza dell’e-commerce sul fatturato totale è ancora bassa anche a livello internazionale (intorno al 4-5%). In Italia, Esselunga ha dichiarato vendite online nel 2017 per 180 mln (2,4% del fatturato).

L’indagine completa è disponibile per il download sul sito www.mbres.it

Agrintesa: nei 17 punti vendita a filiera corta le vendite crescono del 6%

Da spacci aziendali a boutique con allestimenti ricercati, da ex magazzini a luoghi dedicati dove la Cooperativa incontra la sua comunità di riferimento e consente al cliente di vivere esperienze di acquisto uniche.

Eccoli i 17 punti vendita Agrintesa (16 diretti più il negozio “Qui da noi” di Cervia gestito con altre cooperative), “una vera e propria azienda nell’azienda – come spiega il direttore Cristian Moretti – che continua a registrare trend di crescita, dato che il 2018 si chiude con un aumento delle vendite superiore al 6% rispetto all’anno scorso”. Scendendo nel dettaglio, si parla di oltre 6.700 tonnellate di ortofrutta e 14.000 ettolitri di vino venduti nei negozi presenti in maniera capillare nelle province di Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna e Modena, per un fatturato complessivo che quest’anno raggiunge gli 11 milioni di euro.

“I nostri punti vendita rappresentano la filiera corta che valorizza le produzioni dei soci e dei territori in cui opera la Cooperativa – continua Moretti – offrendo ai consumatori frutta e verdura di stagione, con una qualità molto elevata e a prezzi competitivi. In questi anni Agrintesa ha sviluppato una divisione aziendale specializzata proprio per la gestione dei negozi, dove lavorano 90 persone altamente qualificate e formate per svolgere questo servizio. Sono soprattutto donne, impegnate ogni giorno ad accompagnare il cliente in un’esperienza di acquisto completa, fornendo consigli e suggerimenti su stagionalità dei prodotti, ricette, tracciabilità, origine e qualità. Per noi è finito il tempo degli spacci aziendali poco attraenti per il pubblico, da anni investiamo su botteghe di alta qualità capaci di fidelizzare il cliente e rappresentare il biglietto da visita della Cooperativa nei confronti del territorio”.

I numeri di Agrintesa

Tornando ai numeri, il 2018 per i punti vendita Agrintesa si chiude con 1,2 milioni di presenze, una media di 23.000 scontrini staccati a settimana con punte di oltre 600 al giorno nei negozi più frequentati. L’80% delle vendite riguarda frutta e verdura, a partire dai prodotti di punta della Cooperativa: fragole, ciliegie, nettarine, albicocche, pere, mele, kiwi, susine, lattughe e ortaggi vari. Il restante 20% è dato dal vino, venduto sia sfuso che in bottiglia, proveniente dalle cantine di Agrintesa, oltre che da prodotti minori come olio, miele e trasformati.

L’organizzazione logistica dei punti vendita ha la sua base a Gambettola (FC), dove si trova la moderna piattaforma di 1500 metri quadri da cui partono le spedizioni per tutti i 17 negozi. “La maggioranza dei prodotti – dichiara Vittorio Berardi, direttore dei punti vendita Agrintesa – è coltivata dai nostri soci; ogni giorno selezioniamo le migliori produzioni nei vari territori in cui opera la Cooperativa e componiamo l’assortimento completo da destinare ai singoli negozi. I clienti possono indirizzare le proprie scelte anche sui prodotti dei nostri marchi come Valfrutta Fresco, Alegra, Opera, Mela Più, Alce Nero e altri ancora. Ci sono poi i nostri vini I poderi delle rose e I Calanchi, senza dimenticare i prodotti di Conserve Italia, il nostro Consorzio cooperativo di riferimento per la trasformazione alimentare che produce succhi di frutta, conserve rosse, legumi e vegetali con i marchi Valfrutta, Cirio, Yoga e Derby Blue”.

Nell’ottica di favorire l’incontro tra la Cooperativa e il territorio (con particolare attenzione ai Millenials), Agrintesa ha avviato iniziative di comunicazione e marketing legate ai punti vendita. Si va dagli eventi organizzati a livello locale con degustazioni, presentazioni e dimostrazioni di utilizzo dei prodotti in cucina, fino a una campagna social partita di recente con l’avvio di una pagina Facebook esclusivamente dedicata ai negozi e che in pochi mesi ha triplicato seguaci e traffico con il racconto dei prodotti, i consigli sulle ricette, le informazioni relative alle offerte della settimana e le continue interazioni con i consumatori. I negozi diventano poi un punto di incontro privilegiato tra Agrintesa e i consumatori anche grazie alle azioni messe in campo sul web, dove per ognuno dei 17 punti vendita è stato sviluppato un apposito profilo Google My Business costantemente aggiornato, così da favorirne l’indicizzazione sui motori di ricerca.

“Lo spirito con cui Agrintesa gestisce e promuove questi negozi – conclude il direttore Moretti – è quello di valorizzare le produzioni dei soci e fare conoscere la Cooperativa anche fuori dal suo tradizionale ambito d’azione. Per il futuro non ci precludiamo la possibilità di nuove aperture, dove le condizioni dovessero verificarsi favorevoli”.

Osservatorio Findomestic: i beni durevoli crescono dell’1,5% a valore. Ed è boom per l’e-commerce

Nel 2018 i consumi degli italiani sono in crescita di 21,14 miliardi di euro (+2%) rispetto al 2017: la spesa totale raggiunge 1.000 miliardi e 80 milioni, consolidando un trend positivo che dura da cinque anni (8,65%dal 2014). I dati dell’Osservatorio dei Consumi Findomestic 2018, realizzato in collaborazione con Prometeia, dimostrano che il mercato dei beni durevoli è cresciuto dell’1,5% in valore, con un incremento doppio nel comparto casa (+2%) rispetto a quello dei veicoli (+1%). L’Osservatorio registra anche il boom dell’e-commerce: si stima un aumento in valore del 16% a fine anno. Quello che sta per concludersi, inoltre, rappresenta per il credito al consumo, che cresce del 3,9% negli ultimi 12 mesi, il settimo anno in positivo. “In questa ripresa del settore – afferma Chiaffredo Salomone, ad di Findomestic – la nostra società ha evidenziato tassi d’incremento dei finanziamenti erogati molto superiori alla media e si appresta a chiudere l’anno con una crescita del 9,1%, più del doppio rispetto alla media del mercato”.

Vediamo nel dettaglio le evidenze principali dell’Osservatorio.

Beni durevoli

Nel 2018 il mercato dei beni durevoli vale 83 miliardi e 203 milioni, distribuiti fra il settore dei veicoli (53%) e quello della casa (47%) . Se i consumi totali sono cresciuti in valore mediamente dell’1,8% nell’ultimo quinquennio, il mercato dei durevoli è migliorato in media del 4,7%, rivelandosi il più dinamico con un’incidenza sui consumi totali passata dal 6,8% del 2014 al 7,7% del 2018. “La riattivazione del ciclo dei durevoli – spiega Claudio Bardazzi, responsabile dell’Osservatorio Findomestic – è stata sostenuta non solo dalla ripresa economica e dal miglioramento del quadro di redditi e occupazione, ma anche dai bassi tassi d’interesse e dalla presenza di incentivi fiscali, oltre che dalla necessità di sostituzione dopo i rinvii e le rinunce all’acquisto negli anni della crisi”.

Veicoli: va meglio l’usato

Il mercato dei veicoli pesa per il 3% sui consumi totali, con un incremento dell’incidenza dello 0,7% rispetto al 2014. Nell’anno che volge al termine le vendite di veicoli risultano in crescita dell’1,6% in volume, mentre i prezzi sono in calo dello 0,5%. Il primato per giro d’affari spetta alle auto usate con quasi 19 miliardi di euro, mentre il mercato delle auto nuove, secondo le stime di Prometeia, a fine anno raggiungerà 17,6 miliardi di euro per un totale di 1.932.000 immatricolazioni con una contrazione del 2,1% in valore e del 2,9% in volume: una quota di equilibrio per il mercato italiano, in assenza degli incentivi alla rottamazione che avevano spinto la domanda nei primi anni 2000. 

Calano del 3,5% le immatricolazioni dei privati, confermando l’andamento negativo già rilevato nel 2017. Brusca frenata anche per le auto aziendali, per le quali si registra una flessione del 2,2% dopo l’impennata del +22,8% dello scorso anno. A rallentare l’acquisto di auto nuove – secondo l’Osservatorio Findomestic – contribuiscono l’incertezza della situazione economica, la crescente incidenza sui budget familiari dei durevoli per la casa, gli interventi di policy come l’introduzione della procedura di omologazione WLPT (il nuovo standard per le emissioni inquinanti in vigore da settembre 2018) e i provvedimenti contro le motorizzazioni diesel, ma anche la diffusione del car sharing nei grandi centri cittadini e una crescente propensione verso il noleggio a lungo termine (NLT).  Sono 881mila le auto NLT in circolazione: nel 2018 le immatricolazioni toccheranno le 276.000 unità con un aumento del +6,1% rispetto al 2017, garantendo al settore una quota di mercato del 14,3%. 

Anche se il primato è a rischio, più di un’auto su due (54%) di nuova immatricolazione è alimentata ancora a diesel, nonostante il calo del 10% registrato quest’anno. Le auto a benzina crescono del 4% e raggiungono una quota del 33%, mentre quelle con alimentazione alternativa aumentano del 15% per una fetta di mercato pari al 13%. Le ibride/elettriche sono in aumento del 40% e valgono un terzo di quelle con alimentazione alternative. I veicoli a metano crescono del 23% mentre sono in lieve flessione (-0,6%) quelli a GPL.

Il mercato dell’usato cresce in valore del 3,5% e in volume del 3%, ma mostra un rallentamento rispetto al 2017 quando la domanda era stata sostenuta da un’immissione record di vetture a km 0 (+49% la variazione rispetto al 2016). La propensione all’acquisto di vetture usate è favorita non solo dall’incertezza della situazione economica, ma anche dall’offerta particolarmente vivace nel segmento delle km 0 e delle vetture provenienti dal noleggio. Se sul mercato del nuovo si sta registrando un progressivo ‘abbandono’ del diesel, nell’usato le compravendite di auto a gasolio si mantengono in crescita (+6%).

Due ruote

L’Osservatorio dei Consumi Findomestic registra che il mercato dei motoveicoli nel 2018 cresce del 6,2% in valore e del 3,4% in numero di immatricolazioni. Sono 215mila le moto vendute nel 2018 (+5,2%), mentre i nuovi ciclomotori in circolazione sono 21mila, in calo dell’11,3% soprattutto a causa della concorrenza degli scooter di media cilindrata e delle e-bike, oltre che dall’affermarsi di nuovi tipi di status symbol per i giovani, che preferiscono “spostarsi virtualmente” con i dispositivi elettronici. 

Camper

Il mercato dei camper si conferma in espansione sia in termini di pezzi venduti (+17,1%) che in valore (+19%). Il giro d’affari dei camper ammonta a 232 milioni di euro: una nicchia che, però, sta attirando di anno in anno un numero crescente di appassionati, in un contesto generale di ripresa del numero di viaggi turistici.

 

Casa e tecnologia consumer

Secondo i dati elaborati da Prometeia il settore casa nel 2018 cresce del 2% in valore. Findomestic: “Siamo nell’era del consumatore ‘connesso’ che acquista sempre più beni collegati alla Rete, multifunzionali e di fascia premium”.  Non a caso nell’ultimo anno il segmento della tecnologia consumer è calato in volume del 2,7% ma ha visto una crescita media dei prezzi del 5,6%: il risultato è un incremento in valore del 2,7% per un totale di 14 miliardi e 800milioni, a un passo dal primato dei mobili cresciuti dell’1,8% per un fatturato totale di 15miliardi di euro. Il mercato del mobile da un lato è stato favorito dalla ripresa dell’immobiliare, ma dall’altro è stato penalizzato dall’applicazione del bonus mobile esclusivamente alle ristrutturazioni edilizie. Vale, invece, 4 miliardi e mezzo il mercato del bricolage (+0,7%), il cui contributo positivo alla performance del settore è da ricondurre soprattutto alla crescita della domanda di utensili e attrezzi per la casa e il giardino (1,3% in valore). 

Boom per gli smartphone

L’Osservatorio Findomestic rileva per il 2018 un +10,6% di fatturato per il segmento telefonia con un fatturato che sfiora i 6 miliardi di euro. I dati evidenziano la preferenza degli italiani soprattutto per gli smartphone di alta gamma: infatti le unità vendute sono in flessione del 2% (decretando la conclusione del processo di sostituzione dei telefoni di vecchia generazione), ma i prezzi sono in ascesa del 12,9%. Il mercato riceve un sostegno anche dalla crescita dei prodotti di nicchia, quali le cuffie (+41% in valore) e i dispositivi indossabili (+9%).

Tablet e portatili

Il decremento dell’1,1% in valore per l’Information Technology è ancora più pesante se si guarda all’andamento dei volumi, in flessione del 3,4%. A contribuire negativamente sono tablet (-12%) e PC portatili (-3,5%) che, insieme valgono quasi la metà del mercato. Un contributo positivo arriva dalle cartucce per stampanti, (+3%), da monitor (+20%) e videogiochi con accessori (+11,5%).

 

Televisori e macchine fotografiche

Prometeia valuta una decrescita del 3,5% in valore per l’elettronica di consumo, fortemente condizionata dai risultati negativi dei televisori (-1,6%) che rappresentano l’80% del fatturato. Gli importanti progressi delle vendite di smart tv e di televisori con schermi di grandi dimensioni (oltre i 55 pollici) non bastano a riportare il segmento su un terreno di ripresa subendo la concorrenza dei prodotti delle telecomunicazioni, che offrono la possibilità di fruire dei contenuti audio-visivi in mobilità. Resta stabile sui livelli 2017, invece, il segmento audio statico, grazie agli home sound system (impianti audio wireless) e soprattutto a quelli con assistenti vocali incorporati (Alexa di Amazon Echo e Google Home) che crescono dell’1,2%. L’unico contributo positivo alla dinamica del mercato continua a provenire dai droni, che con tassi di crescita a doppia cifra (+14,6%) ha conquistato nel giro di 3 anni (2016-2018) l’1,3% del fatturato del settore (circa 24,5 milioni di euro). 

Da segnalare il calo del fatturato del settore fotografico. Per le macchine digitali (73% del mercato) la contrazione è dell’1,7%, mentre per reflex e obiettivi intercambiabili (27% del mercato) il decremento è dell’1,5%. Il crollo delle vendite e del volume d’affari è dovuto prevalentemente alla diffusione degli smartphone, in grado di garantire una qualità dell’immagine sempre maggiore.

Elettrodomestici, meglio i piccoli

Il mercato degli elettrodomestici grandi chiuderà l’anno in declino: -2,3% di fatturato con -1,5% nei volumi e -0,8% nei prezzi. La riduzione – più netta nel comparto del freddo con un -3,2% – arriva al termine di quattro anni di crescita ininterrotta. In controtendenza il dato relativo alle asciugatrici, che fanno registrare un’impennata del +10,8% in valore grazie al traino dei prodotti ad alto contenuto tecnologico quali le asciugatrici con pompa di calore. I risultati attenuano solo parzialmente il calo delle vendite di lavatrici (-2,3%) e lavastoviglie (-4,9%). Segno positivo, invece, per gli elettrodomestici piccoli con un fatturato complessivo di 1,4 miliardi di euro per una crescita dello 0,3% (-2,3% volumi e +2,8% prezzi). Il trend positivo del fatturato è attribuibile esclusivamente al segmento “cura della casa” (+7,4%), in cui gli aspirapolvere (che rappresentano il 23% del mercato dei piccoli elettrodomestici) segnano un’importante crescita (+23,4%). Un’evoluzione sostenuta dalla domanda di soluzioni smart quali i robot che alla funzione di aspirazione affiancano quella di sorveglianza della casa attraverso telecamere integrate. In calo, invece, il segmento “preparazione del cibo” (-5,1%) e quello “cura della persona” (-2,3%). 

 

Caldo e freddo

La brusca frenata nelle vendite dei condizionatori (-11,5%), soprattutto di quelli portatili, e il tracollo delle stufe elettriche (-30,9%) trascina in territorio negativo il segmento dell’home comfort, per cui l’Osservatorio Findomestic calcola un calo del 14,1% in volumi e del 10,2% in valore.  Si mantengono in crescita (+3,3%) i prodotti per il trattamento dell’aria (pulizia, deumidificazione ed umidificazione) che rappresentano il 14% del settore.

e-commerce, il vero protagonista

Negli ultimi 5 anni il mercato dell’e-commerce, in base ai dati del Politecnico di Milano, è passato dai 14,3 miliardi del 2014 ai 27,4 miliardi di euro del 2018, crescendo di anno in anno a due cifre e apprestandosi a chiudere l’anno con un incremento in valore del 16%. L’e-commerce è composto per il 44% da servizi, con il turismo che ricopre la quota più ampia (35,8%), e per il 56% da prodotti tra cui spiccano quelli dei comparti informatica e elettronica (16,8%), abbigliamento (10,6 %), arredamento (5,1%), food & grocery (4%) e editoria (3,6%). Tra i beni durevoli, secondo l’Osservatorio Findomestic, nel 2018 risultano in forte crescita i mobili (+50%), l’elettronica di consumo (+30%), l’home comfort (+24%) e la telefonia (+23%). Online si comprano meno soltanto i prodotti della fotografia (-7%), che però continua a rappresentare il segmento in cui l’incidenza dell’e-commerce è più elevata (con un peso del 26%.) 

Il credito al consumo

In un contesto di crescita dei consumi, il mercato del credito al consumo prolunga l’andamento positivo che dura da sette anni e si prepara a salutare il 2018 con erogazioni per 67 miliardi di euro e un saldo positivo del 3,9%. “Findomestic nello stesso arco di tempo ha evidenziato tassi d’incremento sempre superiori alla media del mercato – commenta Chiaffredo Salomone, ad della società del Gruppo BNP Paribas – e quest’anno chiuderà con un +9,1% rispetto al 2017. Questa crescita si spiega anzitutto con l’appartenenza a un grande gruppo bancario, che da sempre ci mette nelle migliori condizioni per svolgere il nostro mestiere. Le buone performance, però, dipendono anche dalla bontà dei piani industriali orientati all’innovazione e dalle scelte in materia di responsabilità sociale intraprese da Findomestic nel rispetto dei propri clienti, della comunità in cui opera e dei propri dipendenti”.

 

Nel settore dei beni durevoli il ricorso al credito al consumo aumenta quando l’esborso si fa più elevato per il consumatore. Nel mercato dell’auto nuova il 75% degli acquisti avviene a rate; la quota si alza al 90% per l’auto usata e al 92% per le due ruote. Un finanziamento per l’auto nuova ammonta mediamente a 15.000 euro, 10.400 euro per l’auto usata, 4.600 euro per i motoveicoli, 840 euro per elettrodomestici ed elettronica e 2.500 euro per mobili e arredo. In Italia i prestiti erogati online rappresentano il 4% del totale di mercato e Findomestic eroga il 40% di questi prestiti affermandosi come leader del segmento, che per la società del gruppo BNP Paribas costituisce il 14% del totale dei prestiti erogati. 

Rosso Antico ritorna come aperitivo d’alta gamma e con un packaging premium

Rosso Antico ritorna sulla scena degli aperitivi di alta gamma con la riattualizzazione della formula che lo rese famoso negli anni ‘60 e ‘70 e un’identità visiva rivisitata che riprende quella storica.

È il 1962 quando, dall’esperienza liquoristica della Distilleria Jean Buton, nasce Rosso Antico, un aperitivo originale a base di vino dal sapore deciso e dall’iconica bottiglia. Con la sua celebre bevuta in coppa, liscio con scorza d’arancia, diventa un’icona del tempo tanto da guadagnarsi l’appellativo di Principe degli aperitivi. È un vermouth dalla formula complessa, nata dall’unione sapiente di vini bianchi selezionati e 33 erbe aromatiche. La lavorazione accurata delle materie prime, unita alla particolare attenzione nelle fasi della produzione, sono il segreto della sua formula. Le tre specie di Artemisia – l’Assenzio maggiore, l’Assenzio pontico e l’Assenzio gentile – conferiscono il giusto grado di personalità e amaricità. L’elemento distintivo del bouquet di Rosso Antico però è l’Ireos Florentina, la più pregiata varietà di iris, che dona al vermouth la sua tipica nota floreale. Nel rispetto della ricetta tradizionale, l’iris viene lavorata singolarmente attraverso un processo artigianale per conservarne ed esaltarne i principi aromatici. Rosso Antico è perfetto in cocktail classici a base vermouth, come l’Americano, o liscio come si beveva una volta.

Ritorno alle origini anche per la bottiglia di Rosso Antico, oggetto di un processo di restyling curato da RobilantAssociati con l’obiettivo di recuperarne l’immagine storica degli anni ’60. Il risultato è un packaging premium con in evidenza alcuni dettagli dell’identità storica del prodotto: Premiata Distilleria, il suo anno di fondazione (1820) e la firma di Jean Buton. Il vetro riprende la forma iconica originale rendendola più armonica, l’etichetta richiama le erbe aromatiche del prodotto, mentre lo stemma della Distilleria Jean Buton sulla parte superiore della bottiglia rappresentare il sigillo dell’heritage italiano.

 

Antica Focacceria San Francesco entra nell’orangerie del Mantova Outlet Village

Antica Focacceria San Francesco porta i colori e i sapori della Sicilia nella orangerie che da oggi arricchisce la piazza del centro del Mantova Outlet Village.

Clienti e visitatori del fashion district possono gustare le ricette originali nate nel cuore della Vuccirìa di Palermo all’interno del nuovo “giardino d’inverno” realizzato per la riqualificazione della piazza centrale dell’outlet mantovano.

“Con l’apertura a Mantova Outlet Village Antica Focacceria San Francesco raggiunge simbolicamente i dieci punti vendita sul territorio nazionale. Dopo Milano, Roma, Bergamo, Brescia siamo soddisfatti di portare il nostro marchio anche all’interno del fashion district mantovano” dichiara Claudio Baitelli, AD di FC Retail. “Il progetto della nuova orangerie nella quale siamo inseriti è per noi un valore aggiunto, capace di esaltare l’immagine del nostro punto vendita. Ci auguriamo che il pubblico del centro possa conoscere e apprezzare fin da subito le ricette di Antica Focacceria: un marchio che propone una cucina unica e popolare, ricca dei gusti e dei sapori appartenenti a una lunga tradizione”, conclude Baitelli.

Il punto vendita si colloca nella nuova oasi di relax e si distingue per lo stile essenziale e contemporaneo che conserva richiami evidenti all’architettura liberty del negozio originale di Palermo, aperto fin dal 1834.

Lo spazio può accogliere la clientela in un’ampia e confortevole sala interna, fornita di oltre 80 posti a sedere, e di un déhors con oltre 65 posti.

Marchio unico nel suo genere con oltre 180 anni di esperienza nella ristorazione, l’Antica Focacceria presenta a Mantova Outlet Village la sua offerta culinaria semplice e accessibile, caratterizzata dal meglio della cucina tradizionale siciliana.

I clienti potranno infatti gustare le specialità del “cibo da strada” siciliano, come arancine, panelle e cazzilli, insieme ai piatti storici come la pasta “chi sardi”, la pasta alla norma, gli anelletti al forno, l’involtino di carne gratinato ai pistacchi, la frittura di pesce con bastoncini di zucchine croccanti. Non possono naturalmente mancare i dolci più caratteristici della pasticceria isolana come i celebri cannoli siciliani, le cassatine e le granite.

Dopo le recenti aperture di CityLife Milano e Franciacorta Outlet, il punto vendita di Mantova Outlet conferma la capacità di Antica Focacceria San Francesco di intercettare e soddisfare la clientela che frequenta le più importanti destinazioni dello shopping contemporaneo.

Anche sui regali di Natale incombe l’incubo contraffazioni

Purtroppo neanch a Natale i contraffattori vanno in vacanza. Stando infatti alla nuova ricerca di MarkMonitor pare che consumatore su tre (30%) abbia inavvertitamente acquistato un prodotto falso, e che il 68% di questi prodotti contraffatti siano stati comprati come regali di Natale.

La paura delle frodi online e dei falsi è sempre presente, in particolare durante la stagione festiva. Il 45% dei consumatori infatti teme di acquistare prodotti falsi come regalo di Natale, il 46% è preoccupato di utilizzare la propria carta di credito online e il 53% non acquista tramite i social media.

 

I risultati della ricerca mostrano che, nonostante non tutti gli acquisti di Natale vengano fatti online, i consumatori spendono la maggior parte del loro denaro in rete (sui marketplace 37% e sui siti ufficiali dei brand 17%), mentre il 38% spende la maggior parte del proprio budget di Natale nei negozi fisici.

I consumatori, inoltre, hanno dimostrato un maggior livello di consapevolezza in termini di sicurezza quando effettuano acquisti sui marketplace online (88%), tramite i link nei risultati di ricerca (63%) e sulle app degli smartphone (59%).

Paradossalmente, i consumatori che acquistano inconsapevolmente prodotti contraffatti lo hanno fatto proprio sui marketplace (26%), tramite app su smartphone (17%), dai risultati dei motori di ricerca (13%) e post sponsorizzati sui social media (11%). Ciò si verifica a dispetto del fatto che molti canali, come ad esempio i marketplace, abbiano in atto programmi per mitigare il rischio di vendita di prodotti contraffatti.

“I consumatori stanno diventando più accorti nel loro comportamento d’acquisto online, tuttavia non è ancora abbastanza. Sono tuttora vittime dei contraffattori, vengono ingannati e indotti a comprare prodotti falsi. Sempre più spesso guardano ai brand come guida e protezione, ed è di fondamentale importanza che i brand si assicurino di fare tutto il possibile per proteggere i consumatori, non solo a Natale ma durante tutto l’anno” afferma Chrissie Jamieson, Vice President Marketing di MarkMonitor.

La ricerca mostra inoltre che la maggioranza (88%) dei consumatori che sono stati truffati dai contraffattori crede che i brand dovrebbero fare di più per proteggerli.

“Gli acquirenti stanno spendendo sempre più soldi online, il che aumenta il rischio di frodi o di comprare inavvertitamente un prodotto contraffatto. Questo mette in evidenza la natura onnicomprensiva della protezione del brand attraverso tutti i canali, anche quelli ritenuti più affidabili dai consumatori. In definitiva, non si tratta solo dei brand e di proteggere la propria reputazione e i propri guadagni, né si tratta di evitare che i consumatori abbiano problemi o perdano il proprio denaro. Molti prodotti contraffatti, di elettronica, cosmetica e perfino giocattoli, rappresentano infatti un enorme rischio per la salute fisica e il benessere dei consumatori.

Il report completo è disponibile qui: www.markmonitor.com/shoppertrust

Nota metodologica

L’indagine è stata commissionata da MarkMonitor e condotta dalla società indipendente specializzata in ricerche di mercato Vitreous World. Il campione intervistato è formato da 2.600 adulti provenienti da cinque Paesi, tra cui Regno Unito, Stati Uniti, Francia, Germania e Italia. Le interviste sono state condotte online durante Novembre 2018.

La ricerca ha coinvolto 2600 consumatori tra Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Francia e Italia per valutare il comportamento nei confronti dello shopping online, l’acquisto di prodotti contraffatti e il ruolo dei brand.

 

Cuki a fianco di Banco Alimentare con l’iniziativa “Solida lei, solidale tu”

Il Natale è alle porte e, come di consueto, il consumo di alimenti e bevande aumenterà notevolmente (stimato un + 3%) per imbandire le nostre tavole per il classico pranzo e cenone di Natale. Ma c’è anche un altro lato della medaglio: lo spreco di cibo.

Consapevole di questo “rischio”, Cuki vuole portare all’attenzione dei consumatori il delicato argomento degli sprechi, dando la possibilità di donare a Banco Alimentare, attraverso l’iniziativa «Solida lei, Solidale tu», una vaschetta per ogni confezione di vaschette acquistata. Tale vaschetta sarà infatti usata da Banco Alimentare per l’attività di recupero del cibo svolta durante tutto l’anno sul territorio nazionale, raccogliendo le eccedenze dalle mense aziendali e dai luoghi di ristorazione collettiva per redistribuirlo alle strutture caritative.

Un semplice gesto diventa così un grande contributo: con «Solida lei, Solidale tu» chi deciderà di scegliere una delle confezioni che riportano la dicitura «Solida lei, Solidale tu», potrà quindi contribuire efficacemente alla redistribuzione della « ricchezza alimentare », impegno che Cuki e Banco Alimentare portano avanti dal 2011 con il progetto Cuki Save the Food.

Nato nel 2011, in collaborazione con la Fondazione Banco Alimentare, la Onlus che ogni giorno dal 1989 recupera le eccedenze della produzione agroalimentare e le redistribuisce a circa 8.000 strutture caritative, Cuki Save the Food, sostiene il lavoro della Fondazione fornendo centinaia di migliaia di vaschette in alluminio e di casse termiche per conservare, trasportare e redistribuire il cibo. Dal 2011 ad oggi sono quasi 9.000.000 le porzioni di cibo pronto recuperate.

«In linea con i nostri principi e il progetto di Responsabilità Sociale questa iniziativa ci vede ancora una volta al fianco del Banco Alimentare, ha spiegato Carlo Bertolino, Direttore Marketing Cuki. Grazie alla Social Special Edition « Solida lei, solidale tu », doniamo alla Fondazione 260.000 vaschette in alluminio, strumento fondamentale per l’azione di recupero e ridistribuzione del cibo non consumato. Con le vaschette che partecipano alla promozione « Solida Lei, solidale tu », il consumatore potrà aiutare, con la sua scelta, Banco Alimentare e contribuire alla riduzione dello spreco alimentare, che nel nostro Paese è ancora molto alto. Ammonta, infatti a 76 kg la quantità di cibo annualmente sprecato in media da ogni italiano, con un valore economico che in Italia supera i 12 miliardi di euro*».

« Cuki è ogni giorno sempre di più un partner strategico per Banco Alimentare perché, grazie anche a questo prezioso contributo, siamo riusciti in questi anni ad aumentare di circa il 20% i volumi del cibo che facciamo arrivare sulle tavole di chi ha bisogno, 1 milione e 500 mila persone in tutta Italia – dichiara Andrea Giussani – Presidente della Fondazione Banco Alimentare Onlus. I contenitori Cuki sono infatti perfetti per recuperare alimenti freschi e cucinati, che hanno bisogno di essere recuperati, conservati e trasportati in maniera corretta, secondo i disciplinari di igiene e sicurezza che Banco Alimentare ha adottato»

 

Fonte “Surplus Food Management. Against Food Waste. Il recupero delle eccedenze alimentari. Dalle parole ai fatti.” Paola Garrone, Marco Melacini, Alessandro Perego

 

Bicocca Village: crescita a doppia cifra grazie a un lavoro di squadra

Benché il contesto economico che caratterizza il settore dei centri commerciali registri in Italia fatturati ed affluenze in diminuzione, qualche interessante eccezione c’è. Come quella rappresentata dal  Bicocca Village. Inaugurato nel 2005 (39.862 mq di GLA), con un format all’avanguardia, dal 2015  il Centro ha registrato incrementi di fatturato  a doppia cifra: a settembre 2018 rispetto al medesimo periodo del 2017 la crescita era pari al 15% circa. Anche l’affluenza è costantemente aumentata negli anni: nel 2017 l’incremento è stato superiore del 15% rispetto al 2016, mentre nel 2018 l’incremento rispetto al 2017 dovrebbe attestarsi intorno al 2.7%.

Il successo di Bicocca Village è il risultato di un lavoro di squadra che ha visto il coinvolgimento di numerosi professionisti e manager nel percorso di riposizionamento di Bicocca Village.

Tra questi:

– DEA Real Estate Advisor dapprima coinvolta come consulente strategico della Proprietà ed a supporto dell’Asset Manager, passando poi nel novembre 2017 a svolgere direttamente l’attività di Asset Management.

– Cushman & Wakefield, società di gestione del Centro dal 2015 ed attiva anche nella commercializzazione degli spazi del Centro stesso.

In particolare il processo di valorizzazione si è realizzato su più livelli come:

  • restyling e ottimizzazione del layout
  • aggiornamento dell’offerta
  • miglioramento dell’accessibilità (supporto allo sviluppo del Parco della Torre)
  • upgrading tecnologico
  • marketing
  • piena integrazione e relazioni con il territorio

Dal 2015 è stato registrato un incremento dell’occupancy che partendo dal 80% si attesta adesso al 93% della GLA globale.

Food ed entertainment costituiscono i due assi fondamentali alla base del successo di Bicocca Village attraverso 60 esercizi commerciali di cui 23 attività di ristorazione e diversi servizi. 

Altrettanto determinante è il contesto in cui il Centro è inserito: Il tessuto urbano del quartiere Bicocca, in continua crescita ed evoluzione, con un’offerta diversificata di servizi al cittadino: l’Università, che rappresenta una delle realtà accademiche all’avanguardia sull’intero territorio nazionale; diverse aziende del settore terziario, finanziario e industriale che hanno deciso di trasferire in quest’area il loro headquarter; numerosi sviluppi immobiliari di carattere residenziale in atto e appena completati.

 

Sisa: piena soddisfazione per la nascita del Gruppo Levante

Elpidio Politico, Ad di Distribuzione Sisa Centro Sud e Giuseppe Sammaritano, Ad di Sisa Sicilia esprimono soddisfazione per la nascita della centrale del Gruppo Levante: una forte Centrale, che unisce la DO, è il mi-glior modo per affrontare il mercato. 

“Il Gruppo Levante è una grande opportunità per la DO italiana – spiega Elpidio Politico, Ad di Distribuzione Sisa Centro Sud e Consigliere D.iT con delega allo sviluppo del marchio SISA – e Sisa trova in questa organizzazione l’ambiente ideale per sviluppare i propri progetti”.

“Siamo in un processo di evoluzione davvero entusiasmante ma al medesimo tempo estremamente complicato – precisa Politico –. Creare una grande azienda dal nulla ed alimentarla in termini finanziari, senza l’iniziale appoggio del mondo del credito (come capita a tutte le start up, ndr), è una impresa da colossi in-ternazionali o da incoscienti innamorati: noi apparteniamo a questo secondo gruppo di persone, perchè siamo animati dall’amore per questo mestiere e per questa insegna e siamo consapevoli dei grandi sacri-fici soprattutto finanziari che si andava ad affrontare”. 

Distribuzione Sisa Centro Sud sta vivendo una fase propulsiva, è nata a metà anno 2016 e solo dallo scorso anno è organizzata e presente sul mercato. La diffidenza dell’industria verso il Marchio per eventi passati dell’insegna non ha fermato la nuova società ed i nuovi amministratori che, caricandosi la responsabilità sulle spalle, hanno alimentato con le loro energie un sistema economico portandolo, in un anno e mezzo, alla quota di 80 supermercati nella sola Regione Campania, e con una mole di richieste di affiliazione sul tavolo dell’ufficio sviluppo davvero sorprendente.

“Ogni sei mesi organizziamo i budget per supportare un determinato tasso di crescita che mettiamo in previsione, e puntualmente questo budget viene disatteso perché le adesioni al progetto Distribuzione Sisa sono molto superiori al previsto. Ogni affiliato in più è una gioia perché è una famiglia che si allarga, ma ogni eccedenza dai fidi va anticipata in termini finanziari. Oramai ci siamo abituati, vediamo la soddisfa-zione dei nuovi soci, vediamo la risposta dei clienti, vediamo il favore con cui l’industria ogni giorno ci con-ferma la nuova fiducia, raccogliamo il coraggio ed andiamo avanti”.

“Il Gruppo Levante – spiega Politico  – è prima di tutto una esigenza della modernità: di fronte alla avanzata del Discount dobbiamo unire le forze, ed una DO unita è una garanzia in un Paese così diverso da Regione a Regione come il nostro. Inoltre è un modo per dare più sicurezza alla nostra organizzazione ed ai nostri affiliati: siamo dentro una organizzazione che ci rappresenta pienamente e che è in grado di relazionarsi con i part-ners dell’industria nel modo più strutturato possibile.”

Alla soddisfazione di Elpidio Politico si unisce quella di Giuseppe Sammaritano, patron del nuovo Sisa Sicilia e Consigliere nazionale D.IT. “L’unione fa la forza, non è più possibile pensare che ci sia spazio per tante centrali di acquisto in Italia, il mercato è radicalmente cambiato. Oggi sono rimaste poche aziende nel mondo Retail e se quelle che rappresentano la spina dorsale della storica DO non si uniscono, non si po-trà mai costruire progetti seri ed essere competitivi sul mercato del domani. Il Gruppo Levante unisce molti seri imprenditori della storica DO italiana, grandi professionisti con ottimi manager. I marchi che compon-gono il Gruppo sono la storia del nostro Paese, Sisa è una sicurezza per quel consumatore che sotto casa ha sempre trovato le risposte alle sue esigenze. La crescita del Discount, evidente ed importante, ha in sé degli elementi davvero eccezionali ma è il modello di business che non sarà mai in grado di ascoltare il con-sumatore come invece possiamo farlo noi. Questo è il ruolo di Sisa, è il nostro ruolo, così come lo è di Sigma e di Crai. Ci accomunano dei valori storici ed una relazione con il consumatore fatta di elementi condivisibili: il Gruppo Levante è il futuro della storia della distribuzione italiana”.

 

La birra crea valore per l’Italia. I dati dell’Osservatorio Birra Moretti

In due anni, dal 2015 al 2017, il contributo della filiera della birra italiana alla crescita della ricchezza e al benessere del nostro Paese – il cosiddetto valore condiviso – è cresciuto di 1 miliardo di euro (+12,9%), passando da 7.834 miliardi a 8.863 miliardi di euro, equivalente allo 0,51% del PIL italiano.

Se la birra è un fenomeno ormai nazionale, la ricerca mostra che il “motore” della sua produzione è in Lombardia, regione che da sola è in grado di assicurare il 25,5% (pari a 2.269 milioni di euro) del totale del valore condiviso della birra in Italia.

I dati sono stati diffusi dall’Osservatorio Birra con la presentazione del 2° Rapporto La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia” realizzato da Althesys per conto della Fondazione Birra Moretti, Fondazione di partecipazione costituita nel 2015 da HEINEKEN Italia e Partesa al fine di contribuire alla crescita della cultura della birra in Italia.

Per calcolare il valore condiviso, lo studio ha analizzato tutte le fasi della filiera della birra (approvvigionamento materie prime, produzione, logistica, distribuzione e vendita), considerando gli effetti diretti (valore aggiunto, contribuzione fiscale, occupazione, ecc) delle attività dell’industria birraria italiana, quelli indiretti e indotti, le ricadute degli investimenti pubblici.

 LOMBARDIA, MOTORE DELLA PRODUZIONE DI BIRRA IN ITALIA

Quasi tutti gli indicatori (produzione, valore condiviso, occupazione, salari, contribuzione fiscale, etc) incoronano la Lombardia cuore pulsante di questo comparto. In questo contesto, la Lombardia acquista una speciale rilevanza perché da sola rappresenta circa un quarto della birra in Italia in termini di valore condiviso, di occupati e contribuzione fiscale). I 2.269 milioni di euro di valore condiviso generato dalla birra in Lombardia rappresentano lo 0,62% del PIL regionale e il 25,5% del totale del valore condiviso della birra in Italia.

Questa regione può contare infatti sulla presenza di importanti aziende internazionali e sul maggior numero di birrifici artigianali del paese (137[1], rispetto agli 80 del Piemonte e, ai 74 del Veneto e ai 63 della Toscana), che nel 2017 hanno prodotto complessivamente quasi 4 milioni di ettolitri di birra.

Analizzando gli oltre 2,2 miliardi di euro di valore condiviso della filiera lombarda della birra, 267,3 milioni fanno capo a ricadute dirette, 131,1 milioni di euro a ricadute indirette e 682,6 milioni a ricadute indotte.

La filiera della birra garantisce oltre 1 miliardo (1.062 milioni di euro) di contribuzione fiscale, pari al 5% del gettito tributario regionale.

In Lombardia la birra porta circa 662 milioni di euro di salari a beneficio di quasi 25 mila (24.463) dipendenti lungo tutta la filiera. Oltre 23 posti di lavoro complessivi per ogni addetto alla produzione birraria. Con questi numeri la Lombardia occupa il 26,6% del totale addetti nazionali (92.066).  

PRATOLONGO: LA BIRRA CREA VALORE PER L’ITALIA

Secondo Alfredo Pratolongo, Presidente di Fondazione Birra Moretti, “Da anni registriamo l’entusiasmo degli italiani verso il mondo della birra, i suoi stili, le nuove specialità, i suoi abbinamenti. Questo Rapporto aggiunge che quando cresce la conoscenza e della birra cresce anche il mercato e il valore condiviso generato in tutto il mondo “dietro” il bicchiere di birra. Siamo di fronte a una crescita ormai strutturale per un settore sempre più rilevante per la ricchezza del Paese. Se in Italia scomparisse, per un anno, tutto ciò che contribuisce alla produzione, distribuzione e consumo di birra, si creerebbe un “vuoto” in termini di ricchezza generata, per gli agricoltori che coltivano l’orzo, per chi produce il pack e le bottiglie, per chi lavora negli impianti produttivi, per chi la trasporta, immagazzina e vende, dai bar, ai ristoranti ai supermercati. La birra crea valore perché crea figure professionali specializzate, perché genera valore per l’impresa familiare, è un prodotto legato alle marche che si caricano di reputazione e immagine, perché gli investimenti garantiscono qualità del prodotto nel tempo, perché si produce con passione ma anche con ricerca, innovazione e investimenti”.

 

QUANTO VALE LA BIRRA IN ITALIA

Nel paragone con altri comparti del Made in Italy, la ricchezza generata dalla birra è di poco superiore al fatturato dei salumi (8 miliardi di euro), equivalenti a quello del sistema moda maschile italiano (9,3 miliardi di euro) e di poco inferiori al business della cosmetica in Italia (circa 10 miliardi di euro).

Raffrontato al settore delle bevande in generale (dati Istat), il valore condiviso della birra rappresenta circa la metà (47%) del valore della produzione di bevande nazionale (che ammonta a 18,9 miliardi), è pressoché pari alla produzione vinicola (stimata in 9,5 miliardi nel 2017) e rappresenta il 186% del valore produttivo di soft drink e acque minerali (stimato in 4,8 miliardi).

                                                                                

4,2 MILIARDI DI EURO DI CONTRIBUTO FISCALE

Nel confronto con la prima edizione del rapporto, scopriamo che negli ultimi 2 anni la contribuzione fiscale della filiera della birra in Italia è aumentata ad un ritmo ancora più alto del marcato: +17,7%, passando da 3,6 a 4,2 miliardi di euro (+17,7%).

La filiera della birra è dunque come una grande azienda che distribuisce salari lordi di quasi 2,5 miliardi di euro (2.471 milioni di euro) e paga allo Stato contributi fiscali pari a 4,2 miliardi di euro. Quasi l’1% (0,92%) delle entrate fiscali complessive del nostro Paese.

NUOVI POSTI DI LAVORO COLLEGATI ALLA BIRRA

Dal 2015 al 2017 la filiera della birra è stata in grado di offrire ben 6000 posti di lavoro in più (il numero di dipendenti nel 2015 era infatti di 87.668). in particolare nel 2017 per ogni addetto alla produzione della birra, il settore è riuscito ad assicurare ben 22 occupati complessivi a livello di filiera. In termini di occupazione la birra assicura lavoro a 92.066 dipendenti distribuiti proporzionalmente lungo l’intera filiera.

BIRRA ANTICRISI NELL’HORECA

La birra, dunque, non fa bene e non porta ricchezza solo a chi la produce. Anzi, di questa crescita nel 2017 hanno beneficiato soprattutto le fasi a valle e a monte della filiera.

Il valore condiviso relativo alle forniture di materie prime è salito dai 273,3 milioni del 2015, ai 391,3 milioni di euro (+45%). Numeri importanti anche per la fase di distribuzione e vendita, che passa da 6.041 a 6.856 milioni di euro (+13,5%).

In questo contesto va sottolineata la performance dell’Horeca che cresce da 4.859 a 5.661 milioni di euro. Il mondo che ruota attorno ai consumi fuori casa di birra è arrivato a rappresentare il 64% (2 anni fa era il 58,5%) del totale del valore condiviso della filiera birra. I valori dell’off-trade, relativi ai consumi casalinghi, si mantengono stabili (1.907,7 milioni nel 2015 e 1.194,5 milioni nel 2017).

[1] Di cui 105 microbirrifici e 32 brewpub. Fonte: Annual Report 2017 AssoBirra da Unioncamere – Infocamere

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