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La passione per il food in un’infografica, da una ricerca Gfk-Mastercard

 

Secondo una ricerca di Gfk Consumer Life condotta nell’ambito dl programma Mastercard Priceless Cities, il 59% dei cittadini europei si considera fortemente appassionato a cibo e cucina r tre quarti degli europei (73%) ritiene che sia importante rilassarsi e godersi il cibo. Non solo, i cittadini europei sono avventurosi, il 46% sostiene che la passione per il cibo è guidata dal desiderio di provare qualcosa di nuovo. In generale, gli abitanti delle città europee guidano le nuove tendenze e le esperienze legate a cibo e ai ristoranti.

Sebbene la ricerca abbia come focus le esperienze di consumo fuori casa, il dato che emerge con chiarezza è che la passione della persone per il cibo è legata ad un chiaro trend di massimizzazione delle esperienze e di risparmio del tempo libero. Un dato che può fornire utili indicazioni anche al retail alimentare in due direzioni: un’accelerazione dell’attività di selezione di prodotti gourmet e di specialità gastronomiche e,in seconda battuta, fare dei punti vendita dei luoghi di esperienza a 360 gradi sul cibo (Eataly, da questo punto di vista è un esempio illuminante).

La ricerca ha poi evidenziato che le food experiences sono classificate tra i primi cinque interessi dei cittadini europei in 8 paesi: Germania, Russia, Regno Unito, Italia, Spagna, Francia, Turchia e Svezia. L’interesse per il cibo è in aumento principalmente in Italia, Spagna e Turchia.

I cittadini europei poi, sono sempre più interessati a mangiare fuori, con l’Italia e la Spagna alla guida di questa tendenza: il 69% degli italiani consuma un pasto seduto al ristorante o in altri luoghi di ristorazione, almeno una volta alla settimana, seguono Spagna (62%) e Francia (55%).

Un nuovo trend nelle città europee è poi l’interesse per le esperienze gastronomiche innovative: il 47% dei cittadini europei ama provare nuove food experiences e nuovi metodi di cottura (superiore al totale in Europa, 38%). La crescente passione per cibo e novità è guidata da Turchia (61%), Italia (57%) e Spagna (36%).

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Dalle liberalizzazioni dei farmaci di fascia C 600 milioni per le famiglie

Durante il forum di Osserva Italia-la Repubblica, svoltosi ieri all’Università Cattolica a Piacenza, dal titolo esplicito, Libero consumo, Libero Paese, l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese ha spiegato le ragioni per le quali la liberalizzazione del mercato dei farmaci, per la quale Conad si è impegnato nella raccolta di firme (80mila in tre settimane) per una petizione popolare per convincere governo e politici a modificare il testo del ddl Liberalizzazioni, rappresenta un vantaggio concreto per le famiglie.

Nello stesso giorno anche Federfarma, l’associazione delle farmacie, nella persona del suo presidente Anna Rosa Racca, ha un po’ sprezzantemente ribattuto alle argomentazioni di Pugliese. Secondo quanto riportato da Farmacista 33 ha affermato che “È evidente che la Gdo sta investendo una notevole quantità di capitali per raggiungere l’obiettivo di portare la ricetta fuori dalla farmacia ma noi ci sentiamo forti della testimonianza politica che emerge dal testo del Ddl concorrenza uscito dalla Camera che riconosce alla farmacia il ruolo di primo presidio sanitario del territorio”.

«Figuriamoci se per Conad, che sviluppa oltre 11 miliardi di euro di fatturato, i 50 milioni che derivano dalle vendite nelle parafarmacie sono un elemento così vitale», risponde Pugliese. «La verità è che liberalizzare lavadita dei farmaci di fascia C è un concreto aiuto alle famiglie italiane».

Le reazioni di Federfarma, peraltro, si ripetono a ogni paventato attacco al monopolio dei farmaci e fanno ormai parte di un rituale già visto ai tempi delle lenzuolate di Bersani e alla timida liberalizzazione di Monti. Fascia C come linea Maginot dei farmacisti?

Tre domande ai farmacisti

La realtà è che sulla questione siamo di fronte a una asimmetria totale. Perché se l’associazione dei farmacisti accusa la gdo di fare promozione sui farmaci, non si capirebbe come mai nelle farmacie si vendono alimenti, calzature, abbigliamento per bambini, creme di bellezza, eccetera, con ricarichi spropositati. O per quale motivo i farmacisti non prendano posizioni chiare sul loro ruolo di dispensatori del farmaco e si facciano parte attiva perché vi sia congruenza tra cicli terapeutici e numero di medicinali nelle confezioni (negli Stati Uniti, come è noto, è il farmacista che prepara i medicinali per il ciclo di terapia stabilito dal medico). E infine, perché su questa questione l’Ordine dei farmacisti non riconosce ai farmacisti laureati che lavorano nelle parafarmacie lo stesso ruolo e la medesima liceità a dispensare famaci di fascia C che hanno i loro colleghi delle farmacie?

Per approfondire questo argomento Ancd-Conad organizza un incontro a Roma il 10 dicembre sul tema #ddlconcorrenza. Monopolio e diritti: il caso dei farmaci di fascia C, in collaborazione con la Federazione nazionale delle prafarmacie. Previsto l’intervento di Serena Sileoni vicepresidente dell’Istituto Bruno Leoni.

La liberalizzazione delle pompe di benzina

Ma le liberalizzazioni non riguardano solo i farmaci. L’altro capitolo importante è quello relativo alla distribuzione dei carburanti. Ecco ancora Pugliese.

Su questi temi l’Istituto Bruno Leoni ha da poco pubblicato l’Indice delle liberalizzazioni, un confronto con tutti i Paesi dell’Unione europea, che prende in esame il diverso grado di apertura in vari settori dell’economia. Il Regno Unito, che ottiene un punteggio del 95% (100 è il massimo punteggio), risulta l’economia più liberalizzata, seguita dai Paesi Bassi (79%) e da Spagna e Svezia, entrambe al 77%. I paesi meno aperti sono Cipro (49%), Lettonia e Croazia (entrambe al 56%) e Grecia (57%). L’Italia, col 67%, si colloca a metà classifica, a pari merito con Repubblica Ceca e Romania.

Proprio nella distribuzione in rete dei carburanti si riscontra un peggioramento, che però oltre agli aumenti delle accise nel 2014 sconta un adeguamento metodologico, che lo rende non confrontabile con gli anni precedenti.Schermata 2015-12-04 alle 12.42.47

«Per quanto riguarda l’Italia – commenta il vicedirettore generale dell’Istituto Bruno Leoni – sono positivi alcuni timidi miglioramenti, e anche i tentativi in corso col Ddl Concorrenza, ma per ora si tratta ancora di iniziative troppo poco sistematiche e non sempre abbastanza coraggiose. Le liberalizzazioni sono l’unico vero strumento di cui il Governo dispone per rilanciare l’economia e contemporaneamente alleviare le condizioni delle fasce sociali più basse: è incomprensibile che non siano in testa all’agenda dell’esecutivo e che, anzi, per ogni passo avanti se ne compiano due indietro su altri fronti».

Per Deloitte italiani questo Natale più fiduciosi ma anche più attenti ed esigenti

Un Natale più fiducioso verso il futuro, come non si vedeva da anni, ma anche caratterizzato da una crescente consapevolezza nel consumo, che si traduce in un’attenzione spasmodica verso sconti e promozioni anche con il filtro delle carte fedeltà, e in un’attenta pianificazione degli acquisti e del budget di spesa. Che non a caso in Italia scende (ma è così in quasi tutta Europa) rispetto all’anno scorso a 421 euro a famiglia (-3%). È quello che emerge dalla diciottesima edizione della Xmas Survey pubblicata da Deloitte, effettuata su 14.065 consumatori in 14 paesi.

Cresce la fiducia: si dimezza la percentuale di consumatori che ritiene il nostro Paese ancora in fase recessiva (il 43% contro l’82% nel 2014), mentre il 26% (rispetto all’8% dello scorso anno) si aspetta un decisivo miglioramento entro il prossimo anno, anche per quanto riguarda il potere di acquisto. «Per la prima volta dopo alcuni anni, i dati che emergono ci permettono di individuare una crescente fiducia nel consumatore Italiano. Tuttavia sembra che questi accenni di positività non siano ancora sufficienti per concretizzarsi in incrementi di spesa a breve termine” commenta Dario Righetti, Partner Deloitte e responsabile per il settore Consumer Business.

Cala il budget dunque in quasi tutti i Paesi ma restano stabili le voci di spesa: più della metà è destinato ai regali, per il cibo si spende circa un terzo, mentre il rimanente budget è speso per le attività ludiche. Il budget riservato ai doni natalizi è infine equamente suddiviso tra regali per bambini, adulti e regali per sé o per il proprio partner.

Ma qual è il “borsino” natalizio, ovvero cosa si acquisterà e a cosa si rinuncerà? L’86% degli italiani si dichiara, se necessario, disposto a ridurre gli acquisti non ripetuti, come l’arredamento, il fai-da-te e le decorazioni, l’83% le spese per i prodotti di abbigliamento e accessori e l’82% per le attività di divertimento. Nessuna riduzione invece per le spese per la salute, i beni primari e l’educazione. Nel 2015 i regali più desiderati in Italia sono i libri (43%), i viaggi (43%) e il denaro (41%). Gli uomini guardano anche all’high-tech, soprattutto smartphone e tablet, mentre le donne vorrebbero ricevere abbigliamento e accessori, trattamenti di bellezza, massaggi. I giovani, soprattutto nella fascia 25-34, più concretamente vorrebbero trovare sotto l’albero soprattutto denaro. Le intenzioni di spesa dei consumatori italiani confermano, come lo scorso anno, i libri al primo posto nella classifica dei regali che faranno (42%), anche se in molti opteranno per dolci (25%) e prodotti di cosmetica (22%).

Sostenibilità e innovazione influenzano la scelta: Nella scelta del regalo per i figli quasi la metà degli intervistati (48%) darà importanza agli aspetti educativi, formativi e all’innovatività del regalo, ma anche l’utilità pratica: i bambini infatti riceveranno articoli per l’infanzia (30%), libri (18%) e abbigliamento (17%), mentre i teenager riceveranno libri (24%), videogame (15%) e abbigliamento (11%). La sostenibilità ambientale e l’etica sociale entrano nella scelta dei regali: il 77% dei consumatori afferma di non acquistare prodotti che coinvolgono bambini nella produzione, ma “contano” anche le informazioni sul prodotto (il 75% si dichiara attento alle indicazioni presenti sul packaging) e il suo impatto ambientale (il 71% afferma di non acquistare prodotti a causa delle loro emissioni di carbonio).

Il consumatore è sempre più attento ed esigente, con una crescente consapevolezza nel consumo. Il 96% delle spese degli italiani è in qualche modo influenzato dalle promozioni e dagli sconti, mentre i programmi fedeltà condizionano l’88% delle spese dei consumatori. Il 48% dei consumatori ridurrà gli acquisti di impulso e l’82% di loro pianificherà gli acquisti in anticipo preponendosi un budget. Sempre più persone attuano strategie di confronto prezzi sui diversi canali. Il prezzo insomma rimane il fattore discriminante nella scelta del regalo, ma senza tralasciare la qualità e l’utilità del bene acquistato. «Gli italiani non rinunceranno agli acquisti. È cambiato tuttavia il comportamento del consumatore. Il consumismo sfrenato che ha caratterizzato anni di ricchezza economica è ormai superato e pensare di fare paragoni con il passato non è corretto – afferma Dario Righetti -. Bisogna considerare il consumatore di oggi come una nuova figura, evoluta e più selettiva che vede nel prezzo di un bene un reale sinonimo di valore, sintesi di aspetti come la qualità del prodotto, l’utilità e il rispetto di regole etiche e sociali. Questo comportamento verrà enfatizzato per gli imminenti acquisti e consumi natalizi. Le imprese devono prendere atto di questo nuovo scenario e non sottovalutare la nuova forza di un consumatore che è oggi in grado di informarsi, confrontare e recensire i prodotti che vuole acquistare grazie ai nuovi mezzi a sua disposizione: chi supera la crisi supera se stesso senza essere “superato”».

Xmas Survey comportamenti

 

Omnicanalità ormai un dato di fatto, italiani campioni nel mobile commerce. Cresce il canale online, sia per quanto riguarda la ricerca di prodotti che per il confronto tra possibili scelte. Il budget medio stimato per gli acquisti dei regali online è del 27% sul totale. Nel web si ricercano prodotti high-tech e green-tech, videogiochi e film, e si comparano i prezzi di abbigliamento, prodotti sportivi, accessori per la casa, cura della persona. Il consumatore però predilige ancora il canale tradizionale per l’acquisto di cibo e bevande. Il ruolo dei social network nel processo di acquisto non è da trascurare, soprattutto nella ricerca di informazioni e consigli. Il 76% dei consumatori ricerca informazioni su sconti e promozioni, il 73% richiede raccomandazioni e commenti di altri consumatori e il 71% tenta di trovare ispirazione. Il 65% si rivolge alle pagine delle aziende. Anche quello del Mobile-commerce è un trend ormai consolidato. Il 47% dei consumatori (vs il 43% nel 2014) dichiara di aver già effettuato acquisti tramite il proprio smartphone. Un, in continua crescita negli ultimi anni, addirittura sopra alla media europea (41%).

Nel canale tradizionale i consumatori acquisteranno principalmente negli ipermercati/supermercati (30%), soprattutto cibo e bevande, ma anche cofanetti regalo e accessori per la casa, nelle catene specializzate (23%), soprattutto quando acquistano regali per i quali richiedono supporto professionale, e nei grandi magazzini (23%) per abbigliamento, accessori e prodotti per la cura della persona. Le principali motivazioni per cui i consumatori scelgono i punti di vendita tradizionali sono i servizi post-vendita, il supporto professionale degli addetti e l’esperienza di acquisto in generale. I principali punti di forza per i canali online sono invece la possibilità di conoscere le opinioni degli altri consumatori sui prodotti, la facilità di comparazione dei prezzi e la consegna a domicilio. Per quanto riguarda il mobile commerce, ai consumatori piace l’idea di acquistare dovunque e in qualsiasi momento e pensano che sia comunque semplice trovare quello che desiderano.

Infine, quando inizierà tutto ciò? Per la maggior parte i primi di dicembre, giorni spesso caratterizzati da offerte promozionali, continuando fino alla Vigilia di Natale.

Sano e pronto da mangiare, ecco lo snack che piace alle donne (infografica)

Sano sì ma anche veloce e pronto da mangiare, perché ormai non si ha più tempo di fare le torte e i biscotti della nonna (che peraltro sono ipocaloriche). È questo lo snack ideale per la maggioranza delle donne e sarebbe il caso di tenere conto, visto che sono loro a decidere la spesa famigliare, nel 75% dei casi.

I nuovi trend del pasto veloce e le necessità e i desiderata alimentari delle donne sono evidenziati in questa infografica di Arla Food Ingredients e, assicurano dall’azienda danese, “resteranno a lungo”.

HealthToGo

La Barbie in crisi sonda nuovi target e mette un bambino nello spot

Il debutto è avvenuto con lo spot della Barbie limited edition “griffata” Moschino: tra le tradizionali bimbe che giocano con vestiti e accessori (l’immancabile smartphone) c’è anche un maschietto. La mossa, che farà cadere dalla sedia i comitati anti-gender di casa nostra (la pubblicità comunque è andata in onda solo negli USA) sembra in realtà dettata dalla volontà di Mattel di attirare nuovi clienti. Ormai da qualche anno infatti la bambola più griffata del mondo registra paurosi cali di vendite, -16% solo nel 2014. Il target “storico”, le ragazzine preadolescenti, oggi snobba la Barbie che ha recentemente raggiunto la ragguardevole età di 56 anni, preferendole giochi elettronici e App per smartphone. Quindi la comunicazione si rivolge a bambine più giovani, a un pubblico multietnico e, ora, anche ai maschi.

È un piccolo passo verso il superamento dell’eccessiva genderizzazione dei giocattoli per bambini, bambole sullo scaffale rosa e armi e costruzioni sullo scaffale azzurro? Vedremo se altre grandi aziende decideranno di allineare la loro comunicazione ai cambiamenti della società.

Giornata contro l’illegalità: contraffazione in crescita nell’abbigliamento, in calo nell’alimentare

In occasione della Giornata di mobilitazione nazionale “Legalità, mi piace”, in programma il 25 novembre, Confcommercio ha difuso i dati di una ricerca condotta da Format, secondo cui sono in aumento gli acquisti illegali di abbigliamento, calzature e pelletteria, mentre diminuiscono quelli di prodotti ritenuti più a rischio per la salute, come alimentari, cosmetici e profumi.

L’acquisto di prodotti o servizi illegali è sostanzialmente legato a motivi di natura economica: per il 72,1% dei consumatori “non si hanno i soldi per comprare i prodotti legali” e per il 70% dei consumatori “si pensa di fare in questo modo un buon affare, risparmiando”.

Il 72,4% dei consumatori è d’accordo con l’affermazione secondo la quale l’acquisto dei prodotti illegali o l’utilizzo di servizi irregolari è piuttosto normale e per di più si rivela utile per chi è in difficoltà economica.

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Un consumatore su tre afferma che l’acquisto illegale è effettuato in modo consapevole. Cresce la consapevolezza dei consumatori sui rischi per la salute (l’80% contro il 71% del 2014) e per la sicurezza (il 66,2% rispetto al 63,3% dell’anno scorso) derivante dall’acquisto di prodotti/servizi illegali.

Sette consumatori su dieci inoltre sono informati sul rischio di incorrere in sanzioni amministrative per l’acquisto di prodotti o servizi illegali e un consumatore su due ha letto, visto o ascoltato campagne di sensibilizzazione contro la contraffazione.

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Sul lato delle imprese, la ricerca evidenzia che il 62,1% di quelle del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti si ritiene danneggiato dall’illegalità (+1% rispetto allo scorso anno). A sostenerlo sono in prevalenza imprese del Nord Ovest (67%) e del Sud (64,6%), ma questo sentiment è in crescita tra le imprese del Nord Est (+10,4%) e del Centro (+3,1%).

Tra gli effetti più dannosi prodotti dalle diverse forme di illegalità (contraffazione dei prodotti, acquisizione illegale di prodotti via internet, musica e videogiochi, abusivismo commerciale e/o esercizio illegale di una professione), le imprese indicano principalmente la concorrenza sleale (62,5%), la riduzione dei ricavi e del fatturato a causa delle mancate vendite (34,8%), la spesa per i servizi di videosorveglianza (17,7%), il dover rinunciare ad assumere nuovi addetti o, in qualche caso, a mantenere i livelli occupazionali attuali (16,2%).

Schermata 2015-11-23 alle 11.01.52E per oltre l’80% delle imprese del terziario il mercato dei prodotti illegali e dell’esercizio abusivo delle professioni è in continua crescita.

Omnicanalità e customer experience guideranno la trasformazione digitale nel retail

«Nella trasformazione digitale il retail investe ancora poco e occorrerebbero investienti più consistenti. La buona notizia è che si sta diffondendo una coscienza molto più forte sull fatto che investire in trasformazione digitale è una stretta necessità. Ma i retailer stanno ancora prendendo le misure. La digital transformation è un ripensamento integrale del business model, di che cosa vuol dire vendere e fare retail in un mondo completamente cambiato». Così Umberto Bertelé ha introdotto la presentazione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

Dopo sei anni di congiuntura economica negativa, i consumi degli italiani, seppur timidamente, sono tornati a crescere nel 2014. La spesa mensile per le famiglie è aumentata dello 0,7% rispetto al 2013 e il trend positivo dei consumi è confermato anche per il 2015 (+0,8% rispetto al 2014). In termini monetari, però, gli italiani sono tornati al livello di spesa corrente di 11 anni fa. Allo stesso tempo i consumatori italiani sono sempre più connessi e digitali: nel 2015, gli internet user italiani sfiorano quota 38 milioni, in crescita del 3% rispetto al 2014, e i web shopper arrivano a 17,7 milioni, in crescita dell’11% rispetto al 2014.

«Le imprese –  afferma Alessandro Perego, Direttore Scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano – devono guardare ai profondi cambiamenti avvenuti nei comportamenti degli acquirenti. Investire nella digital transformation è ormai un obbligo per il Retail tradizionale, come per la quasi totalità dei settori dell’economia. Anche se l’interesse nei confronti dell’innovazione non si è ancora tradotto in investimenti adeguati, non mancano interessanti sperimentazioni: un top retailer su due punta all’omnicanalità e uno su tre all’innovazione del punto vendita».

L’Osservatorio ha condotto una survey sui top retailer italiani (primi 300 retailer per fatturato, presenti in Italia con negozi fisici) in cui sono stati indagati sia il livello di adozione di 30 innovazioni digitali nel 2015 (e negli anni precedenti) sia le intenzioni di adozione per il 2016. Le innovazioni digitali sono state classificate in tre categorie: innovazioni nel back-end (processi di interazione retailer-fornitori o processi interni del retailer), innovazioni nella customer experience in punto vendita e innovazioni a supporto dell’omnicanalità.

innovzione digitaleLe innovazioni digitali nel back-end sono quelle su cui si è investito di più e di conseguenza oggi risultano le più consolidate. L’86% del campione ha già digitalizzato almeno una parte dei processi di back-end e completerà il percorso nei prossimi anni. Se concentriamo l’attenzione sul 2015, il 40% dei retailer rispondenti alla survey ha sviluppato un progetto nel back-end. Le innovazioni che hanno catalizzato i maggiori investimenti sono le soluzioni di CRM (18% del campione), i sistemi di business intelligence analytics (21%) per mappare il comportamento dei propri clienti e le soluzioni a supporto della fatturazione elettronica e dematerializzazione (18%).

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L’area che più di tutte ha attirato l’attenzione dei retailer è stata quest’anno l’omnicanalità: nel 2015 il 50% dei rispondenti ha investito in innovazioni per interagire con i propri clienti a distanza, e, più nel dettaglio, il 21% ha sviluppato o potenziato il sito informativo, il 22% ha sviluppato o potenziato il sito eCommerce, il 29% ha sviluppato l’App o Mobile site e il 18% ha implementato programmi Social.

Le innovazioni nella customer experience in punto vendita sono state introdotte dal 33% dei rispondenti. Tra quelle più adottate troviamo lo sviluppo o il potenziamento di App o Mobile site con funzionalità in negozio (27%), sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi (18%) e sistemi di sales force automation o di online selling in punto vendita (17%).

«I progetti per il futuro cambiano – afferma Valentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano – in funzione del comparto merceologico. L’abbigliamento punta soprattutto su soluzioni ‘esperienziali’ all’interno del punto vendita per catturare l’attenzione dei potenziali clienti e fidelizzarli. Oltre il 40% del campione ha dichiarato di voler investire in almeno una delle seguenti innovazioni: digital signage e vetrine intelligenti e interattive, chioschi, totem o touch point, sistemi per l’accettazione di couponing e di loyalty (digitali o Mobile). L’alimentare nel 2015 ha puntato su App o Mobile site informativi da usare a distanza o in negozio e siti eCommerce, mentre nei prossimi anni investirà su sistemi che velocizzeranno il pagamento, come sistemi di cassa evoluti e Mobile POS».

e-Commerce e risposte del retail fisico

L’eCommerce, inteso come la vendita da siti italiani a consumatori italiani e stranieri, nella sola componente di prodotto, ha superato nel 2015 i 7,2 miliardi di euro (in crescita del 28% rispetto al 2014). Tra i comparti di prodotto emergono Abbigliamento (con un peso del 32% sul totale eCommerce) e Informatica ed elettronica di consumo (con il 27%). Nelle vendite eCommerce di prodotto, il peso delle Dot Com è superiore al 70%. I retailer tradizionali, nonostante abbiano nel 61% dei casi sviluppato una propria iniziativa di eCommerce, pesano ancora poco sul valore delle vendite. La convivenza con il canale tradizionale e una scarsa propensione all’innovazione hanno, in passato, rallentato diverse imprese nello sviluppo del canale online. Tuttavia sono diversi i retailer che, in questi ultimi anni, stanno approcciando l’eCommerce in modo più convinto promuovendo non solo un cambiamento tecnologico, ma anche organizzativo e culturale con l’intento di sviluppare una strategia realmente omnicanale.

«Tra i modelli omnicanale più interessanti per i retailer tradizionali – sottolinea Valentina Pontiggia – troviamo il Click&collect. La possibilità di ordinare online un prodotto e di ritirarlo in negozio piace non solo ai retailer, ma anche ai consumatori. Per i clienti finali il Click&collect coniuga, infatti, i principali punti di forza dei canali fisico e online: è possibile, da un lato, accedere ai prezzi e alla gamma dell’online e acquistare in qualsiasi momento (7 giorni su 7, 24 ore al giorno) e, dall’altro, vedere e provare la merce prima di finalizzare l’acquisto. Mentre nell’Abbigliamento e nelle Profumerie il Click&collect è tuttora offerto da una minoranza di retailer (circa il 20% dei siti eCommerce), nell’Alimentare e nell’Informatica ed elettronica di consumo è una pratica molto più diffusa (oltre il 70% delle inziative). Chi ha implementato in maniera convinta il Click&collect, registra oltre il 30% del totale ordini eCommerce attraverso questa modalità».

I retailer medio-piccoli

I retailer medio-piccoli utilizzano l’innovazione digitale per migliorare l’esperienza dei propri consumatori in negozio e per rendere più efficienti i processi di back-end, mentre l’omnicanalità non è ancora una priorità. L’88% dei rispondenti dichiara, infatti, di aver investito in almeno un’innovazione digitale per migliorare la customer experience. 8 rispondenti su 10 pubblicizzano la propria attività commerciale tramite almeno un canale innovativo (sistemi di pubblicità via web, email, Sms o Social Network), 6 su 10 hanno attivato sistemi promozionali (via Sms o con coupon digitali), 3 su 10 hanno adottato sistemi di sales force automation o installato sistemi di cassa evoluti e Mobile POS, 2 su 10 hanno attivato sistemi di loyalty (tramite carta dotata di banda magnetica o codice a barre) e meno di 1 su 10 ha installato chioschi, totem o touch point all’interno del negozio per fornire informazioni aggiuntive ai propri consumatori.

Il 60% dei rispondenti ha abilitato innovazioni a supporto dell’omnicanalità, anche se con un approccio molto timido. 6 rispondenti su 10 sono presenti online con un sito informativo, ma solo 2 su 10 permettono di acquistare online (sito eCommerce) o hanno attivato una presenza sul Mobile (con App o Mobile site).

Le dieci cose che non devono mancare in un supermercato secondo Unione nazionale consumatori

«I consumatori vorrebbero maggiori informazioni sull’origine dei prodotti che acquistano, sulla sostenibilità, ma anche sui diritti di garanzia post-vendita, oltre alla possibilità di interagire efficacemente con chi vende, non solo con il classico punto di ascolto presso il supermercato (o il call center), ma anche con app e altri canali digitali come i social network». È quanto dichiara Massimiliano Dona, Segretario generale dell’Unione Nazionale Consumatori(http://www.consumatori.it), lanciando uno dei temi della nona edizione del “Premio Vincenzo Dona- voce dei consumatori” (Roma, 27 Novembre- Teatro Argentina).

«Da quanto emerge dalle segnalazioni che arrivano ai nostri sportelli – prosegue Dona – una delle cose che fa più arrabbiare i consumatori sono i cambiamenti della disposizione dei prodotti che disorientano il cliente abituale di un supermercato e lo costringono a peregrinare per le corsie».

Secondo un decalogo stilato dall’Unione Consumatori, ecco le dieci cose che non dovrebbero mancare in un supermercato ideale.

1) Più efficaci strumenti di interazione con la clientela: non solo con il classico punto di ascolto presso il supermercato (o il call center), ma anche App e altri canali digitali come i social network;

2) Maggiori informazioni sulla provenienza dei prodotti, anche oltre le previsioni normative, a cominciare dall’introduzione in etichetta dell’informazione sullo stabilimento di produzione;

3) Non collocare i prodotti per bambini alle casse, così da non sollecitare gli acquisti di impulso dei più piccoli;

4) Ridisegno del layout secondo le esigenze consumatore: quindi prima l’acqua minerale, per evitare che schiacci altri prodotti, poi prodotti in scatola, quindi i freschi come formaggi, frutta e verdura e per ultimo i surgelati vicini alla casse, per non interrompere la catena del freddo;

5) Non cambiare la disposizione dei prodotti per non disorientare il consumatore e costringerlo a peregrinare per le corsie;

6) Indicazione del prodotto più conveniente per facilitare gli acquisti di chi si indirizza ai prezzi più vantaggiosi;

7) Impegno per la sostenibilità ambientale: dall’uso di materiali riciclabili ai contenitori per la raccolta delle batterie esaurite, dal divieto di uso della pellicola pvc per salumi e formaggi alla istallazione di termometri visibili al pubblico nei congelatori, fino alla corretta raccolta del RAEE;

8) Investire sulla formazione degli addetti ai punti vendita anche per introdurre nuove figure di assistenti alla clientela che possano indirizzare il consumatore per trovare i prodotti tra gli scaffali e le notizie necessarie per acquisti con buon rapporto qualità prezzo;

9) Migliorare l’accoglienza per la clientela: dalla disponibilità di cartellonistica sui diritti di garanzia e post-vendita alla presenza di etichette “green” e di prodotti per particolari esigenze dei consumatori, dal contenimento delle file alle casse (offrendo percorsi privilegiati o automatizzati), alla disponibilità di aree wifi o per la ricarica di smartphone o tablet, fino a luoghi attrezzati per i minori o gli anziani;

10) Sistemi di certificazione da parte delle Associazioni dei consumatori sulla qualità dell’informazione, i servizi di ascolto, la sicurezza prodotti (ad esempio tramite ispezioni o attività di mistery shopping che consentano di pervenire al rilascio di un trustmark di fiducia).

Non c’è promo (natalizia) che tenga: nel web chi sbaglia una volta paga per sempre

Una cattiva customer experience online può causare la perdita permanente di un cliente: è quel che emerge dalla Consumer Survey 2015 di JDA, che rivela come il 50% dei consumatori che in passato ha avuto problemi con un retailer non intende tornare, e non c’è fantasmagorica offerta del Black Friday o del Cyber Monday (il periodo che segue il Giorno del Ringraziamento dove tradizionalmente si scatena la “guerra delle promozioni natalizie” negli USA) che tenga.
Un fatto da tenere in mente anche da noi in periodo di sconti prenatalizi, specie nel web.
Una questione che coinvolge anche i retailer che hanno adattato una strategia multicanale, e che rischiano anche di danneggiare la buona reputazione del punto vendita. I maggiori motivi di insoddisfazione riguardano la consegna, che può essere mancata, in ritardo, con beni danneggiati o sbagliati. E per non rischiare problemi con i regali per i propri cari in questo periodo si eviteranno accuratamente i retailer che in passate occasioni non si sono comportati in modo soddisfacente.

Secondo la Consumer Survey, condotta tra oltre 1.000 consumatori degli Stati Uniti, i retailer che non sono in grado di soddisfare le aspettative rischiano di perdere il 33% dei clienti a favore di un concorrente che offre un’esperienza di acquisto più pratica o semplificata.

Lo studio evidenzia anche come, nonostante quasi un acquirente su 4 abbia scelto l’opzione Click and Collect per la maggiore comodità rispetto alla consegna a domicilio, quasi il 40% degli intervistati ha riscontrato problemi associati al personale dedicato a questo servizio, quali il lungo tempo impiegato per individuare gli ordini dei clienti in negozio e nel sistema del punto vendita, o addirittura l’impossibilità di trovarli.

Gli acquirenti vogliono ricevere i propri acquisti quando e dove preferiscono e non sono disposti a pagare un costo aggiuntivo, lasciando i retailer alla ricerca di metodi per soddisfare la domande dei consumatori senza rinunciare alla profittabilità. Per il 62% dei consumatori online, la frustrazione principale consiste nel dover pagare le spese di spedizione e imballaggio per i resi. Infatti, oltre il 50% di tutti gli acquirenti considera la facilità di restituzione degli articoli ai retailer come “molto importante” ai fini della scelta su dove effettuare acquisti online, e solo il 10% la considera “non importante”.

I consumatori hanno scarsa tolleranza nei confronti degli ostacoli che impediscono loro di ottenere un articolo: sia che si tratti di un articolo esaurito, di una consegna a domicilio in ritardo o della difficoltà di ritirare un prodotto. I retailer devono creare e offrire un’esperienza omnicanale eccellente per evitare qualsiasi frustrazione ai clienti, o potrebbero trovarsi a pagarne le conseguenze durante il periodo di picco dello shopping.

«In un mercato altamente competitivo, è fondamentale per i retailer ottimizzare le proprie supply chain, l’impiego del personale, l’utilizzo dei punti vendita e delle scorte per soddisfare rapidamente gli ordini dei clienti, mantenendo allo stesso tempo la profittabilità» ha detto Wayne Usie, Senior Vice President of Retail di JDA.

Natale online, per eBay spesa da 195 euro; le regole per l’e-commerce natalizio di Akamai

Un’indagine di TNS International per eBay sulle prossime feste prevede un Natale 2015 sui livelli di spesa dell’anno scorso, ma con alcune differenze: pochi regali più “importanti”, destinati ai famigliari stretti (figli in primis) e la volontà di acquistare il più possibile in un luogo solo, online ma anche nei negozi reali (finalmente una buona notizia per i centri commerciali). Il totale di spesa mediamente dovrebbe dunque aggirarsi sui 195 Euro, per una media di 9 regali acquistati.
nataleebay«Come sempre i figli sono al primo posto. Anche quest’anno è a loro che si riservano le attenzioni maggiori con una spesa media di 133 Euro. Interessante è soffermarsi sul rilevante incremento che è stato registrato da un anno all’altro non solo per i bambini, ma anche per i partner – commenta Iryna Pavlova, responsabile comunicazione di eBay in Italia – Per i figli, gli Italiani hanno in programma di spendere il 21% in più rispetto al 2014; ai partner, invece, saranno destinati mediamente 110 Euro, ben il 26% in più rispetto all’anno scorso».
Ancora una volta saranno le donne in maggioranza ad effettuare gli acquisti con una media di 10 doni contro i 7 degli uomini e che dichiarano di occuparsi in prima persona della maggior parte dello shopping dei regali (ben il 70% contro solo il 35% degli uomini).
In quanto ad area regionale, i liguri sono i più generosi e si dichiarano disposti a spendere il 20% in più rispetto alla media nazionale, i più morigerati sono i siciliani che investiranno nello shopping natalizio il 28% in meno. In Campania invece i genitori pensano di spendere il doppio per i regali ai figli rispetto alla media nazionale.
Nonostante in cima ai regali più desiderati ci siano, come nel 2014, i viaggi (25%), piacciono anche i regali nella categoria Abbigliamento, Scarpe & Accessori e Gadget tecnologici.

Customer experience determinante per l’e-commerce natalizio
I dati dell’Osservatorio eCommerce B2C parlano chiaro sul successo ottenuto dall’e-commerce in Italia, ormai in quasi tutti i settori. È quindi ragionevole pensare che quest’anno una buona fetta di acquisti natalizi sarà fatta online. E molti retailer hanno pensato all’e-commerce come leva per incrementare le vendite nella stagione tradizionalmente più redditizia.
Un’esperienza utente di alto livello su tutti i canali è fondamentale, ricordando che il motivo per cui molti consumatori decidono di cercare i prodotti e acquistarli online anziché in un punto vendita sono essenzialmente la comodità e la semplicità. Se un sito viene giudicato non semplice, basta un click per andarsene da un’altra parte.
Ma quali sono gli aspetti da tenere in considerazione per assicurare un’esperienza online soddisfacente? Ce li elenca Jason Miller, Chief Strategist, e-Commerce di Akamai, società che offre servizi di Content Delivery Network e provider di servizi cloud.

Prestazioni al top: Secondo un’indagine Akamai oltre il 50% dei consumatori si aspetta che una pagina venga caricata in meno di tre secondi. Portare contenuti più vicini all’utente e caricare questi nella cache per evitare lunghi percorsi di andata e ritorno verso i server di origine contribuirà a migliorare le performance.
Focus sulla sicurezza: Akamai ha rilevato che gli attacchi DDoS (negazione del servizio che rende inaccessibile un sito) sono aumentati nel 2015 del 132%. Devono essere presenti procedure che aiutino a creare un senso di sicurezza nell’utente e a proteggere i retailer dai cyber attacchi.
Dispositivi multipli, esperienza unica: I consumatori ormai si aspettano di vivere un’esperienza uguale su tutte le piattaforme e con tutti i dispositivi.
Mobile sopra tutti: Ormai per i consumatori il dispositivo d’elezione per cercare prodotti e servizi è diventato il mobile. I retailer che più di tutti si focalizzeranno sulle piattaforme mobili sono quelli che ricaveranno i maggiori benefici.
Interazione con il punto vendita: Le performance del sito sono determinanti per generare vendite nei negozi fisici. Secondo una ricerca Deloitte, nel 2015 il canale digitale influenzerà il 64% delle vendite in negozio. Si possono creare nuove modalità di interazione tra retailer e consumatore, migliorando la customer experience prima e durante la visita al punto vendita.
Personalizzazione, un must: In un recente studio di My Buys, il 39% dei consumatori dichiara insoddisfazione nei confronti dei retailer che non personalizzano la loro esperienza. Quando il cliente entra in un sito progettato in modo specifico per le sue esigenze, l’esperienza è molto più gradevole e aumentano le probabilità che la visita si concluda con un acquisto.
Checkout semplificato: dopo avere navigato tra i prodotti e scelto cosa acquistare, i consumatori vorrebbero poter cliccare su “acquista” e passare oltre. I retailer devono perciò creare un sistema che renda più semplice per l’utente l’inserimento della forma di pagamento preferita e il checkout, anziché dover passare attraverso una lunga serie di domande, cliccare per aprire nuove pagine, approdare su una pagina di conferma, ecc. La semplificazione va a tutto vantaggio del venditore.
Scalabilità ovvero gestire i flussi aumentati: Con l’aumento di traffico del periodo prenatalizio, i retailer devono essere in grado di gestire la maggiore mole di lavoro. Se il sito non è attrezzato va in crash e si rischia di perdere clienti e denaro. È possibile effettuare dei test di carico per accertare come il sito risponde ai picchi di traffico con diversi tipi di dispositivi e in diverse condizioni di rete. È anche opportuno verificare che i fornitori terzi siano in grado di gestire il carico di lavoro aggiuntivo e che abbiano sistemi dotati della scalabilità necessaria per affrontare la domanda e trattenere sul sito il maggior numero possibile di visitatori.

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