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Cruciali donne e bambini per lottare contro la fame nel mondo: il latte “sociale” di Granarolo

Foto Stefano Pesarelli/Gramarolo, Njombe Milk Factory.

Un convegno organizzato a Expo su uno dei suoi temi di fondo più rilevanti e urgenti: quello della fame nel mondo, on particolare riguardi ai 200 milioni di bambini che ne soffrono nei Paesi in via di sviluppo. “Esperienze, sfide e strategie per l’alimentazione infantile nel mondo” si è tenuto sabato scorso presso l’Auditorium di Palazzo Italia organizzato da Granarolo con la presenza di relatori provenienti da diversi Paesi e organizzazioni internazionali.
Innazitutti i numeri: sono 795 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, di cui il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo: 511,7 milioni in Asia; 232,5 milioni in Africa; 34,3 milioni in America Latina e Caraibi e 14,7 milioni nei Paesi sviluppati. Di questi, 200 milioni sono i bambini malnutriti, che già nascono svantaggiati se a soffrire la fame sono le madri stesse: 17 milioni nascono già sottopeso. Le mamme sono il primo produttore di cibo al mondo, ma tradizioni culturali e strutture sociali fanno sì che spesso siano più colpite dalla fame e dalla povertà rispetto agli uomini.
La fame non significa solamente mancanza reale di cibo, ma anche di micronutrienti, che espone le persone a contrarre più facilmente le malattie infettive, impedisce un adeguato sviluppo fisico e mentale, riduce la produttività nel lavoro e aumenta il rischio di morte prematura. Circa il 50 per cento delle donne incinte nei Paesi in via di sviluppo ad esempio soffre di mancanza di ferro, e a causa di ciò 315.000 donne muoiono ogni anno per emorragie durante il parto.

«Abbiamo scelto di organizzare questo momento di confronto e riflessione perché crediamo che un’alimentazione sicura e accessibile, in un mondo sempre più globalizzato, sia una delle maggiori sfide globali del nostro tempo – ha spiegato Gianpiero Calzolari, Presidente Granarolo S.p.A. -. Per vincerla, noi vediamo solo una strada: organizzazioni internazionali e soggetti privati devono trovare forme di collaborazione e modalità congiunte di divulgazione delle informazioni rilevanti. Nessuno oggi può far finta di non sapere».
Granarolo ha diverse iniziative che sostengono la diffusione di un’alimentazione sicura e accessibile, tra le quali dal 2004 crede e sostiene attivamente questo progetto Africa Milk Project, e Allattami. «In Africa abbiamo sostenuto un progetto che replica il modello cooperativo sul quale Granarolo stessa si fonda, in una delle zone più povere della Tanzania», dice ancora Calzolari. «Oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe Siamo convinti che si potrà esportare questo modello per dare concrete opportunità lavorative ad altri allevatori e casari e una produzione di latte pastorizzato e quindi sicuro a tanti bambini nel mondo. Stiamo già ragionando con Cefa Onlus su un sostegno alle comunità locali in Mozambico, aggregando il mondo cooperativo che ruota intorno ad ACI (Alleanza Cooperative Italiane)».
Convinti poi che il latte materno sia alimento insostituibile per i neonati, con il Policlinico Sant’Orsola di Bologna Granarolo ha dato vita ad “Allattami”, unica banca del latte materno mai promossa da un’azienda in Europa che consente di nutrire neonati critici e/o prematuri, con latte materno prelevato da madri che ne hanno in eccesso. «Un progetto italiano per l’Italia che ci auguriamo possa essere replicato in molti altri contesti per dare latte di mamma sicuro a tanti bimbi».

Alla linea di prodotti vegani di Sarchio la certificazione della Vegan Society

logo VeganSarchio ha firmato l’accordo con l’organizzazione Vegan Society per l’utilizzo del logo Vegan sulle confezioni dei prodotti, l’unico riconosciuto a livello internazionale, a garanzia della qualità dei prodotti e dell’effettiva conformità ai requisiti vegani.

Biscotti senza latte e uova, gallette semplici o ricoperte al cioccolato fondente extra, snack dolci, semi, condimenti, sfogliette per l’aperitivo, cereali e bevande per la colazione: sono alcune delle 45 referenze a marchio Sarchio che avranno sul packaging il logo Vegan, per un immediato riconoscimento del prodotto a scaffale.

Fondata nel 1944 da Donald Watson, la Vegan Society ha l’obiettivo di assicurare la qualità dei prodotti e la loro rispondenza agli standard ‘vegani’ ovvero che non abbiano ingredienti o derivati di origine animale. Il logo Vegan è inoltre un marchio registrato non solo in Europa ma anche in Canada, Australia, India e USA.

«Molti dei nostri prodotti erano già vegani, per verificarlo bastava leggere gli ingredienti. L’ottenimento della certificazione internazionale Vegan Society ci permette di rendere le nostre referenze – che rispettano questi requisiti – più riconoscibili già nella corsia del supermercato, un pratico aiuto per i nostri consumatori vegan, vegetariani, “etici” o per chi segue una dieta priva di proteine animali», ha dichiarato Sandra Mori, Responsabile Marketing di Sarchio.

Arriva in Italia Best Brands, l’oscar che premia risultati di vendita e awareness

best brands Stephan Nießner , Ferrero 11.02.2015 Foto: Astrid Schmidhuber

Nato in Germania, dove il gruppo di comunicazione Tedesco Serviceplan lo ha creato nel 2004, sbarcato in Cina nel 2014, il premio Best Brands arriva in Italia, per certificare con precisione quale fra tutti i brands del nostro paese è in assoluto il top.

Tutto merito del criterio oggettivo adottato e pserimentato da un decennio: la classifica delle marche italiane verrà stilata non secondo l’opinione (spesso autorevolissima) di una giuria, ma secondo due criteri oggettivi e molto diversi tra loro: il successo economico e l’affetto del pubblico: quindi share of market share of soul.

Per partecipare non serve un’iscrizione al premio: sono candidate d’ufficio tutte le marche rappresentative sia come quota di mercato, sia come capacità di investire in comunicazione, valutata sulla media degli ultimi quattro anni.

Giovanni Ghelardi, Amm. Del. di Serviceplan Italia
Giovanni Ghelardi,, Amm. Del. di Serviceplan Italia

«Best Brands si basa su uno studio estensivo condotto da GFK direttamente su 3.000 persone in Italia – spiega Giovanni Ghelardi AD di Serviceplan Italia che insieme agli altri partner, GFK Italia, RAI Pubblicità, System 24 e ADC Group e con il sostegno di UPA, promuove l’edizione nazionale del premio – con un metodo assolutamente inedito che mette in relazione attraverso un algoritmo esclusivo sia il potenziale economico del brand che il suo legame affettivo con la gente».

Silvio Silprandi, Vice Presidente GfK Eurisko Italia, entra nello specifico della metodologia. «È un processo molto articolato: l’indice finale nasce da due famiglie di indicatori. Da una parte abbiamo il «successo della marca» che comprende la Market Share (cioè la quota di mercato a valore), la Loyalty del consumatore (cioè la fedeltà al brand espressa attraverso l’acquisto più frequente) e il Premium Price (cioè il livello di prezzo su cui si attesta la marca rispetto alla media della competition) e la «share of soul» che comprende la Brand awareness (domande che rilevano il livello di familiarità con la marca), il Brand Potential Index (calcolato su una serie di domande che misurano propensione a spendere di più rispetto alle altre marche, personal relevance, attrattività, distintività e superiorità), il Cross-selling potential (domande che raccolgono il livello di propensione all’acquisto/utilizzo di un nuovo prodotto della marca). In sostanza però l’ingrediente fondamentale di tutto il processo sono i consumatori. Sono loro a determinare sia il successo economico di una marca sia ad esprimere i dati più ‘emozionali’».

In attesa del 28 ottobre quando saranno ufficializzati i Best Brands irtaliani, nell’ultima edizione svoltasi in Germania è stata riconosciuta l’importanza dei brand italiani con l’istituzione della categoria Best International Brand/Corporate Brand Italy vinta da Ferrero, al secondo e terzo posto si sono classificate Tod’s e Luxottica.

In Veneto Conad chiude due supermercati ex-Billa

La coda lunga della crisi colpisce a Cittadella in provincia di Padova dove il Conad City di Via Kennedy, a soli sette mesi dall’apertura, ha annunciato la chiusura.

Ne ha dato notizia Silvia Bergamin che sul Mattino di Padova riporta l’intenzione del gruppo Sgr di Padova di chiudere a fine gennaio il supermercato aperto solo sette mesi fa dopo l’acquisizione da parte di Conad di punti vendita Billa nel Nord Est, nel quadro della dismissione del retailer austro-tedesco. Non solo. A fine dicembre chiuderà i battenti anche il punto vendita di Este.

Secondo quanto riportato dal quotidiano di Padova, le motivazioni della chiusura risiedono nel fatto che “gli affari non sarebbero andati secondo le previsioni, Cittadella non sarebbe una piazza facile e il mercato risulterebbe saturo“.

Sono 34 i dipendenti dei due supermercati in crisi che perderanno il posto di lavoro. I sindacati hanno annunciato che faranno il possibile per cercare di bloccare la decisione di chiudere.

Attali: immigrazioni o fame nel mondo, l’unica soluzione è la sostenibilità sociale

Jaques Attali al convegno insieme a (da sinistra a destra) Sandrine Ricard, Andrea Illy e Larry Attipoe di Faitrade International.

Un approccio sostenibile, il miglioramento della vita delle comunità tramite l’educazione anche all’economia famigliare, un rapporto win-win tra pubblico e privato, comunità locali e grandi aziende: di questo si è parlato alla conferenza “Quale economia per nutrire il Pianeta?” organizzata a Milano nell’ambito delle attività di Expo in città. Sullo sfondo, la responsabilità sociale d’impresa come attività cruciale per sostenere nuovi modelli di business che favoriscano il commercio equo nei Paesi in via di sviluppo e nuove forme di impiego per i piccoli produttori locali, a partire dalle donne.
Ospite d’onore era l’economista francese Jacques Attali, co-organizzatore con Pernod-Ricard attraverso la sua organizzazione no profit Positive Planet. Le due realtà insieme a GIZ, agenzia federale che supporta il Governo tedesco nello sviluppo di progetti di cooperazione internazionale, hanno avviato un progetto di responsabilità sociale che ha portato all’acquisto tramite il brand Ramazzotti di spezie (cardamomo, zedoaria e chiodo di garofano) da 500 dei 2000 produttori locali del Kerala appartenenti alla cooperativa PDS (PDS Organic Spices), garantendo loro un reddito dignitoso e un programma di formazione agraria, commerciale e finanziaria.
Un approccio globale che ha preso anche Planet Finance, appena rinominata Positive Planet, tra i maggiori sostenitori del microcredito. Come ha spiegato Attali: “abbiamo visto che l’approccio finanziario non è sufficiente a risolvere tutti i problemi, dalla salute all’educazione all’ambiente. In futuro ci focalizzeremo su come facilitare l’accesso ai capitali privati, come favorire la collaborazione tra le comunità locali dei Paesi in via di sviluppo e le aziende migliorando le pratiche e la qualità del loro prodotto. È ciò che abbiamo fatto con Pernod Ricard in Kerala”.
“L’importante non è la quantità di spezie che abbiamo comprato dai contadini quanto le opportunità di business che abbiamo loro aperto, aiutandoli a certificarsi come equosolidali e biologici” ha spiegato Noël Adrian, Ad di Pernod Ricard Messico ed ex Ad di Pernod Ricard Italia che ha seguito il progetto.
“Noi, che lavoriamo con soldi pubblici e siamo un ente no profit, abbiamo bisogno dei privati. Dobbiamo assicurarci però di due cose: che i progetti porti a una situazione vincente per entrambe le parti, e che i risultati si moltiplichino nel futuro, grazie alle conoscenze acquisite e a pratiche agricole migliori” ha spiegato Romina Laumann, Development Partnerships with the Private Sector Management Team GIZ.
Un approccio giudicato ormai cruciale: “essere altruisti per la gente del Nord è un’eccellente attività, ma è anche un atteggiamento razionale. Aiutando le comunità nei loro Paesi avremo meno gente da dover accogliere da noi, senza potercelo permettere. La difficoltà è trasformare questi piccoli progetti in qualcosa di grande, che coinvolgano non 3000, ma 300 milioni, 3 miliardi di individui. Le persone vengono dove c’è ricchezza e non c’è niente che le possa fermare. È bello se questo sarà l’inizio di qualcosa di molto più grande, altrimenti diventa solo un alibi per non fare niente”. La CSR “ha dei costi, ma a un’azienda costa sempre meno della pubblicità”.
E sul tema di fondo do Expo, come nutriremo 10 miliardi di persone nel 2050, l’economista francese ha pochi dubbi: “Dovremo certamente cambiare i nostri stili di vita. Molto esperti mi dicono che dovremo diventare tutti vegetariani…”.

Confagricoltura celebra insieme pizza e agroalimentare buono

Nel sistema agroalimentare si sta facendo largo, sempre più, un’idea di filiera che superi gli steccati che spesso hanno contrapposto il mondo agricolo da quello industriale di trasformazione. Non c’è dubbio che Expo e, bisogna darne atto, l’attività del ministero delle Politiche agricole guidato da Maurizio Martina, hanno fornito un bel contributo a far prendere atto agli operatori che i muri e gli steccati dovevano essere abbattuti. Gli esempi di un dialogo aperto tra tutti gli operatori della filiera agroalimentare – distribuzione compresa – sono stati numerosi in questi ultimi mesi: prove di dialogo ci sono state per esempio a Marca Bologna e a Fruit Innovation. La stessa GS1 Italy|Indicod Ecr aveva pubblicato già l’anno scorso uno studio in collaborazione con Ref Ricerche sulla “filiera del mangiare”.

Confagricoltura pizzaioliL’ultimo esempio di questa apertura si è avuto ieri, primo settembre, all’incontro organizzato da Confagricoltura dedicato alla Pizza e ai suoi ingredienti, simbolo del made in Italy agroaoalimentare più conosciuto al mondo. Momento clou è stata la degustazione delle pizze realizzate da dieci tra i più famosi pizzaioli al mondo (nella foto a sinistra), nel parco della Casa Atellani che ospita la Vigna di Leonardo, nell’ambito delle iniziative per Expo.

Quattro aziende hanno rappresentato i principali ingredienti della pizza (Granarolo per la mozzarella, Colavita per l’olio extravergine, Cirio per il pomodoro e Agugiaro e Figna per la farina). Tutti prodotti che entrano di diritto nelle eccellenze agroalimentari italiane e che esprimono anche numeri di rilievo.

Lattiero-caseario: 32 mila allevamenti bovini, 2.500 bufalini, 11 milioni di tonnellate di latte vaccino, 155 mila tonnellate di mozzarella vaccina e 38,8 mila tonnellate di quella bufalina. A rappresentare la filiera Granarolo, la prima aziende dal comparto e una delle più grandi aziende alimentari italiane, che della qualità e della giusta remunerazione ai produttori, oltre che del controllo di filiera, ha fatto il suo punto distintivo.

Il pomodoro, rappresentato da Cirio (Gruppo Coltiva) alle soglie dei 160 anni: prodotto in 461 mila tonnellate, il pomodoro con 4,9 milioni di tonnellate trasformate rappresenta il 55% della produzione europea e oltre il 12% di quella mondiale.

Infine la farina (Agugiaro e Figna): la produzione nazionale media di grano tenero è di 2.99.000 tonnellate e vale 550 milioni di euro. Per ottenere la farina operano nel nostro Paese 230 molini che hanno un fatturato di 2,5 miliardi di euro. 5 miliardi è invece quello delle 1200 aziende di prodotti da forno.

Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi
Il presidente di Confagricoltura Mario Guidi

In questo clima di “agroalimentare buono”, suggellata dalle parole del presidente di Confagricoltura a sottolineare “le eccellenze alimentari fatte anche da piccole realtà agricole”, sono rimasti in disparte gli altri temi, quelli che agitano chi fa agricoltura, trasforma i prodotti agricoli e li vende: un settore agricolo che sta, nonostante le eccellenze, soccombendo nel contesto globale, l’importazione di prodotti il tema della qualità e della remunerazione degli agricoltori e degli allevatori, la sostenibilità delle imprese, il caporalato e le truffe alimentari. Temi che pesano come macigni su tutta la filiera e che mettono di fronte ciascun operatore alle proprie responsabilità. Non sarà facile uscirne, ma forse proprio chi è impegnato in prima linea nel fare “agroalimentare buono” darà le risposte, unendo gli sforzi. Da soli e in ordine sparso non si arriva da nessuna parte.

Il fast shopping di PowaTag arriva anche nella valigeria di lusso di Orobianco

Anche Orobianco abbraccia l’instant shopping di PowaTag nel suo monomarca di Milano e lo declina nel lusso. PowaTag è infatti una soluzione pensata per la multicanalità (adottata da oltre 1200 che supera il divario tra esperienza online e offline, perchè trasforma ogni singolo materiale di comunicazione in un punto vendita virtuale, attraverso una serie di punti di ingaggio tra cui QR code, Audio Tag, beacon Bluetooth, NFC e social media. Grazie a questa tecnologia, i clienti di Orobianco possono sperimentare il primo viaggio multicanale nella valigeria d’alta gamma TecknoMonster, punta di diamante del nel punto vendita monomarca di Milano.

https://youtu.be/632KV1mSZq0

«Il concetto di fast shopping si sposa perfettamente con la filosofia del nostro brand. Siamo pertanto orgogliosi di essere la prima luxury boutique in Italia ad adottare PowaTag, grazie alla quale velocizzeremo e semplificheremo il processo di acquisto», ha dichiarato Giacomo Valentini presidente di Orobianco Group.

Dopo aver scaricato l’app dall’Apple Store o, dal Google Play ed effettuata la registrazione in appena un minuto, ai clienti basterà inquadrare con uno smartphone il QR code riportato sul cartellino, per acquistare in maniera instantanea, semplice e sicura i prodotti Orobianco direttamente con lo smarphone.

«Siamo entusiasti – afferma il General Manager Italia di Powa Technologies, Germano Marano – di aiutare Orobianco ad essere il primo marchio di lusso italiano ad abbracciare quest’unione senza precedenti tra commercio offline e online».

Anicav chiede una cabina di regia per la filiera del pomodoro. Impegno contro il caporalato

«È indispensabile istituire una cabina di regia che definisca le linee di politica nazionale per rendere più efficiente la filiera, com’è stato fatto per la pasta, visto il ruolo strategico che il comparto pomodoricolo riveste nel Sistema Italia»

Questa la richiesta espressa dal presidente di Anicav, Antonio Ferraioli, al ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Maurizio Martina, in una lettera che fa seguito all’incontro istituzionale dello scorso 17 marzo, in cui si era immaginato di istituire un tavolo tecnico specifico sul Pomodoro da Industria, sul modello della Cabina di Regia sulla Pasta promossa dallo stesso Ministero.

Secondo l’Anicav – Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, «c’è bisogno di interventi organici, per questo riteniamo necessario l’avvio di politiche industriali a sostegno della filiera, da troppo tempo assenti, per far fronte ai problemi strutturali del comparto».

«Accanto all’azione meritevole messa in atto dai due Distretti Produttivi (OI Pomodoro da Industria del Nord e Polo Distrettuale del Pomodoro da Industria del Centro Sud) è necessaria una regia nazionale che dia univocità all’azione programmatica –ha dichiarato Ferraioli – poiché i singoli soggetti della filiera non possono muoversi autonomamente, soprattutto in un momento in cui è forte il coinvolgimento del settore sul versante etico e di tutela dei lavoratori».

Antonio Ferraioli ha ribadito poi l’impegno di Anicav contro il lavoro irregolare e il caporalato. «Oltre alla sottoscrizione, insieme all’AIIPA e alle OOSS nazionali di categoria, del Protocollo per la promozione della responsabilità sociale e territoriale nella filiera del conserviero-pomodoro, abbiamo chiesto un concreto e fattivo impegno della Rete del lavoro agricolo di qualità ̶ operativa da oggi ̶ che potrebbe rappresentare un primo importante strumento per combattere il lavoro illegale».

Proprio ieri al termine del vertice sul caporalato tenuto al Mipaaf, Martina ha riferito che l’intenzione è di fornire anche assistenza legale ai braccianti che denunciano fenomeni di caporalato, trovando risorse dedicate. L’impegno assunto dal governo contro il caporalato è dunque di dare mandato alla Cabina di regia della Rete del lavoro agricolo  di qualità di redigere un piano di azione organico nel giro di due settimane. Martina ha messo in evidenza la novità del metodo: «Passare dall’individuazione di alcuni temi a una vera e propria strategia complessiva, adattando il metodo di controllo, passo dopo passo, agli effetti delle misure adottate». Il fenomeno del caporalato, ha fatto notare Martina, è molto «delicato e con radici antiche” e per questo serve un piano di azione ragionato, per “non fermarsi all’emergenza, ma rendere strutturale l’azione di contrasto: siamo impegnati a superare in modo definitivo situazioni di illegalità che arrivano da lontano».

L’Anicav ha inviato anche una lettera al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, con la quale ha chiesto alla Regione di voler assumere il ruolo di capofila delle Regioni del Distretto del pomodoro da industria del Centro Sud, nella promozione di politiche specifiche a sostegno del settore, che abbiano come obiettivo la difesa e il rilancio dell’intera filiera in termini di riqualificazione e modernizzazione, per incoraggiare una nuova e moderna cultura d’impresa.

«La Campania –ha ricordato il direttore di Anicav Giovanni De Angelis- costituisce il maggiore bacino di produzione di pomodoro trasformato, sia per numero di aziende di trasformazione che per fatturato – pari a circa 1,5 miliardi di euro, su un fatturato nazionale di 3 miliardi – ed è da sempre leader nei derivati del pomodoro destinati al retail, primo fra tutti il pomodoro pelato, che rappresenta una produzione di pregio delle nostre aziende».

Pomì (Consorzio Casalasco) incorpora Arp e nasce il colosso italiano del pomodoro

Con una produzione di 550 mila tonnellate di pomodori, 7 mila ettari coltivati, 370 aziende agricole associate, 1.300 dipendenti, 50 linee di produzione e un fatturato di 270 milioni di euro è la prima realtà italiana e la terza a livello europeo nel settore dell’oro rosso. Stiamo parlando della cooperativa nata dalla fusione del Consorzio Casalasco di Rivarolo del Re (Cr) conclusa per incorporazione di A.R.P. (Agricoltori Riuniti Piacentini). Le assemblee dei soci delle due cooperative hanno approvato all’unanimità l’operazione, che sarà formalizzata con l’espletamento delle procedure e nei tempi previsti dalla legge.
Il Consorzio Casalasco è una realtà presente in Germania, Emirati Arabi, Russia e Stati Uniti con i suoi prodotti (Pomi, Pomito, Gusto d’Oro, la Marca Preferita), ma lavora anche nel settore delle private label agroalimentari. “Da un punto di vista commerciale, l’ampliamento del portafoglio prodotti e la definizione di nuovi canali di vendita garantirà una presenza più forte sui mercati internazionali, potenziando la distribuzione di prodotti sia a proprio marchio che private label – si legge in una nota del Consorzio -. In termini di distribuzione l’obiettivo è infatti quello di abbinare alla gamma retail del Consorzio Casalasco anche la potenzialità dei formati food service di ARP con una linea completa di prodotti destinata alla ristorazione collettiva”.

“Questa operazione, che vede come protagonista la filiera agricola, – commenta Costantino Vaia, Direttore Generale del Consorzio Casalasco del Pomodoro – rientra in un progetto strategico di espansione e consolidamento sui mercati internazionali. Il completamento del portafoglio prodotti e l’opportunità di nuovi canali di vendita ci permetteranno una fase di ulteriore crescita e sviluppo soprattutto sulle produzioni a nostro marchio, rendendo in questo modo Pomì un brand ancora più forte. Inoltre le sinergie gestionali e l’ottimizzazione dei processi produttivi contribuiranno a migliorare i livelli di redditività.”

Stefano Spelta, Direttore Generale A.R.P, società cooperativa che opera da oltre mezzo secolo nella coltivazione, trasformazione e distribuzione dei derivati del pomodoro in provincia di Piacenza, commenta così l’operazione: “Si è finalmente concretizzato un processo di fusione impostato da oltre un anno. Da un punto di vista strategico, il mercato Europeo e Mondiale al quale ci riferiamo ogni giorno, chiede continue evoluzioni e sinergie tra interlocutori sempre più qualificati in grado di offrire un ampio numero di prodotti di qualità in una vasta gamma di imballaggi. Questa fusione segue proprio questa logica, preservando il know-how acquisito, sia dalle azienda agricole che nelle fasi di trasformazione in stabilimento, valorizzandone l’importanza in seno ad una grande organizzazione cooperativa tutta italiana”.

Il nuovo gruppo si porrà, per capacità produttiva, al quindicesimo posto a livello mondiale, appena dietro le principali realtà californiane, cinesi e spagnole (i principali concorrenti dell’Italia sul mercato della salsa).

Pedon e OrtoRomi insieme per una pausa pranzo all’insegna del benessere

La nuova referenza con Bulgur e Quinoa, tre tipi di insalata e olive Kalamata, proposta da Pedon e OrtoRomi nella linea Pausa Pranzo in Forma si inserisce nella tendenza che vede in crescita l’attenzione al benessere nel piatto e i consumi di piatti pronti e veloci e di cereali.

Secondo le più recenti analisi di Nielsen, infatti, si registra un nuovo approccio agli alimenti, caratterizzato da una sempre maggiore attenzione agli aspetti salutistici dei cibi, nella consapevolezza che una giusta alimentazione sia lo strumento più adeguato per prevenire e gestire disfunzioni fisiche come l’eccesso di colesterolo, l’ipertensione, il diabete e l’obesità.

Su versante dei numeri, invece, i cereali secchi stanno vivendo una stagione felice. Nei primi cinque mesi di quest’anno Nielsen registra una crescita del 23% a volume e del 34% a valore sullo stesso periodo del 2014. A parte il grano, sono tutti i cereali a beneficiare della crescita. In particolare la Quinoa, “un cereale altamente proteico e completamente privo di glutine, che quadruplica quasi le sue vendite, attestandosi su oltre 400 tonnellate e sviluppando 4,4 milioni di euro di giro d’affari, con un prezzo medio di 10,94€/Kg”, spiega Nielsen

Infine, la fase positiva che stanno attraversando i comparti dei prodotti pronti d mangiare e facili e veloci (secondo la classificazione data da Nielsen ai sei panieri del largo consumo) che nel primo semestre di quest’anno hanno segnato una crescita di poco più del 2% i primi e di più del 3% i secondi (a volume e a valore).

La nuova referenza è il primo episodio di co-branding tra Pedon, big player per la lavorazione, il confezionamento e la distribuzione di cereali, legumi e semi, e OrtoRomi, impresa con quasi vent’anni anni di storia nel settore ortofrutticolo della IV gamma

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