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Tecnologia e retail: a che punto è la Gdo?

L’innovazione tecnologica nel punto vendita è un tema cruciale perché in grado di (ri)portare clienti nel negozio fisico dialogando con i canali online. Ma la Gdo a che punto è in Italia? Dal confronto con gli altri canali emerge una fotografia tra luci e ombre: molto avanzata in certi casi e su certi tipi di innovazione (self-scanning e self-check out, coupon digitali, in parte App), ma decisamente indietro su altri (vendite online e mobile in primis).

Nell’alimentare, settore caratterizzato da marginalità più ridotte, alta competizione, acquisti ricorsivi a basso valore unitario e filiera lunga, la gran parte dei retailer è ancora concentrata sugli investimenti in back-end, finalizzati soprattutto all’integrazione con i fornitori, alla creazione di operazioni più efficienti e alla gestione efficace delle scorte. Ora però si sta passando al punto di vendita, mentre è ancora molto poco preso in considerazione l’approccio multicanale.

Un confronto con gli altri settori

innovazione nel pdvSe il camerino intelligente è una tecnologia evidentemente tarata sull’abbigliamento, sono anche altre le innovazioni che hanno senso solo in certe situazioni. I tag RFid ad esempio sono scarsamente utilizzati nella Gdo sull’unità di  vendita per il costo troppo alto rispetto al tipo di prodotto trattato.

La velocizzazione del processo di acquisto invece è, secondo l’analisi dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano, uno dei fattori chiave che influenzano l’adozione di tecnologie innovative (insieme a marginalità, internazionalizzazione, competizione con le Dot Com e struttura di filiera). Nell’alimentare il 53% del campione ha già investito in sistemi di self scanning e carrelli intelligenti, che affiancano il cliente nel processo di acquisto, e il 26% ha intenzione di farlo nel 2015. Sviluppate dal 50% dei retailer italiani del mondo alimentare del campione sono i sistemi di self check-out, ossia casse non presidiate capaci di velocizzare il processo di uscita del cliente. Auchan e Coop Estense stanno sperimentando soluzioni di Mobile self scanning in cui l’utente utilizza il proprio telefono cellulare per scannerizzare i prodotti da acquistare.

Scansioni veloci (cruciale nei pdv dove si acquista un numero elevato di pezzi) ma anche pagamenti veloci (che piacciono ovunque): Esselunga ha già abilitato tutte le casse per il pagamento contactless tramite NFC e smartphone, registrando una diffusione lenta ma costante in questa prima fase. Non avrebbe senso nella Gdo invece un altro sistema in ascesa e gradito in grandi magazzini con interazione con il personale di vendita ovvero il Mobile POS, tablet o smartphone trasformati in sistemi di cassa che consentono di modificare significativamente il layout del punto vendita avvicinando la cassa al consumatore.

È forte l’interesse verso i sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty (digitali o Mobile) che consentono l’invio di promozioni in prossimità e la redenzione del coupon digitale direttamente alla cassa del punto vendita. Con un duplice obiettivo: aumentare le occasioni di acquisto dei clienti e spingere l’utilizzo delle carte fedeltà (il 23% del campione ha già investito e il 43% ha intenzione di farlo nel 2015). Bennet e gruppo PaM stanno sperimentando un sistema di Mobile couponing promosso dagli operatori telefonici in modalità interoperabile.

 

Fanalini di coda nell’e-commerce

siti-e-commerceDue o tre lo fanno e solo uno capillarmente: stiamo parlando dell’e-commerce nella Gdo. L’alimentare è il settore che meno lo utilizza (13%) e la quota di mercato resta ancora sotto l’1%, mentre i comparti più evoluti sono informatica ed elettronica di consumo, in cui l’88% del campione vende online, editoria con l’83%, e abbigliamento con il 72%. Evidente in questi casi la concorrenza spietata con le Dot Com più aggressive. Seguono le Profumerie con il 60%, l’arredamento con il 57%, il Fai da te con il 43% e i grandi magazzini con il 20%.

Esselunga, early adopter, dichiara incrementi a due cifre: “L’e-commerce aiuta a portare il cliente in negozio ed è diventato ormai il primo negozio di Esselunga – ha detto Luca Sorichetti, direttore Information Tecnhology – mentre l’App, nata quasi per gioco da alcuni studenti nel 2011, è oggi in pieno lancio e dà la possibilità di personalizzare le offerte sui prodotti da acquistare in negozio, dove sono molto utilizzati i chioschi da chi è ancora legato al pdv fisico”.

Il sistema del click and collect che incomincia ad essere inserito in certe situazioni (Tigros, Auchan, Coop e Carrefour per certi pdv) potrebbe cambiare le carte in tavola, come è avvenuto in Francia (+75% e 4 miliardi di euro di fatturato per il 5% del totale ricavi Gdo).

mobileAnche la presenza nel mobile, sempre più utilizzato dentro e fuori dal pdv, è tra le più scarse: addirittura il 44% non ha alcuna presenza. Va detto che tra le App dei retailer italiani, poche hanno sviluppato funzionalità ad hoc da utilizzare in punto vendita.

I social poi sono nel limbo un po’ per tutti, non sono ampiamente implementati e non sembra esserci nemmeno l’interesse per farlo.

Sguardi sul futuro

Certo, i servizi che possono essere erogati attraverso dispositivi sono molteplici. I famosi chioschi ad esempio sono utilizzati da Tesco per consentire il confronto dei modelli di smartphone presenti in pdv (caratteristiche tecniche e prezzi) mentre Thomas Pink, sempre in UK, usa tavoli digitali per consentire di personalizzare le camicie e svolgere attività ludico-interattive per occupare i tempi di attesa. La catena americana StopandShop con i carrelli intelligenti e un sistema di self scanning e coupon personalizzati propone prodotti correlati a quelli scansiti dal cliente per l’acquisto, e ha in questo modo aumentato del 10% lo scontrino medio.

Il futuro di casa nostra? Secondo Luca Sorichetti sarà nell’adozione dei social “sulla quale non ci siamo ancora mossi”, nel maggiore coinvolgimento del cliente tramite il racconto multimediale delle qualità di un prodotto, nella co-creazione di iniziative con i clienti e nel coinvolgimento della prossima generazione dei “nativi digitali”.

Anna Muzio

A Mondello il Centro Olimpo riapre grazie ai dipendenti

Era stato chiuso più di un anno fa per mafia, ha riaperto venerdì grazie al workers buyout di 34 suoi ex dipendenti sostenuti da Legacoop e in Coopfond il Centro Olimpo di Partanna Mondello.

Il progetto ha avuto un costo di oltre un milione di euro di cui oltre 500mila euro investiti dai lavoratori che hanno utilizzato le indennità della loro mobilità, il resto da Coopfond e CFI (società finanziaria partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico che sostiene la nascita di cooperative di lavoratori che rilevano aziende in crisi), mentre Ircac, Unipol Banca e Banca Etica hanno offerto il credito bancario per assicurare liquidità all’impresa. Nel Centro, che ha una superficie complessiva di 6000 metri quadri, hanno aperto una media struttura di vendita alimentare affiliata al gruppo Ergon sotto l’insegna Eurospar e una galleria di negozi, tra cui una boutique. In programma anche l’apertura, nei prossimi mesi, di una media superficie non food, di un bar e di una tabaccheria.

Centrale per la riuscita dell’operazione il protocollo d’intesa firmato a dicembre 2013 tra Comune di Palermo e Tribunale di Palermo sezione Misure di Prevenzione e Procura della Repubblica. “Un protocollo unico – ha aggiunto il sindaco Leoluca Orlando presenta all’inaugurazione – che sta consentendo di salvare centinaia di posti di lavoro e che ho inviato come presidente dell’Anci a tutti i sindaci perché venga applicato anche nelle altre città”.

E così uno dei primi superstore nati a Palermo diventa un esempio virtuoso di come una difficoltà è stata tramutata in opportunità, tanto più in un settore esposto al rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata come la grande distribuzione.

“È stato un percorso lungo e faticoso ma ce l’abbiamo fatta – ha spiegato il presidente della cooperativa Gaetano Salpietro – Invece di restare ad aspettare risposte da qualcuno abbiamo deciso di darci da fare e diventare imprenditori di noi stessi. Prima eravamo in cinque, poi in sei, alla fine nella cooperativa ci siamo ritrovati in 34 su 47. Al nostro fianco abbiamo avuto Legacoop e i suoi strumenti finanziari che ci hanno offerto consulenza e supporto tecnico. E ancora, CFI e le istituzioni: il Comune di Palermo, la Procura e la Sezione Misure di Prevenzione che hanno siglato un protocollo d’intesa per facilitare il riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati”.

La private label non è più “povera” (tranne a Est)

Secondo l'indagine Nielsen un consumatore su due ha "sdoganato" anche il packaging delle private label considerandolo pari a quello delle grandi marche.

“Un punto di non ritorno nella GDO e un allineamento dell’Italia agli altri Paesi europei”: così ha commentato Giovanni Fantasia, AD di Nielsen Italia i dati della Nielsen Global Survey on Private Label and Premiumization Trends condotta su un campione di 30 mila persone in 60 Paesi, tra i quali l’Italia, tra il 17 febbraio e il 7 marzo 2014.

L’Italia, per anni fanalino di coda in Europa, sta guadagnando fiducia nella marca commerciali e lo confermano le statistiche. Nei supermercati italiani è ormai un testa a testa con le grandi marche, il 47% degli italiani ritiene che alcune di queste siano superiori ai marchi più famosi e il 64% dichiara che le marche private possano essere una buona alternativa a quelle tradizionali (nel 2010 era solo il 37%). Il 42% degli italiani è disposto a pagare di più per una marca privata di qualità. Sono un ricordo del passato anche le sdrucite confezioni no logo di un tempo: solo il 25% dei consumatori ritiene che la confezione sia inadeguata, mentre il 50% pensa che abbia raggiunto gli standard di packaging delle grandi marche. Infine, e per tagliare la testa al toro, il 56% della popolazione italiana (rispetto al 23% del 2010) considera le marche private di qualità assimilabili ai prodotti di marca. Una percezione che non necessariamente si traduce nelle vendite, anche se pure queste sono in aumento: le marche private rappresentano il 18% del giro d’affari del largo consumo (vs. 13% nel 2007).

 

Asia e Americhe anche sotto il 5%

La percezione delle private label nel mondo, Nielsen.
La percezione delle private label nel mondo, Nielsen.

Nell’indagine Nielsen i tre quarti degli intervistati (71%) pensa che la private label sia migliorata nel tempo. Alcune percezioni restano invariate indipendentemente dal Paese di residenza. Ad esempio se il prezzo resta comunque un aspetto fondamentale nella scelta della marca commerciale (7 intervistati su 10 la sceglie proprio perché costa meno), ormai contano anche qualità e convenienza. Il 70% pensa che la marca commerciale offra un buon rapporto prezzo-qualità e il 62% nell’acquistarla si sente un consumatore “smart”.

Per quanto riguarda le vendite invece il mondo si divide i due, tra Paesi sviluppati (Europa, Nord America e Oceania) con quote di mercato dal 15 al 45% (in Europa), e quelli in via di sviluppo (America Latina, Asia, Africa e Medio Oriente) con quote di mercato sotto il 10% che scendono sotto il 5% in mercati chiave quali Cina, India e Brasile.

L’Europa è pero ancora divisa tra Est e Ovest nella percezione delle private label come prodotti “per poveri”: in Italia solo il 36% degli intervistati considera i prodotti a marchio privato rivolti a chi ha un budget ridotto (percentuale comparabile a Germania ,39%, e Gran Bretagna, 37%), mentre nei paesi dell’est, quali Bulgaria e Romania, le PL sono considerate prodotti rivolti a chi si trova in ristrettezze economiche dal 60% dei consumatori.

 

Quattro caratteristiche delle private label secondo Nielsen

  • Il successo delle private label è maggiore nei beni di consumo che si acquistano frequentemente o tra quelli per i quali i consumatori percepiscono poche differenze
  • Le private label crescono a spese dei marchi piccoli e medi mentre i leader della categoria sono relativamente al sicuro
  • Il consolidamento dei retailer e del format discount sono le chiavi principali per la diffusione delle private label nei mercati sviluppati/maturi
  • Le private label fanno fatica a guadagnarsi la fiducia dei consumatori in Asia e Medio Oriente dove i consumatori sono ancora devoti sostenitori della marca

 

Anna Muzio

Sainsbury’s: lo spot di Natale che rievoca la Grande Guerra

Sainsbury’s sceglie la rievocazione storica. E nel suo nuovo spot di Natale mette in scena, rivisitandolo un po’, un episodio realmente accaduto durante la prima guerra mondiale e già narrato dal film del 2005 “Joyeux Noel. Una verità dimenticata dalla storia”.

Il video racconta di quella tregua che, la notte del 24 dicembre del 1914, sospese gli scontri tra l’esercito inglese e quello tedesco, affraternando per una volta i soldati di entrambi gli schieramenti. Che deposero le armi per affrontarsi in una partita di calcio (conclusasi 3 a 2 per i soldati di Sua Maestà). Un episodio di fratellanza e comunione che ai tempi ebbe uno strenuo oppositore tra le fila tedesche: un certo Adolf Hitler (e la storia successiva, piegherà bene il perché).

L’epilogo dello spot di Sainbury’s narra di come, tornato nella sua trincea, un soldato tedesco si accorge che un suo omologo inglese gli ha fatto dono di una tavoletta di cioccolato. Bene: la tavoletta è la stessa che oggi vende Sainsbury’s per devolvere gli incassi alla Royal British Legion.

Forse può lasciare  un po’ perplessi la speculazione commerciale di un evento di questo genere. Una cosa però è certa: ad oggi lo spot, della durata di 4 minuti, ha avuto più di 9 milioni e mezzo di visualizzazioni.

E i numeri nell’advertising contano. E anche tanto.

 

I consumatori vogliono più informazione. L’etichetta la nega. Firma la petizione

Quando il consumo si fa stretto… è il tema scelto per il Forum di Osserva Italia, l’osservatorio quotidiano di repubblica.it in collaborazone con Conad e Nielsen.

Nell’analisi dell’amministratore delegato di Nielsen Giovanni Fantasia emerge quello che molti ormai considerano come dato consolidato. Gli italiani non torneranno a spendere come prima nel largo consumo. Non lo faranno perché hanno introiettato i cambiamenti culturale di comportamento imposti dalla crisi: ricerca di convenienza, riduzione degli psrechi, diffusione della sarin economy (il 56% degl italiani è disposto a condividere benoi e servizi, contro il 46% dei tedeschi e il 29% di francesi e inglesi). Hanno imnparato a razionalizzare le spese: nel 2014 il risparmi incrementale sui consumi è stato di 900 milioni di euro.

Ma il più consistente fenomeno di cambiamento è il fatto che i consumatori sono diventati avidi di informazioni prima di acquistare. Soprattutto quel 30% di italiani che contribuiscono al 40% delle vendite nel largo consumo, che Nielsen divide in 8,4 milioni di consumatori esigenti (quelli che ricercano il prodotto con il prezzo più vantaggioso, di cui il 70% sono over 45enni) e nei 9,7 milioni di esigenti che sono affezionati a una marca da acquistare al miglior prezzo (dopo attente ricerche sulla rete).

Gli italiani, poi, quano acquistano richiedono qualità: l’82% è interessato all’origine del prodotto, il 70% legge gli ingredienti, il 65% acquista prodotti a denominazione.

A questo riguardo l’amministratore delegato di Generale Conserve Vito Gulli (nella foto in alto durante il Forum Osservaitalia) ha evidenziato come, di fronte a un consumatore che vuole sempre più informazioni, il nuovo regolamento europeo 1169 sull’etichettatura alimentare, che entrerà in vigore tra meno di un mese, non prevede l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione, creando non solo confusione e poca chiarezza nei consumatori, ma venendo meno alla salvaguardia del Made in Italy con danno evidente per quelle imprese, come Generale Conserve e molte altre, che si ostinano a produrre in Italia.

Così se fino ad oggi in Italia grazie al D.lgs.109/1992 l’indicazione sull’etichetta dell’indirizzo della sede dello stabilimento di produzione è stata obbligatoria, dal prossimo dicembre a causa del regolamento europeo 1169/2011 l’indicazione rischia di scomparire non essendo considerata più obbligatoria.

Per questo, inStoremag. It appoggia e infita a sottoscrivere la campagna in corso lanciata da ioleggoletichetta per firmare una petizione al Governo Italiano e al Parlamento europeo per mantenere in Italia ed estendere agli altri paesi Ue l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione in etichetta.

C’è poco tempo. Il 24 novembre verrà spedita la petizione che finora ha raccolto 15.000 firme.

di Fabrizio Gomarasca

Commissioni sulle carte, EuroCommerce chiede regole condivise

Il Consorzio Bancomat si è accordato con l'Antitrust per applicare una commissione fissa di 7 centesimi sui pagamenti.

Quanto costano i pagamenti con carta, e quanto dovrebbero incidere le commissioni su commercianti e consumatori? La commissione europea questa settimana sta cercando di definire delle regole condivise con lo scopo di garantire una maggiore competizione e innovazione nel mercato dei pagamenti, che sta come sappiamo per subire grandi sconvolgimenti con l’ingresso del contactless, ad esempio. I rappresentanti del commercio riuniti in EuroCommerce, spesso critici verso condizioni che incidono pesantemente sui costi annui (vedi il “caso” Walmart vs Apple Pay), hanno chiesto alla politica di intervenire per creare “regole comuni per un mercato comune”.

Il testo al momento in discussione presenterebbe alcuni problemi: prima di tutto esclude alcune carte di credito non europee come Amex per quote di mercato sotto il 5%: ciò penalizzerebbe settori come alberghi e compagnie aeree che dovrebbero fare i conti con carte molto più care del resto del mercato. Inoltre non ci sarebbero “certezze legali”: la proposta di una “media pesata” consente ai Paesi Ue di avere un sistema con alcune carte che hanno commissioni che superano il tetto dello 0,2% e altre che sono sotto. La media sarebbe calcolata su base annua con un meccanismo complesso, che renderebbe difficile controllare il rispetto delle regole da parte di retailer e consumatori. Infine sarebbero troppe le eccezioni per i vari stati membri, uno dei quali ha già richiesto una proroga di due anni nell’applicazione della legge.

EuroCommerce, l’organismo che riunisce i retailer e le associazioni di commercianti di 31 Paesi europei, chiede che sia rimossa dal testo di legge la media pesata per ritornare a un tetto fisso dello 0,2% o di 7 centesimi, di far partire le nuove regole in tutti gli Stati entro sei mesi dall’approvazione, e di includere le carte commerciali e di terze parti, senza eccezioni.

Secondo il direttore di EuroCommerce Christian Verschueren “questa è una delle leggi più importanti che influenzerà i commercianti e i consumatori per gli anni a venire: dobbiamo pensarla bene. Alcuni compromessi sono necessari, ma non a spese dei principi di base del mercato unico”.

Intanto il Consorzio Bancomat, il circuito più diffuso in Italia con 30 milioni di carte di debito in circolazione (80% del totale nel 2012) e 1,3 milioni di Pos attivi (85%) ha deciso di far passare le commissioni interbancarie da 10 a 7 centesimi per ogni operazione. In futuro questo valore sarà ancorato a un’analisi dei costi sostenuti dagli operatori, e si ridurrà per effetto delle eventuali efficienze riscontrate a livello di sistema. L’impegno è stato preso con l’Antitrust al termine di un’istruttoria avviata il 19 febbraio scorso per accertare l’eventuale sussistenza di profili anticoncorrenziali, in violazione dell’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. La commissione interbancaria multilaterale (MIF) di 10 centesimi era stata applicata a partire dal gennaio 2014, senza prevedere un termine ultimo di applicazione.

CRAI Sardegna adotta la piattaforma di Crm VteCrm

Il nuovo CRM gestisce le richieste di intervento dei 120 pdv CRAI sardi. Nella foto il CRAI F.lli Ibba di Oristano.

Per gestire le richieste di assistenza da parte dei 120 pdv della catena CRAI Sardegna (con i marchi CRAI, Simply e Centro Cash) ha scelto la piattaforma di CRM open source VTECRM.

Il sistema di CRM open source, avviato dalla software house ITTWeb partner di VTECRM Ltd, è utilizzato anche per tenere traccia di tutti i terminali che vengono forniti in dotazione ai punti vendita che li utilizzano per effettuare gli ordini ai Centri di distribuzione.

Il CRM utilizza i moduli Assistenza Clienti, Prodotti, Aziende e Contatti oltre a Report e Grafici e viene utilizzato anche per gestire i terminali utilizzati nei centri di preparazione e distribuzione. Viene quindi gestita tutta la vita dei terminali: dall’acquisto alla gestione delle assistenze tecniche fino alla dismissione dei dispositivi. “Il miglioramento principale lo abbiamo avuto nell’assistenza al cliente che ora è più precisa e più rapida – spiega Roberto Deligios di CRAI Sardegna Sistemi Informativi – e ci permette di tenere uno storico di tutte le casistiche di assistenza. Molto importante anche la gestione dei terminali del centro di distribuzione e preparazione, in quanto ci permette di sapere in tempo reale dove si trova un terminale e quale è la sua storia”. In una seconda fase di sviluppo l’utilizzo del CRM sarà esteso al marketing e ad altri settori aziendali.

L’insegna ha annunciato che a breve il CRM verrà utilizzato dal gruppo informatico di Roma, per la gestione dell’assistenza tecnica ai pdv del Lazio.

Waitrose trasforma i pdv in chiave multicanale

Waitrose, catena di supermercati chic britannica, ha deciso il restyling di 48 punti vendita in tutto il Paese con un investimento di 3 milioni di sterline. Settimana scorsa ha riaperto il punto vendita di Salisbury, pettinata località del Sud dell’Inghilterra, che la dice lunga sul cammino intrapreso. Il focus è ancora una volta sulla multicanalità, con punti di ritiro degli acquisti online dotati di iPad, servizio con bar ed enoteca, casse a lettura veloce. Il nuovo layout punta poi sul servizio e sull’emozionalità della shopping experience, con l’area della frutta e verdura fresca che utilizza il legno per richiamare un mercato di campagna e schermi che cambiano in continuazione per “ispirare il cliente”.

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“La distribuzione alimentare sta vivendo grandi cambiamenti strutturali, guidati dai mutamenti negli stili di vita e dal sempre più diffuso uso della tecnologia. È fondamentale che i nostri punti vendita siano in prima linea nella nostra strategia di risposta a questi cambiamenti, che ci preparino al futuro del retail e ci consentano di mantenere la nostra posizione di supermercati leader nell’innovazione e nella customer experience” ha commentato l’Ad Waitrose Mark Price.

Questo autunno Waitrose sta testando i primi armadietti refrigerati per il ritiro della spesa 24 h su 24 e ha costruito un edificio apposito per le consegne con una flotta di 20 furgoni.

Anna Muzio

Con Ecor e Natura Sì si adotta un terreno biologico

La fattoria di Vaira è una delle aziende agricole che partecipano all'iniziativa di Natura Sì-Ecor "Adotta una zolla".

Dal seme alla tavola, dal produttore al consumatore passando per il punto vendita (convenzionato): è il percorso proposto da Ecor Natura Sì, gruppo italiano che distribuisce e commercializza prodotti biologici e biodinamici.

Fino al 12 gennaio 2015 è possibile “adottare una zolla”: anticipando 50 euro si ottengono 5 buoni acquisto del valore di 10 euro ciascuno da spendere nei negozi Naturasì e Cuorebio aderenti. I buoni potranno essere usati dopo tre mesi e per una durata di altri tre mesi per fare una spesa nei pdv del gruppo. Un’operazione di marketing insomma che ha lo scopo di sostenere gli agricoltori biologici (appartenenti a quattro aziende partner) e convogliare poi il consumatore nei punti vendita associati.

ecorL’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è coordinata tramite il sito adottaunazolla.bio dove è anche possibile seguire il progresso dei lavori nei campi attraverso il “Diario dal campo”, stilato dalle aziende agricole interessate.

Nel progetto di Ecor la “zolla” è un’unità di misura simbolica: rappresenta la porzione di terreno su cui vengono prodotti circa 150/200 kg di grano, sufficienti a produrre la quantità di pane necessaria al nutrimento di una persona nell’arco di un anno.

Ecor NaturaSì Spa è la società che si è costituita nel gennaio 2009 dalla fusione di Ecor, il maggior distributore all’ingrosso nel settore biologico e biodinamico, e NaturaSì, la principale catena italiana di supermercati specializzata in prodotti bio. NaturaSì raggruppa oltre 100 supermercati in Italia e 2 in Spagna, parte in franchising e parte a gestione diretta. Cuorebio è il brand del gruppo che conta circa 300 negozi associati, dislocati soprattutto in centri di medie e piccole dimensioni.

Con le nuove etichette NFC il pdv diventa multimediale

Una volta era una scocciatura, un costo e un’incombenza notevoli per il personale, oggetto di errori e discrepanze tra il prezzo esposto e quello in cassa. Oggi l’etichettatura, grazie all’introduzione di innovazioni tecnologiche come l’NFC (Near Field Communication), il PPS (Product Positioning System) e il collegamento con i sistemi di display all’interno del punto vendita, è diventata un’opportunità per migliorare la shopping experience offrendo un’esperienza multicanale ma anche personalizzabile nel punto vendita.

Ecco alcune soluzioni recenti che SES, primaria azienda francese che opera nel settore dell’Electronic Shelf Labeling (ESL), e che vanta tra i suoi clienti Auchan, Carrefour, E. Leclerc e Monoprix, presenterà al Forum Retail a Milano il 25 e 26 novembre presso l’Atahotel Expo Fiera.

 

Le etichette elettroniche sono collegate alle casse e gestire anche tramite mobile o tablet dall'ufficio centrale. Fonte SES.
Le etichette elettroniche sono collegate alle casse e gestire anche tramite mobile o tablet dall’ufficio centrale. Fonte SES.

Info e promozioni via etichetta grazie all’NFC
La tecnologia NFC, ormai diffusa nella maggior parte degli smartphone – iPhone 6 compreso – integrata nelle etichette elettroniche viene utilizzata dai retailer per creare un ambiente di vendita connesso ed interattivo. Grazie a questo strumento, il consumatore può fruire di informazioni sui prodotti esposti (oltre al prezzo ingredienti, ricette, avvisi nutrizionali e allergie), gestire l’elenco della spesa e ottenere promozioni personalizzate, il tutto semplicemente avvicinando il proprio smartphone all’etichetta.

Etichette geolocalizzate
Utilizza NFC anche il servizio di geolocalizzazione Product Positioning System (PPS) per individuare con precisione la posizione degli oggetti nel negozio. Una informazione in più che non richiede modifiche operative importanti poiché l’indirizzo e la posizione delle etichette sono in relazione tra loro. L’intero planogramma è così aggiornato continuamente, permettendo applicazioni multiple per i rivenditori, il punto vendita, i consumatori e i marchi. Ad esempio, i consumatori possono localizzare facilmente e con grande precisione i prodotti grazie alle nuove funzioni di geolocalizzazione nelle App mobili del rivenditore.

Prezzi sullo schermo
Media+ è una soluzione plug and play che consente di visualizzazione prezzi e informazioni sulle promozioni direttamente su uno schermo TV. Il sistema è sincronizzato con il back office del negozio e con le casse, e può anche essere gestito attraverso un’applicazione mobile.

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