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Sale senza Sale: la rivoluzione iposodica firmata Aquasalis

Sale senza sale? Da oggi si può. Aquasalis, innovativa start up svizzera, ha infatti formulato la prima soluzione salina iposodica con il 75% in meno di sodio destinata a rivoluzionare il comparto dei condimenti alimentari. Sale senza sale, appunto.

Aquasalis è naturale al 100% e nasce dall’incontro fra la purezza dell’acqua elvetica ed il sapore deciso di una selezione dei migliori sali per offrire tutto il sapore del sale in grani, ma senza le controindicazioni del prodotto tradizionale.

Grazie alla sua composizione, Aquasalis favorisce, infatti, l’assunzione di un apporto di sodio conforme alle linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute), che raccomandano un consumo giornaliero di sale inferiore ai 5 grammi e di 3.510 mg di potassio per una persona adulta.

In virtù di queste sue prerogative, Aquasalis – con lo slogan “la salute è il sale della vita” – si è fatta promotrice di una campagna educativa dedicata a promuovere la cultura della sana alimentazione attraverso un regime alimentare a ridotto apporto di sodio.

Il sodio in agguato
“La guerra di Aquasalis è anche contro il sodio nascosto che si trova in molti alimenti naturali, quali latte e uova e, in quantita’ molto piu’ elevate, in alimenti trasformati, come pane, salatini o condimenti quali la salsa di soia”, ha spiegato Carmelo Scaramuzzino, Owner & Co-Founder di Aquasalis. “Ecco perché, ancora prima del suo debutto ufficiale sul mercato, Aquasalis è stato scelto da numerose aziende produttrici del settore Food come ingrediente sostitutivo del sale per la produzione industriale di prodotti da forno”.

Già a poco tempo dal suo debutto, alcuni dei principali player italiani del settore della panificazione industriale, quali Vecchio Forno e Associazione Panificatori Italiani, hanno scelto Aquasalis per la produzione di fette biscottate e pane iposodico. Ma non mancano casi di successo anche all’estero, come l’azienda inglese Hobis che ricorre ad Aquasalis per la produzione del suo pane.
Aquasalis sarà presto l’ingrediente principe di un’ampia linea di prodotti iposodici, quali: cibi precotti, salse e sughi, ma anche prodotti dell’arte bianca a ridotto apporto di sodio.

I vantaggi di Aquasalis
L’uso regolare della soluzione iposodica Aquasalis apporta all’organismo numerosi vantaggi in quanto favorisce la regolazione del sistema nervoso, contribuisce all’idratazione bilanciata del corpo, migliora l’equilibrio cellulare tra acidi e basi, aiuta a combattere gli inestetismi della cellulite, facilita la regolazione del metabolismo basale, favorisce la sana alimentazione di bambini e ragazzi, aiuta a prevenire ipertensione, tiroidismo, obesità, infarto, ictus e osteoporosi.

Aquasalis_coverInormazioni tecniche: formati, composizione, utilizzo
Aquasalis sarà in vendita in confezione spray in Pet da 100, 125 e 200 ml e sarà disponibile (a partire dall’autunno 2016) nelle versioni per la GDO, per le farmacie e in quella Premium per i canali Ho.Re.Ca.
Il prodotto è stato formulato anche nella versione iodata, naturalmente arricchita di iodio per aiutare il funzionamento della tiroide. Oltre che nelle confezioni per il consumo domestico, Aquasalis è disponibile anche per l’industria sia in confezioni bulk da mille litri che in bag in box da 20 litri e in bustine. Il prodotto sarà venduto ad un prezzo variabile, compreso fra i 3,40 ed i 3,80 euro a confezione in base ai diversi formati.

Composizione: 75% di acqua, 25% di cloruro di sodio.

Consigli di utilizzo: Aquasalis va spruzzato a piacere su ogni tipo di alimento, cotto e crudo, preferibilmente a freddo o dopo la fine del processo di cottura per evitare che evapori una volta a contatto con alimenti ad alta temperatura. Ideale per condire qualunque pietanza, il prodotto regala sapidità anche alla pasta e al riso, purché venga utilizzato a fine cottura, dopo che sono stati impiattati.

Tessuti: un modo intelligente di personalizzare lo store e rafforzare il brand

Valore e forza del marchio, sono legati indissolubilmente al punto vendita e alla sua immagine. Perché è il negozio, come luogo di suggestioni multisensoriali, che influenza il comportamento d’acquisto del consumatore. Per questo è importante che l’allestimento sia coerente e rispecchi lo stile e l’immagine coordinata di un brand. E in questo anche i tessuti concorrono alla creazione di ambienti accoglienti e personalizzati, grazie alle tecnologie di stampadigitale sempre più raffinate e capaci di raggiungere nuovi traguardi.

Pixartprinting_tessuti naturali_6_300dpiVa in questa direzione la proposta di Pixartprinting, leader europeo della stampa online, che non solo accorcia la filiera, assicurando puntualità di esecuzione ed elevati standard, ma offre anche un ulteriore valore aggiunto: la possibilità di ordinare tessuti naturali con la garanzia di alta qualità e colori durevoli.

Attualmente le tecniche produttive come la stampa digitale rendono possibili nuove forme di espressione e permettono di raggiungere inedite frontiere, soddisfacendo la crescente domanda di customizzazione. Se a questo si aggiunge la possibilità di ordinare tessuti naturali con la garanzia di alta qualità e colori durevoli, nella metratura desiderata, scegliendo anche la modalità di ripetizione del proprio pattern, la risposta è Pixartprinting, leader europeo della stampa online. Un nuovo canale che offre un valore aggiunto e accorcia la filiera, assicurando puntualità di esecuzione ed elevati standard.

Sono otto le new entry nella gamma di tessuti naturali by Pixartprinting: dai tendaggi ai cuscini, dai paralumi alle divise per il personale. I protagonisti sono cotone e seta: filati accuratamente selezionati che donano alle stoffe morbidezza e consistenza. L’offerta spazia da texture 100% cotone (Mussola 60, Popeline 50/50 e Drill) a 100% seta (Habutai 8mm) per arrivare al misto cotone/seta (Habutai), disponibili in grammature diverse per la realizzazione di capi specifici. Stampati con colori reattivi in digitale, che consente di ottenere molteplici sfumature e metrature ridotte, sono sottoposti a finissaggio, un insieme di trattamenti che ne nobilitano l’aspetto, le proprietà e la tenuta del colore.

I plus

Con Pixartprinting è possibile personalizzare il tessuto con la propria grafica e di scegliere la quantità desiderata: grazie alla tecnologia dell’azienda veneziana si possono ordinare tutti i tessuti al metro, a partire dalla lunghezza minima pari a uno. Stampare un campione o un’intera collezione non rappresenta quindi più un ostacolo. Un altro plus è la facilità di fruizione dell’e-shop: sulla pagina dedicata si può selezionare il numero di metri lineari desiderati per avere un preventivo gratuito in tempo reale e scaricare il template già preimpostato con le dimensioni del pattern scelto.

 

Comunicazione: la via del successo per rilanciare la brand equity

Comunicazione, Distribuzione, Marca: un trinomio composito, indagato nel corso dell’evento “Comunicazione. Distribuzione. Marca. L’Italia che riparte”, il primo appuntamento dell’edizione 2016 del Purple Program, organizzato da Mindshare sul mondo della comunicazione.

A proposito degli investimenti pubblicitari, Roberto Binaghi – Chairman&CEO di Mindshare evidenzia come dal 2007 a oggi ci sia stata una contrazione di circa il 29%, pari a una perdita di 3.000 milioni di euro in valore assoluto. Una cifra enorme che potrebbe corrispondere alla cancellazione del budget pubblicitario dell’Olanda. Oppure, a quella di 36 Barilla o di 37 Vodafone! I settori con il calo più spiccato sono quelli del FMCG, dell’Automotive e quello delle Telecomunicazioni. Andamento migliore per la distribuzione e per l’e-commerce.01

L’Italia, sul fronte emorragia di investimenti, è messa decisamente peggio rispetto a altre grandi nazione Europee come Uk, Germania e Francia.

Le aziende più in crisi

Il calo di investimenti più eclatante ha riguardato le aziende leader, che hanno perso il 40% (in altri termini, si potrebbe dire che hanno smesso di comunicare su 2,5 prodotti a testa!) e quelle più piccole (sotto il milione di euro di fatturato). Mentre quelle appartenenti alla fascia media hanno tenuto di più.

Il calo di investimenti e le sue cause

Un -29% di investimenti (ben 3.000 milioni di euro!) non è una cifra da poco. Per spiegarlo Binaghi ricorre a due indicatori: un calo dei consumi pari a – 5,6% e una deflazione della pubblicità pari a -12,6% (frutto di un combinato disposto di prezzo vero e proprio e di un nuovo mix di cespiti).

In questo modo, però, si raggiunge una quota del-18% che spiega solo la perdita di circa 2.000 milioni.

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Non rispondono dunque all’appello ben 1.000 milioni: che fine hanno fatto? In linea di massima si tratta di una cifra accantonata (ben oltre l’effettiva necessità) come riserva, per essere allocata altrove.

Quindi il problema risiede lì: nella ritrosia da parte delle aziende (che vanno al di là dell’opportuna prudenza) ad investire in comunicazione. Pertanto in futuro lo scenario potrebbe essere più roseo, solo se le aziende ritornassero a considerare il media come una leva strategica del loro marketing mix, e non una fonte dalla quale attingere.

È davvero un peccato” – ha commentato Binaghi – “che, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, le grandi aziende in Italia non supportino adeguatamente le loro marche. Il pericolo di essere superate da competitor più lungimiranti, che appartengono alla fascia media del mercato, è tutt’altro che remoto.”

Questione di marca

In effetti la criticità più grossa è quella di riuscire a dare alla marca quel valore che il consumatore cerca con crescente insistenza. Una comunicazione appropriata, mirata, personalizzata, rinnovata e attualizzata, capace di parlare al nuovo universo valoriale dei consumatori, potrebbe sortire grandi risultati in questa direzione. Purtroppo, come sottolinea Livio Martucci Dir. Global Analytics&Consulting IRI, molte risorse vengono accantonate e sottratte ai media, per essere erroneamente convogliate in attività promozionali, quasi sempre puramente tattiche, che in linea non solo non premiano i leader di Marca, ma ne determinano pure una certa sofferenza dal punto di vista del fatturato.promo iri

 

L’universo mentale e lo spazio della marca

Per creare uno spazio in cui la marca possa riprendere a prosperare in sintonia con la nuova domanda, occorre attrarre l’attenzione del consumatore, accedere al suo spazio mentale. “Purtroppo – commenta dice Federico Capeci, CEO Kantar Consumer Insights – questa è una sfida sempre più difficile ed importante, come dimostrano i dati Millward Brown.”

spazio mentale

Per questo basare una strategia di comunicazione ed engagment su stereotipi, generalizzazioni o ansie da performance di breve periodo non è certo un buon inizio per creare esperienze di valore e ottenere in cambio il riconoscimento di un valore di marca.”

 

Nielsen: fiducia nei consumi cresce, ma il futuro incerto addensa nubi all’orizzonte

La fiducia nei consumi nel mondo avanza di un punto ma con grandi differenze regionali, arranca in Italia, dove nel primo quadrimestre dell’anno arretra di due punti e resta indietro rispetto al resto dell’Ue, la quale comunque in generale recede, fermata dall’incertezza per dalla paura del terrorismo: lo rilevano gli ultimi dati della global survey di Nielsen.

L’economia, la precarietà del lavoro e la salute sono ciò che più preoccupa i consumatori a livello globale, ma, a seconda della regione, si sono aggiunti altri motivi di incertezza: il terrorismo in Europa, la criminalità e l’aumento dei prezzi in America Latina e la difficoltà a conciliare vita personale e lavoro in Asia. La paura della recessione cresce nel primo quadrimestre 2016, aumentando di nove punti in Francia (per arrivare all’81%), Cina (38%) e Olanda (58%), di otto punti in (54%) e di sette punti in Russia (88%), Italia (87%), Giappone (82%), Thailandia (82%) e Canada (72%).

Il 33% dei mercati migliora la fiducia contro il 43% del quarto trimestre 2015.
Il 33% dei mercati migliora la fiducia contro il 43% del quarto trimestre 2015.
I motivi di preoccupazione variano a seconda della regione.
I motivi di preoccupazione variano a seconda della regione.

 

Italia, cresce la fiducia ma non per tutti
Nel primo trimestre del 2016, l’indice di fiducia degli italiani si attesta a 59 punti (+2 punti rispetto al primo trimestre del 2015, ma in calo rispetto ai 61 dell’ultimo del 2015).
In ogni caso, prosegue il trend di incremento a partire dal picco negativo toccato nel dicembre 2012 e ritornando ai livelli intorno ai 60 punti, analogamente ai valori che si registravano dal 2008 al 2010. È da notare però il gap con il resto d’Europa, che fa registrare un dato medio della fiducia pari a 81 punti, soprattutto rispetto ai Paesi trainanti l’economia come Germania e Regno Unito, entrambi a quota 97. Tra i soggetti principali dell’Unione Europea, seguono Spagna (74) e Francia (64).
Sul fronte positivo, si segnala la diminuzione di quanti si dichiarano preoccupati per la posizione lavorativa (-9 punti vs. primo trimestre precedente) e si registra una diminuzione di chi ritiene pessimo lo stato delle finanze personali (73%, -2 punti), e di quanti non giudicano il momento presente adatto per fare acquisti (79%, -3 punti). Nonostante ciò, la porzione del campione che afferma di rimanere senza soldi dopo le spese essenziali rimane consistente (24%, 1 su 4).

 

Giovani e Sud Italia se la cavano peggio
In merito ai fatturati della distribuzione al dettaglio, emergono indicatori di generale stabilità. Se il 2015 si è chiuso con un dato lievemente positivo (+0,1%) sull’anno precedente, nel periodo gennaio – aprile 2016 il dato è negativo (-1,1%). L’analisi dei consumi delle famiglie fa emergere forti differenze sia a livello geografico, sia per fasce di reddito, sia per età.

Nell’ultimo anno la spesa delle famiglie nel complesso ha fatto registrare una variazione percentuale pari a zero, ma le “famiglie a basso reddito” hanno tagliato le spese del 9,1% mentre le famiglie “a reddito medio” e “alto” le hanno incrementate rispettivamente del 2,2% e del 3,5%. Al Sud la variazione è stata negativa, pari a – 1,9% mentre al Centro Nord si registra un +0,7%.
I giovani sono poi quelli che sembrano soffrire di più la situazione, come conseguenza della precarietà lavorativa. Considerando la variazione della spesa in milioni di euro delle singole fasce di età, si nota come mentre al di sotto dei 35 anni sono stati persi 721 milioni e nella fascia 35/44 anni 433 milioni, si incrementa la spesa nelle altre fasce: tra i 45-54enni +20 milioni, 55-64enni +396 milioni, oltre i 65 anni +778 milioni.

Costante è il calo d’efficacia delle promozioni: nonostante l’aumento degli articoli in offerta, nel periodo  gennaio-aprile ’16 le vendite promozionate sono diminuite dello -0,8%.

Premia invece l’innovazione nei punti di vendita: i negozi che hanno introdotto servizi aggiuntivi e garantito una shopping experience più piacevole hanno registrato, nei primi quattro mesi del 2016, una crescita del fatturato del +6,9% (-1,3% il trend per tutti gli altri).

Più qualità e attenzione al cliente insomma e meno focus sul prezzo sembrano al momento premianti.

Amazon come Trip Advisor: premia i recensori migliori facendo testare prodotti in anteprima

Svolta social per Amazon.it: con il servizio Amazon Vine, le recensioni dei clienti verranno valutate, a seconda degli apprezzamenti ottenuti, e gli autori delle recensioni migliori potranno entrare in un olimpio di “beta tester” e saranno invitati a fare recensioni in anteprima, ricevendo, gratis, gli oggetti da valutare a casa propria. Gli articoli da recensire potranno essere scelti all’interno di una selezione di proposte delle aziende che partecipano all’iniziativa. In genere, prodotti che saranno commercializzati in futuro o appena stati lanciati sul mercato. Una volta ricevuti i prodotti, gli utenti potranno scrivere una recensione su Amazon.it, sia positiva sia negativa, senza che Amazon o il brand di riferimento possano modificarla o eliminarla.

Il passa parola da parenti o amici, che nell’epoca dei social network diventa digitale e allarga la sua base, resta la fonte di informazione più attendibile anche per i consumatori del Terzo Millennio. Lo sanno bene i ristoratori, che per anni hanno lottato con Trip Advisor, primo e principale sito di recensioni “dal basso”, online, e che alla fine hanno dovuto adeguarsi in qualche modo alle sue logiche. Lo confermano le statistiche: secondo Nielsen, il 66% dei clienti afferma di fidarsi delle recensioni online di altri utenti come se fossero quelle dei loro familiari o amici.

Una pagina di Amazon con una recensione, corredata di video e foto del prodotto acquistato.
Una pagina di Amazon con una recensione, corredata di video e foto del prodotto acquistato.

 

Solo su invito: vince la reputation

I clienti potranno entrare a far parte del servizio Amazon Vine solo su invito diretto di Amazon, che selezionerà i partecipanti in base a diversi criteri. Quanto più le recensioni di un cliente sono valorizzate da altri clienti, tanto più avrà la possibilità di ricevere l’invito. Amazon Vine inviterà quei clienti che, grazie alle proprie recensioni, hanno sviluppato la propria reputazione di esperti su un certo tipo di prodotti, dagli articoli di elettronica ai vestiti per neonati. Il ranking delle migliori recensioni di Amazon.it si potrà consultare al link: www.amazon.it/recensioni.

«Il 93% degli utenti legge almeno una delle recensioni di altri clienti prima di comprare un prodotto online. In Amazon desideriamo che i nostri clienti prendano le loro decisioni d’acquisto disponendo di informazioni imparziali, oneste e utili – spiega Tommaso Velo, responsabile di Amazon Vine Italia -. Amazon Vine ha un duplice obiettivo: da un lato fornisce ai clienti informazioni di qualità e, dall’altro, offre ai venditori uno strumento per far testare i propri prodotti, dando la possibilità agli utenti più esperti di provarli e recensirli se lo desiderano».

 

Showroom Privé: uomini e donne divisi anche nel mobile shopping

Quali sono i comportamenti di acquisto in rete degli italiani? Lo svela un’indagine di Showroomprive.it, dotcom europea che vende moda online, che ha interpellato un campione rappresentativo di 1000 persone. Il sondaggio presenta un focus sui dispositivi mobile, che giocano un ruolo sempre più rilevante per il settore, ed evidenzia le differenze di genere. Ormai le ricerche si sprecano sull’argomento, infatti: uomini e donne pensano, agiscono, prendono decisioni e fanno acquisti con un approccio e seguendo logiche diverse.

 

Online le donne acquistano di più

Come indicano i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano, il valore degli acquisti online degli italiani raggiungerà quota 19,2 miliardi di euro, in crescita del 17% rispetto al 2015. Secondo l’indagine condotta da Showroomprive.it le donne dichiarano di comprare di più online rispetto agli uomini: probabilmente per la mancanza cronica di tempo da diidere tra lavoro, famiglia e casa, il 10% delle intervistate (ma solo il 4% degli uomini) effettua oltre il 70% degli acquisti realizzati in un anno tramite Internet. Anche chi fa shopping sul web tra il 50 e il 70% sul totale degli acquisti nel corso dell’anno sono in maggioranza donne (10% contro il 7% degli uomini), mentre c’è quasi un pareggio per chi ha dichiarato di effettuarne online circa la metà (14% uomini e 13% donne).
Anche tra gli e-Shopper meno assidui spiccano gli uomini, che per il 29% dichiarano di effettuare online tra il 25 e il 50% degli acquisti effettuati in un anno (contro il 27% delle donne) mentre il 46% ne realizza meno del 25% (contro il 40% delle donne).

 

Su smartphone le donne ricercano, gli uomini acquistano

Gli italiani amano navigare tramite smartphone per leggere notizie, per accedere ai social network, per intrattenimento, ma anche per prendere decisioni di acquisto, confrontando offerte, cercando informazioni sui prodotti e per effettuare l’acquisto vero e proprio. E lo fanno con una frequenza è impressionante: secondo l’indagine, un terzo degli italiani si connette ogni volta che riceve una notifica (32,23%), il 28,26% circa ogni ora, il 15,69% ogni 10-15 minuti, il 14,74% ogni 20-30 minuti, il 9,07% ogni 45 minuti.

Sempre più viene usato per gli acquisti. L’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm-Politecnico di Milano stima che il mobile commerce nel 2016 segnerà +50%. L’incidenza degli smartphone arriva al 15% del totale acquistato. Il tablet invece cresce, ma riduce la sua incidenza (pesava il 12% nel 2015, scende al 10% nel 2016).

Anche qui le differenze di genere non mancano. Le donne utilizzano di più lo smartphone per ‘Cercare informazioni su un prodotto che desidera comprare’ (il 40% contro il 32% degli uomini), mentre gli uomini sono più propensi a usare questo device per ‘Comprare in un negozio online’ rispetto al gentil sesso (29% contro 25%). Anche cambiando device, l’utilizzo rimane invariato: le donne utilizzano di più il tablet per cercare informazioni su un prodotto che desiderano acquistare (33% donne, 29% uomini) e gli uomini per effettuare l’acquisto vero e proprio (27% uomini e 24% donne). Invece le differenze si assottigliano per quanto riguarda ‘Leggere notizie di costume e attualità’ via smartphone (22% le donne e 23% gli uomini) mentre il tablet risulta essere il supporto preferito dalle donne in questo caso per il 31% contro il 26%.

 

La metà degli acquisti da casa

Ogni momento è adatto per un veloce acquisto via mobile, e tra coloro che hanno comprato online tramite smartphone nell’ultimo anno più della metà (il 54,91%) dichiara di averlo fatto a casa in un momento di relax, il 18,90% sul divano mentre guarda la TV (il che apre interessanti possibilità di interazione con la pubblicità televisiva), il 7,18% al lavoro, il 4,63% al bar o al ristorante, e il 4,25% mentre aspetta i figli all’uscita da scuola, il 3,78% in ascensore, 3,59% in metro o in bus, infine, il 2,74% mentre fa shopping nei negozi fisici. Anche per chi ha effettuato acquisti online via tablet la classifica non cambia, infatti, più della metà (il 57,66%) dichiara di aver comprato a casa in un momento di relax, il 18,71% sul divano mentre guarda la TV, l’8,32% al lavoro, il 4,63% al bar o al ristorante, il 3,21% mentre aspetta i figli all’uscita da scuola, 3,12% in metro o in bus, il 2,46% in ascensore e l’1,89% mentre fa shopping nei negozi fisici.

Sono 15 milioni gli italiani che fanno la spesa dal produttore, triplicati in tre anni

Dal contadino, nei farmers’ market, in fattoria: nel 2015 sono stati 15 milioni gli italiani che per fare la spesa hanno bypassato la distribuzione scegliendo di andare direttamente alla fonte, dal produttore. Un numero in forte crescita, secondo un’indagine Coldiretti/Ixé che stima questo numero in cinque anni sia triplicato.

 

Benessere e naturalità i motivi della scelta

L’attenzione per il benessere, la forma fisica e la salute, oltre alla sostenibilità ambientale e alla volontà di difendere e valorizzare il proprio territorio, sembrano essere tra i motivi della scelta di rivolgersi direttamente al produttore. Del resto, il 70% degli italiani è disposto a pagare di più per un alimento del tutto naturale, il 65% per uno che garantisce l’assenza di Ogm, il 62% per un prodotto bio e il 60% per uno senza coloranti.

E non si tratta solo di alimentazione. La domanda di naturalità ha fatto nascere anche nuovi prodotti come gli agrigelati che utilizzano il latte dalla stalla al cono, le agribirre con l’impiego dell’orzo aziendale in un contesto produttivo a ciclo chiuso garantito dallo stesso agricoltore o gli agricosmetici, ottenuti da proprie coltivazioni o allevamenti,  da quelli di bava di lumaca a quelli a base di linfa della vite ma anche al latte d’asina, al miele, all’olio o al vino. E ci sono anche i grandi ritorni, come il pane del contadino, magari fatti con un “grano antico”, recuperato dal rischio di estinzione.

Un vero boom, tanto che oggi sono oltre 10mila punti vendita gestiti direttamente dagli agricoltori tra fattorie e mercati lungo tutta la Penisola grazie alla fondazione Campagna Amica promossa dalla Coldiretti che ha realizzato la piu’ vasta e capillare rete di vendita organizzata dagli agricoltori nel mondo che puo’ contare su fattorie, botteghe e mercati che coinvolgono 20mila aziende con prodotti coltivati su circa 200mila ettari di terreno.

Nei mercati e nelle fattorie  si trovano prodotti locali del territorio, messi in vendita direttamente dall’agricoltore nel rispetto di precise regole comportamentali e di un codice etico ambientale, sotto la verifica di un sistema di controllo di un ente terzo. I mercati degli agricoltori promuovono la conoscenza della stagionalità dei prodotti, ma anche la filosofia del km zero, con i cibi in vendita che non devono percorrere lunghe distanze, riducendo le emissioni in atmosfera dovute alla combustione di benzina e gasolio.

Secondo Coldiretti, almeno 100 varietà vegetali definite minori, tra frutta, verdura, legumi, erbe selvatiche e prodotti ottenuti da almeno 30 diverse razze di bovini, maiali, pecore e capre allevati su scala ridotta trovano sbocco nell’attuale rete di mercati e fattorie degli agricoltori.

«I mercati degli agricoltori in realtà non sono solo luoghi di commercio ma hanno acquisito nel tempo un ruolo importante come momenti di aggregazione, svago e socializzazione con lo svolgimento di variegate attività, che vanno dai corsi di formazione per l’orto ai laboratori didattici per i bambini, dai cooking show con gli agri-chef all’educazione con i tutor della spesa  ma anche momenti di solidarietà” ha commentato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Beacon: proposte ad hoc per ciascun cliente. E un elevato livello di profilazione

Beacon, sempre più spesso sulla bocca di tutti, ma in effetti cosa sono e quali vantaggi possono apportare? Si tratta di devices compatti che sfruttano la tecnologia Bluetooth Low Energy e che, se posizionati in aree strategiche, permettono di erogare contenuti mirati (e con perfetto tempismo) sui dispositivi mobili (smartphone e tablet) degli utenti.

Luca Vajani_CEO AriesTechE lo spettro dei vari utilizzi è molto, molto ampio. “Gli usi della tecnologia Beacon, sono potenzialmente infiniti – spiega infatti Luca Vajani, CEO di Aries Tech, software house di Milano – grazie ad essa gli utenti vengono raggiunti da contenuti mirati nel luogo giusto e al momento giusto accompagnandoli nel loro processo di acquisto in modo attivo e fornendo contenuti esclusivi non usufruibili in altri modi. Marketing di prossimità, coupon e offerte, indoor mapping, guide turistiche e museali, servizi, analisi, domotica, sono solo alcune delle destinazioni d’uso delle applicazioni Beacon.”

I vantaggi

I Beacon, oltre a permettere ai retailers di raccogliere dati statistici importantissimi sulle abitudini dei consumatori, offrono una shopping experience nuova, arricchita, che non obbliga l’utente a effettuare ricerche o consultare volantini e brochure.

Tale tecnologia inoltre consuma pochissima batteria e non richiede la sincronizzazione col telefono ricevente ma invia un segnale continuo ricevuto dai telefoni entro un determinato raggio (da 10 cm a 70 mt), tutto quello serve è un’applicazione realizzata ad hoc, uno smartphone aggiornato e il bluetooth acceso.

“L’uso dei Beacon è sempre più diffuso – prosegue Luca Vajani, CEO di Aries Tech – e sono sempre più numerose le applicazioni che sfruttano questa tecnologia. Le più recenti statistiche infatti affermano che entro il 2018 solo negli Stati Uniti ci saranno 4,5 milioni di Beacon in uso di cui i 3/4 destinati al retail. I Beacon stanno rivoluzionando il marketing mobile e cambieranno il modo in cui i brand comunicheranno con il proprio target, basti pensare che il 67% degli italiani usa uno smartphone e, secondo un recente studio di Google, il 50% delle applicazioni installate svolgono un ruolo determinante nel processo di acquisto [Fonte: Google – Mobile app marketing insights 2015].

Dove va lo Shopping: avanza il web, tiene la prossimità, l’atteggiamento è omnicanale

Tratta di comportamenti d’acquisto e scelte del consumatore tra le diverse alternative offerte del mercato, le cosiddette “polarità commerciali” (divise in Centri Commerciali, Parchi Commerciali, Centri Storici, Outlet, E-Commerce) l’ultima analisi di Trade Lab “Dove va lo shopping”?

Realizzata attraverso 3.000 interviste a individui dai 18 ai 74 anni, con lo scopo di indagare i comportamenti e le scelte in tema di polarità commerciali, pianificate e non pianificate, fisiche e virtuali, l’analisi ha fatto riferimento alle principali categorie merceologiche: alimentari, abbigliamento esterno e intimo, calzature, profumeria e cosmesi, elettronica di consumo, telefonia e beni per la casa.

Il negozio fisico soffre in tutte le sue declinazioni, mentre avanza il web, che però non sembra destinato a vincere ma piuttosto a integrare il processo d’acquisto, e anzi rallenta la sua corsa rispetto agli anni passati

dove shopping.

La ricerca va poi ad indagare le ragioni e le spinte che portano un consumatore ad acquistare in un luogo (centro commerciale extraurbano o negozio di prossimità, o web) piuttosto che in un altro, anche perché le variazioni sono forti tra le diverse categorie, con una “uscita dalle città” per l’elettronica da consumo e mentre nell’abbigliamento tende a essere favorita la città. A proposito di integrazione tra spazio fisico e virtuale, il click and collect dopo un inizio in sordina guadagna consensi. Nell’ultimo anno quasi un acquirente online su 5 ha ritirato il prodotto in un punto vendita fisico, e le categorie merceologiche più acquistate che sono Elettronica di consumo e telefonia (43,5%), Abbigliamento Esterno (22,6%) e Calzature (16,4%).

dove main per categoria

L’acquisto in più canali è ampiamente praticate, specie in alcune categorie quali l’abbigliamento e le calzature, ma anche i casalinghi.
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Altro tema cruciale e in grado di influenzare a monte le decisioni di dove acquistare un prodotto sno le fonti di informazione, con il prevedibile declino della stampa (ma i volantini sono ancora forti al nord specie nell’alimentare) e un avanzamento di web e social. Sempre sul fronte della omnicanalità, si impone l’uso del mobile per le ricerche all’interno del punto vendita.

fonti info
raccolta info dove info per categoria

Mamme sempre più social, iperconnesse e amanti dell’e-commerce

Mamme sempre più on line: per loro il digitale è ormai un ambiente quotidiano. E questo costituisce un elemento fondamentale per aziende e retailer che operano nel comparto Baby. Questo l’assioma emerso nel corso dell’evento “GfK for B@by. The online opportunity”.

Nel mondo ci sono 3,1 miliardi di utenti Internet (il 43% della popolazione mondiale) e 1,5 miliardi di acquirenti on-line (fonte: GfK/e-Commerce Europe). Anche il settore dei prodotti per l’infanzia registra oggi un’influenza crescente del canale on-line. Secondo i dati GfK, per il comparto della puericultura leggera e pesante l’online rappresenta il 23% del giro d’affari a livello europeo; un dato superiore alla media del mondo beni durevoli, per il quale il web si attesta al 21%.

Il comparto Baby

Da gennaio 2013 GfK Italia ha iniziato a rilevare il sell-out dei dieci principali mercati che compongono questo settore (passeggini, biberon, seggiolini auto ecc.) nei punti vendita specializzati e nella distribuzione generalista. All’interno di questi canali- ha evidenziato Enzo Frasio, ‎Commercial Director GfK Italia – il giro d’affari complessivo dell’ultimo anno si attesta sui 270 milioni di euro, in crescita del 2,1% rispetto al 2014.

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Tale incremento di fatturato è da attribuirsi principalmente ai mercati del comparto Trasporto che, pur crescendo solo dell’1%, contribuiscono positivamente grazie alla loro importanza sul totale Baby (circa il 76%). In tale contesto, i prodotti più dinamici sono quelli della puericultura leggera (biberon, massaggia gengive, tiralatte e succhietti) che vedono un aumento dell’8% rispetto allo scorso anno. Per entrambi i comparti, il maggior valore è legato alla buona performance dei prodotti di fascia medio-alta. Nel caso del Trasporto, tali prodotti sono molto ben veicolati all’interno del canale on-line, mentre per il Feeding è il canale specializzato a proporre un’offerta di più alto valore rispetto al passato.

 

La sfida del web

Oggi i consumatori, sempre più influenzati dalle opportunità offerte dal digitale, cercano soluzioni che gli consentano di vivere in libertà e risparmiare tempo, ma allo stesso tempo apprezzano il lato umano della rete e la possibilità di creare relazioni virtuali, che talvolta assumono importanza pari a quelle reali. Per affrontare questo cambiamento epocale, i retailer devono adeguarsi, puntando sull’innovazione, introducendo nuovi modelli di business, nuovi metodi di distribuzione, promozione, e gestione degli assortimenti, attraverso un approccio omnichannel, capace di offrire ai consumatori un’esperienza integrata tra online e offline, sfruttando le potenzialità dei social media e creando nuovi punti di connessione tra brand e consumatori.

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Per questo capire come evolve il target e avvicinarlo sfruttando tutti i dispositivi digitali diventano fattori chiave per il successo di un’azienda. Così diventa di primaria importanza tracciare un identikit dei degli acquirenti principali dei prodotti baby, cioè le mamme.

Secondo quanto emerge dai dati GfK-Sinottica TSSP – presentati da Vania Zangheratti, Product Manager Sinottica TSSP GfK Italia – le mamme di oggi sono iperconnesse, ipertecnologiche e grandi esperte di come ricavare il meglio dal mondo online. Andando ad analizzare il rapporto con il web delle donne italiane, infatti, si nota come le mamme utilizzino internet più spesso rispetto alle non mamme. Oltre a navigare più di frequente, le mamme si espongono ai media in maniera differente rispetto alle proprie coetanee senza figli: cala significativamente il consumo della TV generalista, mentre crescono i canali specializzati (dove è possibile ad esempio seguire cartoni animati).

Sul web, le mamme digitali fanno delle ricerche molto specifiche: internet rappresenta per i genitori di oggi un grande alleato nell’organizzare la vita di tutti i giorni. Vengono privilegiati quindi soprattutto i siti di informazione specializzati (ma anche blog, forum, community…) che aiutano a rispondere ai tanti dubbi delle neo-mamme, i siti che consentono di confrontare i prezzi di beni e servizi e più in generale tutti i portali che aiutano a risparmiare tempo e denaro (e-commerce compresi).

Questo si nota in particolare tra le donne con bambini da zero a due anni, l’età che sicuramente assorbe maggiormente i genitori, che tendono ad abbandonare parzialmente le proprie abitudini di navigatori per dedicare gran parte del tempo ad attività direttamente connesse alla gestione della prole.

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