Il software sta trasformando ogni settore e l’impatto è particolarmente pronunciato nelle organizzazioni rivolte ai consumatori. Con l’affermarsi del modello direct-to-consumer, i ricavi provengono sempre più spesso dall’online piuttosto che dai canali tradizionali. Poiché le esperienze digitali pesano sul fatturato, le organizzazioni rivolte ai consumatori devono effettuare investimenti digitali efficaci.
Le aziende che fanno del software una parte fondamentale della loro organizzazione e sfruttano le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, la realtà mista e la robotica, possono costruire una solida base per una crescita sostenibile. Molti player del settore retail e consumer hanno già effettuato investimenti decisivi in software e tecnologia. Starbucks, ad esempio, ha sviluppato Deep Brew, uno strumento per sfruttare l’intelligenza artificiale per varie applicazioni. Lego ha collaborato con Epic Games per creare un metaverso in cui i bambini possano connettersi, giocando tra mondo digitale e fisico senza soluzione di continuità, e L’Oréal ha investito in Digital Village, una piattaforma di costruzione di mondi virtuali e un marketplace di NFT, per scommettere sulle opportunità offerte dal metaverso e dal Web3 per la creazione di negozi virtuali.
Secondo una recente ricerca McKinsey, le aziende che investono massicciamente nel software superano i propri peer: i leader digitali hanno creato un maggior valore per i propri azionisti – pari a tre volte i rendimenti degli ultimi cinque anni, rispetto alle aziende leader non digitali. L’analisi, condotta su oltre 120 public company del settore consumer e retail, rivela anche che quelle con un modello operativo tecnologico maturo superano quelle che operano in modo più tradizionale e vantano, in media, un rendimento per gli azionisti 2,2 volte superiore, nonché livelli di customer engagement e brand awareness dal 40 al 45% più elevati. Si prevede che l’impatto annuale dell’IA generativa sulla produttività del settore sarà compreso tra 400 e 660 miliardi di dollari, tra i più alti di tutti i settori.
Le aziende del settore consumer possono distinguersi dalle imprese tech-native puntando sulla riconoscibilità dei propri brand e sulla possibilità per i talenti di vedere l’impatto tangibile delle loro innovazioni sul mercato. Per esempio, Nike si promuove come un’azienda che cerca di assumere “le persone più creative del mondo” che vogliono “rivoluzionare il futuro attraverso l’incontro tra sport e tecnologia”.
La catena italiana di supermercati Bennet utilizzerà in modo ancora più ampio la piattaforma Oracle Retail Cloud per sostenere la rapida crescita, ottimizzare la gestione dell’inventario e stabilire le migliori strategie di prezzo, in modo da tenere sempre il passo con le esigenze dei consumatori. Bennet ha 63 punti vendita in tutto il Nord Italia e pone particolare attenzione al rapporto qualità/prezzo, al servizio e all’assortimento. Con l’adozione di Oracle Retail AI Foundation Cloud Service e Oracle Retail Assortment Planning Cloud Service l’azienda potrà sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale per mettere a punto proprie strategie di prezzo che aiutino a movimentare le scorte e dare ai clienti il miglior servizio possibile.
“Velocità e precisione sono fondamentali per determinare i prezzi nel nostro settore, ma altrettanto importante è offrire il prodotto giusto, al prezzo giusto e sul mercato giusto”, ha detto Adriano De Zordi, CEO di Bennet. “Ampliamo la nostra storica collaborazione con Oracle per continuare a innovare sfruttando la piattaforma cloud Oracle per il retail, per gestire con efficienza la nostra operatività e aumentare la soddisfazione dei nostri clienti”.
A causa della difficile situazione economica, per molti consumatori il prezzo vince sulla comodità di acquisto: in un recente sondaggio, il 72% ha dichiarato che sceglie dove fare la spesa tenendo in considerazione in primo luogo i prezzi. Il 46% si reca in più punti vendita per acquistare tutto ciò di cui ha bisogno al costo più basso. Non a caso, oltre alle nuove soluzioni oggi adottate, Bennet sta già usando da tempo l’applicazione cloud Oracle Retail Merchandising Planning and Optimization, che ha permesso all’azienda di ridurre da giorni a ore il tempo necessario per adattare i prezzi proposti alla clientela.
“Oracle Retail AI Foundation ci consentirà di analizzare lo storico delle performance di vendita, le tendenze di mercato, le abitudini dei clienti, il panorama competitivo e la capacità dei fornitori di soddisfare le nostre richieste, così da poter stabilire i prezzi dell’inventario in modo più efficace”, ha dichiarato Fabrizio Greco, Senior Project Manager di Bennet. “Per soddisfare le esigenze e le aspettative dei nostri clienti è essenziale comprendere la correlazione e la connessione tra selezione di prodotti, prezzi, promozione e posizionamento”.
“Per avere successo, gli operatori retail devono individuare il prezzo ideale, che garantisca di calibrare il mantenimento del margine e lo stimolo della domanda”, ha aggiunto Mike Webster, senior vice president and general manager, Oracle Retail. “Grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale in Oracle Retail Data Store, Bennet può adeguare le proprie strategie di inventario e prendere decisioni in tempo reale sui prezzi di singoli articoli o categorie di prodotti, e ottenere così un chiaro vantaggio competitivo”.
Da oggi sarà possibile conversare con i prodotti disponibili sugli scaffali dei punti vendita, grazie all’intelligenza artificiale. L’idea nasce dalla sinergia tra Indigo.ai – la piattaforma che crea assistenti virtuali per le aziende – e 6.14 Creative Licensing – la “boutique agency” specializzata in comunicazione, marketing e innovazione. Semplicemente scannerizzando un QR code posizionato sul packaging del prodotto, sarà possibile avviare una chat o una conversazione vocale con un assistente virtuale per scoprire tantissime informazioni utili, come ad esempio, peculiarità dei prodotti, varietà di formati e ingredienti, benefici nutrizionali, filiera e tracciabilità, modalità di consumo, ricette e abbinamenti.
Il primo prototipo di Talkbox, il packaging parlante, verrà fatto conoscere da 6.14 Creative Licensing alle aziende che partecipano a CIBUS, Salone Internazionale dell’Alimentazione, in calendario dal 3 al 6 maggio a Parma, e sarà protagonista di un webinar organizzato da Indigo.ai con la partecipazione di 6.14 il prossimo mercoledì 4 maggio alle ore 15, al quale è possibile iscriversi attraverso questo link
Grazie a questo progetto, in questa prima fase dedicato al settore del food ma applicabile a qualunque altra branca di mercato, il packaging assume la funzione di portavoce iconico del brand e ne comunica i valori, permettendo allo stesso tempo alla marca di ascoltare le esigenze delle persone e fornire loro risposte e suggerimenti in tempo reale su moltissime aree di interesse – come benessere, performance, gusto, ecc.
La sinergia tra Indigo.ai e 6.14 Creative Licensing si inserisce in un contesto, quello del retail marketing, in cui è importante dedicare attenzione alla customer journey e al customer care, posizionando la persona al centro, e aiutando le aziende a intercettare e soddisfare le esigenze individuali del consumatore in una logica di marketing conversazionale. In questa direzione, abbandonando una narrativa autoreferenziale, l’assistente virtuale permetterà al brand di costruire una relazione diretta con i consumatori e di conoscerne meglio gusti ed esigenze grazie all’analisi dei dati: infatti l’AI potrà elaborare delle customer insights evidenziando, ad esempio, quali sono le domande più frequenti, quali i desiderata e le richieste principali, e di monitorare il livello di soddisfazione.
“Oggi l’intelligenza artificiale può supportare le aziende nella progettazione di una customer journey più potente: questa tecnologia può aiutare ad aumentare l’engagement degli utenti, estrapolare customer insight e migliorare le performance di marketing – dichiara Gianluca Maruzzella, Co-founder e CEO di Indigo.ai. – Grazie alla collaborazione con 6.14 Creative Licensing possiamo applicare queste potenzialità al settore del retail, attraverso il packaging: un mondo in cui l’utilizzo della tecnologia è ancora limitato ma può aprire moltissime opportunità per supportare la complessa esperienza tra brand e consumatore, unendo esperienza fisica e digitale. Inoltre, grazie alla flessibilità della piattaforma di Indigo.ai, questo modello è replicabile su larga scala ed è applicabile ad ogni prodotto che possiamo trovare nei punti vendita”.
“In 6.14 abbiamo un’anima da esploratori e la ricerca ci ha portati a comprendere l’impatto reciproco tra creatività e tecnologia che, fondendosi, possono generare nuove opportunità, nuovo valore e occasioni di crescita in grado di rispondere o anticipare le diverse esigenze umane – aggiunge Luigi Focanti, Founder ed Executive Creative Director di 6.14. – L’incontro con Indigo.ai è stato propedeutico a una sinergia che va proprio in questa direzione e di cui vediamo il primo risultato”.
L’intelligenza artificiale è diventata ormai un elemento in grado di modificare gli obiettivi delle aziende, al fine di creare una user experience capace di soddisfare le esigenze di ogni tipologia di utente. Per questo motivo, dopo il successo della prima edizione tenutasi a novembre 2018, anche quest’anno Business International (divisione di Fiera Milano Media – Gruppo Fiera Milano) e MiCo – Milano Congressi hanno deciso di continuare a promuovere una sempre maggiore adozione dell’AI all’interno dell’industria italiana dando vita alla seconda edizione di AIXA – Artificial Intelligence Expo of Applications.
Un evento di livello internazionale previsto a Milanodal 4 al 7 novembre 2019 che tra gli altri appuntamenti vede anche l’organizzazione di InTail – AI Driven & Intelligent Retail, kermesse dedicata al retail.
Un dialogo tra esperti, operatori e professionisti che si terrà il 5 novembre 2019.
Per l’occasione, Business International ha individuato le più innovative e interessanti case history sul retail, permettendo così a questa seconda edizione di InTail di articolarsi principalmente in cinque distinti momenti. Si passerà, così, dalle strategie omnicanale, per un contatto più efficace con il cliente, alla sempre maggiore importanza nella gestione della sicurezza dei dati, acquisiti e presenti all’interno dei database aziendali. Per poi addentrarsi nella frenetica evoluzione dei pagamenti digitali e confrontarsi su un tema fondamentale nei moderni business model, come la capacità di conversione tra ambiente digitale e store fisico, che genera l’espansione di una dimensione phygital sempre più ibrida e integrata nei piani di crescita delle organizzazioni nazionali e internazionali. Per approdare, infine, al futuro di quello che potremmo definire come un “intelligent retail” che vede nell’intelligenza artificiale, nell’Internet of Things e nella realtà virtuale e aumentata i suoi principali asset di evoluzione tecnologica.
A completare il palinsesto dell’evento, saranno gli Innova Retail Award 2019 che, ideati da KikiLab – Ebeltoft Italy, quest’anno saranno realizzati insieme a Business International all’interno di InTail per valorizzare i retailer, le start-up e le aziende IT più all’avanguardia presenti oggi sul mercato. Il premio, giunto alla sua terza edizione, sarà dedicato infatti a progetti di phygital, innovazione digitale e innovazione non digitale, e avrà l’obiettivo di celebrare le migliori eccellenze nazionali e internazionali del settore a 360°. Dal commercio ai servizi, dalle start-up alle aziende IT, fino alla ristorazione, una qualificata giuria di esperti sarà chiamata quindi a valutare le candidature pervenute sotto il profilo di innovazione proposta, unicità dell’idea, reali benefici offerti ai clienti, livello di user experience, scalabilità e business model, al fine di riconoscere il vero valore delle proposte più promettenti tra i 30 progetti finalisti individuati all’interno delle seguenti categorie: Retailer Food, Non Food, Ristorazione, Servizi, Start-up, Aziende IT.
Per maggiori informazioni è possibile visitare questo link.
Siamo a quota 61%: sono ormai tante a livello mondiale le imprese che stanno per entrare nel novero delle aziende “intelligenti”. E sono pure in netto aumento rispetto al 49% documentato nel 2018. Questi i risultati dell’Intelligent Enterprise Index, osservatorio annuale realizzato da Zebra Technologies Corporation.
L’indagine analizza il livello di connessione tra il mondo fisico e quello digitale delle aziende. I punteggi dell’Intelligent Enterprise Index sono calcolati in base a 11 criteri che includono la vision e l’adozione dell’Internet of Things (IoT), la gestione dei dati, l’analisi intelligente e molto altro ancora.
Sulla base di questi criteri, il primo dato interessante è che le aziende del comparto retail negli ultimi 12 mesi, hanno registrato il maggior slancio passando dagli ultimi posti della classifica dell’indice verticale del 2018 alle posizioni di testa della lista del 2019, seconde solo al comparto dell’Healthcare.
Non basta: anche il numero di aziende definite come vere e proprie “imprese intelligenti” con un punteggio pari o superiore a 75 punti dell’Index è aumentato su base annua. Il 17% delle aziende con almeno 250 dipendenti ha superato questa soglia nel 2019 contro l’11% del 2018. È interessante notare che il 37% delle piccole e medie imprese (PMI) intervistate (50-249 dipendenti) ha ottenuto 75 punti o più nell’Index, il che significa che le PMI con una vision IoT sono in molti casi più “intelligenti” delle grandi imprese.
RISULTATI CHIAVE DELL’INDEX
Sempre più aziende adottano l’IoT, con livelli di intelligenza sempre più elevati. Il punteggio cumulativo dell’Intelligent Enterprise Index continua a crescere man mano che un numero crescente di aziende passa dalle fasi esplorative alle fasi di implementazione. Nel 2019 si è registrato un punteggio massimo di 61,5 punti con un aumento di quasi 6 punti rispetto al 2018, dovuto in gran parte all’acquisizione dell’etichetta di azienda “intelligente” da parte delle imprese di retail e di trasporti e logistica (T&L), e di +9 punti rispetto al 2017, l’anno di esordio dell’Index. Con una crescita di oltre 9 punti dal 2018, l’area EMEA ha registrato quest’anno il maggiore incremento di “intelligenza” in tutti i paesi che ne fanno parte.
Crescita continua delle soluzioni IoT e di altri investimenti in piattaforme tecnologiche basate sui dati. Nel 2019, la spesa media globale delle imprese è stata di 6,4 milioni di dollari, con una crescita su base annua pari al 39%. L’86% delle imprese prevede che questo numero crescerà nei prossimi 1-2 anni, con oltre la metà degli intervistati che annuncia di voler aumentare gli investimenti del 21-50 percento. Il 77% delle imprese dell’area EMEA prevede una crescita degli investimenti nell’IoT e nella mobilità nei prossimi 1-2 anni.
Significativo aumento dell’utilizzo di soluzioni intelligenti. Il 46% dei partecipanti allo studio utilizza le soluzioni IoT a livello aziendale ampio, un innegabile aumento rispetto al 38% del 2018. Un altro 32% prevede di passare presto con implementazione però graduale in specifiche area geografiche. Il 45% degli intervistati dell’area EMEA sta già utilizzando l’IoT a livello aziendale, con una crescita di 6 punti percentuali su base annua. Se si includono le aziende che prevedono di passare presto a una diffusione a livello aziendale, la percentuale sale al 66%.
Con la sicurezza come priorità assoluta, le aziende investono più risorse per il monitoraggio continuo del sistema di dati. Il 62% delle imprese monitora costantemente la sicurezza dell’IoT per garantire l’integrità del sistema e la riservatezza dei dati. Si tratta di un aumento di 4 punti percentuali su base annua e di 13 punti percentuali rispetto al 2017 in cui solo il 49% delle aziende disponeva di un protocollo di monitoraggio costante della sicurezza mentre il 47% eseguiva un controllo periodico dei propri sistemi. Oggi il 62% delle imprese dell’area EMEA monitora costantemente la sicurezza dell’IoT per garantire l’integrità del sistema e la riservatezza dei dati, rispetto al 48% del 2018, un aumento di 14 punti percentuali su base annua.
Le imprese preferiscono affidare il proprio ecosistema di soluzioni “intelligenti” a un unico partner. Quasi la metà (49%) dei partecipanti allo studio dichiara di affidarsi a un unico partner strategico per gestire l’intera soluzione “intelligente”, compresi i componenti e i servizi forniti da terzi. Il 43% degli intervistati dell’area EMEA sostiene di aver incaricato un unico partner strategico della gestione delle proprie soluzioni IoT, il che corrisponde ad un aumento di 10 punti percentuali su base annua.
Le PMI intervistate ottengono un punteggio più alto nell’Index rispetto alle grandi imprese (64,5 punti contro 61,5 punti). Questo punteggio più alto è dovuto al fatto che dal sondaggio emerge che le PMI intervistate hanno maggiori probabilità di avere una vision dell’IoT e che stanno implementando il piano previsto (69% contro il 62%).
METODOLOGIA DELL’INDAGINE
Il sondaggio online è stato condotto dal 12 agosto al 18 settembre 2019 e riguardava i comparti healthcare, manufatturiero, retail, quello dei trasporti e della logistica.
In totale sono stati intervistati 950 decision-maker del settore IT provenienti da nove paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito/Gran Bretagna, Francia, Germania, Messico, Brasile, Cina, India e Giappone.
Undici sono i criteri utilizzati per capire come le aziende si avviano a diventare imprese intelligenti: visione dell’IoT, impegno aziendale, partner fornitore delle soluzioni tecnologiche, piano di adozione, piano di gestione del cambiamento, applicazione ‘point of use’, sicurezza e regolamenti, piano sul ciclo di vita, architettura/infrastruttura, piano dati e Intelligent Analysis.
Quale occasione migliore di un evento dedicato all’intelligenza artificiale, alle reti neurali e ai sistemi esperti per presentare l’innovazione tecnologica del Retail?
Per questo motivo sarà proprio all’interno di InTail, uno degli appuntamenti calendarizzati in AIXA, (evento organizzato da Fiera Milano Media dal 4-al 7 novembre all’interno di MiCo), che verrà presentato da Kiki Lab Innova Retail Award 2019.
La manifestazione, giunta alla sua terza edizione, premia infatti progetti innovativi in grado di conferire valore aggiunto alle aziende Retail e alla retail experience dei loro clienti.
La classifica dei tre vincitori sul podio e il vincitore assoluto, saranno ufficializzati solo nel corso dell’evento del 5 novembre.
I progetti sono stati valutati da un’ampia giuria, presieduta da Fabrizio Valente, che comprende Top Manager di aziende Retail (Miroglio Group, Rossopomodoro, Pam), importanti professionisti, docenti universitari, giornalisti ed esperti del Retail.
“Quando parliamo di innovazione nel retail- afferma Fabrizio Valente, fondatore e amministratore di Kiki Lab – Ebeltoft Italy – è giusto parlare di Intelligenza Artificiale, Virtual Reality, Realtà Aumentata e di tutto ciò che ruota intorno al digitale ma non dobbiamo dimenticare che fare innovazione non è solo questo, ma significa principalmente partire dai clienti, dai loro desideri, bisogni e dalle soluzioni possibili che chiaramente possono includere anche le nuove tecnologie per facilitare i progetti. Le candidature raccolte al nostro Innova Retail Award 2019 sono state valutate sotto tutti gli aspetti dell’innovazione, digitale, non digitale e phygital ”
Progetti vincitori 2019: short list dei 3 vincitori delle diverse categorie
Retailer Food
Artisti del Vegetariano: Cristina e Massimo Artisti del Vegetariano
Conad Adriatico: Lo store del futuro: new customer experience
Tra assistenti vocali, robot sempre più autonomi e realtà virtuale diffusamente implementata, l’impressione è che l’Intelligenza Artificiale sia materia prettamente contemporanea, tema di rottura netta con il passato. E invece…
“E invece – sorride paziente Stefania Bandini – costretta dai sui doveri di docente universitaria a fare la spola tra l’Ateneo di Milano Bicocca e l’Università di Tokyo – sarà proprio il caso di sfatare un mito.
L’intelligenza Artificiale ha sì una data di nascita, ma non è certo recente: per trovarla dobbiamo andare indietro nel tempo, e precisamente all’ agosto del 1956 (Conferenza di Dormouth), per l’esattezza, quando un pool di ingegneri, psicologici, linguisti e informatici, decise di partire da là: dalle possibilità offerte dai neonascenti computer, metterlo in condizioni di eseguire performances tipiche del problem solving umano, soprattutto nel ragionamento logico. L’ambizione, insomma, era quella di avere macchine che, in modo ingenuo, potremmo definire ‘pensanti’”.
Obiettivo mancato, però…
“Infatti. Negli anni del suo sviluppo l’Intelligenza Artificiale ha vissuto alti e bassi. Ad esempio, c’è stato un momento di grande interesse verso questa disciplina negli anni ’80, con il fiorire dei cosiddetti Sistemi Esperti, che, invece di trattare del ragionamento in generale (che opera su tutti i settori del sapere) si sono concentrati verso ambiti circoscritti del problem solving umano (diagnostica, configurazione di sistemi complessi, pianificazione automatica, etc.) .
Come si spiega allora il boom di oggi?
Semplice: nasce dal combinato disposto di un’enorme mole di dati, delle fitte reti sociali e dell’evoluzione tecnologica. Algoritmi già messi a punto, per esempio, nell’apprendimento automatico oggi possono essere applicati perché abbiamo a disposizione una grande quantità di dati digitali (Big Data). A questo vanno aggiunti i progressi tecnologici (velocità e memoria) e telematici. Senza questo tipo di progresso generale del mondo dell’informatica l’Intelligenza Artificiale rischiava di rimanere all’interno del laboratori di ricerca.
Beh, in qualche caso. Specialmente quando le implementazioni di AI sono settoriali, relative ad un singolo settore, ad un aspetto specifico (per esempio, la visione automatica, o la profilazione dei clienti). A quel punto è chiaro che si punti a dargli il massimo della visibilità, per ottenerne i maggiori ritorni possibili.
In quest’ambito, in che ruolo gioca il nostro Paese?
Senz’altro primario. Siamo molto avanti nel campo della ricerca e siamo molto richiesti all’estero. Il problema è sempre lo stesso: chi esce non sempre è incentivato a ritornare. La mancanza di fondi per la ricerca è ormai molto congenita e bisognerà pensare in modo più sistemico per valorizzare al massimo le potenzialità che il nostro Paese esprime.
In prospettiva, quali saranno le prossime frontiere dell’Intelligenza Artificiale?
Il ventaglio di possibilità è ampio e ricco di prospettive: di queste, ne abbiamo diffusamente discusso durante la settimana dell’International Summer School “Advances in Artificial Intelligence”. Di fatto sono emerse 5 tracce operative verso cui si aprono le nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale:
– Combinare le tecniche di apprendimento automatico con quelle di ragionamento, per essere sempre più aderenti all’operare umano;
– Sviluppare algoritmi e tecniche di rappresentazione per il trattamento della “conoscenza incerta”, altra peculiarità del problem solving quotidiano negli esseri umani;
– Studiare e creare nuovi modelli di Intelligenza Collettiva, come i fenomeni di aggregazione sociale fisica (crowd) e virtuale (reti sociali);
– Coniugare l’Intelligenza Artificiale con la realtà virtuale e i sistemi adattivi (robotica umanoide, tecnologia sensoristica) fino ad arrivare a una conoscenza più profonda dei fenomeni emozionali;
– Promuovere l’ingegnerizzazione applicativa di risultati promettenti verso il mondo produttivo.
Queste le macro tematiche. Ma quali saranno i prossimi traguardi dell’AI nell’ambito dell’industria e del retail?
Diciamo che in questo settore l’ambito applicativo più ricercato oggi è quello relativo alla profilazione dell’utente, in modo da assecondarne gusti, preferenze e bisogni, personalizzando e indirizzando al massimo l’offerta.
E la privacy?
Purtroppo molto spesso è a rischio. Della questione si dibatte da tempo. Se ne è parlato al G20 di Osaka due anni fa, quando fu redatto un decalogo sull’AI, e se ne continua a parlare in sede UE, con la pubblicazione di documenti di indirizzo. A parte questi embrionali tentativi di regolamentazione, il rischio di un’automazione deresponsabilizzata non è stato disinnescato, e quindi siamo all’alba del disegno di nuovi scenari nell’interazione tra uomo e macchina.
Tra le branche di sviluppo lei ha citato l’intelligenza collettiva, che poi è lo specifico ramo di studio che l’ha condotta in Giappone. Ce ne può parlare?
Studiare l’intelligenza collettiva mi ha portato ad osservare gli aggregati sociali (siano essi fisici o virtuali) per trarne dati e strumenti predittivi e poi proporre soluzioni “confortevoli o sicure” da cui la massa numerica possa trarre giovamento. In Giappone stiamo lavorando all’accoglienza dei visitatori previsti per le prossime Olimpiadi, e che – inevitabilmente – andranno ad impattare (con il rischio di sovvertirli) sui ritmi quotidiani degli abitanti locali. Il nostro obiettivo è quello di trovare algoritmi in grado di ottimizzare l’offerta e garantire il massimo del comfort.
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Le criticità maggiori fino ad oggi riscontrate nel suo lavoro?
Per quanto riguarda la specifica ricerca della realizzazione di strumenti di supporto alla gestione delle folle, manca una figura professionale di riferimento come il “crowd manager “ (a livello nazionale e internazionale), in modo da mettere a disposizione strumenti e competenze per attivare una sinergia tra esperienza umana e analisi provenienti da tecniche come sentiment analisys e machine learning. Attualmente abbiano a disposizione una gamma molto ampia di possibilità combinatorie delle tecnologie esistenti: per usare una metafora, abbiamo in “frigorifero” tanti ingredienti, ma solo le capacità di combinarli da parte di uno “chef” permette di realizzare pietanze eccellenti. Oggi noi abbiamo a disposizione una grande quantità di dati e le tecnologie per trattarli, ma occorre un piano strategico “naturalmente intelligente” per il loro uso efficace, su tutti i settori dello sviluppo sociale ed economico.
L’intelligenza artificiale (AI) non è nata adesso. Di fatto ha visto la luce già nel lontano 1956. Ma in questi ultimi anni sta vivendo un revival di tutto rispetto da un capo all’altro del mondo. Una recente ricerca sponsorizzata da Genesys (azienda di informatica e telecomunicazioni statunitense, fondata da Gregory Shenkman e Alec Miloslavsky nell’ottobre del 1990), ci delinea un affresco interessante di come oggi la AI venga percepita sui luoghi di lavoro a stelle e strisce.
Il primo dato importante è che entro il 2022 il 60% delle aziende statunitensi prevede di utilizzare l’IA o l’automazione avanzata per ottimizzare le operazioni, e le prestazioni.
Quanto all’efficacia i pareri sono piuttosto unanimi: indipendentemente dall’età della loro organizzazione, infatti, i datori di lavoro statunitensi intervistati ritengono che l’IA renda le loro aziende più efficaci. In particolare, il 32% di loro ritiene che consente di raggiungere obiettivi in modo più rapido ed economico. Un ulteriore 25% ritiene che l’IA consenta ai dipendenti di diventare più produttivi e di sentirsi più preziosi. E non basta: il 26% considera l’IA necessaria per consentire alle proprie aziende di rimanere competitive in futuro e quasi due terzi (64%) pensano che i loro dipendenti siano entusiasti di avere strumenti tecnologici migliori e abilitati all’intelligenza artificiale perché li assiste nel loro lavoro.
Nessuna perplessità dunque?
Beh, qualche dubbio c’è.
Per esempio tra il 31% degli intervistati che non ritiene l’intelligenza artificiale congrua alla propria attività.
E poi c’è chi è preoccupato dei costi: il 24% dei datori di lavoro.
Le conseguenze sul lavoro
Su questo punto c’è una forte disconnessione tra datori di lavoro e impiegati. I primi attribuisco infatti ai loro dipendenti timori che essi non hanno: sono loro troppo pessimisti o gli altri tropo superficiali?
Secondo la ricerca di Genesys, infatti, il 42% dei datori di lavoro statunitensi ritiene che i dipendenti abbiano paura dell’intelligenza artificiale / dei robot a causa della potenziale eliminazione del lavoro. A causa del rischio percepito per l’occupazione, l’8% dei datori di lavoro afferma che vorrebbe evitare l’adozione di AI / robot nelle proprie aziende.Al contrario, il 67% dei dipendenti statunitensi intervistati per Genesys, ha dichiarato di non aver paura che l’intelligenza artificiale / i robot eliminino il proprio lavoro entro i prossimi 10 anni, mentre solo il 19% ha paura.Ma come si comporteranno le aziende?Il 50% dei datori di lavoro afferma che l’adozione dell’IA non li farà ridurre la forza lavoro.Mentre il 30% prevede al contrario, prevede tagli della forza lavoro.E infine l’impatto dell’AI: quali le previsioni?Il 36% dei datori di lavoro vede un impatto positivo dell’intelligenza artificiale sui propri dipendenti nel prossimo anno, con il numero che salta al 53% quando viene interrogato circa cinque anni in futuro.Tra i dipendenti, infine, ottimista è il 32% del campione.
Dopo il successo della prima edizione, AIXA il forum dedicato alle applicazioni pratiche dell’Intelligenza Artificiale, ritorna anche quest’anno al MiCo dal 4 al 7 novembre, per dare spazio al dibattito e al confronto.
Gli appuntamenti
DIGITAL & HUMANITY RELEVANCE – 4 novembre
Mark Curtis, Chief Client Officer di Fjord – Design and Innovation from Accenture Interactive terrà la sua lecture, “Relevance”, realizzata in collaborazione con Fondazione Fiera Milano e Meet The Media Guru sul format di Exhibitionist, cercherà di spiegare perché, con l’avvento della tecnologia, oggi la brand communication, per avere successo, deve mettere al centro le persone.
AI BUSINESS TRAINING -5/6/7 novembre
Sono essenzialmente degli Experential Lab articolati su 3 giorni (5-6-7 novembre). Verteranno su Artificial Intelligence, Augmented Reality & Virtual Reality(AR/VR)e MAR-TECH con i maggiori esperti del settore, case studies di successo e industry show-case.
5 novembre, chairman Guido Di Fraia dello IULM modererà l’evento dal titolo “AI disruption per le aziende italiane: nuove opportunità per il business”.
6 novembre: chairman Lorenzo Montagna modererà l’evento dal titolo “The business power of augmented & virtual reality:l’uso della realtà aumentata e virtuale per il business”.
7 novembre chairman Alessando Chessa di Linkalab modererà l’evento dal titolo “MarTech, quando l’Intelligenza Artificiale e la tecnologia incontrano il marketing”.
INTAIL- 5 novembre
Focus sull’intelligenza artificiale nel retail con la presenza di key note speaker nazionali ed internazionali. Nel corso della giornata avrà luogo il Retail Award, premiazione dei case studies più innovativi a livello nazionale e internazionale nel Retail in 6 diverse industries.
INTELLIGENCE IN DATA SCIENCE – 6 novembre
Marketing Analytics Summit è l’evento più importante a livello internazionale su Big Data & Marketing Science. Top Manager di aziende di grandi, medie e piccole dimensioni partecipano a Marketing Analytics Summit per scoprire nuovi modi di incrementare il ritorno dei loro investimenti digitali.
INTELLIGENCE IN INNOVATION- 5 – 7 novembre
Intelligenza Artificiale e Marketing sarà tra i temi della 2 giorni di “SMXLMilan–Search & Social media MarketingConference”, blockbuster internazionale nel digital marketing con 3 sessioni parallele, 50track sessione oltre100speaker tra cui Igor Beuker, Aleyda Solis, Rand Fishkin, David Amerland, Oli Gardner, Jason Miller, Simo Ahava e molti altri.Tra le novità 2019 il boot camp con 20 work shop su SEO, Content, Advertising, LinkBuilding.
L’automazione ci salverà. Specie in un’epoca di bassi margini di cui fanno spese sia grandi che piccoli. Come riferisce un recente studio di McKinsey da cui si evince che i tipici rivenditori di generi alimentari e gli ipermercati devono affrontare una pressione sui margini di 100-150 punti base, mentre i grandi magazzini e i negozi di abbigliamento hanno una pressione sui margini due volte più alta.
Non è detto però che per l’automazione esista solo la via grandiosa (quella dall’effetto wow, per intenderci), seguita da Amazon (con Amazon Go) e da Kroger (con Kroger Edge). Si può anche optare per un’automazione incrementale. Come suggerisce Scandit che propone alcune vie per rilanciare il retail con una spesa minima
Soluzioni meno invasve e più sostenibili
Gli smartphone abilitati dalla computer vision sono un’alternativa efficace e più economica. L’utilizzo del riconoscimento ottico dei caratteri (OCR) e della realtà aumentata (AR), ad esempio, fanno parte di un approccio incrementale che sta già automatizzando le attività lungo l’intera catena di fornitura attraverso l’upskilling, invece di sostituire i lavoratori del settore retail.
Per beneficiare dei vantaggi offerti dall’automazione digitale, i retailer non devono per forza smantellare le infrastrutture dei negozi e interrompere le operazioni installando telecamere, bilance, scaffali elettronici, robot in corridoio e altri oggetti sensoriali nei negozi. Possono semplicemente fornire al personale smartphone e app di uso quotidiano per interagire con i codici a barre sui prodotti, per accedere in tempo reale a informazioni quali i livelli delle scorte, le date di consegna e la verifica dei prezzi dal sistema ERP o da altre fonti di dati. Il personale così equipaggiato digitalmente può fare inventari rapidi, ottimizzare gli scaffali, consigliare i clienti e molte altre attività.
L’introduzione della scansione mobile offre una miriade di opportunità per reingegnerizzare i processi e aumentare l’efficienza in tutta la supply chain. La gestione dell’inventario e il prelievo delle scorte diventano semplici e veloci, e i lavoratori possono trovare gli articoli contrassegnati o leggere gli aggiornamenti riguardanti i prodotti con una sola scansione.
Guadagnare ma con meno rischi
L’utilizzo di smartphone a prezzi accessibili per aumentare digitalmente le attività in ambito retail e il personale qualificato consente di superare un collo di bottiglia chiave che il rapporto McKinsey evidenzia: “I retailer faticano a liberarsi dalla tirannia dei cicli di bilancio e dalla replica della spesa in conto capitale dello scorso anno”. La società di consulenza cita l’inerzia interna come un motivo chiave per non investire in tecnologia come il self-checkout e il shelf-scanning.
Ma il progresso della tecnologia mobile e delle soluzioni basate su software evita la necessità di aggiornamenti che richiedono enormi investimenti, con la possibilità di passare a soluzioni software finanziate dalla spesa operativa. Facendo leva sui codici a barre esistenti e sostituendo l’hardware di scansione dedicato e costoso con soluzioni per smartphone, si ottengono notevoli risparmi sui costi dell’hardware tradizionale e sui costi di manutenzione e assistenza. Con i risparmi sui costi reinvestiti per implementare soluzioni software e dispositivi mobili a prezzi accessibili per tutto il personale, i rivenditori vedranno notevoli vantaggi in termini di efficienza e conseguenti opportunità di reingegnerizzazione dei processi.
Per i retailer che scelgono l’automazione incrementale, i guadagni non sono meno significativi rispetto alla scelta di un aggiornamento “Big Bang” delle operazioni ma i rischi sono minori. È necessario, infatti, stanziare meno risorse per ridurre i costi, migliorare l’esperienza del cliente e molto altro ancora.
McKinsey fa notare che l’opportunità di automazione nel retail va oltre la semplice gestione dei negozi. Più in generale, i robot intelligenti possono immagazzinare, prelevare e scaricare i prodotti dai pallet e trasportarli, calcolando al contempo i percorsi ottimali attraverso un magazzino. Gli addetti al magazzino che utilizzano smartphone per queste attività, lo fanno con una velocità e una precisione che si riflette sui profitti.
L’unione della computer vision e dell’AR sugli smartphone consente ai retailer di sperimentare i benefici dell’automazione e di reingegnerizzare in modo incrementale altri processi lungo tutta la catena di fornitura, senza nessuna interruzione e a un costo irrisorio. Che si tratti del controllo dei prezzi in tempo reale, del prelievo delle scorte o della clientela, i rivenditori possono partecipare alla visione di McKinsey, ma ad una frazione del prezzo – e senza alcuna interruzione delle proprie attività.
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