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Il convegno Retail Plaza rileva i nuovi comportamenti di consumo

Retail Plaza: interessante e stimolante incontro, quello che si è tenuto ieri presso la Cariplo Factory di Milano, organizzato da Fiera Milano e TUTTOFOOD, sul tema “Cibo: territorio, servizi ed innovazione”. Diversi gli spunti emersi, alla luce da case histories e strategie raccontate dai responsabili di Finiper, Eataly Net, Coop Italia – Easy Coop, Metro, Ubiq, Amazon Prime Now e Gruppo VéGé. Nel corso del convegno una ricerca Nielsen ha evidenziato che cresce esponenzialmente il numero delle famiglie italiane che effettua acquisti alimentari on-line; determinanti risultano essere i baby boomers, che si affidano per più del 50% al web per le loro scelte. Le motivazioni più rilevanti sono principalmente legate a vicinanza e velocità, insieme a facilità ed efficienza. E’ tuttavia interessante notare che il negozio fisico rimane comunque un punto chiave nella decisione e nell’acquisto: più del 60% delle scelte di prodotto e di brand viene effettuato all’interno degli shop stessi. Clienti, quindi, informati e consapevoli e sempre più parte attiva nel processo di scelta e acquisto, che apprezzano l’innovazione a patto che sia finalizzata a tangibili benefici e che non dimenticano il negozio fisico, magari integrato con soluzioni di realtà virtuale.

di Andrea Matteucci

e-commerce: sempre più un affare da donne. Ed è boom per il cura persona

Entro il 2022 varranno circa 400 miliardi di dollari gli acquisti globali efefttuati on line. Ecco la prima evidenza del rapporto Nielsen sull’ecommerce mondiale.

Sempre secondo Nielsen, l’Italia è tra i primi 5 paesi europei per vendite telematiche; al primo posto vi è Regno Unito, seguito da Francia, Svezia e Russia. Idealo, portale internazionale di comparazione prezzi,  ha voluto approfondire l’argomento, scoprendo che nel corso dell’ultimo anno l’e-commerce è decisamente stato nelle mani delle donne.

Tra le categorie di prodotto maggiormente in crescita legate al mondo femminile e con una crescita pari ad almeno il 200% rispetto al 2017, idealo segnala i prodotti di make up, quelli per la cura del viso, i solari, i prodotti per la cura del corpo, quelli per la cura dei capelli, phoen e profumi.

Tra le categorie merceologiche più strettamente legate ad un pubblico femminile, come ad esempio i trattamenti per il viso o per il corpo, le donne maggiormente coinvolte sono quelle che appartengono alla fascia di età tra i 35 e i 44 anni,  nel primo caso corrispondono infatti al 25,0% delle ricerche, nel secondo caso al 27,8%. Unica eccezione la fanno i prodotti per la cura dei capelli e per il make up, settori che coinvolgono anche un pubblico più giovane tra i 25 e i 34 anni, nel primo caso con una percentuale che corrisponde al 29,7%, nel secondo caso al 31,6%.

Beverage

Ma on line performa bene anche il settore food & beverage, con i vini bianchi che hanno registrato la crescita di interesse più elevata rispetto all’anno precedente. E non basta: ottimi risultati, con almeno il +200%, hanno riscosso anche i vini rossi e  le bottiglie di champagne, spumante e prosecco,.

Per quanto riguarda questi ultimi, il boom è stato registrato principalmente ad aprile e a settembre 2018 ed ha coinvolto in particolar modo i giovani tra i 25 e i 34 anni (28,5%). In questo caso i più interessati sono i ragazzi (62,9%) mentre le donne hanno effettuato il 37,1% delle ricerche. Tra i prodotti più cercati in assoluto Moët & Chandon Brut Impérial, Veuve Clicquot Brut, Pommery Brut Royal, Ferrari Brut e Moët & Chandon Rosé Impérial.

Sport

Sul fronte sportivo crescono gli pneumatici per le moto, seguiti dagli stivali da moto, dagli pneumatici estivi e dai prodotti per lo sci alpino.

Design

Interessanti, infine, le performance degli oggetti di design, delle lampade in particolare. Coinvolte dal boom sono state in particolar modo quelle dei grandi marchi di design come Kartell, Flos e Artemide, che hanno vissuto un picco di interesse proprio nello scorso mese di Settembre 2018. Anche in questo caso la maggior parte delle ricerche viene effettuata da donne (56,7%) di una fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni (31,2%). Anche gli uomini, comunque, nutrono un discreto interesse con il 43,3% delle ricerche.

 “Secondo Nielsen – ha commentato Fabio Plebani, Country Manager per l’Italia di idealo – il canale e-commerce nei prossimi anni si espanderà con una crescita media del 18,4% all’anno, una cifra considerevole che dovrebbe spronare le aziende ad investire sempre di più nel commercio digitale e nelle sue potenzialità.Dato che le donne mostrano sempre più interesse e disponibilità all’acquisto nelle piattaforme online, per gli shop online sarà molto importante curare al meglio tutte quelle categorie di prodotti utilizzate particolarmente dal pubblico femminile e che sicuramente non passeranno mai di moda, come trucchi, creme e prodotti di bellezza. Interessante notare, inoltre, come anche il settore food & beverage sia ormai grande protagonista del mondo digitale, sintomo che davvero tutti i settori della vita quotidiana passano per l’e-commerce.”

                                                    

GDPR e il suo impatto sul consumatore finale. I risultati della ricerca Toluna

Toluna, leader nel digital market research e nel fornire insights on demand in tempo reale sul consumatore, presenta i risultati di una ricerca realizzata in Italia per analizzare l’impatto del GDPR sul consumatore finale. In termini di notorietà, il sondaggio, condotto a settembre su 500 consumatori rappresentativi della popolazione italiana,  non ha un esito negativo: a quattro mesi dall’entrata in vigore del regolamento europeo, infatti, solo 1 intervistato su 4 dichiara di non conoscerlo.  Inoltre i consumatori sentono di avere una migliore comprensione (54%) di come le aziende utilizzano i propri dati. Invece sul piano dei risultati pratici, le cose stanno un po’ diversamente dal momento che la maggior parte (64%) non ha visto alcun cambiamento nell’esperienza complessiva con i brand. Nonostante lo sforzo delle aziende, solo il 26% dei consumatori ritiene, infatti, che la propria esperienza complessiva con i marchi sia migliorata, mentre il 10% rivela che è addirittura peggiorata.

In termini di protezione dati, oltre il 44% dei consumatori ritiene invece che le aziende abbiano utilizzato i loro dati personali senza averne avuto il consenso, inviando ad esempio e-mail per le quali non si erano registrati. Il 15% degli intervistati dichiara persino che alcune società stiano operando illegalmente, anche se al momento non è stata ancora trovata alcuna attività che violi la nuova direttiva europea.

Questo dovrebbe comunque suonare come un campanello d’allarme per quei brand che non comprendono appieno il regolamento o scelgono di ignorarlo, perché la stragrande maggioranza dei consumatori (90%) ha dichiarato di fidarsi meno di queste aziende e un terzo ha persino affermato che non acquisterà più prodotti e servizi da quei brand.

Tra le note positive, oltre il 30% dei consumatori intervistati dichiara che, dopo l’introduzione del GDPR, è più facile capire come le aziende utilizzino i loro dati, ovvero tramite la disattivazione delle email o la modifica delle impostazioni relative ai cookie. Uno strumento quest’ultimo considerato positivamente dai consumatori (32%) perché capace di migliorare l’esperienza online ricordando le loro preferenze.

Sei tendenze che stanno trasformando il mercato globale, secondo Mintel

Quale sarà il futuro dei consumi globali? Una domanda da un milione di dollari, in realtà molti di più, cui cerca di rispondere la società di ricerche di mercato Mintel che ha rivelato sei tendenze chiave che avranno un impatto sulle industrie e sui mercati di tutto il mondo, identificando come si svilupperanno nei prossimi anni.

Nel 2019 e oltre, il panorama globale dei consumi evolverà come mai prima, spinto da temi quali individualità, sostenibilità e benessere, comodità e connettività vissuta nella sua doppia anima di creatrice di valore e di drammatiche dipendenze.

Nella fotogallery i sei trend con i commenti di Simon Moriarty, direttore di Trends EMEA.

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Conad e Censis fotografano la società (italiana) del rancore

Uno scossone a una società ripiegata su se stessa e su un passato mitico e mitizzato, rancorosa, impverita e impaurita: lo vuole dare il progetto presentato ieri a Roma da Conad e Censis. Che hanno fotografato la nostra società italiana attuale, e il quadro è sconfortante, per non dire sinistro: uscita con le ossa rotte dalla crisi economica del 2008, l’Italia guarda al futuro con un carico di paure e rancore, impoverita di quelle fughe in avanti servite nei decenni passati a dare corpo al miracolo economico e a una potenza economica a livello mondiale. Aspettative decrescenti, diseguaglianze sociali, paura di scendere nella scala sociale hanno generato la società del rancore, una società frammentata, debole, chiusa, regressiva. Che ha rinunciato a consumi e investimenti, motore insostituibile di sviluppo.

L’analisi Censis (l’intera ricerca è scaricabile a questo link) restituisce l’immagine di un Paese che nutre un forte disagio per il presente, ha una grande nostalgia del passato (7 italiani su 10 sostengono che “si stava meglio prima”) ed è incapace di investire nel proprio futuro. Le ragioni sono tante: dalla bassa natalità (dal 1951 a oggi si sono “persi” 5,7 milioni di giovani) all’abbassamento del reddito nei giovani (rispetto alla media della popolazione le famiglie giovani, con meno di 35 anni di età, hanno un reddito più basso del 15% e una ricchezza inferiore del 41%), dalla crisi sociale allo smarrimento della cultura del rischio personale, indispensabile per rimettere in moto la crescita e i meccanismi di ascesa della scala sociale.

Crescono, alimentati dal rancore, i pregiudizi verso ciò che è “diverso”: 7 italiani su 10 sono contrari al matrimonio con una persona più vecchia di almeno vent’anni o dello stesso sesso, oltre che a quello con persone di differente religione, in particolare islamica. 4 su 10, poi, non vedono di buon occhio l’unione con immigrati, asiatici o africani.

Il 95% degli italiani è convinto che per fare strada nella vita occorra conoscere le persone giuste, provenire da una famiglia agiata (88%, diversamente da tedeschi, 61%; inglesi, 54%; francesi, 44%; svedesi, 38%) o avere fortuna (93% rispetto all’89% dei tedeschi, 77% dei francesi, 69% degli svedesi e 62% degli inglesi).  

Eppure nell’ultima fase della recessione e nella timida ripresa congiunturale gli italiani dispongono di una liquidità totale di 911 miliardi di euro (cresciuta di 110 miliardi tra il 2015 e il 2017), pari al valore di un’economia che, nella graduatoria del Pil dei Paesi europei post Brexit, si colloca dopo Germania, Francia e Spagna, ma prima dei Paesi Bassi e della Svezia. Insomma, l’Italia ha smarrito la capacità di guardare avanti e si limita a utilizzare le risorse di cui dispone senza tuttavia seguire un preciso programma. Lo dimostra anche l’incidenza degli investimenti sul Pil scesa al 17,2% e che colloca l’Italia a distanza dalla media europea (20,5% escluso il Regno Unito, 21,1% con il Regno Unito), da Francia (23,5%), Germania (20,1%) e Spagna (21,1%).

 

A caccia di speranze e talenti

A partire da tale scenario Censis e Conad uniscono competenze e forze per dare vita a un progetto di ricerca, comunicazione e confronto aperto a tutti gli attori del vivere sociale, cittadini, politica, istituzioni e imprese, per favorire l’avvio di una riflessione comune che si trasformi in una nuova spinta propulsiva a costruire il futuro di ciascuno e del Paese.

La crisi che blocca l’Italia è economica ma anche sociale e il progetto Censis-Conad si pone proprio l’obiettivo di stimolare l’avvio di una riflessione comune, portando in evidenza i costi che il Paese pagherà nel caso la società restasse intrappolata nella propria paura, nella nostalgia del passato, nel rancore. Una riflessione che dovrà dare visibilità e forza a idee ed esperienze concrete.

Le attività prevedono la valorizzazione delle conoscenze attuali, continuando al contempo a individuare ulteriori fonti specifiche per il progetto; la loro divulgazione, portando la riflessione sui contenuti nei luoghi più significativi del Paese sia per il progetto sia per Conad; un’intensa campagna di comunicazione dando visibilità a tre roadshow territoriali (uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud) con il coinvolgimento di stakeholder, testimonial, esperti, referenti istituzionali, politicu e alimentando Osserva Italia di Repubblica.it, l’osservatorio sugli stili di vita degli italiani e sulle loro aspettative per il futuro, con notizie, dati e commenti.

A chiusura del progetto, Censis e Conad daranno vita a un evento di alto profilo culturale e sociale che ruota attorno alla presentazione dell’immaginario collettivo contemporaneo degli italiani, all’incontro con grandi personalità sui temi affrontati, alla consegna del premio Top Imaginary Contest al personaggio pubblico che più ha fatto presa sullo stato d’animo degli italiani e a una lectio magistralis di un personaggio pubblico che incarna al meglio il nuovo immaginario collettivo rivolta agli studenti delle scuole medie superiori e universitari.

Il progetto è stato presentato a Palazzo Giustiniani dal responsabile aree politiche sociali del Censis Francesco Maietta. Alla presentazione è seguita la tavola rotonda Miti del rancore, miti per la crescita: verso un immaginario collettivo per lo sviluppo con il giornalista Luca De Biase, il filosofo Maurizio Ferraris, il direttore generale del Censis Massimiliano Valerii e l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese, moderata dalla giornalista Maria Latella.

2019: di che IVA sarà? Le previsioni di IRI

2019 quali saranno gli scenari  possibili? Partendo dalla situazione attuale, IRI, leader mondiale nelle informazioni di mercato per il Largo Consumo, il Retail e lo Shopper, ha elaborato le sue previsioni.

Il 2018
Durante tutto il corso di quest’anno, si è assistito a un deciso rallentamento del trend LCC. Si tratta di un fatto atteso fin dalla fine del 2017: rimbalzi climatici per le categorie stagionali, ripresa dei prezzi e primi segnali di rallentamento dei trend setter indicavano già questa direzione.
Tuttavia l’inaspettato peggioramento del quadro economico internazionale (turbolenza del commercio e speculazione finanziaria) e il ripiegamento della fiducia di famiglie e imprese sul fronte interno hanno complicato la situazione conducendo il Largo Consumo nei canali distributivi moderni in una fase di stagnazione dei volumi.
IRI ha osservato più volte come la domanda LCC sia diventata negli ultimi anni un «early indicator» dello stato di salute e di fiducia del Paese e ancora una volta questo si è puntualmente ripetuto. Inoltre un’eventuale nuova manovra sull’Iva peggiorerebbe lo scenario atteso deprimendo ulteriormente l’andamento del mercato del Largo Consumo.

IVA: scenari possibili
Due gli scenari previsionali sulla base di diverse ipotesi di politica economica.
1) Non sarà modificata l’attuale struttura dell’imposizione Iva.
2) Saranno recuperate risorse attraverso l’intervento sull’imposizione indiretta (Ipotesi di trasferimento di 1 punto percentuale di crescita in media sui prezzi al dettaglio LCC). Questa ipotesi implica un ulteriore deterioramento delle aspettative sul potere d’acquisto nel breve periodo.

Per quanto riguarda i fattori di filiera si prospetta una prosecuzione delle tendenze attuali.
I prezzi, già in evoluzione positiva grazie al comportamento di «trading-up» (aumento del valore del mix dei prodotti acquistati) trovano nuove spinte al rialzo dalle pressioni provenienti dalle cosiddette componenti volatili (costo materie prime, apprezzamento del dollaro, ecc.) frenando lo sviluppo della domanda.
Il quadro generale LCC previsto per il 2019 resta dominato dai fattori di freno delle vendite in volume (prezzi ancora in tensione, stagnazione del potere d’acquisto e minor fiducia delle famiglie sulla propria situazione economica, erosione dei risparmi reali). I volumi LCC nella GDO si evolveranno debolmente in terreno positivo senza tornare però ai livelli del 2017.
Per quanto concerne le vendite in valore è attesa una chiusura 2018 in leggera crescita per finanziare l’aumento dei prezzi e un rimbalzo positivo è previsto nel 2019 sempre sull’onda dell’aumento dei prezzi medi.

 

I rincari dei prezzi dominano lo scenario dei ricavi LCC quest’anno e le prospettive del 2019. La moderata crescita delle vendite a valore del 2018 (concentrata sull’Alimentare) è infatti causata per la quasi totalità dal «finanziamento» degli aumenti dei prodotti Freschi.
In controtendenza ancora i comparti Chimici cronicamente in deflazione, anche se nel Cura Persona si colgono primi segnali di stabilizzazione dei prezzi.
Per il 2019 si attende la permanenza di spinte al rialzo sul fronte dei prezzi, una tendenza che è destinata ad accentuarsi nel caso di interventi sulle aliquote IVA. Ciononostante l’eventuale intervento fiscale non aumenterebbe in misura significativa le vendite in valore, perché sarebbe in parte compensato da un calo degli acquisti reali. Ne consegue che il gettito aggiuntivo per le casse dell’erario sarebbe più alto di circa 640 milioni € mentre i ricavi al netto IVA per la filiera LCC si ridurrebbero di oltre 400 milioni rispetto al regime di imposizione diretta attuale.
Questi scenari previsionali non considerano però l’effetto di una eventuale nuova regolamentazione delle aperture domenicali annunciato nel DEF 2019. La domenica rappresenta circa il 11,4% delle vendite settimanali in Iper e Supermercati. La limitazione delle aperture domenicali da un lato stravolgerebbe l’attuale “agenda della spesa” delle famiglie italiane, e dall’altro potrebbe influenzare negativamente le vendite effettuate nei punti di vendita della distribuzione moderna dando nuovo impulso a canali alternativi di acquisto come e-commerce e food-service.

 

Nota metodologica – Le previsioni IRI sono aggiornate a settembre 2018 e sono realizzate considerando il Totale Largo Consumo Confezionato in Italia nei seguenti canali di vendita: Ipermercati + Supermercati + Libero Servizio Piccolo + Drugstore + Discount.

Parlare di cibo piace ai giovani, ma non online: un’infografica

Ma quanto ci piace parlare di cibo? Ovvio, siamo italiani, giovani o anziani accomunati dalla voglia di discutere ciò che passa a tavola. Anzi, più si è giovani e più spesso se ne parla, anche più volte al giorno. Non a caso tra i modi di dire più utilizzati c’è “Parla come mangi”. E che non sia un luogo comune, lo conferma anche la ricerca “Italiani che parlano di cibo: un dibattito infinito” realizzata da Squadrati per Coca-Cola, che rivela con quanta frequenza e passione nel nostro Paese si parli di gusti e scelte a tavola. 

I dati emersi dalla ricerca confermano una passione irresistibile che ogni giorno coinvolge il 51% dei nostri connazionali. Una tendenza costante rispetto al passato secondo circa la metà del campione (53%), ma percepita addirittura in crescita per il 43% degli intervistati, che negli ultimi cinque anni afferma di aver aumentato le proprie conversazioni sul cibo.

 

Tutti i giorni, a tavola e al top in Campania

Il 51% degli italiani parla di cibo e di gusti in fatto di cibo tutti i giorni. E con una propensione, forse a sorpresa, ben maggiore da parte dei giovani: nella fascia di età tra i 18 e i 34 anni la percentuale sale infatti fino al 58%. Questo però non ha nulla a che vedere con l’utilizzo dei social network, che si posizionano solo al sesto posto fra i “luoghi” in cui avvengono le conversazioni.

È la casa infatti il regno delle discussioni sul cibo e sui gusti (80% degli intervistati), seguita a distanza da ristorante (53%) e ufficio (45%). Seguono i supermercati (34%), il bar (30%) e infine proprio i social network (20%). Fra questi la piattaforma preferita per discutere di cibo è Facebook: usata a questo scopo dal 59% delle persone che dibattono sui social.

La Campania è la regione più social: si confrontano su questi mezzi il 32% dei campani vs 20% della media nazionale. D’altra parte è proprio la Campania una delle due regioni, insieme alla Puglia, in cui il dibattito è più frequente (rispettivamente per il 66% e il 61% degli intervistati vs. 51% della media nazionale).

Nella classifica delle persone con cui capita più spesso di intavolare discussioni sul tema, gli amici conquistano il primo posto (segnalati dal 74% del campione) e battono il partner (al secondo con il 62% delle risposte), seguiti poi, in terza posizione, da genitori e colleghi (entrambi al 45%).

Se nel Lazio, più che in ogni altra regione, si parla con maggiore frequenza di cibo con gli amici (78% degli intervistati vs. 74% della media nazionale), il Piemonte è in controtendenza rispetto alle conversazioni con il partner, che qui raggiungono il 71% delle preferenze vs. 62% della media nazionale.

 

Parlare di cibo? Piacevole e socializzante

Sul perché il tema del cibo sia così rilevante nelle conversazioni il 44% degli italiani non ha dubbi: perché è un piacere della vita. L’essere parte della nostra cultura territoriale viene indicato solo in seconda battuta come motivazione di dibattito dal 17% del campione. Al terzo posto si posiziona il fatto che “crea unione” (11%).

L’edonismo degli italiani si rispecchia anche nel loro approccio ai momenti di conversazione su questi temi, che risultano piacevoli per il 54% degli intervistati – con un picco nel Lazio per cui sono dichiarati piacevoli dal 60% degli intervistati – per il 41% creano socializzazione mentre per il 34% del campione sono divertenti.

Le fasce più giovani della popolazione si distinguono anche in questo caso. È fra i 18-24enni che la percentuale di chi li ritiene al contrario “animati” sale (21% vs. 11% della media campionaria), così come di chi pensa che creino polemiche (13% vs 8%), o divisioni (12% vs 6%). Anche in Campania, più che altrove, i momenti in cui si parla di cibo sono percepiti come animati (19% vs 11%), mentre in Piemonte sono vissuti come tranquilli più che in altre regioni.

Ma se parlare di cibo per gli italiani è, in generale, qualcosa di piacevole e che crea unione, quando si tratta di scegliere effettivamente cosa o dove mangiare la situazione cambia e l’armonia può incrinarsi: quando si tratta di uscire con altre persone e non si trova un posto che soddisfi i gusti di tutti, infatti, il 53% sceglie in base al proprio gusto o piuttosto non esce.

 

Dialogo sopra i massimi sistemi di cosa ho nel piatto (e sulla pizza)

L’82% degli italiani ritiene che quello del cibo sia un argomento serio. Sarà per questo che se ne parla continuamente, prima, dopo e durante i pasti. Ben l’88% degli intervistati parla di cibo mentre è a tavola. Di questi il 67% parla di ciò che sta mangiando, ma il 20% è già proiettato a cosa mangerà durante i pasti successivi.

Gli argomenti più trattati quando si parla di cibo? Nell’ordine i propri gusti, come si è mangiato in un ristorante e i propri piatti preferiti.

In Emilia Romagna e Lazio è il trionfo dei “recensori”: più che altrove si parla di come si è mangiato in un dato ristorante. In Toscana, più che in altre regioni, si parla dei propri gusti in fatto di cibo e del regime alimentare preferito. Mentre in Veneto si parla più che altrove della qualità degli alimenti.

Entrando nello specifico delle conversazioni quelle su cui gli italiani si sentono più coinvolti sono: in primis la pizza (tipo di forno e altezza) per 3 intervistati su 4, a pari merito col livello di cottura della carne. Tema molto sentito, come immaginabile, dai campani che si accendono parlando di pizza alta o bassa (84% vs. 75% della media nazionale), o del tipo di forno (85% vs. 74% della media nazionale). Il 70% degli italiani discute e si infervora poi per il livello di cottura della pasta.

La passione nel dibattere sulla tipologia di pizza è stata confermata anche dalla campagna “De Gustibus” di Coca-Cola che da marzo a giugno ha indagato su Facebook le preferenze degli utenti italiani. Il risultato? Sul podio, al primo posto, appunto il post dedicato alla scelta della pizza, alta o bassa, che ha totalizzato oltre 500 commenti, quasi 400 commenti per l’elezione della piadina ideale con prosciutto cotto vs prosciutto crudo in un post dedicato e 340 per indicare la pasta preferita nella sfida tra quella corta e quella lunga.

Anche nei dibattiti allestiti in alcune pensiline interattive predisposte a Milano, Roma e Napoli la pizza è stata il tema più partecipato con oltre 7.000 voti in sole due settimane di attività. Una curiosità: per i milanesi vince la pizza alta con il 60% delle preferenze, mentre a Roma il dato è capovolto con il 61% di voti per quella bassa.

 

[1] “Italiani che parlano di cibo: un dibattito infinito”: indagine quantitativa, commissionata da Coca-Cola a Squadrati, su campione di 1.504 intervistati, di età compresa tra i 18 e i 64 anni, per quote proporzionali alla popolazione residente in Italia per sesso, classi di età e regione; metodo di rilevazione: CAWI, interviste realizzate online; periodo di rilevazione: 3 – 11 luglio 2018.

Amazon punta sulla rete fisica di prossimità, con 3000 punti vendita senza casse negli USA

Amazon punta dritto alla rete fisica: dopo l’acquisizione l’anno scorso di Whole Foods, secondo Bloomberg è pronto a lanciare una rete di punti vendita che puntano su tecnologia senza casse ma, soprattutto, sulla prossimità, e potrebbero arrivare a 3000  entro il 2021 e potrebbero partire già entro la fine dell’anno in tutti gli Stati Uniti.

Bloomberg che ha sentito le solite “persone bene informate”, parla di “un’espansione aggressiva e costosa che potrebbe minacciare catene di negozi come 7-Eleven [piccoli convenicence store, tipo superette che vendono articoli di uso quoridiano, pasti prtiyi, panini e snack, ndr}, servizi di paninoteca come Subway e Panera Bread, e pizzerie e food truck”.

I luoghi ideali dove nascerà questa rete saranno i grandi agglomerati urbano, e l’idea di Jeff Bezos sarebbe appunto quella di limitare gli spostamenti nelle ore di punta come all’ora di pranzo, portando i negozi più vicini possibuili al consumatore (che è un po’ il cuore del concetto dell’e-commerce, se vogliamo). Del rresto, come la prima e maggiore delle dotcomormaia, la maggiro parte delle transazioni avviene proprio nella rete fisica, ancora.

Il format che sarà scelto è ancora incerto: potrebbe essere un minimarket o un fast food del tipo della alla catena britannica Pret a Manger.

Quanto alla tecnologia senza casse, ha debuttato nel primo negozio senza casse vicino alla sua sede a Seattle nel 2016 e da allora ha annunciato l’apertura di altri due siti a Seattle e uno a Chicago, inaugurato quattro giorni fa. Due dei nuovi negozi offrono solo una selezione limitata di insalate, panini e snack, segno che Amazon sta testando l’idea di vendere pasti fast. Altri due negozi, tra cui l’originale AmazonGo, hanno anche una piccola selezione di generi alimentari, e sono più simile a un minimarket.

Gli acquirenti usano un’app per smartphone per entrare nel negozio. Una volta che scansionano i loro telefoni su un tornello, possono prendere ciò che vogliono e uscire senza alcun tipo di ulteriore scansione o registrazione o cassa. I sensori e le telecamere rilevano ciò che gli acquirenti prendono e li fatturano automaticamente sul conto amazon del cliente.

È una tecnologia estremamente costosa (secondo Bloomberg il primo AmazonGo nel centro di Seattle è costato più di un milione di dollari solo in hardware). Limitare l’offerta al cibo pronto avrebbe un doppio vantaggio: limiterebbe il numero di telecamere necessarie alla scansione e assicurerebbe anche un margine più alto rispetto agli articoli del supermercato.

Le notizie sulle potenziali ambizioni della compagnia per AmazonGo hanno spinto al ribasso le quote dei venditori di generi alimentari e della vendita al dettaglio. Walmart è diminuita fino allo 0,6 %, invertendo un precedente guadagno, mentre Target Corp. ha perso circa l’1,5 % e Kroger Co. ha perso addirittura il 3,1 %.

L’azienda per ora non commenta, ma l’Ad Jeff Bezos in occasione di un evento a Washington D.C. recentemente si è detto “molto interessato” ai negozi fisici, ma solo se hanno qualcosa di nuovo da offrire. perché “se offriamo un prodotto che hanno già altri, non funzionerà”.

Amazon è stato il primo a lanciare un supermercamrcto senza vasse. Ma l momento si stanno moltiplicando le iniziative per ridurre al minimo il tempo dei pagamenti, grzie a tecnologie quali la biometria.

Back to School (and to Work) all’insegna di autococcole e promozioni

È stata una vacanze poco rigenerante e probabilmente anche troppo breve (quale non lo è?) quella  di metà degli italiani, che affrontano il trauma da rientro e l’inevitabile Back to School. DoveConviene, piattaforma leader di servizi di drive to store e shopper marketing che guida il percorso di acquisto nei punti vendita fisici di 30 milioni di consumatori nel mondo, ha realizzato un sondaggio per capire come gli italiani stiano o abbiano vissuto il rientro dalle vacanze, e come i genitori affrontino le spese del back to school.

Finite le ferie, il ritorno alla quotidianità rimane un momento difficile da affrontare anche perché per la metà degli italiani (50%) le vacanze non sono state sufficienti per rigenerarsi ed eliminare lo stress. C’è anche chi però si sente riposato (24%) o chi dichiara di esserlo abbastanza, affermando che sono solo i primi giorni di rientro a essere i più impegnativi (25%).

Il trauma da rientro insomma pesa. E le strategie messe in atto per superarlo sono varie. Se nel 2017 il mantra era concentrarsi sulla pianificazione del lavoro e iniziare a strutturare al meglio fin da subito tutte le attività quotidiane (era la risposta di un italiano su quattro), quest’anno l’organizzazione retrocede (20%) per lasciare spazio all’idea di approfittare del proprio tempo libero e dei ritmi ancora soft per stare con amici e famiglia (46%). C’è poi chi si è “coccolato” togliendosi sfizi (16%), programmando subito nuovi week end e gite fuori porta (14%) e pianificando acquisti (10%). In media con il trend del 2017 anche chi ha deciso per rimedi pragmatici, come rientrare a metà settimana per una partenza più tranquilla (11%).

 

Voglia di cambiamento: cambio stagione e accessori per la casa cima agli acquisti
Concentrarsi sugli acquisti permette di svagarsi, pensando ad altro oltre al lavoro e allo stress da rientro. Le attenzioni sono rivolte principalmente al cambio di stagione con acquisti di capi di abbigliamento e scarpe (70%) o a tutti gli articoli per rendere la propria casa ancora più accogliente (35%). Non ci si dimentica nemmeno delle ultime novità per quanto riguarda l’elettronica ne dell’acquisto di libri per svagare la mente (17%). In ascesa rispetto al 2017 (1%) anche l’acquisto di corsi per l’autunno (14%) per dimostrare attenzione verso se stessi e il proprio tempo libero fin da subito.

 

Per il Back to School è caccia all’offerta
Con calma e cautela: è l’approccio dei genitori italiani che devono affrontare le spese del ritorno sui banchi di scuola. Se il 66% dei genitori non ha ancora acquistato tutto l’occorrente, la maggior parte ha già iniziato a prepararsi agli acquisti consultando le offerte (69%) principalmente sullo smartphone (68%). Il mobile si conferma il tool primario per la ricerca delle informazioni, ma gli store fisici rimangono il luogo d’eccellenza per gli acquisti (78%). Le previsioni di spesa, esclusi i libri, sembrano essere piuttosto moderate e in linea con lo scorso anno senza particolari rincari: tra i 100 e i 200 euro per il 79% degli italiani (vs il 76% del 2017) e tra i 200 e i 300 euro per il 15% (vs il 14% del 2017). Solo un 3% (vs il 10% del 2017) prevede di spendere più di 300 euro.

Alla survey, lanciata da DoveConviene, hanno partecipato 1000 maggiorenni, distribuiti in tutta Italia: Nord (42%), Sud (36%) e Centro (22%). Il campione è rappresentato in prevalenza da utenti donne (61%) rispetto agli uomini (39%) e ha coinvolto principalmente la fascia 41-60 (44%) e la fascia 32-40 (30%) seguita dalla fascia 26-31 (13%).

Rapporto Coop 2018, crescono le diseguaglianze e impattano sui consumi

Ripresa sì, ma iniqua, incostante, difficoltosa. È la prima e principale evidenza del Rapporto Coop 2018, come sempre ricchissimo di spunti, dati e suggestioni sulle tendenze dei consumi in Italia. Ne parleremo nelle prossime settimane, ma ci sembrava giusto partire proprio da questo dato, il più generale ma che tanto impatto ha poi sulla vita di tutti i giorni e sui consumi di milioni di persone. Perché il fatto che la forbice tra ricchi e poveri si allarghi, non solo tra Paesi ma anche all’interno degli stessi, è gravido di conseguenze.

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Chiare le richieste alla politica, cui si chiede di aiutare le famiglie tramite politiche di sostegno al reddito e all’occupazione.  Netta contrarietà è stata espressa contro l’aumento dell’IVA, che colpirebbe indistintamente tutti i consumi, anche quelli in calo delle fasce più deboli. Richiesta a Di Maio di aprire un tavolo sulla questione delle aperture (“se no rischiamo di cadere in un Far West dove ogni Regione vara una legge regionale diversa”) E massima attenzione ai temi della legalità (a partire dal caporalato) e dell’ambiente (“siamo stati gli unici a prendere impegni per ridurre l’inquinamento da plastica del mare nella Ue, aspettiamo gli altri”).

Marco Pedroni nell’intervista ci spiega come Coop ha deciso di affrontare questo mercato, rimanendo ferma sulle sue posizioni. Non è un mistero che la maggiore cooperativa nazionale stia soffrendo (vedi Coop ancora in testa nel 2017, 13,4 miliardi nel retail Gdo (+2,6%)) ma, come ha ricordato Stefano Bassi presidente Ancc-Coop durante la conferenza, “siamo una cooperativa e, per nostra struttura e proprietà, abbiamo obiettivi di redditività diversi da una società per azioni”).

La versione integrale del Rapporto Coop 2018 è scaricabile su http://www.italiani.coop

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