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e-commerce: così cambia il paniere del LCC. L’analisi di IRI

2020: anno della pandemia. E per l’e-commerce è Big Bang.

La pandemia, infatti, ha accelerato un processo inevitabile, che già covava sotto traccia, anticipandolo di alcuni anni. All’epoca, proiettando il trend dell’e-commerce prima del Covid, si sarebbe arrivati a prospettare il giro d’affari raggiunto nel 2020 solo nel 2022. L’evento pandemico ha invece avvicinato all’e-commerce, in pochissimo tempo, un numero importante di consumatori, alzando la spesa media per famiglia e cambiando la struttura del paniere di Largo Consumo acquistato online. La vera sorpresa non risiede tanto nel balzo iniziale ma nel fatto che il canale virtuale è riuscito a trattenere con regolarità molti di questi nuovi consumatori, costruendo così una nuova base di acquirenti fedeli.

La crescita dell’e-commerce, cioè, non si è esaurita una volta passato il momento dello shock iniziale, ma ha continuato la sua espansione, nonostante comincino i primi rimbalzi sull’impennata dell’anno scorso. L’e-shopping del Largo Consumo è entrato in una nuova era, contendendo fette di mercato crescenti ai canali fisici della Distribuzione Moderna.

Il risultato è che nell’ultimo anno l’e-commerce ha avuto un ruolo importante nella crescita delle vendite di prodotti di Largo Consumo, nonostante detenga ancora una quota limitata. Con solo il 2,3% delle vendite (nel primo trimestre di quest’anno) ha contribuito per 1,2 punti al +6,2% sviluppato dalla domanda nel suo complesso, piazzandosi al terzo posto nella classifica dei driver di crescita delle vendite del comparto.

Come cambia il paniere

Lo sviluppo impressionante del canale ha portato con sé anche una radicale trasformazione nella composizione del paniere di prodotti Confezionati di Largo Consumo. La crescente adesione all’online di nuove fasce di consumatori ha arricchito il basket soprattutto di Alimentari e Bevande. Si ridimensiona la quota dei prodotti per la Cura e l’Igiene della Persona che, nel pre-Covid, erano stati il fulcro del canale, oltre ad essere stata la categoria merceologica «pionieristica» per la spesa virtuale di Largo Consumo in Italia. La maggiore sorpresa però è l’affermazione nell’E-Shopping dei Freschi Confezionati, un fatto che era impensabile prima della pandemia. Nel primo trimestre di quest’anno l’insieme dei reparti a cui attengono questi prodotti raccoglie 23,4 € ogni 100 spesi nel canale, con una crescita di 3,2 euro rispetto ad un anno fa. Questa evoluzione comporta che il paniere medio acquistato online stia diventando sempre più simile a quello della spesa “comune” nei negozi fisici. Come si intuisce dal grafico, se escludiamo dal computo le voci «classiche» del online – quali Cura Persona e Pet Care, che ovviamente ereditano una presenza più rilevante – la composizione degli acquisti per le restanti merceologie è ormai molto vicina fra canale fisico e virtuale.

Le categorie ‘pilota’

Scendendo un po’ più nel dettaglio, quali categorie hanno guidato più di tutte la crescita del e-commerce? Il grafico a seguire mostra le prime 15 macro-categorie del Largo Consumo in cui i consumatori hanno «messo soldi in più» rispetto ad un anno fa. I Surgelati guidano la classifica, seguiti da due voci degli Alimentari Freschi. In generale le macro-categorie del Fresco contano ben 5 tipologie sulle prime 15 categorie per crescita. Per le Bevande da notare la presenza dei Vini e delle Acque all’11° e 12° posto. Dei reparti «classici» della spesa online entrano in classifica solo i Cibi per gli Animali, mentre «spicca» l’assenza al vertice di categorie per la Cura e l’Igiene Personale. E’ vero che la domanda di queste ultime ha sofferto in generale a causa della minor socialità a cui è costretta la popolazione, ma comunque è un segnale di trasformazione radicale del mix di vendite nel canale virtuale.

Con l’inizio della pandemia cresce la formula Click&Collect. Ordinare online e ritirare presso un punto di raccolta o il proprio negozio di fiducia è una formula che raccoglie sempre più consensi sul mercato italiano. All’inizio della pandemia questa tendenza era dovuta alla necessità di «accorciare i tempi» in una situazione di oggettiva difficoltà da parte dei distributori. Tuttavia, il crescente gradimento della formula ha continuato a svilupparsi anche una volta passata la fase critica della logistica, profilando un vero trend di lungo periodo. Anche il vantaggio di prezzo rispetto alla consegna a casa non è un fattore sufficiente per spiegare questo andamento perché, come vedremo più avanti, il divario di costo fra e-commerce e spesa tradizionale nei negozi si sta assottigliando molto rapidamente. Quindi un maggiore ricorso al Click&Collect sta consolidando una chiara tendenza negli anni; rimane però una forte discontinuità nel breve periodo. Il grafico a seguire evidenzia come la quota di spesa online ricorrendo al Click&Collect oscilli di molto lungo le stagioni. Questo up&down è correlato alla necessità/scelta di limitare gli spostamenti al di fuori della propria zona di residenza, come evidenziato sul grafico dall’indicatore elaborato da Google (linea blu). Più si sta a casa (restrizioni alla mobilità, smart working, ecc.) più si preferisce recarsi di persona a prendere la spesa ordinata online. Tanto il rischio di contagio è comunque scongiurato (la spesa è già pronta) e ci si da un obiettivo per uscire di casa, che di questi tempi è comunque un valore aggiunto.

Più concorrenza di prezzo

La crescita dell’e-shopping è stata anche incentivata da una aumentata concorrenzialità di prezzo rispetto ai negozi fisici. Nel pre-Covid il prezzo medio (calcolato a parità di offerta) era dell’8% più alto, oggi si è ridotto al +4%. Su questo, in parte, incide anche il maggior ricorso al Click&Collect (leggermente più economico). Tuttavia, ciò spiega solo una piccola parte della chiusura della forbice dei prezzi. E’ piuttosto l’inasprimento della concorrenzialità che sta favorendo la tendenza. Inoltre, l’evoluzione del basket mediamente acquistato ha abbassato il prezzo medio del carrello online dal +30% circa nel pre-Covid all’attuale +18%. Soprattutto Drogheria Alimentare, Bevande e Pet virano le vendite verso un’offerta relativamente meno cara rispetto al canale fisico.

Più innovazione online

Uno dei temi caldi dell’epoca Covid è stato quello del rallentamento dell’attività di innovazione sugli scaffali dei negozi della distribuzione. Il canale virtuale, invece, ha dimostrato di dare maggior spazio ai nuovi prodotti. La tavola riporta le quote di vendite di referenze di recente lancio (abbiamo selezionato gli ingressi sul mercato a partire dal 2019 ad oggi) mettendo a confronto l’online e il totale dei negozi fisici della Distribuzione Moderna. Nell’ultimo trimestre la quota di domanda per nuovi prodotti è risultata superiore di quasi il 5% nell’E-Commerce rispetto al Brick&Mortar. L’E-Commerce si conferma così un canale molto recettivo nel promuovere i nuovi prodotti; fatto di una certa importanza considerando il periodo di difficoltà che sta affrontando l’innovazione.

La MdD sul web

Un’altra caratteristica del canale virtuale è quella di dare maggior spazio ai prodotti a Marchio del Distributore. Nella tavola a seguire è riassunta la situazione nel primo trimestre di quest’anno, mettendo a confronto la composizione del carrello della spesa online e dei negozi fisici. Per focalizzarci sul comportamento della domanda abbiamo circoscritto il calcolo ai soli distributori GDO che operano anche online.

L’incidenza delle vendite di Marche del Distributore è superiore di quasi 4 punti e mezzo nell’E-Shopping rispetto ai negozi fisici. Poiché stiamo osservando gli stessi operatori, la differenza è attribuibile per la gran parte al comportamento della domanda. Il prodotto dei «padroni di casa» si ricava uno spazio maggiore online rispetto a quanto faccia sullo scaffale dei negozi.

L’e-commerce non è sempre uguale

Ma non è tutto oro quel che luccica! L’e-shopping del Largo Consumo continua a mostrare fortissime discrepanze nelle strategie seguite dai diversi distributori. Nel grafico a seguire vuole illustrare l’incidenza delle vendite da canale virtuale per i principali operatori della GDO che sono attivi in rete. Benché i numeri non siano indicati emerge la forte disparità che si registrava ancora l’anno scorso non da cenni di ricomposizione anche nei primi scorci del 2021. Resta una forte disparità fra i diversi retailer della Grande Distribuzione che operano nel canale. Approcci strategici molto determinati di alcuni, si confrontano con un procedere incerto di altri e addirittura con l’assenza di molti. Questo aspetto è uno dei principali punti interrogativi sull’effettivo sviluppo che il canale online potrà raggiungere quest’anno. Infatti, tutte le analisi indicano che oggi non ci sono vincoli per l’ulteriore espansione della domanda, essi casomai risiedono nel passo che riuscirà a imprimere l’offerta.

Un ulteriore freno potrebbe risiedere nelle forti oscillazioni della domanda che si rivolge al canale online. Diversamente dai negozi fisici che complessivamente (con l’eccezione di Natale e Pasqua) assorbono una pressione di domanda sostanzialmente stabile nel corso dell’anno, l’e-shopping LCC subisce fluttuazioni degli acquisti lungo le settimane che variano dal +20% in autunno e inverno fino al -50% in piena estate. Questo richiede una organizzazione della logistica dedicata molto più flessibile di quella dei negozi fisici. Infine, uno specifico know-how è indispensabile per proporre la propria offerta al consumatore che naviga online. Infatti, la profondità media dello scaffale virtuale è molto più ampia rispetto all’offerta esposta generalmente in un grande negozio. Un sito online offre mediamente una vastità di offerta vicina a quello di un Ipermercato. Questo fatto, se da un lato è un vantaggio, dall’altro amplifica il problema di come avvicinare il consumatore allo scaffale virtuale in modo efficiente. Mentre nei negozi l’applicazione nelle tecniche di category management ha alzato di molto l’efficienza espositiva, nello «spazio limitato» di uno schermo di pc o di cellulare il problema diventa più complesso. Facilitare la ricerca del consumatore online e la definizione dei livelli di priorità esplorativa diventano elementi cruciali per soddisfare l’utente e per ottimizzare i ricavi.

In conclusione, le proiezioni di IRI indicano che l’e-commerce nel Largo Consumo Confezionato ha oggi la potenzialità di raggiungere in un paio d’anni una quota non trascurabile sul totale delle vendite del comparto, agganciandosi agli standard di alcuni paesi europei dove il fenomeno è più sviluppato. Già per il 2021 ci sono i presupposti per avvicinarsi ai 3 punti di quota di mercato, un dato molto significativo se consideriamo che l’online del Largo Consumo trova vincoli di natura territoriale. Continuano perciò ad esserci potenzialità di ulteriore crescita della domanda ma questo potrà avvenire solo se saranno superate le incertezze strategiche che ancora caratterizzano una parte degli operatori della GDO.

Sostenibilità, un’opportunità per il turismo: in agenda a maggio

“Sostenibilità riflesso di un modello imprenditoriale di successo”: un’opportunità per l’impresa turistica che fa bene al mondo: questo il tema del ciclo di incontri organizzato dall’avv. Simona Cardillo di Lexant, con la partecipazione di Nativa, White & Partners, The Oceancy.

Nel corso dei due appuntamenti (previsti il  20/05/2021  e il  27/05/2021, dalle 17.00 alle 19.00) verrà inquadrato il fenomeno della sostenibilità nel mondo del turismo, un settore in cui la valorizzazione di temi ambientale, sociale e culturale rappresenta lo strumento per offrire un prodotto turistico capace di rispondere alle istanze del mercato.

Verrà illustrato quale sia il percorso verso la trasformazione in Società Benefit e la certificazione BCorp e, grazie al prezioso contributo di autorevoli relatori, così aprirà un confronto su quali possano essere le forme di creazione di valore volte alla tutela di oceani e ambiente, ma anche alla valorizzazione della comunità, della cultura e delle tradizioni.

Per iscrizioni: https://lnkd.in/dZNVVri 

 

 

11 maggio: saracinesche chiuse nei centri commerciali

Solo per pochi minuti, ma sarà una protesta d’impatto: il prossimo 11 maggio, infatti, le saracinesche dei negozi nei Centri commerciali resteranno abbassate.

La protesta è rivolta alla chiusura dei mall nei giorni festivi e pre-festivi ed è promossa da dalle associazioni del commercio, ANCD-Conad, Confcommercio, Confesercenti, Confimprese, CNCC–Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali e Federdistribuzione.

Le Associazioni del commercio vogliono dare voce ai 780.000 lavoratori delle 1.300 strutture commerciali integrate presenti su tutto il territorio nazionale, che vivono da oltre un anno in un clima di forte incertezza, aggravato dalle stringenti misure con cui il Governo impedisce a migliaia di attività commerciali di lavorare nel week-end, ovvero nei giorni più importanti della settimana in termini di ricavi e fatturato.

La manifestazione è volta anche a ribadire la sicurezza dei centri, parchi e gallerie commerciali che, sin dall’inizio della pandemia, hanno adottato protocolli rigorosi, garantendo che non si registrasse alcun caso di focolaio in tali strutture.

Dall’inizio dell’emergenza, il settore dei centri commerciali si è impegnato in un dialogo costruttivo con il Governo, anche mettendo volontariamente e gratuitamente a disposizione 160 strutture sul territorio nazionale per la creazione di hub vaccinali.

Piatti pronti: la sfida è cominciata. L’analisi di Iri

Il 2020 ha portato con sé uno stravolgimento delle abitudini di consumo. I comparti del Food, nello specifico, hanno beneficiato dello spostamento dei consumi dal fuori casa verso un consumo più casalingo. Nel suo complesso, l’Alimentare Confezionato – nelle diverse componenti ambient, fresco e freddo – ha mostrato un incremento a valore pari al +8.5% (Totale Italia, incluso il Discount), attestandosi come il secondo comparto per dinamicità di tutto il Largo Consumo Confezionato. Di pari passo con l’aumento dei consumi in casa, nel 2020 anche il Food Delivery si è rivelato un settore particolarmente vivace: come riportato da un’analisi di GfK Sinottica in riferimento ai mesi di marzo e aprile 2020 (periodo del picco della pandemia), il mondo del Food Delivery ha raggiunto tassi di crescita del +70% e secondo le stime dell’osservatorio e-commerce del Politecnico di Milano, l’anno scorso il settore della consegna del cibo a casa ha generato un fatturato pari a oltre 706 milioni di euro, con una crescita complessiva pari al +19% rispetto al 2019.

Al contrario, con l’arrivo della pandemia, il mondo dell’Out of Home – in costante crescita fino al 2019 – è stato messo inevitabilmente a dura prova. In questo contesto, il mondo dei Piatti Pronti ha visto nascere una nuova ed inaspettata sfida, concretizzatasi nel venir meno delle occasioni di consumo “on the go”, che molti di questi prodotti, soprattutto quelli freschi, hanno l’obiettivo di soddisfare. In riferimento al 2020 è quindi importante analizzare il piatto pronto nella sua accezione più ampia, includendo anche le tecnologie ambient e frozen, che completano l’offerta insieme ai freschi.

Il mercato dei piatti pronti

Il servizio dedicato al monitoraggio dei mercati del Largo Consumo, IRI Liquid Data, evidenzia che la dimensione del mercato dei Piatti Pronti – che include le tipologie Fresche, Surgelate ed Ambient – supera i 1.5 miliardi di euro (Anno Terminante Febbraio 2021 – Totale Italia + Discount) con una crescita del +7.2% a valore e del +3.6% a volume. In base al canale distributivo considerato le performance di questi prodotti presentano alcune differenze: l’Ipermercato conferma la sua difficoltà anche in questo frangente e resta in territorio negativo (-1.2% a valore) insieme al Libero Servizio Piccolo (-5.4% a valore). In entrambi i canali l’assortimento è in riduzione; fenomeno evidente soprattutto nell’Ipermercato, che perde oltre 17 referenze medie a scaffale, attestandosi complessivamente su un’offerta di circa 400 referenze. Al contrario, la dinamicità dei Piatti Pronti è visibile soprattutto nei Supermercati, che segnano un +8.3% (Anno Terminante a febbraio 2021) e nei Discount, che risultano essere il canale più performante anche grazie ad un assortimento in crescita, in controtendenza rispetto agli altri canali (+4.7 referenze medie).

La componente Fresca è quella che ha un peso maggiore e rappresenta oltre il 63% del fatturato totale con un incremento del +7.8% rispetto all’anno terminante a febbraio 2020. Il mondo dei Surgelati vale circa un quarto dell’intero mercato ed è il segmento più dinamico, sfiorando una positività del +9%; mentre la componente Ambient – che pesa poco più del 14% – si conferma come la meno performante tra le tre componenti che costituiscono il mercato dei Piatti Pronti. Il confronto con le dinamiche del 2018 e del 2019 rivela come, ancora una volta, il 2020 abbia portato una rottura con il passato: negli scorsi anni infatti i Piatti Pronti Freschi raggiungevano tassi di crescita vicini alla doppia cifra e la loro componente di servizio e praticità costituiva uno dei principali driver di acquisto per i consumatori. Nel 2020, pur restando in territorio positivo, i Freschi hanno quasi dimezzato la crescita a favore delle altre tecnologie, in particolar modo del Surgelato. Le motivazioni sono presto chiare se si pensa agli accaparramenti già ampiamente analizzati nei primi mesi di Lockdown e alla generale tendenza degli shopper a fare maggiori scorte per ridurre le visite ai punti di vendita.

Primi piatti vs secondi piatti

Negli ultimi anni, abbiamo visto maturare il fenomeno legato ai Primi Piatti Pronti, nel quale il comparto del Fresco si è imposto in modo preponderante con un’abbondanza di offerta legata a zuppe, paste da forno ed insalate pronte. Oggi il primo Piatto “Chilled”, che rappresenta il 15% del totale Piatti Pronti, vale circa 240 milioni di euro ed è la tipologia che segna il passo peggiore con oltre 9 milioni di fatturato persi negli ultimi 12 mesi (Anno Terminante febbraio 2021 – Totale Italia + Discount). Insalate di riso e zuppe sono i principali driver di questo rallentamento: si tratta di un chiaro effetto del venir meno di buona parte delle occasioni di consumo a cui si rivolgono e della marginale importanza che ha assunto nel corso del 2020 la funzione di praticità e servizio che questa tipologia di prodotti svolge intrinsecamente. Al contrario, i Primi Piatti Ambient mostrano buone performance, ma solo grazie al segmento Etnico (+17.8% a valore) che raggiunge un fatturato ormai prossimo ai 30 milioni di euro, confermando che sempre più gli italiani apprezzano anche la cucina estera.

L’offerta dei Secondi Piatti invece, sviluppa complessivamente oltre 733 milioni di euro e cresce a doppia cifra sia nel Freddo che nel Fresco. In entrambi i comparti, il pesce è la proteina che guida questi importanti trend: da un lato troviamo le preparazioni ricettate surgelate che raggiungono i 98 milioni di Euro (+18.7% verso i 12 mesi precedenti), dall’altro il principale driver positivo del comparto è il Sushi, con oltre 150 milioni di euro di fatturato e una crescita percentuale che sfiora il +28% a totale Italia. In crescita sostenuta anche i Secondi piatti Ricomposti (+11% a valore), grazie principalmente agli Hamburger di Prosciutto Cotto. Infine, torna in terreno positivo anche il segmento dei Piatti Pronti Freschi Vegetariani, che a partire dalla seconda metà del 2017 aveva ha segnato un forte rallentamento, sfociato a partire dall’anno seguente in un’importante razionalizzazione dell’offerta. Oggi l’assortimento medio di un punto di vendita è composto da circa 15 referenze (Totale Italia + Discount), numero che fa tornare lo scaffale ai livelli del 2016 e determina un calo di oltre il 20% rispetto ai due anni seguenti. Nell’Anno terminante a Febbraio 2021 la componente “veg” all’interno dei Secondi Piatti Pronti Freschi fattura 86 milioni di € e arriva a pesare quasi il 6% del fatturato dei Piatti Pronti nel loro complesso. La crescita negli ultimi 12 mesi è superiore al 15% ed è trasversale a tutte le tipologie di prodotto, compreso il Burger – la categoria con più referenze – che aveva mostrato i segni più evidenti di crisi e saturazione dell’offerta. La chiave vincente, in questo segmento giovane e in continua evoluzione, è stata l’innovazione che ha saputo indirizzarsi in modo più mirato verso un’esperienza di gusto, slegando definitivamente in concetto di «Veggie» da quello di dieta e privazione.

Certificazione IFS Food, nuovi obblighi all’orizzonte

Dal 1° luglio 2021 le aziende che necessitano della certificazione IFS Food (secondo la versione 7 di questo standard), utile per lavorare con i retailer internazionali e garantire sicurezza e tracciabilità dei prodotti alimentari, dovranno dotarsi di un codice GS1 GLN  per ogni stabilimento di propria competenza.

Cos’è il GLN?

Il GLN (Global Location Number) è nato per identificare in modo univoco le aziende come entità legali e per molti importanti utilizzi, come lo scambio elettronico dei documenti, l’allineamento elettronico delle informazioni di prodotto, l’adesione a circuiti di pagamento e la tracciabilità dei prodotti.

Come si ottiene il GLN in Italia?

Basta rivolgersi a GS1 Italy, l’unica organizzazione che rilascia i codici GS1 GLN nostro Paese

Le aziende che usano i codici a barre GS1 (ex EAN) per i loro prodotti hanno già a disposizione i codici GS1 GLN e, se dotate di un prefisso aziendale GS1, possono assegnare fino a 1.000 GLN differenti ad altrettanti stabilimenti aziendali. Alle imprese che non usano i codici a barre, invece, GS1 Italy propone il noleggio dei codici GS1 GLN necessari per le loro attività.

GS1 Italy si occupa anche dell’iscrizione dei codici GLN nel registro internazionale Gepir di GS1, anch’essa richiesta a partire dal 1° luglio 2021 per la certificazione IFS.

Tutti i numeri GS1 GLN rilasciati da GS1 Italy vengono automaticamente pubblicati nel Gepir, la banca dati internazionale che consente a tutti di risalire all’azienda proprietaria di uno stabilimento o di un brand partendo dal codice GLN rilasciato a prodotti o luoghi aziendali.

 

Consorzio del Prosciutto di San Daniele, esempio di economia circolare

Non sempre ci si pensa, ma se il Crudo di San Daniele ha il suo gusto peculiare lo deve anche alla salamoia. Peccato che il sale esausto, adoperato per realizzarla, vada però smaltito.

E’ a questo punto che interviene il Consorzio in qualità di soggetto facilitatore e di supporto per la gestione da parte delle imprese consorziate di vari servizi come la gestione dei rifiuti e in particolare del recupero di salamoia e smaltimento di sale solido e lo smaltimento delle acque reflue.

Per quanto attiene al sale esausto, il Consorzio, dal 2009, si occupa di ritirarlo ogni anno dai prosciuttifici in un quantitativo che supera le 3.600 tonnellate, per poi destinarlo, dando concretezza al concetto di economia circolare, ad altro uso: come antighiaccio stradale, per esempio, o nell’industria conciaria. 

Inoltre il Consorzio del Prosciutto di San Daniele gestisce anche il depuratore consortile che raccoglie le acque dei siti produttivi che aderiscono al servizio. Annualmente l’impianto tratta circa 300mila metri cubi di acque reflue. Dal 2015, anno di entrata in funzione, c’è stato un notevole miglioramento delle caratteristiche delle acque immesse nella fognatura pubblica. Grazie alle potenzialità tecnologiche dell’impianto, il Consorzio controlla le caratteristiche qualitative dell’acqua, migliorandone la qualità, e monitora costantemente gli impiatti sull’ambiente e sulla comunità. Continui gli investimenti per il miglioramento del servizio: nel 2019 alcune innovazioni tecniche hanno ridotto l’evaporazione delle acque e degli odori rilasciati nell’ambiente. 

Nasce Circol-UP, il tool di GS1 Italy per l’economia circolare

Nasce Circol-UP, lo strumento messo a punto da GS1 Italy – con la partecipazione dell’Istituto di Management della Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa – per aiutare le aziende del largo consumo nel loro percorso di sviluppo della circular economy.

Parliamo infatti di check-up tool che consente alle aziende di misurare e di identificare le opportunità̀ per massimizzare la circolarità̀ dei processi produttivi, della filiera e dei prodotti

“Circol-UP è stato sviluppato per fornire alle singole aziende un feedback riguardo la valutazione del loro livello di circolarità e per evidenziare le azioni che potrebbero intraprendere per adottare un modello di business circolare, innovativo e competitivo” – afferma Silvia Scalia, ECR Italia e training director di GS1 Italy. “Con questo progetto GS1 Italy vuole sensibilizzare le aziende italiane sull’importanza di misurare la propria performance di circolarità e contribuire così al raggiungimento degli obiettivi 12 e 17 dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritta in sede ONU”.

Il tool è stato ideato e sviluppato da un apposito gruppo di lavoro, creato da GS1 Italy nel 2018, a cui hanno partecipato 19 aziende: 3M Italia, Artsana, Barilla, Carlsberg Italia, Colgate-Palmolive, Conad, Coop Italia, Decathlon Italia, Eridania Italia, Fater, Ferrarelle, FGH PRS Management, Marchesi Antinori, Mondelez Italia, Panzeri Diffusion, Parmalat, Sammontana, Sanpellegrino, Simpool.

Circol-UP prende in esame tutte le fasi del ciclo di vita di un prodotto (ossia approvvigionamento, design, produzione, distribuzione, consumo e gestione rifiuti) ed è stato adattato alle specificità degli operatori di tre diversi settori:

  • Alimentari e bevande.
  • Cura persona e cura casa.
  • Retail.

Grazie a questa serie di indicatori l’azienda potrà identificare in maniera autonoma le aree in cui performa meglio e quelle in cui può migliorare la performance di circolarità.

Smartphone: cresce lo shopping online. L’indagine di Idealo

Se il mercato ‘fisico’ degli smartphone nel 2020 si può definire ondivago, così non è per quello on line che ha chiuso con un +60,6% di intenzioni d’acquisto rispetto al 2019, come dimostra una recente indagine di Idealo.

 

Nel 2020, i brand ai quali sono riconducibili le maggiori intenzioni di acquisto di smartphone (score da 0 a 100) sul portale italiano di idealo sono stati:

  • Apple (score = 100,0)
  • Samsung (64,4)
  • Xiaomi (60,8)
  • Huawei (33,9)
  • OPPO (5,6)

Se consideriamo la crescita di interesse, sempre in termini di intenzioni di acquisto sul portale italiano di idealo, nel corso del 2020 rispetto ai 12 mesi precedenti:

  • OPPO (oltre +200%)
  • Apple (+103,5%)
  • Xiaomi (+58,6%)
  • Samsung (+50,0%)
  • Huawei (+21,3%)

La top-5 degli smartphone maggiormente cercati nel 2020 sul portale italiano di idealo vede al primo posto Apple iPhone 11, seguito da Apple iPhone 11 Pro e Xiaomi Redmi Note 9 Pro. Nelle altre due posizioni della classifica troviamo Xiaomi Redmi Note 8 Pro e Samsung Galaxy A7.

idealo ha anche individuato lo smartphone più desiderato per ogni top-produttore: Apple iPhone 11, Xiaomi Redmi Note 9 Pro, Samsung Galaxy A71, Huawei P40 lite e OPPO Reno2.

A sostenere l’aumento di interesse online per gli smartphone è concorso il boom dell’e-commerce, anche a seguito della pandemia di COVID-19 e dei lunghi mesi di lockdown: due consumatori italiani su tre, infatti, utilizzano lo smartphone per lo shopping online e per la comparazione prezzi. In particolare, ecco i dati ricavati dalle intenzioni di acquisto sul portale italiano di idealo: 64,7% da smartphone, 30,3% da PC o laptop e 5,0% da tablet. Chi si connette in mobilità preferisce un dispositivo Android nel 77,3% dei casi mentre iOS si attesta sul 22,7%. 

L’aumento delle ricerche online di smartphone è una tendenza che si conferma anche nel primo trimestre del 2021 con +11,6% rispetto allo stesso periodo del 2020 e un picco del +22,6% a marzo, se confrontato con lo stesso mese dell’anno precedente.

L’andamento dei prezzi online 

Analizzando il 2020, il mese nel quale i prezzi degli smartphone sono stati i più bassi in assoluto è stato febbraio; quello più caro, invece, dicembre.

Considerando complessivamente la categoria, coloro che hanno acquistato uno smartphone nel mese più vantaggioso hanno potuto risparmiare il –17,4% rispetto allo stesso acquisto effettuato nel mese risultato più caro.

Tenendo conto di tutti i modelli di smartphone presenti sul portale italiano di idealo – oltre 5mila – il prezzo medio nel 2020 di un singolo device è stato pari a 422,65 euro, vale a dire il +7,1% rispetto a quello del 2019.

Infine, analizzando l’andamento del prezzo per i 20 top-modelli della categoria nel corso del 2020 è possibile vedere come dopo tre mesi, rispetto al primo mese del 2020 in cui idealo ha registrato un prezzo medio mensile di partenza per ogni singolo modello, il ribasso medio sia stato del -6,6%, dopo sei del -8,2%, dopo nove del -14,0% e dopo undici del -16,9%.

Boomers e Gene Z: shopping domenicale

Se consideriamo la crescita di interesse online nei confronti degli smartphone, il 2020 vede in testa alla classifica due generazioni profondamente diverse, quella dei veri “nativi digitali”, la Generazione Z dei nati tra il 1995 e il 2010, e quella dei “nativi analogici”, i Boomers nati tra il 1946 e il 1964.

Sono infatti i giovani tra i 18 e i 24 anni a far registrare la crescita maggiore di intenzioni di acquisto online di smartphone con +79,0% nell’ultimo anno, seguiti subito dopo da coloro che hanno tra i 55 e 64 anni, il cui interesse online nel 2020 è cresciuto del +43,2%. Senza dimenticare gli over-65, che hanno fatto registrare un +36,6%.

Gli uomini sono più interessati delle donne agli smartphone (circa il doppio) ma la crescita di interesse verso la telefonia mobile nel 2020 ha riguardato indistintamente uomini e donne (+37,8% donne e +31,8% uomini).

Le regioni dove l’interesse verso gli smartphone è cresciuto di più nell’ultimo anno sono state la Calabria (+90,0%), il Lazio (+89,6%) e la Sicilia (+58,9%)[7].

Il giorno preferito per le ricerche e le comparazioni di prezzi tra smartphone online è la domenica sera, tra le ore 21 e le 22.   

“Come evidenziato da questa analisi, le tendenze dello shopping online seguono spesso andamenti diversi rispetto a quelle dello shopping fisico, specialmente poi se si presentano situazioni eccezionali come quelle vissute lo scorso anno – ha commentato Filippo Dattola, Country Manager di idealo per l’Italia – Inoltre, acquistare uno smartphone online oggi risulta molto più conveniente per la grande disponibilità di offerta e la facilità di comparazione dei prezzi grazie a strumenti di monitoraggio davvero utili, come quelli messi a disposizione da idealo”.

Bridge, il format di Migros ideato da Interstore | Schweitzer

Interstore | Schweitzer ha sviluppato e implementato un concetto di supermercato completamente nuovo per Migros basato sul principio Flexstore.

Bridge, situato in un quartiere trendy vicino alla stazione principale di Zurigo, offre il perfetto connubio tra una variegata selezione di alimenti freschi, una gastronomia creativa basata sull’utilizzo di prodotti di partner locali e numerosi eventi.

Una caratteristica dello store concept sviluppato da Interstore | Schweitzer per questo supermercato consiste nella sua completa versatilità. A parte le postazioni di cottura fisse, tutti gli altri elementi di arredo sono mobili e flessibili. Si tratta quasi completamente di un Flexstore, un concetto unico nell’ambito dell’arredamento di negozi, che offre ai rivenditori la possibilità di adattare la disposizione del negozio a piacere in base alle proprie esigenze, spostando i moduli in modo rapido ed economico – una caratteristica ideale per pop-up, eventi stagionali e affitto temporaneo a ristoratori e produttori esterni.

Photo Credits: Love Weber per Interstore | Schweitzer

 

Così cambia la cosmetica: lo studio di Up Marketing e Marketers

Il lockdown ha colpito anche qui: il comparto della cura del corpo. Il risultato? Oggi ai trattamenti lunghi e protratti nel tempo (come per esempio il dimagrimento o l’epilazione laser) si preferiscono quelli rapidi, orientati al relax e all’estetica di base (cerette ed epilazione). A dirlo il report italiano realizzato sul tema dall’agenzia di marketing Up Marketing e il network di imprenditori digitali Marketers.

Ma procediamo con ordine, per scoprire l’evoluzione di questo mercato nell’anno della pandemia.

Per comprenderne bene l’andamento è giusto partire dal fatturato del mercato della bellezza in Italia nel 2019: parliamo di 7 miliardi di euro, divisi in saloni di bellezza (circa 35.000 su tutti il nostro territorio) e parrucchieri, che hanno fatturato in totale oltre 771 milioni di euro.

Nel 2020 la debacle, testimoniata da una contrazione dei consumi del -9,3% e anche del fatturato complessivo (-11,6%).

Pandemia ed e-commerce

Stando al Rapporto, nei primi sei mesi del 2020, si sono registrati grandi perdite per un valore complessivo di oltre 4 miliardi di euro. Nel dettaglio: il mondo dell’estetica ha avuto una perdita del -47% (pari a 63 milioni di euro), così come il settore dell’acconciatura che ha altresì avuto una perdita del -47% (pari a 157 milioni di euro). Ancora: erboristeria (-40% per un totale di 134 milioni), profumeria (-38,5% per un totale di 520 milioni) e anche le vendite dirette hanno subito una perdita del -35% pari a 155 milioni.

Forte calo, dunque per i canali tradizionali, a fronte di un vero e proprio boom dell’e-commerce i cui volumi sono quasi quadruplicati nei primi 6 mesi del 2020: da gennaio a giugno 2020 il mercato dell’online ha registrato un +38,8%, unico incremento positivo dei consumi nel settore.

La crescita degli e-consumer durante il lockdown ha generato 2 milioni di euro. Gli acquisti online degli italiani sembrano orientati verso prodotti per l’igiene e la cura della persona (44%), un’occasione perfetta per tutti i centri estetici che vogliono implementare i propri negozi online per la vendita diretta di prodotti.

“Il successo dell’e-commerce riscontrato nel corso del 2020 non è però da interpretare come un invito, per chi ha un centro estetico, ad aprire un e-commerce inteso nel senso più tradizionale – spiega Tony Balbi, CEO e co-fondatore di Up Marketing – Infatti la gestione di un e-commerce (il che include anche la sua promozione, senza la quale il portale non potrebbe ottenere vendite) si configura come un’attività a parte rispetto a quella di un centro  estetico e, nella maggior parte dei casi, non è compatibile, sia per fattori economici che logistici.”

Presenza online in pandemia

Ma in cosa è consistita, durante il lockdown la presenza online dei centri estetici) Quale ruolo hanno svolto? Quali le iniziative di maggior successo?

Il report ha evidenziato come le soluzioni di vendita online che in piena pandemia sono piaciute di più sono attribuibili a vendite online ristrette, ovvero vendite da parte di centri estetici direttamente alla propria clientela. L’idea vincente è stata quella di agevolare l’acquisto di prodotti da parte delle clienti attraverso canali come Whatsapp, gruppi Facebook o una vetrina su Instagram o Facebook Shop, così da mantenere un filo diretto con loro. 

Molto apprezzata anche l’idea di creare dei format di contenuto in cui i centri estetici, tramite degli interventi in diretta sui propri canali social, parlano di uno specifico problema (ad esempio, legato alla cura della pelle o alla beauty routine per il corpo) con figure autorevoli, proponendo trattamenti specifici a un gruppo privato, da fare a casa in totale sicurezza.

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