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Coop Alleanza 3.0 chiude il 2015 a +1,6%. Restyling per 102 pdv, focus su salute e food

Chiude il 2015 con un fatturato a 4,4 miliardi di euro (+1,6% sul 2014), un utile ante imposte di 19,5 milioni (utile netto a 4,5 milioni) e un patrimonio netto di 2,5 miliardi Coop Alleanza 3.0, la più grande Cooperativa italiana ed europea (per numero di soci) nata il 1° gennaio 2016 dalla fusione di Coop Adriatica, Coop Consumatori Nordest e Coop Estense.
Significativi i risultati della distribuzione dei carburanti: lo scorso anno, gli impianti gestiti dalle tre Cooperative – direttamente o attraverso società controllate – hanno erogato 216 milioni di litri di carburanti (+25,4% sul 2014), con vendite per 271 milioni di euro (+7,27% sull’anno precedente). In questo settore, Coop Alleanza 3.0 nel 2016 opererà attraverso la società Carburanti 3.0, che gestirà tutte le 61 stazioni di servizio.
L’utile ante imposte aggregato (quindi la somma dei risultati delle tre Cooperative unite) è di 19,5 milioni e l’utile netto aggregato ha raggiunto i 4,5 milioni. Questi risultati risentono del fatto che, in un anno straordinario come quello dell’unificazione, si è proceduto a effettuare svalutazioni straordinarie per complessivi 113 milioni di euro, in un’ottica di prudenza e con la volontà di permettere alla nuova Cooperativa di guardare al futuro e a una nuova stagione di sviluppo. Importante segnalare che il patrimonio netto di Coop Alleanza 3.0 raggiunge i 2,5 miliardi di euro, a conferma della solidità della stessa.

104 milioni di investimenti sulla rete

Ad aprile 2016, Coop Alleanza 3.0 – direttamente e attraverso società controllate che operano nel core business – registra vendite in crescita del 2,5% sul 2015; in salita anche le vendite di carburanti, con un aumento dei litri erogati del 20% sul 2015. La Cooperativa ha dato il via inoltre a un importante serie di interventi per lo sviluppo, la ristrutturazione della rete di vendita e per l’innovazione, con investimenti complessivi per 104 milioni di euro. In tutto, saranno coinvolti 102 negozi; solo nei primi quattro mesi dell’anno, gli interventi hanno interessato 22 punti vendita (con 15 nuove aperture e 7 ristrutturazioni), portando il totale dei negozi a 430 (di cui 64 ipermercati). I lavoratori superano, in tutto, le 22.000 unità, il 96% circa dei quali assunti con contratti a tempo indeterminato e sostenuti da programmi di formazione e di welfare.
Il Sud dell’Italia è centrale nel piano di sviluppo con la recente riapertura, dopo la ristrutturazione, di tre ipermercati ad Aprilia (Lt), Avellino e Afragola (Na) e l’inaugurazione del nuovo supermercato di Palermo.
«Coop Alleanza 3.0 è dei soci, e guidata dai soci – dichiara Adriano Turrini, presidente di Coop Alleanza 3.0 – Abbiamo realizzato questa fusione per riuscire a soddisfare in modo sempre più efficace nuovi e vecchi bisogni dei nostri soci. Cambiano le dimensioni e i modi in cui realizziamo il nostro scopo sociale, ma non lo scopo sociale stesso: offrire i migliori prodotti alla miglior qualità e al miglior prezzo possibile. Per questo ci impegniamo ad avere una presenza territoriale sempre più ampia, che va dal paesino di montagna all’isola della laguna veneta, sino alle grandi superfici nelle aree metropolitane: Coop Alleanza 3.0 deve essere presente dove sono presenti i propri soci. La nostra funzione non è puramente commerciale, ma abbiamo una vocazione sociale, e la solidità patrimoniale registrata è garanzia del Prestito sociale e di tutte le nostre attività. Credo, però, che il segnale più importante di questi primi mesi di Coop Alleanza 3.0 sia osservare come i soci abbiano capito e sostenuto una fusione di queste dimensioni, che ha come obiettivo finale quello di essere più grandi e nel contempo più vicini a tutti loro perché più presenti sui territori».

Coop Alleanza 3.0 conta oggi 2.780.000 soci: nel 2015 si sono registrate quasi 110 mila nuove adesioni, e solo nei primi quattro mesi del 2016, i nuovi soci della Cooperativa sono stati più di 48 mila, a conferma dell’ottima accoglienza ricevuta dalla nuova realtà.

Altro caposaldo delle attività previste per il 2016 e per il futuro è la valorizzazione delle produzioni locali grazie agli oltre 3.000 fornitori, suddivisi in 8 settori, dalla carne ai generi vari, dal pesce all’ortofrutta, per più di 3 miliardi di euro di acquisti l’anno. Per sposare al meglio la dimensione nazionale della Cooperativa con i presìdi locali instaurando un rapporto diretto con le specificità produttive e alimentari dei territori, la nuova direzione acquisti della Cooperativa è stata organizzata suddividendo i produttori in 6 poli regionali e dedicando una delle macro aree di settore al “territorio & biodiversità”.
Anche nel 2015 un occhio di riguardo è stato riservato alle iniziative per la tutela dell’ambiente e per la ridurre l’impiego di risorse e i costi energetici grazie ad investimenti su tutta la rete di punti vendita. Al 31 dicembre erano già 71 gli impianti fotovoltaici con un 26% dei consumi elettrici proveniente da energia “verde”.

È previsto un ulteriore sviluppo dei Punti salute, che diventeranno vere e proprie Aree salute e benessere, con oltre 5.700 referenze e superfici fino a 400 metri quadrati. Novità anche per le Aree ristorazione, con un’offerta che supererà quella tradizionale, con yogurteria e gelateria, per seguire i nuovi stili di vita dei consumatori. Infine, ci sarà un’importante riconversione e sviluppo dei negozi di ottica: il piano di estensione porterà, entro la fine del 2018, ad avere 70 corner direttamente gestiti con l’assunzione di 250 ottici diplomati.

Il Prestito continua a essere un istituto apprezzato dai soci prestatori: a fine 2015 i libretti erano 462.677, di cui oltre 12.400 nuovi, per un totale di 4,46 miliardi di euro e quasi 195 mila carte socio attive per i pagamenti.

Il Bilancio 2015 sarà oggetto di approvazione in 214 assemblee separate che prevedono la presenza di circa 80.000 soci e si svolgeranno dal 16 maggio al 3 giugno 2016 in tutti i territori in cui Coop Alleanza 3.0 è presente, e verrà ratificato dall’assemblea generale dei delegati che si terrà il giorno 11 giugno 2016.

Earth Day: in Italia in 15 anni resta un albero da frutto su tre, a rischio l’agroalimentare italiano

Negli ultimi 15 anni secondo Coldiretti nelle campagne si è salvata una pianta da frutto su tre, con la scomparsa di oltre 140mila ettari di meli, peri, peschi, aranci, albicocchi e altre piante da frutto, con il serio rischio di far perdere all’Italia il primato europeo nella produzione di una delle componenti base della dieta mediterranea.

Non solo: in Italia negli ultimi 25 anni si è persa il 28 per cento della terra coltivata. Le cause? Cementificazione e abbandono delle campagne, provocati da un modello di sviluppo che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile oggi a 12,8 milioni di ettari. L’allarme è lanciato dalla Coldiretti in occasione della 46esima edizione dell’Earth Day, la Giornata Mondiale della Terra che si celebra in tutto il mondo il 22 aprile con appuntamento centrale a New York dove Ban Ki Moon e i leader mondiali ratificheranno lo storico accordo sul Clima siglato lo scorso dicembre a Parigi.

La situazione – continua la Coldiretti – non è migliore per le fattorie da dove sono scomparsi 2 milioni di animali tra mucche, maiali e pecore negli ultimi dieci anni con il pericolo di estinzione per le razze storiche e lo spopolamento delle aree interne e montane, ma a rischio c’è anche il primato dell’enogastronomia Made in Italy con la dipendenza dall’estero che per carne, salumi, latte formaggi che è vicina al 40%. E sono 130 le razze minacciate di estinzione tra cui 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini, sulla base dei Piani di Sviluppo Rurale della precedente programmazione.

Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo si abbattono i cambiamenti climatici con le precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il risultato è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani, ovvero l’88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra.

Secondo Coldiretti “occorre combattere concretamente i due furti ai quali è sottoposta giornalmente l’agricoltura: da una parte il furto di identità e di immagine che vede sfacciatamente immesso in commercio cibo proveniente da chissà quale parte del mondo come italiano; dall’altra il furto di valore aggiunto che vede sottopagati i prodotti agricoli senza alcun beneficio per i consumatori per colpa di una filiera inefficiente”.

Primark, prima battuta d’arresto in 12 anni, Ab Foods si “salva” con lo zucchero

Nel primo semestre dell’anno finanziario terminato il 27 febbraio 2016 e per la prima volta in 12 anni Primark, la catena di abbigliamento low-cost che ha appena debuttato in Italia, segna una (lieve) flessione nelle vendite, a parità di punti vendita: -1%. Lo ha annunciato la “casa madre” Associated British Foods, colosso dell’alimentazione con un forte interesse nello zucchero (e detentore, tra gli altri, del marchio Twinings) che per anni ha contato proprio su Primark per “pareggiare i bilanci”. Ora la questione è un po’ mutata, con vendite nello zucchero che hanno superato le previsioni: +4% di ricavi pretasse a 466 milioni di sterline (589 milioni di euro) contro i 454 milioni di sterline previsti. Dal canto suo Primark ha registrato un profitto operativo in calo dell’1% a 313 milioni di sterline (395 milioni di euro) a causa in parte del cambio sfavorevole con il dollaro con il quale sono effettuati gli acquisti, e in parte da un arretramento delle vendite invernali nel Regno Unito e all’ingente investimento dovuto alla “campagna americana”, con due store aperti nell’ultimo anno e altri sei in programma nel corso del 2016. Le vendite totali sono comunque cresciute del 5% e hanno raggiunto quota 2,7 miliardi di sterline (3,4 miliardi di euro).

Primark per anni ha guidato la crescita di Ab Foods passando da una quota nei profitti della compagnia del 32% nel 2012 all’attuale 59%. Le vendite di zucchero per contro, da anni in declino, hanno beneficiato di un aumento dei prezzi, oltre alle misure di taglio dei costi realizzate dalla compagnia.

George Weston, Chief Executive di Associated British Foods, minimizzando ha dichiarato: “I risultati dimostrano un progresso in tutte le nostre attività nonostante la dinamica dei cambi. Prosegue l’espansione dello spazio di acquisto e vendita con Primark, la riduzione dei costi e i miglioramenti delle prestazioni hanno contribuito  migliorare il risultato dello Zucchero e i margini di profitto sono aumentati nel Grocery e nell’Agricoltura”.

Gli interessi di Ab Foods spaziano dal grocery, dove fornisce private label e marchi nel campo delle bevande, zuccheri e dolcificanti, oli vegetali, pane e prodotti da forno, cibi etnici, erbe e spezie, carni e latticini; nel campo dello zucchero e dell’agricoltura. Opera in 46 Paesi e detiene i marchi AB World Foods (Patak’s e Blue Dragon), ACH, Allied Bakeries, Allied Mills, George Weston Foods, Jordans, Dorset, Ryvita, Speedibake, The Silver Spoon Company, Twinings, Ovaltine, Westmill Foods e Sugar.

 

Contraffazione delle merci: il valore ammonta a 338 miliardi di euro

338 miliardi di euro: a tanto ammonta il commercio mondiale delle merci contrafatte. Ed equivale al 2,5 degli scambi commerciali a livello mondiale.

Sono questi alcuni dei risultati principali di una relazione congiunta dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) e dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).Schermata 2016-04-18 a 13.55.20

Il documento, intitolato “Trade in Counterfeit and Pirated Goods: Mapping the Economic Impact”, stima gli effetti economici della contraffazione e della pirateria sugli scambi internazionali in base ai dati relativi a quasi mezzo milione di sequestri doganali.Schermata 2016-04-18 a 13.56.22

Ad esserne coinvolte, sono tutte le economie, forse ancora più quelle emergenti che svolgono un ruolo importante in quanto produttrici di prodotti contraffatti o zone di transito. In testa alla hit Cina, Hong Kong e Turchia.

Le merci

La gamma delle contraffazioni è ampia: si va dai beni di lusso ai prodotti industriali (quali macchinari, componenti di ricambio o sostanze chimiche) fino agli articoli di consumo con un impatto sulla sicurezza personale (come prodotti farmaceutici, alimenti e bevande, attrezzature mediche o giocattoli).Schermata 2016-04-18 a 13.55.41

I marchi maggiormente danneggiati dalla contraffazione sono registrati soprattutto nei paesi membri dell’OCSE e dell’UE, ad esempio Stati Uniti, Italia, Francia, Svizzera, Giappone, Germania e Regno Unito.

Per Coldiretti con il “muro” dell’Austria a rischio 10 miliardi di export agroalimentare

A rischio 10 miliardi di esportazioni agroalimentari italiane: è la conseguenza, secondo Coldiretti, della chiusure della frontiera tra Italia e Austria. Perché è questo il valore dell’export Made in Italy che ogni anno attraversa il valico del Brennero, principale porta di accesso al mercato nord europeo.

L’allarme viene da una analisi della Coldiretti sugli effetti sulla libera circolazione delle merci dell’avvio dei lavori della barriera al Brennero.

Da qui passano le merci dirette in Germania, il principale acquirente dei prodotti agroalimentari italiani (per un valore di 6,5 miliardi nel 2015), ma anche nella stessa Austria (1,3 miliardi) e nei Paesi del Nord Europa come la Polonia (690 milioni), la Svezia (613 milioni), la Danimarca (531 milioni) e la Norvegia (254 milioni di Euro). Le esportazioni riguardano soprattutto prodotti ortofrutticoli freschi che sono deperibili e rischiano di essere maggiormente danneggiati dai ritardi con l’arrivo dell’estate, ma ad essere colpiti sono anche i formaggi, i salumi ed i vini.

“Si teme – spiega la Coldiretti – che il caos nei trasporti possa far salire i tempi e i costi della logistica, ma anche che ad avvantaggiarsene siano Paesi concorrenti europei come Francia e Spagna. Un rischio dopo che è stato raggiunto il record storico nelle esportazioni agroalimentari italiane che hanno raggiunto i 36,9 miliardi di euro nel 2015”.

Rovagnati e il giro d’Italia in nome del buon gusto

Rovagnati lancia il “Giro del Buon Gusto”, un viaggio nei sapori italiani, che toccherà diverse regioni per far conoscere e promuovere le eccellenze gastronomiche locali. Ogni mese, fino a dicembre, sarà dedicato a un salume della tradizione italiana, dal Prosciutto crudo dell’Alto Lazio alla Porchetta di Ariccia, dal Capocollo calabrese allo Speck Altoatesino, tutti prodotti firmati da ROVAGNATI.

DI ciascuna specialità regionale, si racconta l’origine, la storia, il particolare processo produttivo, oltre a curiosità, consigli su come degustarlo al meglio e naturalmente una ricetta tipica.

Il “Giro del Buon Gusto” coinvolgerà salumerie, gastronomie e decine di migliaia di consumatori che avranno la possibilità di assaggiare la bontà di tutti i prodotti tipici di ROVAGNATI.ROVAGNATI - GIRO DEL BUON GUSTO

Per i punti vendita, ROVAGNATI ha previsto una grande iniziativa. Ai negozianti aderenti sarà richiesto di scattare una foto al proprio punto vendita con i materiali di comunicazione dell’iniziativa. Tutti gli scatti saranno postati nella sezione “Il Giro del Buon Gusto” del blog Rovagnati e sui canali social dove i consumatori potranno scoprire i punti vendita più vicini per gustare queste eccellenze.

Anche i consumatori saranno coinvolti attivamente nel “Giro del Buon Gusto”, grazie a un divertente concorso a premi: “Creare il Buon Gusto ti premia!”. Chiunque vorrà potrà postare sulla pagina Facebook di ROVAGNATI una ricetta con il salume tipico del mese accompagnato da una foto e dall’hashtag #girodelbuongusto. Per tutti coloro che parteciperanno ci sarà la possibilità di diventare protagonisti della pagina ufficiale ROVAGNATI e ricevere un omaggio super gustoso: tanti buoni sconto per continuare a gustare i buonissimi prodotti Rovagnati!

Vinitaly diventa partner dell’Osservatorio del Vino

“Verona Fiere, con Vinitaly, entra a pieno titolo tra i partner dell’Osservatorio del Vino”. La notizia viene data con orgoglio da Domenico Zonin, presidente dell’Osservatorio del Vino, intervenuto al Convegno dal titolo: “Cantine e vigneti, consumi e mercati: cinquant’anni di storia del vino italiano”, organizzato nel corso della manifestazione veronese.

“Da un lato – prosegue –  avremo l’Osservatorio quale primo e unico punto di riferimento
istituzionale per la raccolta, l’analisi, il commento e la diffusione dei dati statistici del settore vitivinicolo, sia sul fronte produttivo che su quello dei mercati interno e internazionale. Dall’altro, con Vinitaly, potremo contare su uno strumento di estrema utilità ed efficacia per l’internazionalizzazione delle nostre aziende che avrà a disposizione dati certi per definire le migliori strategie da mettere a disposizione del vigneto Italia”.
“La firma di oggi, nel contesto di questo storico 50° Vinitaly, costituisce un ulteriore passo in avanti nel gioco di squadra per far crescere il nostro sistema vitivinicolo nazionale – commenta Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere –. Il premier Renzi ha indicato l’obiettivo di 7,5 miliardi di export nel 2020. Per raggiungerlo, alle aziende del vino servono strumenti sempre nuovi ed efficaci. Vinitaly da 50 anni rappresenta la piattaforma di promozione all’estero per eccellenza. Ma per sviluppare il proprio business servono anche statistiche e dati di mercato sempre aggiornati. L’Osservatorio del Vino promosso da UIV in questo senso costituisce una risposta concreta. E da oggi può contare anche sulla partnership di Vinitaly, aprendo una finestra di monitoraggio permanente sul comparto che ci aiuterà ad orientare le attività e le strategie a favore del vino italiano, con una voce univoca, autorevole ed internazionale”.

La Passerina conquista il podio delle vendite a volume

“Dopo quattro anni, oggi i segnali sono positivi: 1,4% a valore e + 0,4% a volume”. Ottimismo moderato, ma pur sempre ottimismo è quello che traspare dalle parole di Virgilio Romano- Client Service Account Director, IRI.

Romano_7749“La bottiglia da 0,75 si conferma la categoria più performante con +4,8 a valore e +2,8% a volume, con numeri in crescita anche per le denominazioni: +3,8% a valore e +1,9% a volume. Ma il fattore più interessante, a mio giudizio, è che siamo finalmente al cospetto di una crescita svincolata dalle promozioni e dal calo dei prezzi”.

Qual è secondo lei la chiave di lettura con cui interpretare questo trend?

Direi che si colloca perfettamente in linea con l’attuale quadro macro economico e che il miglioramento (seppur lieve) è strettamente connesso con il recupero di fiducia da parte dei consumatori.

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Un dato interessante è la crescita registrata per bianchi e frizzanti, come si spiega?

La spiegazione è duplice: da una parte è determinata dalle nuove esigenze di consumo, rivolte a prodotti più “meno complicati” e più beverini.

Dall’altra parte un ruolo importante lo ha giocato pure la stagione estiva 2015 molto calda. Da qui la crescita a volume, rispettivamente del 5,7% e dell’8,0%, di Bianchi e Rosati Frizzanti.

Tra l’altro questa evidenza si presta a riflessioni più ampie su quanto e come i cambiamenti climatici saranno destinati a influenzare i consumi nel prossimo futuro.

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Parlando di bollicine, come se la cava lo spumante?

Con onore, direi: cresce del 7,5% a valore e del 7,8% a volume rispetto la 2014, anno in cui aveva già dato tanto.

Una hit parade dei vini?

Beh, la Passerina ha conquistato il podio della crescita a volume, “strappando” il titolo al Pecorino. E in entrambi i casi si tratta di due bianchi con prezzi medi a bottiglia di circa 4 euro: il consumatore si conferma quindi disposto a spendere per i regionalismi. A patto ovviamente che la qualità del prodotto sia all’altezza.

Non è un caso, infatti, che nella classifica abbia un posto di tutto rispetto anche un rosso strutturato e complesso (8 euro) come il Valpolicella Ripasso, che ha saputo conquistare il pubblico con i suoi requisiti.

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I formati distributivi che vanno meglio?

Superstore e Supermercati sono in crescita. Bene la prossimità in generale: si tratta di un canale che deve essere presidiato con attenzione e in modo sistematico perché chi beve vino è proprio nel negozio di vicinato con un buon assortimento che andrà a fare i suoi acquisti.

Bio, la viticoltura è sempre più bio. Nel 2015 le vendite ammontano a 205 milioni

Bio, sempre più bio. Vino compreso. E l’analisi Wine Monitor – Nomisma su dati FIBL – predisposta in occasione di Vinitaly 2016 lo dimostra in pieno. La viticoltura biologica, infatti nel periodo 2004/2014 è cresciuta del  +259% Europa, del +261% mondo.

Nel mondo il 4,5% della superficie vitata è bio; nella UE l’incidenza sale al 7,8%. La graduatoria per Paese rileva al primo posto il Messico (con uno share del 15,6%), seguito dall’Austria (10,7%). L’Italia è al terzo posto (con il 10,3%) precedendo Spagna (8,9%), Francia (8,7%), Germania (7,6%), Nuova Zelanda (6,7%), Bulgaria (5,8%) e Grecia (4,3%).
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Per superfici vitate bio, l’Italia, con 72.361 ettari, è al secondo posto in Europa, dopo la Spagna (84.381 ettari). Considerando l’orizzonte temporale 2003-2014 il Paese iberico presenta una crescita del +413% mentre l’Italia del +128% e la Francia del +307% (terzo posto in graduatoria, con 66.211 ettari). Spostando l’obiettivo sulla superficie a vite biologica per regione, in Italia guida la Sicilia (27.105 ettari nel 2014, 38% sul totale italiano e +43% rispetto al 2011); seguono Puglia (10.269 ettari, +22%) e Toscana (9.243 ettari, +46%).

Ma la novità presentata a VinitalyBio è la mappatura delle dimensioni del mercato final: nel 2015 le vendite di vino bio hanno raggiunto complessivamente 205 milioni di euro. Tale giro d’affari è realizzato per 1/3 sul mercato interno (68 milioni di euro, considerando tutti i canali – gdo, catene specializzate in prodotti bio, enoteche, ristorazione/wine, vendite diretta …) e per la restante parte (137 milioni di euro) sui mercati internazionali (+38% rispetto all’export di vino bio realizzato nel 2014). E a crescere è anche la consumer base: negli ultimi 12 mesi il 21% della popolazione italiana over 18, ovvero 10,6 milioni di persone, ha bevuto in almeno un’occasione – a casa o fuori casa – vino biologico certificato. Percentuale in continua crescita negli ultimi anni (nel 2013 era pari al 2%, nel 2014 era pari al 12%), sintomo di un forte apprezzamento da parte del consumatore, che riconosce al vino bio naturalità (44% degli user riconosce tale fattore distintivo) ma anche qualità (17%). Per tutte queste caratteristiche distintive, il 75% dei wine user bio è disposto a spendere di più per acquistare un vino con il marchio bio.

Retail e Consumer Goods: cambiano le priorità. Il focus è su consumatore e innovazione

Nell’universo del Retail e del Consumer Goods, le cose stanno cambiando radicalmente: basti dire, per esempio, che tra il 2000 e il 2015 la penetrazione di Internet (a livello mondiale) è aumentata di quasi 7 volte, dal 6% al 43%. Quella della banda larga per cellulari è 12 volte maggiore rispetto al 2007 tanto che oggi il 69% della popolazione mondiale è raggiunta dalla rete 3G. Ne emerge uno scenario che l’Annual Global CEO Survey di PwC descrive sempre più complicato da comprendere e da assecondare, in cui il fattore più dirompente è lo shopping on-line.

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La conseguenza più diretta è la preoccupazione, avvertita dal 77% dei CEO del settore Retail e dal 73% di quelli del settore Consumer Goods. Tra i rischi quelli che più angosciano i CEO del settore Retail e Consumer Goods sono la sovra-regolamentazione, la volatilità dei tassi di cambio, l’aumento del carico fiscale, l’instabilità sociale e la disponibilità di competenze chiave. Ne discende che In cima alle priorità– per il 71% dei CEO del Consumer Goods e il 64% dei CEO del Retail – è la gestione della volatilità dei prezzi delle commodity, che influisce sulle azioni delle aziende lungo l’intera catena del valore.

Ciò non toglie che le aspettative ci siano: il 45% dei CEO del Retail e il 40% di quelli del Consumer Goods sono certi che il fatturato della loro impresa crescerà nei prossimi 12 mesi, rispetto al 35% complessivo. In linea con questo trend positivo, il 45% crede che ci siano più opportunità di crescita oggi rispetto al 2013.

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Le priorità

La responsabilità sociale dell’impresa avrà una posizione centrale nelle scelte dei prossimi 5 anni: ne sono convinti ben il 58% dei CEO Retail e il 67% dei CEO Consumer Goods. Quanto al fatto che gli strumenti di social media listening siano un canale chiave per conoscere le priorità degli stakeholder lo sostiene il 30% dei CEO intervistati.

Altre tecnologie ritenute utili per rispondere alle esigenze del consumatore sono l’analisi dei dati (70% Retail, 64% Consumer Goods) ed i sistemi di customer relationship management (71% Retail, 69% Consumer Goods).

Schermata 2016-04-06 a 14.44.23Erika Andreetta, Retail and Consumer Consulting Leader PwC commenta: “La nostra survey conferma come i CEO del settore Retail e Consumer Goods abbiano delle priorità molto diverse rispetto al passato, focalizzate sulle opportunità che derivano dall’innovazione tecnologica, in termini di offerta al cliente, comunicazione con il consumatore e mission aziendale. I clienti, dall’altro lato, hanno nuove abitudini di consumo, con la generazione millennials che ricorre agli srumenti mobile in ogni fase, dalla ricerca del prodotto, alla comparazione, sino all’acquisto”.

“L’arena competitiva dell’industria sta profondamente cambiando, abilitando nuovi modelli di business che anche in Italia stanno emergendo, come il servizio Amazon Prime Now di consegna entro un’ora, o Supermercato 24 che consente la spesa online attraverso molteplici retailer con consegna entro 24 ore. Questi cambiamenti pongono numerosi interrogativi aperti per i player del settore, per esempio: cosa accadrà agli assortimenti dei nuovi retailer?”

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