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Gruppo Masserdotti presenta soluzioni green su tessuto stampato con inchiostri ecologici

Si lavora sempre di più e con crescente impegno per una shopping experience dall’anima green. Una delle nuove leve è l’utilizzo del tessuto per la comunicazione in-store che permette la totale riciclabilità del prodotto, fornendo così ai brand una soluzione che si adatta perfettamente alle loro necessità di sostenibilità, senza impattare sui costi. Il tessuto presenta infatti numerosi vantaggi rispetto ai classici PVC, tra cui la possibilità di essere trasformato in filato e re-immesso nel mercato come nuovo prodotto.

E’ in questo contesto che si inserisce la proposta del Gruppo Masserdotti, pensata per rispondere alle emergenti esigenze di sostenibilità ambientale, puntando sul tessuto stampato con inchiostri ecologici base acqua. Questa lavorazione, totalmente inodore e realizzata con tecnologie di ultima generazione, è ideale per allestimenti soft signage anche all’interno dei pdv, presentando vantaggi anche in termini di sostenibilità finanziaria. Immagini di qualità eccelsa possono essere riprodotte in elevati volumi per grandi commesse su varie tipologie di tessuto garantendo costanza cromatica, particolarmente richiesta da insegne e catene con store dislocati non solo in Italia ma anche in tutta Europa. Per queste realtà il TCO (Total Cost of Ownership) relativo all’utilizzo del tessuto vede un significativo risparmio derivante dall’ottimizzazione degli imballaggi e di tutta la logistica, grazie alla possibilità di piegare facilmente il materiale riducendone l’ingombro. “La stampa sublimatica su tessuto permette di gestire l’imballaggio con scatole di cartone che, a differenza delle soluzioni tubolari usate per supporti come i classici banner o i pannelli in forex, occupano meno spazio, sono più leggere e non prevedono l’impiego di plastica, enfatizzando l’anima green del tessuto”, spiega spiega Alberto Masserdotti, CEO dell’omonimo Gruppo. “La sostenibilità di queste applicazioni deriva anche dal fatto che il risparmio per pack, trasporto e stoccaggio può essere reinvestito per sostenere i costi di riciclo e re-immissione del materiale sul mercato a impatto zero”.

In linea con il nuovo payoff, ‘Image evolution’, Gruppo Masserdotti – pioniere della stampa digitale e precursore del digital signage in Italia – persegue dunque un costante sviluppo delle aree di intervento puntando sull’offerta di prodotti soft signage e digital textile. Lavorazioni che faranno presto capo a una divisione aziendale dedicata atta a rispondere con la massima efficienza alle nuove tendenze della comunicazione visiva, con una particolare attenzione alle esigenze planet-friendly. Dopo un’attenta analisi delle soluzioni disponibili sul mercato, Masserdotti ha implementato il sistema a sublimazione Durst Rhotex 325 con esacromia estesa, capace di garantire produttività, qualità, affidabilità e automatizzazione di processo in chiave Industry 4.0. Questa tecnologia consente al Gruppo bresciano di offrire versatilità grazie alla possibilità di alternare in pochi minuti la stampa diretta su tessuti in poliestere e misto poliestere e quella su carta transfer. Una caratteristica che assicura non solo una migliore resa cromatica su qualsiasi tipologia di filato, ma anche un’estrema libertà nella scelta dei supporti tessili che possono essere impiegati per vestire e rivestire i punti vendita rendendoli spazi confortevoli e flessibili con un occhio di riguardo anche all’ambiente.

Bofrost, prima nel settore della filiera del freddo, adotta la blockchain

Bofrost, in nome del profondo rapporto di fiducia con i propri clienti, renderà possibile tracciare i prodotti in ogni fase della filiera grazie alla Blockchain.

Per il settore frozen food si tratta di una novità assoluta, spiega l’amministratore delegato di Bofrost Italia Gianluca Tesolin: «L’innovazione digitale sta rivoluzionando la filiera agroalimentare e, in questo caso, la parola chiave è Blockchain, la tecnologia che funziona come un “notaio virtuale” per registrare ogni passo della catena produttiva, in maniera inalterabile. Tutti dati che Bofrost rende accessibili, in totale trasparenza: infatti, scansionando il QR code sulla confezione, si potrà vedere la storia del prodotto direttamente sullo smartphone. Così i consumatori potranno fare scelte d’acquisto consapevoli, basate su informazioni verificabili riguardo l’origine, la qualità e la sicurezza dei prodotti».

Per implementare la blockchain sul sistema di tracciatura dei prodotti Bofrost si è affidata a EY, con la sua soluzione OpsChain Traceability.

Commenta Giuseppe Perrone, EY Blockchain Hub Mediterranean Leader: «La soluzione Bofrost, prima nel settore della filiera del freddo, testimonia come la tecnologia EY OpsChain Traceability con token ERC 721 su Blockchain di Ethereum consenta di fornire all’azienda un modo completamente digitale di verificare l’operato dei propri fornitori, valorizzare i controlli di filiera e monitorare l’intero processo dalla materia prima alla consegna del prodotto al cliente finale, assicurandone il più alto rispetto degli standard di trasparenza e garanzia di qualità».

I clienti Bofrost riceveranno le prime confezioni tracciabili con la Blockchain a partire dall’inizio di luglio. Due i prodotti scelti per dare il via al progetto: Filetti di Merluzzo Nordico e Spicchi di Cuore di Carciofo.

«Pesce e verdure perché rappresentano due categorie fondamentali per Bofrost – spiega Tesolin –. In particolare, le due referenze scelte sono anche due dei nostri prodotti più apprezzati fra quelli proposti “al naturale”: in un anno vendiamo circa 170mila confezioni di merluzzo da 800 grammi e oltre 250mila confezioni di cuori di carciofo, tra formato standard e mini».

Come funziona – Bofrost Italia ha applicato la soluzione EY OpsChain Traceability, per la tracciatura delle proprie filiere produttive, sfruttando la Blockchain pubblica di Ethereum. Questa permette a ognuno degli attori della filiera di registrare le proprie informazioni, senza alcuna possibilità di alterare i dati dall’esterno. Il tutto poi viene mostrato ai consumatori in modo semplice e immediato: inquadrando con lo smartphone il QR code sulle confezioni, o inserendo il codice sul sito, si arriva sulla pagina web che racconta tutta la storia del prodotto, dalla sua origine ai vari passaggi della catena produttiva, fino al suo arrivo nel piatto.

 

Coca-Cola HBC Italia ribadisce gli impegni ambientali nel suo 15° Rapporto di Sostenibilità

Coca-Cola HBC Italia certifica nel suo 15° Rapporto di Sostenibilità, intitolato il “Il nostro viaggio insieme”, i risultati raggiunti nelle aree ambiente, luogo di lavoro e comunità. Particolare attenzione al tema dell’ambiente e ai risultati ottenuti nel corso degli anni: i 4 stabilimenti utilizzano infatti solo energia prodotta da fonti rinnovabili e imballaggi già oggi 100% riciclabili. Ribaditi anche gli impegni assunti dall’azienda per il futuro, in linea con gli impegni 2025 del Gruppo Coca-Cola Hellenic Bottling Company.

I risultati ottenuti sono frutto di progetti pluriennali che hanno coinvolto l’intera catena del valore: dall’approvvigionamento energetico nella produzione delle bevande – con l’adozione di impianti di cogenerazione installati nei siti produttivi di Nogara (VR), Oricola (AQ) e Marcianise (CE) che permettono di produrre energia, calore e acqua refrigerata – all’attenzione alla vita dei prodotti dopo il consumo, in attuazione dei principi europei dell’economia circolare.    
Siamo orgogliosi dei risultati raggiunti, soprattutto in ambito ambientale, perché fanno seguito a precise scelte aziendali e realizzate attraverso l’impegno quotidiano dei 2.000 colleghi in Italia.” commenta Vitaliy Novikov, Amministratore Delegato di Coca-Cola HBC Italia.

In particolare, sul tema degli imballaggi, sono quattro le aree strategiche su cui l’azienda è impegnata: 

  1. ridurre ed ottimizzare il peso e il volume degli imballaggi, con interventi come la sgrammatura delle bottiglie in plastica (PET) oggi più leggere del 14% con una conseguente riduzione sia della CO2 immessa sul mercato sia con un maggior utilizzo di plastica riciclata;
  2. ottimizzare gli imballaggi secondari, quelli non visti dal consumatore, riducendone ad oggi il peso di oltre il 50%.
  3. utilizzare materiali riciclati per le nostre confezioni, con l’obiettivo di raggiungere il 10% di plastica riciclata entro dicembre di quest’anno e il 50% entro il 2030, superando gli obiettivi dell’Unione Europea;
  4. incoraggiare i consumatori a smaltire correttamente gli imballaggi, in collaborazione con i Consorzi del Sistema CONAI.

 

 

CIRFOOD chiude il 2018 con 664 milioni di ricavi e 165 di patrimonio netto

CIRFOOD ha chiuso positivamente il 2018 con 664 milioni di euro di ricavi consolidati (in crescita del 3% rispetto al 2017), un utile di 11,7 milioni, un EBIDTA pari a 34 milioni, e un patrimonio netto di 165 milioni. Il risultato rappresenta un significativo passo avanti nello sviluppo del Piano Strategico 2016-2020, che ha tra i principali obiettivi la realizzazione di proposte innovative per i servizi di ristorazione collettiva e la crescita nella ristorazione commerciale.

Vediamo nel dettaglio: il gruppo cresce del 2% nell’ambito della ristorazione collettiva, che rappresenta il 72,5% del fatturato e in cui è leader. Inoltre CIRFOOD nel 2018 ha visto aumentare del 3% la quota della commerciale, area di business che rappresenta il 14% del fatturato. Positiva anche BlueBe, divisione buoni pasto e welfare, che cresce del 15%, costituendo il 13% dei ricavi.

I numeri della rete

Nel 2018 CIRFOOD vanta al suo attivo una rete di 140 locali, che generano 103 milioni di euro di ricavi. L’impresa inoltre, grazie a CIRFOOD RETAIL, società interamente dedicata allo sviluppo di nuovi format nel mercato della ristorazione commerciale,  ha aperto 9 i ristoranti nel 2018, incluso il primo locale all’estero, la moderna bakery Viavai ad Amsterdam, e il primo Aromatica Cafè, che declina il format easy gourmet Aromatica come caffetteria.

Complessivamente CIRFOOD nel 2018 ha servito oltre 100 milioni di pasti nelle scuole, nelle strutture sociosanitarie, nei ristoranti aziendali e nei locali della ristorazione commerciale.

Il Piano Strategico

Il 2018 sancisce per l’impresa un altro anno importante per l’attuazione del Piano Strategico 2016-2020 che ha come obiettivo raggiungere 780 milioni di ricavi consolidati nel 2020. CIRFOOD a questo proposito ha dedicato risorse significative pari a 44 milioni di euro di investimenti, in particolare per lo sviluppo di proposte innovative per la ristorazione in Italia e all’estero.

Nell’ultimo anno, il numero dei dipendenti in Italia ha raggiunto quota 11.682 persone, di cui oltre 6.900 soci con una prevalenza di contratti a tempo indeterminato pari al 92% e un’occupazione femminile dell’89%, a conferma della capacità di CIRFOOD di creare opportunità e posti di lavoro.

Nel corso del 2018, CIRFOOD ha infine definito il piano di investimenti per la realizzazione entro il 2020 del CIRFOOD DISTRICT, il centro dedicato alla ricerca e alla sperimentazione per l’innovazione in ambito nutrizionale e food service. Questa iniziativa, su cui l’impresa investirà 5 milioni di euro fino al 2020, consentirà una migliore focalizzazione delle proprie attività di ricerca e sviluppo nei diversi settori di business, favorendo la collaborazione tra gli stakeholder della filiera agroalimentare, promuovendo il valore del cibo e le eccellenze dei territori.

Arriva il primo filetto vegano al 100% di origine vegetale

Atlante, partner della GDO per l’import di prodotti alimentari da tutto il mondo e l’export delle migliori specialità italiane, porta in Italia il primo filetto vegano al 100% di origine vegetale.
Presentato come novità assoluta per il mercato italiano in occasione del Marca 2019 a Bologna, oggi arriva in 64 punti vendita SIGMA in Emilia Romagna e 1 punto vendita Sigma a La Spezia, mentre entro la fine dell’anno sarà disponibile anche nelle altre regioni
italiane. Il filetto vegano, nato da un progetto dell’azienda olandese Vivera – specializzata nella produzione di alimenti a base vegetale e con un potenziale di offerta superiore a 1 milione di prodotti sostitutivi della carne, fra i quali polpette, cotolette, lasagne, hamburger e tagliate – è stato studiato e realizzato per soddisfare le esigenze di chi adotta un regime alimentare a base di prodotti di origine vegetale.
Infatti, il filetto, grazie ad una tecnologia di produzione avanzata, si presenta come un prodotto altamente innovativo poiché somiglia ad un vero e proprio filetto di carne per aspetto, struttura, gusto e consistenza.
Confezionato in atmosfera protettiva, è un prodotto a base di soia e di proteine del frumento arricchito con ferro e vitamina B12, fonte di fibre e ad alto tenore proteico (con 17,3 gr di proteine ogni 100 gr).
Prodotti innovativi a base vegetale, come il filetto vegano di Vivera, si collocano in un contesto dove un’alimentazione salutare e le alternative di qualità alla carne riscuotono sempre più successo nella grande distribuzione. Non è un caso, infatti, se nella prima settimana del lancio del filetto vegano in 400 punti vendita della catena britannica Tesco ne sono state vendute circa 40.000 unità, con un conseguente incremento della produzione di 100.000 unità a settimana.

Birra, un comparto dinamico: ecco le 15 (insospettabili) professioni più richieste

Meglio di un Navigator. Senza dubbio. Perché lei (e parliamo dell’Industria della Birra) i posti di lavoro li ha già creati. Stando infatti a una ricerca dell’Osservatorio Birra[1], emerge che nel comparto gli occupati sono aumentati di 4.400 unità in soli due anni (dal 2015 al 2017).

Un panorama dinamico, dunque, in cui ogni giorno trovano lavoro almeno 6 persone.

Ma come si configura il settore e quali sono le figure professionali richieste? Ce lo racconta lo studio “Le (insospettabili) professioni della birra” realizzato da Althesys per conto della Fondazione Birra Moretti.

Il prima dato interessante è che in un mondo del lavoro fatto di carriere discontinue e di lavoro a tempo determinato, il 50% delle persone sono assunte da più di 10 anni. E un altro 33% è in azienda da almeno 5 anni. Inoltre, dei 3,49 miliardi di euro di valore aggiunto creato dal comparto, il 71% (2,47 miliardi di euro) viene destinato alla remunerazione lorda dei lavoratori, sostenendo così l’economia familiare.

Vediamo adesso quali competenze servono per lavorare nel settore.

I protagonisti della filiera ritengonono  che per trovare lavoro nella birra bisogna, prima di tutto, conoscere bene il prodotto (18%) e la industry (5%). Molto richieste anche qualità manageriali (11%) – e da imprenditore (8%) – e di formazione del personale (14%). Importanti anche la specializzazione (9%) e la learning agility (8%).

Ma chi sono i professionisti più richiesti?

Ecco 15 profili, spesso altamente specializzati, tra i più gettonati:

  • Mastro birraio
  • Tecnologo alimentare (della birra)

    È una sorta di mastro birraio 4.0. che si occupa dell’elaborazione delle ricette e della produzione della birra.
  • Ingegnere chimico alimentare
  • Responsabile laboratorio e controllo qualità
  • Responsabile sicurezza
  • Coordinatore sostenibilità
  • Automation specialist
  • Digital innovation manager
  • Commerce specialist

    COMMERCE SPECIALIST
    Il ruolo del commerciale nelle grandi imprese della birra si è evoluto rispetto al passato
  • Tecnico grafico
  • Brand ambassador

    BRAND AMBASSADOR
    è una sorta di “trait d’union”, un ibrido tra un tecnico della birra e un venditore
  • Beer specialist

    Il Beer Specialist è  un mix tra un commerciale di alto profilo ed un tecnico
  • Spillatore
  • Barman
  • Sommelier della birra
  • Il Sommelier è una figura professionale a tutto tondo, che abbini le capacità tecniche di degustazione a know-how operativo

Naturalmente il successo delle figure progessionali non potrà prescindere dai mega trend di mercato che si andranno affermando nel prossimo futuro (da 2 a 5 anni). Ecco quali sono a detta dei protagonisti della filiera le tre principali tendenze. Il 41% degli intervistati ha posto l’accento sulla sostenibilità, intesa come attenzione alla sostenibilità ambientale (16%), ideazione pack sostenibili (13%), implementazione materie prime locali (7%), gestione dei rifiuti e degli scarti (5%). Per un altro 32% lo sviluppo di nuovi gusti e segmenti nel mercato, come le birre speciali (14%), quelle artigianali (10%) e il trend healthy (8%). E completa il quadro di una filiera in fase di evoluzione strutturale quel 18% che guarda all’innovazione digitale, citando innovazione (10%), digitalizzazione (5%), e-commerce (3%).

E non dimentichiamoci della formazione….

Last but not least, ecco un altro aspetto fondamentale  evidenziato dalla ricerca : quello della formazione, ritenuta importante dall’85% delle imprese della filiera. Si va da 6 a 20 ore annue di formazione per dipendente, a seconda delle dimensioni aziendali, con punte massime nelle medie imprese.

Tuttavia, l’offerta universitaria italiana si limita a pochi corsi della Laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, mentre all’estero ci sono invece molte Università e istituti tecnici che offrono percorsi di laurea, sia triennale che specialistica, focalizzati sul settore, oltre a numerosi corsi professionalizzanti che toccano aspetti più manageriali del business e quelli legati alla valorizzazione del prodotto finale. Per colmare questo gap di specializzazione, tra domanda e offerta di lavoro, è nata l’Università della Birra a Milano, voluta da HEINEKEN Italia, che si propone con lo slogan “imparare sul campo” e si presenta come un approfondimento teorico e pratico sui fondamentali del mondo della birra, dalle materie prime alle dinamiche di mercato, dedicato ai professionisti del settore Ho.Re.Ca e Modern Trade.

Metodologia della ricerca

La ricerca  “Le (insospettabili) professioni della birra” è stato realizzata intrevistando campione di quasi 7mila dipendenti di aziende distribuite lungo tutta la catena del valore: produttori di birra, operatori della fornitura di materie prime e di packaging, della logistica, della distribuzione all’ingrosso e al dettaglio e del mercato della ristorazione e bar, ad offrire una prospettiva unica e dall’interno di questo settore.

 

[1] Fonte: “La creazione di valore condiviso del settore della birra in Italia”, Osservatorio Birra novembre 2018, su dati 2017.

Carlsberg Group punta sulla sostenibilità: il bilancio del 2018

Sotto il profilo della sostenibilità ambientale, aziendale ed etica  (ovviamente senza mai prescindere dalla qualità del prodotto finale) si può affermare che il 2018 è stato un anno ricco di soddisfazioni per Carlsberg, come testimoniano i risultati raggiunti nell’ambito del risparmio idrico ed energetico, delle emissioni di CO2, del consumo responsabile di bevande alcoliche e della sicurezza sul lavoro.

Argomenti indispensabili per tutte le aziende che vogliono istaurare un dialogo costruttivo con i propri interlocutori e che hanno fatto da base culturale per il programma  Together Towards ZERO, su cui il Gruppo ha iniziato a puntare già dal 2017.

4 le aree di interesse del programma: ZERO emissioni di CO2, ZERO spreco d’acqua, ZERO consumo irresponsabile e cultura ZERO incidenti. I dati del Bilancio presentati riportano il segno positivo, calcolati in base a una roadmap che prevede obiettivi intermedi per il 2022 e il raggiungimento dei nuovi obiettivi entro il 2030.

ZERO emissioni di CO2

L’obiettivo fissato prevede di raggiungere, entro il 2030, Zero emissioni di CO2 nei birrifici, con uno step intermedio del 2022 che vede un -50%.Dal 2015 al 2018, le emissioni specifiche di anidride carbonica sono diminuite del 9,1%. Un esito assai soddisfacente, al quale si affianca una buona riduzione del consumo energetico totale, sceso del 4% rispetto al 2017. Stando sempre alle stime intermedie della roadmap, Carlsberg Italia ha raggiunto con ampio margine, rispetto a quanto prefissato per il 2022, il 100% di energia da fonti rinnovabili negli stabilimenti di produzione (un successo ottenuto già dal 2017) ed un altro 100% di raffreddamento a basso impatto sul clima, grazie anche all’acquisto di sistemi di raffreddamento che non utilizzano HFC (idrofluorocarburi).  

 

ZERO spreco d’acqua

Carlsberg Italia, ha fissato un obiettivo relativo alla diminuzione degli sprechi idrici, raggiungendo un importante risultato: il consumo idrico specifico è diminuito del 28,4% superando lo step intermedio (entro il 2022 -25%) e avvicinandosi a quello finale del 2030 quando si dovrà dimezzare il consumo d’acqua del Birrificio. Nel 2018 l’efficienza idrica è migliorata: sono stati risparmiati 2.634 m³ di acqua (-0,6%) ed è stata registrata una riduzione del volume delle acque di scarico del 1,2%, rispetto al 2017. Evidenziando il totale, il Bilancio di Sostenibilità dal 2015 al 2018 mostra un risparmio di 127.970 m³ d’acqua, pari a quella necessaria per riempire 4.412 autocisterne.

ZERO consumo irresponsabile

Un impegno assunto da tempo: sul packaging sono riportati i valori nutrizionali per 100 ml di birra, oltre a chiari messaggi sul bere responsabile, consigliando di non bere qualora ci si debba mettere alla guida, quando non si è raggiunta l’età legale e nell’ipotesi di gravidanza.

In più sono state introdotte alcune alternative analcoliche per garantirne il gusto e la freschezza anche nelle situazioni in cui non si può assumere alcol.

Le iniziative del Gruppo per dare una comunicazione mirata e trasparente hanno animato tutto il 2018. Per esempio, in occasione delle giornate di Porte Aperte in Birrificio, i visitatori, grazie agli occhiali 3D Beer Goggle, hanno potuto far esperienza diretta dei rischi che corrono se guidano dopo aver bevuto troppo alcol. Un altro significativo intervento è che tutte le nuove vetture aziendali sono state dotate del dispositivo Alcolock, un’apparecchiatura che blocca l’accensione del motore in caso di tasso alcolemico superiore alla soglia massima consentita dalla legge. Nel 2018 infatti, tutte e 34 le nuove vetture consegnate erano dotate di tale dispositivo.

ZERO incidenti

Carlsberg Italia ha introdotto uno specifico programma di Regole Salvavita, condivise tramite un programma di formazione aziendale, indirizzandosi su aree specifiche nelle quali, se le regole non vengono rigidamente rispettante, la vita umana può essere messa in serio pericolo. L’obiettivo è la completa diffusione, in tutto il Gruppo, di una cultura zero incidenti, per raggiungere l’obiettivo 2030 di ZERO incidenti che prevede misure di sicurezza anche superiori a quanto previsto dalla legge.

In questi ultimi tempi c’è stata una diminuzione degli incidenti, eccezione fatta per alcuni sinistri non dipesi dai nostri dipendenti ma da terzi. In fatto di sicurezza nello stabilimento, i lavoratori hanno confermato un miglioramento, merito anche del loro prezioso contributo attraverso le numerose segnalazioni, prese subito in esame dal team Health & Safety. Tutti stimoli che spingono Carlsberg Italia a perfezionarsi per offrire la massima sicurezza ai dipendenti e collaboratori.

Le innovazioni

In questo ambito ricordiamo DraugthMaster, il sistema che dal 2011 ha rivoluzionato la birra alla spina. Si tratta di un metodo di spillatura senza CO2 aggiunta che garantisce al consumatore di bere birra fresca come in birrificio per 31 giorni dall’apertura del fusto; quest’ultimo in PET, un materiale riciclabile che ha quasi completamente sostituito i tradizionali fusti in acciaio: nel 2018 si è arrivati al 96% di birra spillata in PET, avvicinandosi all’obiettivo del 100% di copertura.

Tutto ciò, passando in rassegna le tappe della penetrazione di DraughtMaster, si evidenzia come nel 2011 il rapporto tra fusti in acciaio e fusti in PET era del 79% su 21%. Oggi il rapporto si è completamente ribaltato con il 96% di fusti in PET e solo il 4% di quelli in acciaio. I rivoluzionari fusti in PET garantiscono una sensibile riduzione delle emissioni di CO2 rispetto alle bottiglie e ai fusti in acciaio, solo nel 2018, grazie a DraughtMaster è stata evitata l’emissione di 11.407.920 kg di C02, corrispondenti a quelli emessi da 456.317 alberi che occupano una superficie di 1.552 campi da calcio.

 Mobilità

Sostenibilità anche nella mobilità, visto che Carlsberg Italia nel 2018, grazie ad un importante accordo con Toyota, ha inserito 34 vetture Auris Touring Sports Hybrid nella flotta aziendale, confermando l’impegno concreto nella realizzazione di una mobilità capace di abbattere i fattori inquinanti nocivi per la salute dell’uomo. A questa intesa, fa eco anche un’altra significativa collaborazione con E-vai – il primo car sharing ecologico lombardo – che ha consentito a Carlsberg Italia di dotare la propria flotta aziendale di 3 Renault Zoe elettriche da utilizzare per il carpooling aziendale. Per una totale efficienza sono state poste due colonnine di ricarica nella sede di Lainate e nello storico Birrificio di Induno Olona, gratuitamente a disposizione anche di visitatori e clienti.

L’anno trascorso è stato rilevante anche sul fronte della logistica visto che sono stati sostituiti i carrelli elevatori diesel con quelli elettrici e sono stati introdotti 3 mezzi Iveco alimentati a LNG (Gas Naturale Liquefatto), grazie a una partnership con Number1; i nuovi mezzi garantiscono una riduzione del particolato del 95%, del monossido di carbonio del 40% e riducono notevolmente anche l’inquinamento acustico rispetto a quelli tradizionali.

E rispetto dell’ambiente anche grazie al nuovo sistema flash di pastorizzazione adottato nel Birrificio di Induno Olona, che consente di ridurre l’impiego dell’acqua del 10%, i consumi energetici del 15% e le emissioni di CO2 del 10%.

 

 

Sirio e Cioccolatitaliani firmano un accordo sull’apertura di 5 store

Sirio S.p.A, azienda italiana leader nella gestione del catering commerciale nel settore ospedaliero, comunica di aver firmato con Gesa srl, proprietaria del marchio Cioccolatitaliani, un Accordo quadro di Sviluppo Commerciale, che prevede l’impegno da parte di Sirio all’apertura di 5 punti vendita sul territorio italiano nei prossimi 3 anni con una prima prevista già nel corso del 2019.

La location dei punti vendita potrà essere scelta e dovrà avere il gradimento da entrambe le parti; il layout, nonché il know-how, i prodotti e le materie prime seguiranno uno specifico protocollo incluso nel manuale di Cioccolatitaliani al fine di mantenere l’elevata qualità e coerenza del brand.

I singoli punti vendita che verranno aperti, saranno regolati con appositi accordi di affiliazione commerciale (franchising) con Sirio in veste di franchisee.

Stefania Atzori Amministratore Delegato di Sirio S.p.A commenta: “Questo accordo è il primo dopo l’IPO di quattro giorni fa. Oltre a rendermi orgogliosa per la partecipazione a questo progetto del food Italiano, rappresentato da un brand di notevole qualità e già molto apprezzato, mi fa essere ottimista sul percorso che ho disegnato e previsto per la crescita futura di Sirio. Inoltre” – continua la Atzori – “Sono convinta che accordi come questo possano rappresentare nei fatti la credibilità dell’azienda e del suo management, un edificio etico e produttivo che sapremo costruire mattone dopo mattone”.

 

I prodotti Fairtrade crescono, generando una spesa di 145 milioni di euro

Con una spesa di 145 milioni di euro, crescono nel 2018 prodotti del commercio equo certificati FAIRTRADE acquistati dagli italiani. Secondo i dati emersi durante l’incontro promosso nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile (manifestazione ideata dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile – ASviS) dal titolo “Filiere sempre più sostenibili” il Marchio internazionale di Certificazione, con 2000 prodotti distribuiti in 13.000 punti vendita su tutto il territorio nazionale, crea un impatto importante che permette di assicurare agli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo migliori condizioni commerciali e di lavoro.

Dati importanti che hanno comportato due milioni di euro di ritorno per le comunità di America Latina, Africa e Asia, così distribuiti:
circa 732.000 euro per le banane, 720.800 euro per il cacao, 318.700 euro per il caffè e 212.500 euro per lo zucchero. Gli italiani che hanno acquistato prodotti Fairtrade hanno sostenuto la crescita e lo sviluppo delle comunità per una cifra superiore ai 2 milioni di euro, una cifra che testimonia la crescente diffusione del marchio e il suo apprezzamento da parte dei consumatori.

I prodotti venduti
Le banane si confermano il prodotto principale per quanto riguarda i volumi: da sole fanno più del 50% del complessivo dei prodotti e lo scorso anno si sono raggiunte quasi le 15.700 tonnellate con un aumento del 15% sul 2017. «Allargando lo sguardo e prendendo come riferimento il quinquennio 2014-2018 – spiega il direttore commerciale di Fairtrade Italia Thomas Zulian – la percentuale di crescita supera il 53% con una accelerazione negli ultimi tre esercizi caratterizzati da aumenti a due cifre (2016 +15%, 2017 +11%, 2018 +15%)».

Seguono il cacao con 4.353 tonnellate di fave di cacao (+101%), lo zucchero (sia granulare sia utilizzato per i prodotti composti) con 3.623 tonnellate (+7%) e il caffè con 852 tonnellate di caffè verde (+5%). Anche Fairtrade Italia, dunque, seguendo i trend indicati a livello internazionale, punta ad un significativo incremento dei prodotti core che hanno il maggiore impatto per i produttori. «La scelta di alcuni partner di convertire intere linee di cioccolato a Fairtrade ha influito in modo determinante su questo sviluppo consistente – conclude Zulian – ma anche l’introduzione del modello commerciale d’ingrediente (Fairtrade Sourced Ingredient) ha creato grandi opportunità di mercato che preannunciano prospettive interessanti anche per il futuro».

 

Tognana presenta T-shop per potenziare gli store

Tognana presenta T-shop un nuovo strumento utile al visual-display dei prodotti. T (come Tognana) – Shop (come negozio) è un sistema sinergico di esposizione, fornitura e consulenza attraverso cui Tognana sostiene i retailer, ottimizzando le potenzialità degli store: in base allo spazio disponibile nel punto vendita e alla tipologia di clientela sarà possibile selezionare la fornitura e l’arredo più idonei.

Forte di una storia aziendale lunga più di 70 anni e di una forte esperienza nella produzione e distribuzione di casalinghi, Tognana sta ora rispondendo alle necessità del mercato, esprimendo la propria capacità di riunire tradizione e modernità non solo in termini di prodotti e design, ma anche nell’approccio con il trade.

Il concept prevede un corner modulare da allestire in negozio per valorizzare al meglio i prodotti Tognana e fornire ai clienti le informazioni necessarie per acquistare in modo consapevole.

Il marchio mette inoltre a disposizione dei rivenditori anche la consulenza di un team qualificato nel layout del punto vendita con un supporto su misura nella scelta della soluzione espositiva migliore in modo da offrire una brand experience di livello superiore. Inoltre, i consulenti Tognana potranno anche fornire consigli su attività promozionali per potenziare l’appeal dello store. I retailer usufruiranno della struttura espositiva e dell’allestimento e in comodato d’uso gratuito per l’esposizione dei prodotti Tognana.

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