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Contratto distribuzione: domani è sciopero. Coinvolte tutte le maggiori insegne food e non food.

Domani in tutta Italia i lavoratori del commercio delle aziende aderenti a Fededistribuzione, Confesercenti e Distribuzione Cooperativa incrocerranno le braccia per chiedere il rinnovo del contratto scaduto da 22 mesi. Da parte dei sindacati si attende grande partecipazione, anche a giudicare dall’intensa attività su twitter con l’hashtag #Fuoritutti.

«La stagione dei rinnovi dei contratti – ha affermato Maria Grazia Gabrielli segretaria generale della Filcams Cgil – sta vivendo profondi attacchi e dilazionare molto i tempi forse porta con se l’idea  che dei contratti  nazionali stessi si possa anche fare a meno. Noi, restiamo convinti della centralità del contratto nazionale che va difeso e rafforzato in settori dove, la contrattazione di secondo livello aziendale e territoriale non c’è per una vasta platea di lavoratori e quella esistente ha subito in questi anni una rimessa in discussione che ci ha visto impegnati in confronti e scontri difficili nelle aziende». La stessa Filcams-Cgil in una nota sottolinea che “nelle trattative è risultato centrale la posizione espresse da tutte le controparti di un contratto nazionale non più rispondente ai cambiamenti intervenuti e che per questo necessita di una revisione straordinaria con la priorità di diventare strumento di recupero di produttività. La traduzione di questa impostazione si concretizza in realtà in un insieme di interventi volti ad abbattere e rendere più leggero il costo del lavoro. Ma in contratti nazionali più deboli, meno inclusivi e autofinanziati dagli stessi lavoratori non ravvisiamo nulla di moderno, di innovativo e di sostenibile”.

Fededistribuzione risponde di voler riconoscere aumenti contrattuali nel triennio 2016 – 2018 che garantiscano il potere d’acquisto dei lavoratori; quindi nessuna riduzione dei salari. TuttaviaL’associazione dei distributori fa notare che i sindacati hanno sempre rifiutato tutte le proposte: dagli interventi di flessibilitù e produttività con soluzioni sostenibili da individuare congiuntamente, “come ad esempio un utilizzo più efficace dei contratti a tempo determinato, soprattutto in località turistiche”, all’introduzione di nuovi e più efficienti strumenti per dare sostegno al reddito e migliorare la tutela della salute dei lavoratori.

” I sindacati hanno rifiutato queste proposte, ponendo come condizione preliminare l’applicazione del contratto stipulato con Confcommercio”, afferma Federdistribuzione, che conclude la sua nota così: “Federdistribuzione non può accettare passivamente l’applicazione di un altro contratto collettivo, come quello di Confcommercio, che ha ingiustificatamente riconosciuto aumenti retributivi superiori all’inflazione: ciò significherebbe mettere a grave rischio l’occupazione e lo sviluppo in molte grandi aziende, in un settore che rispetto al commercio tradizionale investe molto di più in formazione, sicurezza, sviluppo delle carriere, occupazione di qualità (91% di contratti a tempo indeterminato) contrattazione integrativa e welfare aziendale”.

Dal canto suo Ancc-Coop conferma di voler rinnovare il CCNL, a condizione che vengano salvaguardate le esigenze di competitività che ha posto nel negoziato. Nello specifico ANCC si è proposta alcuni obiettivi principali: la difesa del potere di acquisto dei soci e consumatori, la salvaguardia dell’occupazione e la distintività cooperativa.

“Per poter far questo – scrive in una nota l’Ancc – è indispensabile che Coop possa competere nel mercato con gli stessi costi contrattuali, derivanti dal contratto nazionale di lavoro, che le OO.SS. del Commercio hanno già convenuto, o che converranno in futuro, con le nostre imprese concorrenti del settore.

Esiste infatti un’ importante divario di costi, maggiori oneri a carico di Coop che si sono costituiti nel tempo in una situazione economica del tutto diversa e che, nella situazione attuale di difficoltà dei consumi – ove nel mercato operano concorrenti che applicano contratti di lavoro meno costosi dei nostri, o in alcuni casi non li applicano e al tempo stesso sono privi di contrattazione integrativa aziendale – non è più possibile mantenere. Coop si prefigge di raggiungere il recupero dei costi nel contratto nazionale di lavoro, mantenendo però alcuni maggiori costi sociali a proprio carico (es. sul tema della malattia, con tutele che nessun concorrente applica, sull’agibilità sindacale e sulla diffusione massima della contrattazione integrativa aziendale) e senza modificare i livelli retributivi già acquisiti dal personale oggi presente”.

Se le trattative non dovessero fare passi avanti, dopo quello di domani è già anunciato un nuovo sciopero il 19 dicembre, a una settimana da Natale.

Contratti e lavoro nella Gdo, ancora uno stop. Federdistribuzione: nostra proposta sostenibile

Le trattative per il rinnovo del contratto dei lavoratori della distribuzione si sono nuovamente arenate.

“Nell’incontro del 30 settembre Federdistribuzione – dichiara una nota dell’asociazione dei retailer – ha proposto un piano di interventi articolato e prima di tutto finalizzato al complessivo mantenimento dei livelli occupazionali. Ciò in un quadro economico ancora complicato, con solo timidi e incerti segnali di uscita da una crisi profonda che ha avuto pesanti impatti sul settore.

All’interno di questo piano non vi sono preclusioni nei confronti del riconoscimento dell’aumento salariale richiesto dai Sindacati, purché erogato in un arco di tempo adeguato, il triennio 2016-2018, ed accompagnato da misure di sostenibilità, flessibilità e produttività”.

“La proposta di Federdistribuzione – prosegue la nota – si qualifica anche per elementi che caratterizzano già ora in modo forte il settore, come maggiori investimenti su giovani e apprendisti; impostazione di una bilateralità che, a parità di costo per imprese e lavoratori, sia più efficiente e più efficace di quella attuale, aumentando il sostegno al reddito dei collaboratori; ridisegno di un welfare che tuteli maggiormente i dipendenti”.

Da parte delle organizzazioni sindacali si osserva che lo scoglio maggiore è la richiesta di adeguamento salariale di 85 euro al mese, avendo come parametri di riferimento il contratto siglato a marzo con Confcommercio. Tanto che è stato fatto ricorso alla magistratura, ha detto in una dura intervista a Italia Oggi “per chiedere l’applicazione anche ai lavoratori di questo settore di quegli aumenti salariali che i lavoratori delle aziende aderenti a Confcommercio già trovano in busta paga da qualche mese, perché è irrazionale oltre che ingiusta la divaricazione esistente. I tribunali ci stanno dando ragione e hanno emesso diversi decreti ingiuntivi per il pagamento di quanto dovuto”.

Sia Federdistribuzione sia i sindacati si dichiarano comunque pronti a continuare il confronto per una chiusura della trattativa e il rinnovo del constratto scaduto da tempo.

Intanto, però, sono stati proclamati due giorni di sciopero il 7 nevembre e il 19 dicembre.

Talenti: le competenze riconosciute dalle imprese in una ricerca ManpowerGroup

Per il secondo anno consecutivo ManpowerGroup fotografa il profilo ideale delle competenze trasversali (soft skills) riconosciute e richieste dal mercato del lavoro, coinvolgendo un campione di 1.612 aziende.

La ricerca, condotta tra il 9 marzo e il 13 aprile 2015, mira ad approfondire la giusta dose di competenze soft che sempre di più impatta nei processi di selezione e valutazione e le pratiche messe a punto dalle aziende, comprese quelle di piccole dimensioni, nell’individuazione e sviluppo delle persone di talento.

«Il Talento si compone per il 63% delle cosiddette “competenze della vita” (soft skills e motivazione individuale), quelle caratteristiche intangibili che spiegano il saper essere oltre al saper fare», afferma Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterranea ManpowerGroup e Presidente di Human Age Institute. «L’identikit del profilo ideale risulta piuttosto eterogeneo combinando Pragmatismo, Concretezza e Leadership. Ancora in ritardo è la consapevolezza delle aziende rispetto alle competenze digitali nella declinazione soft delle stesse (come per esempio diffusione dei saperi, networking). Questo aspetto sarà invece particolarmente rilevante nei prossimi anni, perché svilupperà nuovi modelli di lavoro».

La distribuzione geografica dei rispondenti è concentrata nel Nord Italia per il 70%, dove si evince una maggiore attenzione alle tematiche del Talento e alle competenze trasversali. Tra le novità che saltano all’occhio rispetto allo scorso anno, il fatto che anche le aziende con sola sede in Italia iniziano ad affacciarsi con interesse alla tematica del Talento ed esprimersi con maggiore consapevolezza.

Quali sono le caratteristiche del Talento nei diversi settori?

Dalla ripartizione delle frequenze di risposta per settore merceologico, si evidenzia che le conoscenze tecnico specialistiche sono ancora molto rilevanti per i settori Tessile, Metalmeccanico e Sanitario/Servizi alla persona.

I comparti dedicati al Benessere/cosmetico e all’Istruzione/formazione danno un peso più importante alle competenze trasversali (soft skills) sottolineando una rappresentazione del Talento più svincolata dalle abilità tecniche.

In primo piano la motivazione individuale come leva del Talento per i settori Turismo, Siderurgico, Edile, Elettrico/Energetico e Istruzione/Formazione.   Per quanto concerne il Commercio/grande distribuzione ancora prioritarie le competenze tecniche e la motivazione individuale rispetto ai soft skills.

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Secondo il modello dell’olistica del Talento di ManpowerGroup – che si compone di sette spazi/aree tematiche trasversali che forniscono una rappresentazione della persona e del Talento nei suoi tratti distintivi – il giusto mix di competenze associato oggi al Talento si compone di problem solving (capacità di risoluzione dei problemi finalizzata ad uno specifico obiettivo), orientamento al risultato, visione d’insieme e leadership.

Schermata 2015-07-31 alle 10.55.18I risultati di questa indagine risultano utili su due fronti. Da un lato per le aziende che possono così definire i propri modelli di competenze e le soft skills necessarie al fine di impostare efficacemente i processi di selezione e di valutazione del potenziale e sviluppo interno. Sul piano dell’individuo, i candidati che intendono proporsi alle aziende, grazie a questo Osservatorio, sanno ora quali sono le caratteristiche ricercate e quali sono le competenze da sviluppare per avere maggiori possibilità di crescita all’interno dei contesti organizzativi.

Monitorare negli anni l’andamento delle esigenze aziendali in termini di soft skills vuol dire soprattutto riuscire a sviluppare profili completi a 360° rispetto alle necessità espresse.

«Lo sviluppo delle competenze trasversali dovrebbe partire già dai livelli d’istruzione superiore, scuola secondaria, università e master – continua Stefano Scabbio – così da ridurre lo scarto tra le aspettative e le reali capacità dei singoli, individuando i talenti al di là delle competenze tecniche specifiche, e facilitando l’integrazione delle risorse e il reale sviluppo competitivo delle aziende».

Il ministro del Lavoro a Ipack-Ima: dopo il Jobs act, presto detassazione utili reinvestiti e riforma legge Fornero

Nel convegno inaugurale di Ipack-Ima (il tema è stato il futuro) è intervenuto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti invitato dall’amministratore delegato di Ipack-Ima Guido Corbella a considerare come sia essenziale la valorizzazione del personale per un settore, quello delle macchine per imballaggio, che occupa 150 mila addetti e che ha attraversato gli anni della crisi con un incremento delle assunzioni del 4,5%.un settore, quello della meccanica strumentale che contribuisce così al futuro delle giovani generazioni ma in maniera rilevante anche alla bilancia commerciale (11 miliardi di euro il surplus).

Senza contare che il settore del packaging è una fucina di innovazione e dà un contributo importante alla filiera del cibo. Ha spiegato infatti Marco Pedroni, presidente di Coop ma anche presidente di Ipack-Ima 2015: «Il confezionamento oggi deve rispettare la materia prima e mantenere i cibi più a lungo senza conservanti. È un grande contributo a tutta la catena del valore della filiera agroalimentare del nostro Paese in una chiave di collaborazione e di competizione di sistema, con un forte accento sulla sostenibilità, non solo ambientale e sociale, ma anche economica. Perché l’innovazione significa anche efficienza e tiene al riparo dalla competizione giocata solo sul fattore prezzo».

E competere sulla leva dei prezzi bassi è come competere utilizzando solo lavoro a basso costo. Poletti ha infatti ricordato come il Governo abbia fatto un salto di qualità investendo sui contratti di lavoro a tempo indeterminato. «Per anni – ha detto – le scelte sono state orientate a favorire il precariatoi, tanto che oggi l’85% dei contratti di lavoro è di tipo precario. Certamente per le imprese il contratto di questo tipo costa meno, ma offre anche una prospettiva meno stabile. E se non hai prospettive stabili le imprese non investono. Ma le imprese che non investono sulle competenze sono perdenti. Stiamo spingendo perché assumere le persone a tempo indeterminato diventi una cosa normale. Perché solo dando una prospettiva di stabilità si può pensare di tornare a crescere, avere più opportunità di conoscenza ma anche più reddito spendibile». E poi, guardando al futuro il ministro ha anche detto: «Siamo intenzionati a fare sì che il costo del lavoro stabile sia inferiore al costo del lavoro flessibile creando una sistema di certezze per imprenditori e lavoratori». E rispondendo a una domanda dalla sala: «Dobbiamo superare le logiche degli incentivi e premiare stabilmente le aziende che reinvestono gli utili, detassandoli».

Manpower: aziende food assumono ma non nelle “aree calde”, export e digital

Secondo Manpower nel 2015 ci saranno parecchie assunzioni da parte delle aziende che operano nel food, settore solido ed in espansione. Si pensa però per l’80% riguarderà la produzione, mentre sono sostanzialmente ignorate le aree più innovative quali il digital e cruciali come l’export. Questo emerge dalla web survey dal titolo “Work in Food” che ha coinvolto 442 aziende in diversi Paesi, nazionali ed internazionali suddivise nei segmenti Industria (39%), Commercio (27%) e HO.RE.CA. (34%) e rappresentative di micro (21%), piccola (26%), media (24%) e grande impresa (29%).

In Italia nel 2015 il 29% delle aziende assumerà e il 63% non ridurrà l’organico, mentre solo l’8% prevede una riduzione.
Cresce però poco l’ambito digital: solo il 43% degli intervistati pensa di potenziarne le figure e, tra coloro che hanno risposto affermativamente, solo il 35% punterà sull’e-commerce, che non è ancora ritenuto strategico.
E nonostante l’export sia la vera risorsa per il settore, solo il 12% delle aziende intervistate investirà in figure collegate a questa competenza: si avverte dunque la necessità, per una maggiore visione strategica, di una crescita culturale a livello di management.

“Nonostante le lacune nell’export e nel digital, si continuano a cercare figure professionali in ambiti tradizionali, come quelli della produzione – afferma Stefano Scabbio, Presidente Area Mediterraneo ManpowerGroup – Le aziende italiane non percepiscono il gap che le allontana sempre più dalle imprese del resto d’Europa e d’Oltreoceano, rimanendo ancorate a retaggi ormai superati. I produttori alimentari sono spesso convinti dell’intrinseca qualità dei loro prodotti e non investono a sufficienza nel go to market e nel retail. Soprattutto le PMI hanno necessità di una crescita culturale a livello manageriale che dia loro una maggiore visione strategica”. Significativo il confronto con l’estero, Europa e Stati Uniti, dove prevalgono le figure con forti connotazioni nel marketing e nel digital: negli Stati Uniti il 65% pensa di potenziare le figure collegate all’e-commerce, mentre in Europa pensa di farlo il 60% delle aziende.

Alimenti speciali sì, e-commerce no

La ricerca ha anche indagato i settori strategici di innovazione sui quali le aziende intendono puntare. Al di là del 50% degli intervistati che risponde un laconico “non so”, la parte da leone sembrano farla gli alimenti speciali (su cui punterà il 54% della metà che “sa”) ovvero i prodotti per persone con esigenze speciali e intolleranze, mentre il 17% si concentrerà sul Biologico. Seguono Sostenibilità e Packaging a pari merito (10%), mentre l’E-Commerce si attesta solo al 7%. A riprova della bassa digitalizzazione delle nostre imprese e in netta controtendenza con l’Europa, dove l’E-Commerce è in cima alla classifica a pari merito con il Biologico (26%) e seguito subito dopo dagli Alimenti Speciali (22%) e dalla Sostenibilità (15%).

A dettare il trend negli USA, invece, dove le differenze culturali sono più inte- grate, sono gli Alimenti Etnici a pari merito con il Biologico (24%), seguito dagli Alimenti Speciali che si attestano sugli stessi valori dell’E-Commerce (19%): dati perfettamente coerenti con le previsioni di assunzione.

Risposte alla domanda “Quale ritiene siano i tre settori dell’innovazione strategici per il settore food?”

Infografica: Manpower prevede una lieve ripresa dell’occupazione. In calo il commercio

Manpower ha rilasciato le previsioni per il primo trimestre 2015 sull’occupazione, sintetizzate nell’infografica. Come si vede, si prevede un calo dell’occupazione di 2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, che porta l’occupazione netta a -5%, ma una crescita di 5 punti sullo stesso periodo del 2014.

I datori di lavoro delle aziende di grandi dimensioni (250 o più dipendenti) prevedono una crescita del personale nei prossimi tre mesi segnalando una previsione netta sull’occupazione pari a +9%.  Tuttavia, si prevede che il numero delle assunzioni subirà un calo sia nelle micro aziende (meno di 10 dipendenti) che nelle piccole aziende (10-49 dipendenti), per le quali la previsione si attesta rispettivamente al -8% e al -3%.

Quanto ai settori, le prospettive d’assunzione migliorano in quattro dei 10 settori industriali rispetto al 4 trimestre del 2014  e in due delle quattro regioni rispetto allo scorso anno.

Infografica Previsioni Occupazione  1° trimestre 15 Italia

 

La previsione per il settore trasporti e comunicazioni si attesta a +7%, mentre i datori di lavoro prevedono un aumento dell’occupazione, con una previsione pari a +3% sia nel settore finanziario, assicurativo, immobiliare e servizi alle imprese che nel settore ristoranti e alberghi.

Si prevede invece che i mercati del lavoro più deboli saranno quelli dei settori edile e minerario ed estrattivo, dove la previsione netta sull’occupazione si attesta rispettivamente al -29% e al -23%. Deboli prospettive occupazionali sono riportate anche nel settore del commercio all’ingrosso e al dettaglio, con previsioni pari a -11%.

Secondo i datori di lavoro intervistati nel prossimo trimestre il mercato del lavoro nel settore commercio all’ingrosso e al dettaglio continuerà a dare segnali negativi. Le intenzioni di assunzione mostrano il segno negativo in ogni trimestre da quasi sette anni. Tuttavia, la previsione resta relativamente stabile rispetto al trimestre precedente e migliora di ben 19 punti percentuali rispetto allo scorso anno.

«Le prospettive d’assunzione per il nuovo anno ci mostrano segnali positive e incoraggianti. – sotolinea Stefano Scabbio, Presidente e Amministratore Delegato di ManpowerGroup Italia e Iberia – Non siamo ancora fuori dalla crisi , ma la nuova riforma del lavoro è un passo importante e fondamentale per rilanciare l’economia in Italia. I datori di lavoro devono essere preparati per la ripresa. La chiave sta nell’attrarre e trattenere i talenti migliori e adottare un approccio al lavoro più flessibile in modo tale che si possono valorizzare tutte le competenze nel posto giusto e al momento giusto».

 

Jobs Act, le proposte di Federdistribuzione per rispondere alla crisi

Diventato legge il Jobs Act, ora saranno i decreti attuativi a dare consistenza all’ossatura della nuova legge sul lavoro. Con formidabile tempismo, Federdistribuzione ha organizzato oggi a Roma il convegno Lavoro & Jobs Act. Proposte per rispondere alla crisi cui hanno partecipato deputati e senatori delle rispettive Commissioni Lavoro, il segretario generale del Ministero del Lavoro.

Il tema della flessibilità del lavoro è stato al centro del dibattito per un settore, quello della Distribuzione moderna organizzata, in cui la remunerazione del personale assorbe il 72% del Valore Aggiunto complessivamente generato.

«Il Jobs Act può rappresentare – afferma Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – una grande opportunità e, secondo la nostra visione, deve orientarsi nella stesura dei decreti attuativi in tre direzioni: quella delle semplificazioni, definendo regole chiare e norme certe; quella dell’impatto sui costi, non determinando alcun onere addizionale per le imprese e intervenendo con incentivazioni mirate; quella della flessibilità, che deve essere la massima possibile in ingresso, in uscita ma soprattutto durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, essendo proprio la flessibilità il vero fattore di contrasto della precarietà».

La DMO rappresenta il 59% di tutti i consumi alimentari e non alimentari (nel 2013 127 Miliardi su un totale di 214 Miliardi) e occupa in Italia 450.000 persone. Un’indagine effettuata da Price Waterhouse Coopers nel 2014 presso le imprese associate a Federdistribuzione fornisce il quadro di questa occupazione: nel 2013 il 91% dei contratti è a tempo indeterminato (era l’87% nel 2006), il 5% a tempo determinato e il 3% è costituito da contratti di apprendistato (il restante 1% sono forme residuali, quali lo stage, il contratto di collaborazione a progetto, ecc). La popolazione femminile è il 58% dell’occupazione totale e i contratti part time sono il 46% della totalità. Tra il 2006 e il 2013 gli investimenti in formazione per addetto (Full Time Equivalent) sono più che raddoppiati. Secondo i dati emersi dall’ultima rilevazione effettuata dall’istituto Trade Lab sui bilanci delle imprese distributive del 2013, risulta che il costo del lavoro rappresenta l’11,2% del fatturato (il medesimo indicatore nel 2007 era pari al 10,3%).

«Per le nostre imprese il capitale umano è un fattore essenziale nel garantire il miglior funzionamento nei processi gestionali e nella relazione con i clienti, e noi vogliamo valorizzarlo al massimo – dichiara Giovanni Cobolli Gigli, Presidente di Federdistribuzione – Abbiamo però bisogno di un mercato del lavoro più moderno e adeguato ai nuovi bisogni delle imprese che stanno adattandosi al contesto di crisi e organizzandosi per riuscire a cogliere i primi segnali di ripresa».

Più nel dettaglio le proposte di Federdistribuzione sono relative a

–       recuperare la centralità delle politiche attive del lavoro quali strumenti – omogenei sul territorio nazionale – in grado di creare le condizioni per l’occupazione e quindi di indirizzare la formazione verso competenze che consentano mobilità e flessibilità, accrescendo le possibilità di incrocio tra domanda ed offerta di lavoro;

–       semplificare e razionalizzare le norme e procedure che gravano sul lavoro strutturandole in testi unici per materia chiari ed esaustivi e riducendo gli adempimenti a carico di cittadini ed imprese attraverso investimenti in strumenti informatici dal certo ritorno;

–       avere forme contrattuali ed una disciplina dei rapporti di lavoro che sappiano orientare le aziende alla scelta di contratti a tempo indeterminato sia per convenienza di costo che per una maggiore e ragionevole flessibilità in uscita. In tale ambito il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti può essere un complemento normativo del contratto a tempo indeterminato;

–       adeguare l’attuale rigido concetto di mansione e demansionamento all’allungamento della vita lavorativa e alla necessaria flessibilità delle prestazioni durante lo svolgimento del rapporto di lavoro;

–       introdurre il compenso orario minimo, in assenza di contratti collettivi, come strumento che possa contrastare situazioni di concorrenza sleale;

–       favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per sostenere la genitorialità mettendo a disposizione servizi che facilitino il lavoro e non la diminuzione delle prestazioni: evitando quindi di creare soggetti più deboli sul mercato del lavoro.

Nel corso del convegno è stato presentato anche uno studio comparato (scarica l’executive summary) delle riforme del mercato del lavoro Germania, Francia, Spagna e Italia. Commentando lo studio, il Prof. Michele Tiraboschi, Coordinatore Scientifico di Adapt che l’ha condotto, ha affermato che «I positivi esiti degli interventi di riforma di fine anni Novanta e inizio Duemila (Pacchetto Treu e Legge Biagi) sono stati annullati dalla crisi economica, alla quale l’Italia non ha contrapposto interventi strutturali della stessa portata. Molto più efficaci sono state le misure approvate in Francia, Germania e Spagna. In Francia e Germania le riforme del mercato del lavoro negli anni 2008-2014 sono state concertate, guidate da disegni di lungo periodo e non ristrette alle sole regole del lavoro. In Spagna e in Italia, diversamente, le recenti riforme del mercato del lavoro hanno avuto soprattutto una logica emergenziale, copiosa decretazione d’urgenza e un diverso ruolo delle forze sociali nel processo di azione legislativa. Se però in Spagna la continuità di Governo ha portato all’approvazione di modifiche di assoluto rilievo al tradizionale diritto del lavoro, in Italia l’instabilità politica ha determinato l’approvazione di quattro riforme in quattro anni, spesso in contraddizione tecnica e “filosofica” fra loro e l’esito del Jobs Act rischia di essere davvero una Fornero bis che ci lascia ancora a metà del guado».

Le impiegate Asda chiedono parità retributiva

Uomini contro donne? Le lavoratrici Asda del punto vendita sono pagate fino a 4 sterline all'ora meno dei colleghi che lavorano in magazzino.

Potrebbe diventare il più grande caso legale che coinvolge un privato su questioni retributive l’azione legale di massa intentata da 400 impiegate (ma potrebbero essercene altre 19mila interessate) di Asda, la seconda catena di supermercati britannica parte del gruppo Walmart, che richiedono parità di trattamento economico con i colleghi maschi, a fronte di lavori giudicati di pari livello.

Le donne che lavorano – e sono la stragrande maggioranza – nei punti vendita infatti, cassiere e addette al rifornimento degli scaffali, sarebbero pagate fino a 4 sterline in meno di chi – in maggioranza uomini – lavora nei magazzini di distribuzione. A fronte di mansioni che sono, a giudicare dai legali delle impiegate, assolutamente parificabili.

La querelle non è di poco conto: oltre a toccare un nervo scoperto della nostra società, che è quello della disparità retributiva tra donne e uomini che nella Ue raggiunge in media il 16% all’ora e il 31% su base annua, è densa di conseguenze. Non solo perché, se l’azione legale andrà a buon fine, Asda dovrà rimborsare fino a sei anni di “differenze salariali” a un imprecisato numero di dipendenti ed ex-dipendenti. Ma perché, a cascata, tutte le altre catene potrebbero subire azioni simili da parte delle loro impiegate. E, come insegna una lunga serie di rivendicazioni femminili, dalla lotta per il voto delle suffraggette a quella delle operaie della Ford di Dagenham nel 1968 (ricordata nel film “We Want Sex”) dal Regno Unito di solito si passa al resto del mondo…

Anna Muzio

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