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Tutti pazzi per il bio, +16% in Gdo e lo acquistano otto italiani su dieci

Cresce l’interesse degli italiani per il bio a tavola. Quasi otto famiglie su dieci hanno acquistato almeno una volta, nell’ultimo anno, un prodotto biologico. E in soli cinque anni il numero di famiglie che acquistano anche sporadicamente alimenti naturali è passato dal 53% al 78%, aumentando in termini assoluti di sei milioni.

Dati che emergono dallo studio “Tutti i numeri del bio italiano”, promosso e finanziato da BolognaFiere e realizzato da Nomisma in occasione dell’edizione numero 29 di Sana, il salone internazionale del biologico e del naturale in corso alla Fiera di Bologna. Una ricerca che traccia l’identikit dell’acquirente italiano: un consumatore sempre più in cerca prodotti salutari (valore ritenuto molto importante nella scelta di prodotti dal 58% dei responsabili degli acquisti), eco-friendly (39%), semplici e comodi all’uso (31%), senza mai rinunciare alla qualità al giusto prezzo (65%).

 

+16% le vendite 2016 nella Gdo

Il biologico insomma non è più né nicchia né moda. Il quadro di riferimento parla di una quota del 3,5% dell’organic sul totale delle vendite alimentare (cinque volte più che nel 2000) e di vendite nel 2016 aumentate del 3,5% nel canale specializzato e addirittura del 16% nella Gdo. Numeri che mostrano come il bio stia entrando nella seconda fase, quella in cui dopo gli oltranzisti inizia a convincere anche il pubblico comune, visto che il 47% delle famiglie italiane consuma bio almeno una volta alla settimana.

Diversi sono i fattori che incidono sull’interesse verso i prodotti bio: in primis il reddito (la quota di frequent user è più alta nelle famiglie con reddito mensile familiare medio-alto: 58% contro il 35% nelle famiglie meno abbienti), ma anche la composizione del nucleo familiare (dove ci sono figli e, in particolare, bambini con meno di 12 anni, la percentuale di user abituali cresce fino al 56%). Anche le abitudini alimentari influenzano il consumo frequente di prodotti bio: nelle famiglie in cui ci sono vegetariani o vegani il tasso di frequent user bio sale al 67%. Sicuramente i prodotti 100% vegetali rappresentano una categoria in forte trasformazione, che non richiama l’interesse solo di vegetariani e vegani (che per Nomisma hanno una incidenza dell’8% sulla popolazione 18-65 anni). Il ruolo del marchio biologico nel paniere dei prodotti 100% vegetali è rilevante: complessivamente 6 famiglie su 10 (58% dei consumatori italiani) negli ultimi 12 mesi hanno provato almeno una volta un prodotto con ingredienti 100% vegetali a marchio bio; inoltre il 30% dei prodotti con ingredienti 100% vegetali è bio (a valore in Gdo le vendite bio nella categoria dei prodotti 100% vegetali pesano per il 26% del totale).

 

Giovane, colto, con bambini il consumatore tipo

Ma qual è l’identikit dell’appassionato di prodotti veg a marchio biologico? Giovane, tra i 30 e i 35 anni, con figli, residente nelle grandi città e con reddito e titolo di studio medio-alto: il tasso di penetrazione degli alimenti veggie biologici supera la media nazionale tra i Millennials (61% dei giovani tra i 18 e i 35 anni contro il 56% dei baby boomers tra i 52 e i 65 anni), tra i nuclei familiari con più alta disponibilità economica (67% vs 44% delle famiglie meno abbienti) e titoli di studio elevati (65% vs 53% di chi non è laureato).

L’attributo salutistico è più rilevante nelle famiglie in cui vi sono dei figli conviventi e in quelle con bambini sotto i 12 anni (in quest’ultimo target, la quota di user veg-bio arriva fino al 63%). Ma il fattore che più di altri incide sulla propensione all’acquisto di questi prodotti ricade nella sfera delle abitudini alimentari: nei nuclei familiari in cui vi sono vegetariani o vegani il tasso di user sale al 74%; anche nei casi in cui qualche componente della famiglia presenti disturbi o allergie o sia a dieta, la percentuale supera la media nazionale (67% e 60% contro il 55% nelle famiglie in cui non si segue alcun regime alimentare particolare). Quando il prodotto veggie è anche biologico, la qualità percepita dal consumatore cresce per un user su due (48%).

I prodotti che vengono messi più di frequente nel carrello sono: burger, polpette e spezzatini vegetali, quinoa o cous cous con verdure (acquistati in almeno una occasione dal 78% degli user bio), poi bevande vegetali (68%), panati come cotolette e bastoncini vegani (51%) e sostituti del formaggio, con il tofu al primo posto (28%).

L’offerta di prodotti alimentari o bevande biologici a base di ingredienti 100% vegetali presente oggi nei negozi in generale soddisfa gli attuali consumatori: 6 su 10 si dicono molto o completamente soddisfatti. Il desiderio di novità si esprime principalmente nella categoria bevande (il 35% vorrebbe avere una maggior possibilità di scelta di bevande vegetali e/o vedere novità sugli scaffali), sostitutivi dei formaggi (34%), condimenti e piatti pronti.

Uniti nel bio: alleanza strategica tra Fior di Loto e Baule Volante

L’unione fa la forza, sembrano aver pensato due primari marchi nel settore del biologico, Baule Volante e Fior di Loto, che hanno annunciato l’avvio di un’alleanza strategica, la quale porterà alla costituzione di una nuova società volta a offrire servizi commerciali efficienti in grado di incrementare ulteriormente la presenza e la vicinanza ai negozi specializzati. La fusione “permetterà lo sviluppo di prodotti e di materie prime di qualità a partire da un potenziamento del reparto di Ricerca e Sviluppo che si assocerà a un controllo sinergico dell’intera filiera e a una costante tutela del territorio, reso possibile dalla condivisione di valori tra le due realtà. Questi aspetti consentiranno inoltre alle due storiche aziende di conquistare nuove opportunità commerciali e accrescere ulteriormente la quota di mercato” si legge in una nota.

Baule Volante nasce nel 1987 a Bologna. Oggi l’azienda vanta un assortimento di 5.600 prodotti biologici, di cui più di 500 a proprio marchio. La nuova sede presso Interporto Bologna (condivisa con Ecor – NaturaSì, gruppo di cui l’azienda fa parte) è situata in una posizione ideale per raggiungere tutto il territorio nazionale. Il magazzino all’avanguardia, con i suoi 36.000 metri quadri, è volto a offrire ai suoi clienti (negozi specializzati in alimentazione biologica, erboristerie, bio-profumerie, farmacie, canale ho.re.ca.) un servizio di distribuzione capillare.

«Questa importante alleanza è stata possibile innanzitutto grazie alla condivisione dei valori che da sempre le due aziende si impegnano a diffondere: la tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente, attraverso il sostegno all’agricoltura biologica, la salvaguardia della biodiversità e la promozione di un consumo consapevole a favore di una economia sana. Forte di questi comuni principi, la nuova partnership si pone l’obiettivo di offrire un servizio sempre più efficiente, un assortimento bio sempre più ampio, valorizzando le singole esperienze e il posizionamento dei due brand, per garantire un futuro di successo al biologico italiano» ha dichiarato Claudio Fava, Presidente di Baule Volante.

Fior di Loto, nata a Torino nel 1972, è attualmente presente in circa 5.500 negozi specializzati in alimentazione biologica, erboristerie, farmacie e parafarmacie con oltre 2.000 referenze (di cui più di 800 a proprio marchio) che spaziano dai prodotti biologici di base a quelli specifici per le intolleranze alimentari, alla macrobiotica, fino all’ecobiocosmesi. L’azienda ha investito molto nello sviluppo di proposte a marchio proprio con conseguente crescita di prodotti a catalogo all’interno delle sue marche, tra le quali Storie di semi (prodotti a base di grani antichi), GoNuts (semi, frutta secca ed essiccata e superfood), Zero (prodotti in cui è garantita l’assenza dell’ingrediente – allergene: lattosio, glutine o lievito), Cent% Vegetale (prodotti con ingredienti di origine vegetale) e I Freschi di Fior di Loto (prodotti freschi).

«Questo progetto è per la nostra azienda motivo di orgoglio e soddisfazione. La nuova alleanza promuove infatti un modello imprenditoriale evoluto, che porterà alla conquista di nuove opportunità per due brand, già leader e affermati nel mondo del biologico, che opereranno all’interno un mercato caratterizzato da trend commerciali in costante crescita, grazie anche a una cultura che si sta sempre più diffondendo tra i consumatori» ha dichiarato Roberto Maschio, Presidente de Il Fior di Loto S.p.A.

L’intero sistema dell’alimentare biologico è in crescita: nel 2016 il mercato biologico interno nel suo complesso ha totalizzato 3.094 milioni di EUR, in aumento del 10% rispetto al 2014. Le ultime stime relative alle vendite in GDO diffuse dall’aggiornamento Nielsen evidenziano un +16% (nell’anno terminante giugno 2017) e una quota del bio di oltre il 3% sul totale delle vendite alimentari (5 volte in più rispetto al 2000). Analizzando il peso per canale, anche le performance dei negozi specializzati registrano buoni risultati: nel 2016 hanno rappresentato il 29% del mercato interno totale del bio, con una crescita del 3,5% rispetto al 2015 (fonte: Nomisma su dati Nielsen – Assobio).

Nel 2016 sono aumentate di 1,2 milioni le persone che hanno acquistato almeno in un’occasione un prodotto alimentare biologico, pari al 74% della popolazione, in aumento del 21% rispetto al 2012 (fonte: Consumer Survey Nomisma per ICE-Sana2016).

Ecor Natura Sì punta alla Polonia, rebranding in oltre 40 punti vendita

Si completa anche visivamente l’acquisizione da parte di NaturaSì dei 40 punti vendita della catena di supermercati biologici polacca Organic Farma Zdrowia con il rebranding dei punti vendita. Layout e logo ora si rifanno direttamente ai negozi italiani. Un processo che continuerà per tutto il corso del 2017.

L’insegna italiana aveva acquisito la più importante catena di bio polacca circa un anno fa. Come ha affermato alla stampa locale Sławomir Chłoń, Presidente della Organic Farma Drowia: «La partnership creerà un sistema in grado di coinvolgere agricoltori, distributori, proprietari di negozi e consumatori a livello europeo, che a sua volta contribuirà a scelte più consapevoli dei clienti e alla crescita economica della società. L’adesione al Gruppo italiano Ecor contribuirà a ottenere una serie di vantaggi che influenzeranno lo sviluppo della rete. Tra i numerosi vantaggi, aumentando il potere d’acquisto e con acquisti congiunti ci sarà una reale possibilità di un ulteriore consolidamento del mercato biologico polacco. Ma anche lo scambio di conoscenze sulla base di anni di esperienza, un accesso più facile e diretto ai produttori italiani, e opportunità di esportare prodotti polacchi in Italia e in molti altri Paesi».

Ecor-NaturaSì è una realtà nata 30 anni fa he oggi controlla 266 aziende agricole per un totale di 6mila ettari di terreno coltivato con oltre 150 supermercati bio in Italia e due in Spagna, parte in franchising e parte a gestione diretta.

 

Alghe, proteine veggie e detersivi riciclabili: nei premi NatExpo i prodotti del futuro

Cosa mangeremo e che prodotti useremo nella prossima stagione? Un suggerimento ci viene dai NatExpo Awards, i premi che la fiera dedicata al bio e al naturale, quest’anno a Parigi dal 22 al 24 ottobre, riserva fin dal 2005 ai prodotti più innovativi, utili, pratici e originali messi sul mercato nel 2017e selezionati quest’anno tra 250 candidature. Anche perché il campo del naturale è da anni all’avanguardia nello scovare nuove tendenze di consumo specie nelle fasce di popolazioni più giovani. Il campo del naturale infatti è all’avanguardia perché da anni segna quelle tendenze che poi si diffonderanno anche ai prodotti a più larga diffusione.

Quattro le categorie premiate: Alimenti e vini biologici,  Cosmetici e prodotti per l’igiene, Cibi dietetici e complementi d’alimentazione e Prodotti e servizi per la casa e la persona. Eccoli nella fotogallery.

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Vola il vino biologico italiano: 275 milioni (+34%) nel 2016, export da record

Vola il vino biologico italiano: nel 2016 le vendite hanno raggiunto i 275 milioni di euro, con un aumento del 34% rispetto al 2015, ma il mercato interno (83 milioni, il 30% del totale, +22% rispetto all’anno precedente) cresce assai meno rispetto all’export (192 milioni, +40%). Anche se gli italiani stanno imparando ad apprezzare un prodotto prima considerato solo di nicchia: nel 2016 il 25% dei consumatori ha almeno in un’occasione, a casa o fuori, degustato un vino bio, mentre nel 2015 erano il 21% e nel non lontano 2013 appena il 2%. È quanto emerge dalla ricerca Wine Monitor Nomisma realizzata in occasione del Vino bio day per Ice-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

È quindi l’estero il mercato di riferimento del vino bio italiano, molto più di quanto lo sia per il vino tout-court. Le percentuali dell’export sono rispettivamente del 70% e del 52%. L’export di vino biologico italiano pesa per il 3,4% sul totale dell’export di vino dall’Italia, ma il trend è in continua crescita (1,9% nel 2014 e 2,6% nel 2015). Nel 2016 il 79% delle aziende che producono vini biologici ha esportato. Prima destinazione è l’Unione Europea (66% a valore) mentre esaminando i singoli Paesi la Germania (33% del fatturato estero del 2016) è largamente in testa davanti agli Stati Uniti (12%). Seguono Svezia, Canada e Svizzera con una quota dell’8% ciascuno, la Cina con il 7% e il Regno Unito con il 6%.

Dati destinati a crescere visto che la Survey Wine Monitor Nomisma realizzata per Ice-Agenzia in due mercati rilevanti per i vini biologici, Germania e Regno Unito, segnala un’attenzione crescente per i vini italiani (il 22% del vino importato in Regno Unito è italiano, il 36% in Germania) e per i vini bio (nel Regno Unito le vendite di vino bio nella Gdo nel 2016 si attestano a 21 milioni di Euro, con uno share di biologico dello 0,4% sul totale dei vini venduti e un aumento del 24%). La quota di consumatori che negli ultimi 12 mesi ha bevuto almeno una volta un vino biologico è del 12% in Germania e del 9% in UK. Come per l’Italia, la preferenza sul vino bio ricade soprattutto su rossi e bianchi fermi in entrambi i mercati, seguono in UK il rosso frizzante e in Germania il bianco frizzante. In entrambi i mercati i vini bio vengono acquistati principalmente in iper e supermercati (38% in UK, 33% in Germania). In UK il consumatore di vino bio spende in media per una bottiglia da 750 ml intorno alle 13 sterline, in Germania 8 euro. Secondo i consumatori (42% in UK e 40% in Germania), i vini bio made in Italy hanno qualità mediamente superiore rispetto ai vini bio di altri paesi. Qualità che ricorre nuovamente tra gli attributi evocativi: in entrambi i mercati, nel pensare al vino biologico italiano il 19% indica “alta qualità”, mentre un ulteriore 15% individua nell’autenticità il principale valore. Senza dubbio il vino biologico made in Italy gode di un’ottima reputazione oltre i confini nazionali, con un potenziale ancora non del tutto valorizzato: l’84% dei consumatori di vino – sia in UK che in Germania – sarebbe interessato ad acquistare un vino biologico made in Italy se lo trovasse presso i ristoranti.

Insomma, i nostri punti di forza sono la qualità, il valore del marchio e l’affidabilità, la tracciabilità. E i limiti? Chi non esporta trova ostacoli nelle dimensioni ridotte finanziarie e di volumi, nei vincoli doganali e tariffari e nell’incapacità di comunicare adeguatamente. Malgrado ciò, gli operatori pensano che nel prossimo triennio a trainare le vendite italiane all’estero saranno ancora soprattutto i mercati terzi, primo fra tutti quello statunitense. Nemo propheta in patria, neanche nel vino bio.

Amazon nella distribuzione fisica: acquisiti i supermercati Whole Foods Market

Dopo essere diventato tramite l’e-commerce leader nel retail in genere (è il numero 2 al mondo nella classifica di Fortune’s 2017), Amazon punta alla grande distribuzione per ora non con i suoi supermercati (quello di Seattle è in stand by dalla fine dell’anno scorso) ma direttamente, acquisendo la catena di supermercati statunitense Whole Foods per 42 dollari ad azione, pari a una valutazione in contanti di 13,7 miliardi di dollari.

Whole Foods continuerà a operare come marchio separato da Amazon, che nell’ultimo anno ha avviato oltreoceano, con il brand Amazon Go, la sperimentazione di store alimentari automatizzati con pagamento attraverso l’account Amazon.

«Whole Foods piace a milioni di persone perché offre i migliori alimenti biologici e naturali, rendendo divertente il mangiare salutare» commenta Jeff Bezos, fondatore e CEO di Amazon.

«Questa partnership presenta un’opportunità per massimizzare il valore per gli azionisti di Whole Foods, ampliando la nostra missione e offrendo la più alta qualità, esperienza e innovazione ai nostri clienti» sottolinea John Mackey, fondatore e amministratore delegato di Whole Foods, che resterà alla guida della società una volta che l’operazione sarà completata.

La transazione da 13,7 miliardi di dollari, incluso il debito, sarà completata nella seconda metà del 2017.

Whole Foods Market, numero 28 nella classifica dei retailer di Fortune’s 2017, stava vivendo un periodo difficile. Fondata nel 1978 a Austin, Texas, Whole Foods Market è non solo la principale catena americana specializzata in cibo naturale e biologico ma è anche stato il primo rivenditore ad ottenere la certificazione biologica. Nell’anno fiscale 2016 ha effettuato vendite per 16 miliardi di USD, e ha più di 460 punti vendita tra USA, Canada e Regno Unito, con 87mila impiegati. Per vent’anni consecutivi si è posizionata nella classifica delle cento migliori aziende in cui lavorare.

Biologico oltre la nicchia, sette famiglie italiane su dieci l’hanno acquistato

Cresce vorticosamente il biologico in Italia, in controtendenza con la stagnazione del comparto agroalimentare italiano. Il cibo bio infatti ha realizzato nel 2016 un +20% di vendite nella Gdo e un +15% di vendite nei negozi specializzati. Il numero di famiglie che ha acquistato almeno una volta in un anno è in forte aumento, dal 55% del 2013 al 74% del 2016, con un incremento di 1,2 milioni di famiglie utilizzatrici di questa categoria di prodotti. Numeri che, elaborati da Nomisma su dati Nielsen, sono stati presentati nel corso di Bioeuropa 2017, un convegno promosso dall’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari nell’antico monastero di Montebello a Isola del Piano, nelle Marche, per fare il punto su un settore che ormai non è più di nicchia.

 

Balzo in avanti della Gdo nel bio, al 39%

I prodotti biologici generano un ricavo complessivo di più di 3 miliardi di euro sul mercato interno: la grande distribuzione organizzata registra la quota nettamente maggioritaria (1.191 milioni di euro, 39% del totale, con un balzo del 20,1% rispetto al 2015). Il secondo canale di distribuzione in termini di ricavi è costituito dai negozi specializzati bio, seguono poi i food services e i negozi tradizionali. Negli ultimi quattro anni sono aumentati anche i punti vendita e i siti internet destinati alla distribuzione di prodotti biologici: il numero dei siti per l’e-commerce bio è aumentato del 71,3%, i ristoranti del 68,5%, significativo anche l’aumento delle mense (+12%).

«In un contesto così caratterizzato – spiega Francesco Torriani, presidente del consorzio Marche Biologiche – è molto importante il ruolo svolto dalla cooperazione impegnata nel comparto dell’agricoltura biologica, poiché essa rappresenta un modello produttivo rivolto alla produzione di beni alimentari legati al territorio, in grado di generare salute, ambiente, socialità, cultura, in altre parole benessere, in un confronto costante tra la sostenibilità economica propria di un’impresa e la sostenibilità ambientale e sociale».

 

Aspettando la legge

Secondo Andrea Bertoldi, coordinatore del settore Biologico dell’Alleanza Cooperative, è “urgente fare un salto di qualità nell’organizzazione delle filiere, capaci davvero di tenere insieme la produzione con la trasformazione e la commercializzazione (dove si intercetta il valore aggiunto) e di erogare i servizi necessari alle aziende agricole che si convertono al biologico. In tal senso il testo di legge della riforma del settore attualmente in discussione al Senato contiene molti elementi che rafforzano l’organizzazione in filiera del comparto”.

Il futuro del settore dipende molto da un adeguamento legislativo reso ormai indifferibile. «In particolare il disegno di legge sull’agricoltura biologica – spiega il vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Massimo Fiorio – costituisce un importante passo avanti per la modernizzazione del sistema biologico italiano e auspichiamo che diventi al più presto legge dello Stato».

NaturaSì con la campagna nazionale punta sul suo lato B(io)

Scende in forze nelle strade e sui mezzi di trasporto NaturaSì, l’insegna dedicata ai prodotti biologici che con manifesti, spot radiofonici e spazi web intende presentarsi ai consumatori come “il” luogo dove fare la spesa bio, all’insegna del giusto prezzo per gli agricoltori e dello sviluppo della filiera dalla terra alla tavola

La nuova campagna di advertising si svolge in radio, su web e con affissioni nelle principali città italiane per comunicare i valori che caratterizzano il brand, dalla tutela del lavoro degli agricoltori al riconoscimento del giusto prezzo, dalla tutela dell’ambiente con un’agricoltura senza pesticidi che nutre la terra al benessere dell’uomo attraverso l’offerta di cibo seguito dal campo alla tavola tutti i giorni. La campagna giunge in occasione dei 30 anni di storia dell’insegna che oggi ha 245 punti vendita in tutta Italia.

Realizzata a cura dell’agenzia di comunicazione di Milano Rifattimale di Manfredi Marino e Ugo Berretta, con il claim “Scopri il nostro lato bio” sarà on air in radio fino al 3 giugno, sul web fino a metà giugno, nelle piazze delle principali città con cartelloni dal 15 maggio al 11 giugno, sugli autobus e nelle stazioni della metropolitana. A Milano la stazione della metropolitana MM2 Moscova sarà interamente vestita dal bio di NaturaSì per due settimane, a partire dal 16 maggio.

Il “lato bio” è inteso come uno stile di vita consapevole, con un consumo diverso e più equo delle risorse che passa anche da azioni concrete e semplici come fare le scale invece di prendere l’ascensore e ridurre il consumo di energia elettrica, scegliere di spostarsi in bicicletta invece di utilizzare l’auto, mangiare un po’ meno ma meglio, nutrendo oltre al corpo e la mente. Ecco che sempre a Milano NaturaSì promuove il lato bio presso le postazioni delle biciclette BikeMi, con la campagna ospitata a partire dal 1 giugno nella postazione di Piazza Duomo.

«Desideriamo che tutti i consumatori siano consapevoli e facciano scelte guidate dalla consapevolezza per tutelare la salute dell’uomo, dell’ambiente e dell’agricoltura – spiega Roberto Zanoni, Direttore Generale di NaturaSì –. NaturaSì è impegnata da 30 anni a sostegno dell’agricoltura bio e degli agricoltori, per la salute dell’uomo e dell’ambiente: acquistare alimenti presso i nostri supermercati significa riconoscere il giusto prezzo agli agricoltori, agevolando la crescita dell’agricoltura biologica e biodinamica che tutela la terra e la sua fertilità. Ecco che pagare qualche centesimo in più i prodotti ha senso. Il consumatore deve capire e deve essere consapevole del fatto che la scelta d’acquisto va al di là del proprio portafoglio, è una vera e propria responsabilità per noi e per i nostri figli perché se manteniamo viva e fertile la terra ecco che potremo raccogliere cibo che ci nutre e che ci fa bene nel tempo. Questo è il nostro lato bio: un impegno che abbiamo messo in campo dal primo giorno e che oggi ancora di più ci guida».

Omia cambia il mercato dei deodoranti: naturali, eco bio e senza sali di alluminio

OMIA arricchisce il proprio ventaglio di offerta entrando nel mercato dei deodoranti con la linea eco biologica EcoBioDeo.

Sono 3 le texture proposte:

  • una con Olio di Argan, proveniente da agricoltura biologica certificata e un derivato naturale della canna da zucchero, disattiva l’azione dei batteri responsabili dei cattivi odori.
  • una per pelle sensibile e reattiva con Tea Tree Oil, che insieme a ingredienti derivati dal mais e dalla canna da zucchero, svolge la sua azione anti sudore e anti odore. 
  • una  anti iper sudorazione con Aloe Vera, anti-traspirante, rinfresca e regola la sudorazione, senza ostacolare la traspirazione fisiologica della pelle. Con un derivato naturale dell’amido di mais assorbe il sudore in eccesso per un effetto asciutto 24 ore.

Ciascuna è declinata nei tre formati Deo Spray Aerosol, Deo Vapo no gas e Deo Roll on, le cui galeniche rappresentano rispettivamente il 52%, il 14% e il 18% del mercato deodoranti (fonte dati IRI).
 
Tutti i prodotti della linea EcoBioDeo sono Cruelty Free e testati ai metalli pesanti come nichel, cobalto e cromo e sono privi di sali di alluminio. Non contengono ingredienti di derivazione animale e sono adatti a vegetariani e vegani. La sicurezza, la dermo-compatibilità e l’efficacia di questi prodotti sono state testate sotto controllo dermatologico e valutate con test sensoriali specifici da volontari selezionati per ciascun profilo dermatologico.
 

I vini biologici prendono il largo, aumenti a due cifre nella Gdo, rosso e Prosecco in cima

Addio vini “puzzoni” dal colore scomposto. I vini biologici volano in Italia e ormai sono apprezzati anche dalla critica. È la tendenza emersa nel corso della cinquantunesima edizione del Vinitaly, celebrata dal 9 al 12 aprile alla Fiera di Verona. Secondo uno studio realizzato da Coldiretti, le vendite di vini bio, che non vanno confusi con i vini biodinamici che seguono i precetti steineriani, sono aumentate nel 2016 del 26%, con ben 2,5 milioni di bottiglie vendute nella grande distribuzione, ciò che dimostra che ormai questa tipologia ha convinto anche il grande pubblico.

In crescita anche la sottocategoria dei vini vegani, le cui vendite sono cresciute nello scorso anno del 35%. I vegani in Italia del resto sono almeno 1,8 milioni, una fetta di mercato sempre più interessante, anche perché sovente dotato di buona capacità di spesa. Secondo un’altra ricerca, elaborata dalla Nielsen, in Italia nel 2016 le vendite di vino bio hanno raggiunto 11,5 milioni di euro nella sola Gdo, registrando un +51% rispetto al 2015, ma l’incidenza del vino bio sul totale delle vendite di vino è ancora irrilevante, con lo 0,7%. Secondo i dati Nielsen, il vino rosso è la tipologia di vino bio preferita dal consumatore italiano (57% delle vendite in Gdo, +42% rispetto al 2015), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+93%) assieme alle bollicine (+59%). Il Prosecco è comunque il vino bio più venduto nella grande distribuzione nel 2016 (17% delle vendite di vino bio a valore, +143% -di crescita) seguito da Montepulciano d’Abruzzo (15%), Nero d’Avola (7%) e Chianti (7%).

Il consumatore riconosce al vino bio naturalità (per il 24% dei consumatori il principale elemento distintivo), salubrità (20%) ma anche qualità (17%). I canali preferiti per l’acquisto di vino bio rimangono iper e supermercati (33%) e gli acquisti diretti dal produttore o in cantina (23%), seguiti da enoteche (19%) e negozi alimentari specializzati in prodotti biologici (18%); la quota di consumatori che acquista vino bio soprattutto online raggiunge il 6%.

 

Secondi produttori dopo la Spagna

Insomma, il biologico non può più essere considerato una nicchia. Sempre secondo Coldiretti i vigneti coltivati a biologico o in conversione hanno raggiunto al 1° gennaio 2016 la superficie di 83.642 ettari al 1 gennaio 2016 su un totale di 642.367 ettari vitati, con un aumento record del 16% rispetto sul 2015 dalle elaborazioni Coldiretti. Dati confermati anche da una ricerca Wine Monitor-Nomisma, secondo cui il pubblico dei consumatori della tipologia è raddoppiato, e dal Report Mediobanca che parla di un aumento del 17% della produzione e del 38% dell’export, con la superficie vitata cresciuta del 13% nel 2016 rispetto al 2015.

Oggi l’Italia ha il secondo vigneto green d’Europa dietro la Spagna. E non è solo questione di certificazioni. La sostenibilità del vino si manifesta anche in ogni fase della produzione e del consumo, dalla vigna alla tavola.

«I driver di crescita – dice Fabrizio Riva, amministratore delegato dell’ente certificatore Ccpb – sono molteplici: dal codice appalti, che ha rivolto un’attenzione maggiore alle certificazioni, alla carbon footprint e alla sostenibilità sociale, alle politiche regionali, come le misure Ocm vino della Sicilia, passando per gli standard della grande distribuzione organizzata e infine per il ruolo dei consumatori».

 

Un fenomeno guidato dal consumatore

Ecco, i consumatori. Che sono sempre più attori protagonisti nel successo del vino bio, anche perché stimolano le aziende alla costosa riconversione, che altrimenti forse eviterebbero. Da un lato i consumatori pur di bere un vino biologico sono disposti a un cambio di brand nel 50% dei casi, e a un cambio di punto vendita addirittura nel 40% di essi. Dall’altro, a livello europeo, sono disposti a spendere di più per un vino certificato come biologico in tutte e tre le fasce di prezzo di 5, 10 e 15 euro a bottiglia, sebbene siano più sensibili a quello che percepiscono come un plus tanto meno sono esperti di vino. A trainare questa tendenza i “famigerati” Millennials, la parte demografica in assoluto più attenta ai temi della sostenibilità ambientale e della produzione biologica nelle aziende vitivinicole. 

I consumatori però non si accontentano più di autodichiarazioni o di definizioni più o meno fumose, ma si sono fatti più esigenti in quanto agli standard ai quali è necessario sottostare. «C’è bisogno di standard chiari e certificabili – dice Lucrezia Lamastra, ricercatore presso l’Università Cattolica di Piacenza e una delle creatrici del programma V.i.v.a. del ministero dell’Ambiente -. I numeri ci dicono che i consumatori sono interessati ai temi dell’ecosostenibile e del biologico, abbiamo visto che soprattutto i giovani sono molto interessati al tema. Il problema è cercare di farlo in un modo che soddisfi il bisogno del consumatore di avere la consapevolezza che dietro c’è una procedura certificata».

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