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Granarolo lancia il Latte Fresco Digeribile e valorizza la filiera con Coldiretti

Prosegue il cammino di Granarolo nel consolidamento del presidio e della salvaguardia della filiera italiana del latte e contemporaneamente  nella risposta ai cambiamenti dei consumi e delle abitudini alimentari delle persone.

Due episodi di qualche giorno fa, in contemporanea con la festa del latte a Expo, sono illuminanti al riguardo.

Sul fronte della filiera, Granarolo ha siglato una partnership con Coldiretti per rilevare 12,50% del capitale di Centrale del latte di Brescia. Attraverso una serie di operazioni che prevedono la trasformazione di Coldiretti Brescia HC in Filiera Latte Brescia (con quote paritetiche), Granarolo e Coldiretti, insieme a Bim (Consorzio Comuni bacino imbrifero montano di Valle Camonica-Breno) e  a Latte Brescia Soc. Coop. Agricola, controlleranno una quota pari al 24,37% di CL Brescia, diventando il secondo azionista dopo il Comune di Brescia.

«Con questa operazione intendiamo ribadire l’impegno di Granarolo per la tutela e la salvaguardia della filiera italiana del latte e dei sistemi agro allevatoriali locali coniugando il territorio nella prospettiva di consolidamento e crescita della più grande cooperativa lattiera nazionale. Siamo certi che questa partnership consentirà di creare valore contribuendo allo sviluppo industriale della centrale grazie anche alla capacità di Granarolo di presidiare il mercato nazionale ed internazionale», ha commentato Gianpiero Calzolari, Presidente di Granarolo S.p.A.

latte fresco digeribileNel campo della ricerca & sviluppo, è stato lanciato Latte Fresco Digeribile Granarolo, il primo latte fresco ad alta digeribilità prodotto solo con latte 100% italiano proveniente unicamente dalla filiera Granarolo.

Il nuovo prodotto possiede i valori nutrizionali del latte fresco ed è altamente digeribile: solo l’1% di grassi, ridotto contenuto di lattosio e con solo zuccheri (glucosio e galattosio) facilmente assimilabili anche da chi solitamente ha difficoltà a digerire il latte. È disponibile nel formato da un litro.

 

Nielsen e Assobio, cresce il biologico: 3,2 mln i clienti abituali, +14,8%

Non si arresta la crescita degli acquisti di prodotti biologici, che continuano ad avanzare incuranti della contrazione dei consumi: sono ormai ben 18,4 milioni le famiglie italiane che acquistano prodotti bio. Di queste, 3,2 milioni (+14,8% sul 2013) sono clienti abituali e acquistano bio tutte le settimane; 3,2 milioni (+8,4%) acquistano bio una volta al mese e 12 milioni acquistano bio ogni tre mesi. Stiamo parlando di un settore che vale 2,5 miliardi con una crescita del fatturato del 16% nei primi 4 mesi del 2015 e del 12% nel 2014. Una crescita che non ha lasciato indietro il Sud Italia, che anzi incassa un incremento del 30%, contro il +16% del Centro, il +15% del Nord Est e il +13% del Nord Ovest.

È quanto emerge dalla ricerca Nielsen “L’alimentare e il biologico in Italia” commissionata da Assobio, l’associazione di rappresentanza delle imprese di trasformazione e distribuzione dei prodotti biologici parte di FederBio, e presentata oggi al Parco della Biodiversità, l’area tematica in EXPO realizzata da BolognaFiere e dedicata all’agricoltura biologica e all’agrobiodiversità.
Tracciata anche la fotografia della consumatrice tipo: donna, è nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni e fra i 55 e i 64 anni. Le cinque categorie più gettonate per fatturato sono invece uova, confetture e spalmabili a base di frutta, panetti croccanti, bevande di riso, mandorla e riso, pasta di semola integrale/farro/kamut.
“La ricerca Nielsen dimostra come sempre più italiani esprimono fiducia nel bio – sottolinea Roberto Zanoni, Presidente di Assobio – La qualità degli alimenti è un fattore chiave che porta il 20% delle famiglie italiane a scegliere prodotti biologici sia nella grande distribuzione che nei negozi e nei supermercati specializzati. Molte famiglie ricercano sicurezza alimentare, molti consumatori richiedono il bio perché guidati da esperti o per una questione di intolleranze e allergie alimentari, molti altri compiono una scelta consapevole anche per tutelare l’ambiente, la biodiversità, il lavoro degli agricoltori”.

Insieme alla ricerca è stato presentato il libro bilingue “Biologico, la parola alla scienza/What science says about organics” curato da Roberto Pinton. Una selezione di oltre 70 ricerche pubblicate da una trentina delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, da Science al British Medical Journal, da Pediatrics a Environmental Health Perspectives, sugli aspetti nutrizionali, sull’impatto dei pesticidi sulla salute, su microtossine e contaminanti organici, su biodiversità e ambiente.

Pedon a Expo, impresa sostenibile dal seme allo scaffale

Il Gruppo Pedon si presenta a EXPO Milano 2015 presso il Padiglione The Waterstone di Intesa Sanpaolo, prendendo parte all’iniziativa “Ecco la mia impresa”, lo spazio dedicato alle eccellenze del Made in Italy, per dare loro visibilità sulla scena internazionale dell’Esposizione Universale. Annunciata l’imminente apertura di un nuovo impianto produttivo in Egitto, vera testa di ponte per «aprire nuovi sbocchi commerciali verso i Paesi del bacino mediterraneo e del Medio Oriente», come ha detto l’amministratore delegato del gruppo Remo Pedon.

«Esportiamo in 45 Paesi del mondo, operiamo in 5 continenti con i nostri stabilimenti produttivi – ha proseguito – impegnandoci costantemente per lo sviluppo economico e sociale del territorio, nel pieno rispetto delle risorse naturali e della cultura locale, promuovendo un corretto e sano stile alimentare. Questi sono i principi che ci caratterizzano da più di trent’anni, e che presentiamo all’Expo di Milano: un modello industriale vincente, dal seme allo scaffale».

Pedon si caratterizza infatti per l’integrazione verticale della filiera e per l’attenzione posta a temi fondamentali come la sicurezza alimentare, la promozione di una sana e corretta cultura alimentare e le attività svolte in ambito etico, sociale e ambientale.

All’interno del Padiglione esposte le gamme più rappresentative delle linee I Salvaminuti, Dalla Buona Terra, Biologica Pedon, C’è di Buono, Bioritmi, Italia Tipica e Lenticchia Pedina. Cereali, legumi e semi tradizionali e a rapida cottura, convenzionali e biologici, acquistabili anche presso il Temporary Shop NaturaSì e il supermercato del futuro Coop.

 

 

Export alimentare: anche la gdo si muove e Coop comincia dalla Cina

Per decenni si è detto che la Gdo italiana avrebbe dovuto espandersi all’estero, ma che le imprese non avevan o una dimensione tale da fare il grande salto e confrontarsi con i big internazionali. Poi sono arrivati loro in Italia.

Qualcuno se n’è andato, altri stanno medicando le  ferite. Altri arriveranno. Oggi però nel 2015, se rimane la difficoltà di piantare bandiere all’estero, tra le opportunità dell’e-commerce e l’interesse che in quasi tutti i paesi del mondo viene riservato al cibo italiano, le cose sono un po’ cambiate. Lo ha sottolineato recentemente a Fruit Innovation con forza il presidente dell’Ice Riccardo Monti: «Dall’estero vi è una domanda gigantesca per i prodotti della filiera agroalimentare italiana. Noi oggi siamo leader riconosciuti nella qualità, dobbiamo diventarlo nella quantità».

Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con delega ad  Expo Milano 2015), Carlo Calenda (Vice Ministro dello Sviluppo Economico) e Riccardo Monti (Presidente dell’ICE – Istituto per il Commercio Estero).
Maurizio Martina (Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali con delega ad Expo Milano 2015), Carlo Calenda (Vice Ministro dello Sviluppo Economico) e Riccardo Monti (Presidente dell’ICE – Istituto per il Commercio Estero).

È l’obiettivo dei 50 miliardi di fatturato all’export per il 2020, dai 33 miliardi attuali,  che si è dato il Governo. «Un obiettivo alla portata – ha  affermato il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina – che può contare anche su un logo unico dell’agroalimentare made in Italy”, presentato ieri a Expo. Il segno unico è rappresentato da una bandiera italiana con tre onde che richiamano il concetto di crescita e di sviluppo e dalla scritta The Extraordinary Italian Taste. Il piano seleziona tre fasce: i mercati consolidati, gli emergenti e i nuovi. E proprio a giugno partirà la prima campagna rivolta a Stati Uniti e Canada per un investimento di 30 milioni di euro sui 150 milioni complessivamente previsti.

“Da oggi l’agroalimentare italiano – ha spiegato il Ministro Maurizio Martina – sarà più forte e più riconoscibile sui mercati internazionali. Finalmente abbiamo un segno distintivo unico che aiuterà consumatori e operatori a identificare subito le attività di promozione dei nostri prodotti. Partiamo da Expo Milano 2015 per sfruttare questa straordinaria occasione di visibilità e proseguiremo con le azioni previste dal nostro piano di internazionalizzazione sui mercati strategici. Nei prossimi tre anni investiremo oltre 70 milioni di euro per la promozione, imparando a fare squadra e a non disperdere in mille rivoli le risorse. Con il segno unico distintivo vogliamo fare un’operazione di riconoscibilità, creare un filo conduttore che leghi tutte le attività di promozione del vero prodotto italiano sullo scenario internazionale. Il nostro obiettivo è essere al fianco delle imprese che in questi anni hanno messo in campo energie, capacità di fare, passione, aziende che hanno consentito all’Italia di registrare una crescita del 70% dell’export agroalimentare negli ultimi 10 anni. Abbiamo chiuso il 2014 con 34,4 miliardi di euro, nel primo trimestre del 2015 siamo a oltre 8,7 miliardi di euro e il nostro obiettivo è arrivare a 36 miliardi a fine anno. Anche sfruttando bene l’Esposizione Universale di Milano possiamo farcela e puntare all’obiettivo di quota 50 miliardi di export nel 2020”.

Anche la Gdo può fare la sua parte. Infatti qualcosa si sta muovendo, proprio nella direzione di utilizzare le tante ricchezze dei giacimenti agroalimentari italiani per sviluppare business all’estero. Non sono mancati esempi in passato, tanto che Crai è presente in Svizzera e a Malta con 160 punti vendita. Le modalità sono diverse, ma i due maggiori gruppi italiani, Coop e Conad, si sono finalmente mossi.

La Cooperativa di dettaglianti è approdata in Cina a febbraio con una formula mista che prevede per ora cinque punti vendita e una rete di vending machine con un’ampia selezione di prodotti acquistabili anche via internet.

Appena partito è invece il progetto di Coop Italia che ha creato una specifica società – Coop Italian food – per sviluppare contatti con retailer internazionali o distributori di prodotti italiani all’estero,  ai quali proporre i prodotti a marchio e quelli delle piccole aziende fornitrici, come afferma il presidente di Coop nell’intervista.

Il primo episodio di questa nuova avventura è in Cina: è stata costituita, secondo quanto risulta a inStoremag, ItalMenu, società con sede a Hong Kong la cui attività è importare e distribuire i prodotti a marchio Coop di importazione e distribuzione nei canali retail e horeca. Con Ice sono previste tre settimane di iniziative promozionali tra giugno e luglio in 40 punti vendita della catena ParknShop, che fa capo al gruppo Hutchison Whampoa.

Paradosso ortofrutta: ne mangiamo meno di quanto pensiamo, ma il trend è in crescita

Tutti pazzi per frutta e verdura? Fa bene, lo dicono tutte le ricerche, protegge da tumori e malattie cardiovascolari. Gli chef stellati l’hanno ormai rivalutata e la propongono come il nuovo caviale. Eppure, ne consumiamo meno di 15 anni fa. Lo hanno rivelato a un convegno Sg Marketing a Fruit Innovation.

Eppure, secondo Claudio Scalise di Sg Marketing “se l’intento è quello di creare valore all’ortofrutta non dobbiamo pensare di rincorrere i volumi che si sviluppavano 10-15 anni fa. Negli ultimi anni i componenti delle famiglie sono calati, abbiamo assistito ad una destrutturazione dei pasti e un cambiamento di consumo con una progressiva razionalizzazione delle quantità e una riduzione degli sprechi, dovute principalmente alla crisi. Il cibo è tornato al centro delle relazioni attraverso programmi tv dedicati e al successo degli chef, a cui si aggiunge un numero crescente di community dedicate al food”. Senza dimenticare il boom del vegetarianesimo, che in Italia conta oggi 8 milioni di seguaci. Un panorama che consente di guardare al futuro dell’ortofrutta con ottimismo.

La conferma viene da un’analisi consumer condotta da Sg Marketing sul comportamento del consumatore nei confronti dell’ortofrutta nel punto vendita. Che rileva un ruolo dell’ortofrutta sempre più importante nel pasto del futuro. I numeri parlano di una progressiva riduzione del consumo di carne a favore dei legumi, e della sostituzione dei carboidrati con frutta e ortaggi. La percezione dei consumatori ad un aumento degli acquisti ortofrutticoli e ad un riavvicinamento alla categoria è dovuto, secondo lo studio, all’accresciuta attenzione a temi quali il salutismo e il benessere, al “fattore vegan” e alla consapevolezza che il consumo quotidiano di ortofrutta sia insufficiente. Prezioso il contributo fornito da un panel di insegne nazionali che hanno portato la loro testimonianza sul lavoro effettuato nella valorizzazione dell’ortofrutta nei loro punti vendita, una categoria strategica per la grande distribuzione, dove avviene il 66% degli acquisti di frutta e verdura.

Ortofrutta in Gdo tra mercato, comunicazione e territorio

Come gestisce la Gdo il reparto ortofrutta? Nadia Caraffi, category ortofrutta di Coop Centrale Adriatica, parla delle politiche adottate dalla catena incentrate su territorio, tradizione, lavoro e gusto per dare valore al comparto ortofrutticolo, anche attraverso la formazione ad hoc di addetti al reparto. A livello commerciale Caraffi sottolinea l’assenza di offerte a volantino per l’ortofrutta (a parte IV gamma e prodotti trasformati) mentre si preferisce puntare su prezzi convenienti tutti i giorni. Massimo Silvestrini, direttore sviluppo vendite e formazione PFT Market di Carrefour, ha presentato il format studiato per valorizzare l’ortofrutta, “reparto di benvenuto” all’interno dei punti vendita del retailer, puntando su differenziazione dalla concorrenza (con fornitori locali, servizio ad hoc per le eccellenze, qualità, ricerca delle eccellenze ortofrutticole, esposizione valorizzante) e la modernità (strutture innovative). Gian Marco Guernelli, category manager ortofrutta di Conad, ha parlato delle linea Sapori&Dintorni che, attraverso il legame con la territorialità e l’attenzione alla qualità, punta a rappresentare sul punto vendita la regione, il territorio e la tradizione. Gabriele Nicotra, direttore acquisti di Unes Supermercati, ha raccontato come la catena distributiva organizza nei punti vendita gli spazi del reparto ortofrutta, luogo di commercio e comunicazione di progetto e allestito come un mercato con l’obiettivo di soddisfare le esigenze del cliente.

Si può vendere frutta rovinata dal maltempo? Waitrose pensa di sì

Coniuga spreco zero e solidarietà nei confronti degli agricoltori, dunque sostenibilità sociale e ambientale, l’iniziativa della catena inglese Waitrose di vendere mele (dichiaratamente) rovinate dal maltempo, in 263 pdv del Regno Unito. Questa volta la causa è l’ondata di grandine che ha colpito il Sudafrica, ma la proposta non è nuova: quest’anno erano già state messe in vendita mele inglesi che presentavano buccia scolorita o leggermente butterata a causa del maltempo, ma il primo progetto di questo tipo risale al 2011.
Commenta Greg Sehringer, buyer mele di Waitrose: “Sono ormai otto anni che teniamo in magazzino mele rovinate dal maltempo, e ora siamo orgogliosi di sostenere non solo i nostri agricoltori nel Regno Unito ma anche quelli all’estero che sono stati colpiti da eventi atmosferici inaspettati. È una testimonianza del fatto che riteniamo i nostri clienti abbastanza svegli da capire che questa frutta sarà deliziosa come sempre, anche se l’aspetto di queste mele non è perfetto come al solito”. Il prezzo del sacchetto da sette mele “rovinate” è di 2 sterline.

L’iniziativa non è nuova: ha fatto storia la campagna sui “brutti ma buoni”, i “Légumes moches” dell’insegna francese Intermaché e il consorzio Melinda vende mele “non perfette” nell’aspetto con il marchio “MelaSì”. Ma sono gocce nell’Oceano. Coldiretti in questi giorni lancia l’allarme: la grandine, provocata dal brusco cambiamento di stagione, sta danneggiando irrimediabilmente le verdure e la frutta sugli alberi, come ciliegie, albicocche e fragole, provocando milioni di euro di danni nelle nostre campagne. Perché non replicare anche da noI? Il cliente è pronto, magari anche stimolato dalla popolarizzazione delle tematiche di Expo? O forse “Energie per la vita nutrire il pianeta” è solo un vuoto slogan, come sostengono i critici della kermesse milanese?

Asiago Dop: i dati dell’Osservatorio testimoniano un trend positivo

Asiago Dop: ecco cosa ci racconta l’Osservatorio sul mercato lattiero caseario, presentato da Camera di Commercio di Vicenza, Associazione Commercianti di Thiene e Consorzio per la Tutela del Formaggio Asiago.

La ricerca che, ha analizzato l’andamento di mercato nell’anno 2014 e 2015, segnala una significativa crescita sia in volume (+ 7%) che a valore (+ 5,8%) sui dati comparati tra il primo trimestre 2015 e quello del 2014. La spesa media aumenta dell’8,4%, per effetto dell’incremento dell’acquisto medio conseguente all’intensificarsi degli atti d’acquisto per lo stesso nucleo familiare. Interessante anche il dato sugli acquisti: Asiago DOP si conferma particolarmente apprezzato nel Sud Italia e nel Nord Est, dove sono ripartiti rispettivamente il 29,9% ed il 28,9% degli acquirenti totali con una percentuale di penetrazione assoluta del 48,7%. I risultati si riferiscono ad un campione che rappresenta le 24,2 milioni di famiglie consumatrici a livello nazionale.

“Le analisi di mercato dell’Osservatorio e le rilevazioni dei prezzi del formaggio Asiago effettuate dalla Camera di Commercio di Vicenza presso la Sala Contrattazione di Thiene rappresentano una fotografia effettiva dei prezzi all’ingrosso praticati dagli operatori; in questo senso si tratta dell’unica fonte accreditata e attendibile, da noi riconosciuta.” – afferma il Direttore del Consorzio di Tutela Formaggio Asiago, Flavio Innocenzi.

Flavio Innocenzi, Elisabetta Boscolo, Franco Benvegnù
Flavio Innocenzi, Elisabetta Boscolo, Franco Benvegnù

Per Elisabetta Boscolo, Segretario Generale della Camera di Commercio di Vicenza “L’Osservatorio valorizza il ruolo storico della piazza thienese mettendo a disposizione degli operatori dati concreti, oggettivi. Ciò è il risultato di una profiqua attività realizzata in collaborazione con le Associazioni di categoria e il Consorzio di Tutela con l’obiettivo di fornire al mercato elementi di valutazione utili alla programmazione dei prossimi anni”. Una valutazione condivisa anche da Franco Benvegnù, direttore Confcommercio di Thiene, il quale riscontra come “incrociando i dati della produzione con quelli dei consumi, si ottiene uno stimolo chiaro che permette di tracciare con maggiore incisività la strada da percorrere insieme, operatori del territorio e istituzioni. Una strada che va diretta verso il sostegno alle produzioni di qualità, patrimonio unico da promuovere e valorizzare”.

 

Apre Ipack-Ima. Il mercato del packaging vale 42 miliardi di euro

Quante volte in un giorno abbiamo a che fare con un imballaggio, scatola o bottiglia, sacchetto o astuccio, tappo o vaschetta che sia? E’ stato calcolato almeno 35. Si tratta di un mercato che vale a livello planetario 540 miliardi di euro e nel quale l’Italia vanta eccellenze di primo piano: dalle confezioni per i farmaci alle bustine del tè, dai pacchetti di sigarette alle bottiglie di plastica per l’acqua minerale. In media il 25% delle tecnologie per confezionare nel mondo parla italiano. Le aziende italiane del settore – fortemente export oriented – forniscono tecnologie di punta per il confezionamento dei prodotti food e non food ai grandi marchi italiani ed esteri e alla grande distribuzione, generando un fatturato annuo di circa 42 miliardi di euro (tra macchine e materiali per imballaggio).

Schermata 2015-05-18 alle 17.22.03Apre domani i battenti a Fieramilano Rho, fino al 23 maggio, Ipack-Ima, in contemporanea con altre cinque manifestazioni (Meat-Tech, Dairytech, Fruit Innovation – dal 20 al 22 maggio – Converflex, Intralogistica Italia) in un evento professionale e di filiera senza precedenti.

La settimana del packaging e delle tecnologie alimentari riunirà circa duemila espositori (con il 33% da 54 paesi) occupando una superficie di 160.000 mq distribuita su 11 padiglioni e ospiterà 500 delegazioni di buyers da oltre 50 paesi, di cui 270 ufficiali organizzate grazie alla collaborazione con il Mise e ICE-Agenzia.

“Quando si beve un espresso a Shanghai, o New York, pochi sanno che non solo il caffè è probabilmente italiano, ma che lo è anche la cialda che lo contiene: una su due nel mondo è prodotta infatti con macchinari italiani” dice Guido Corbella, amministratore delegato di Ipack-Ima spa. “E una su quattro delle bustine di zucchero in circolazione è stata realizzata su confezionatrici prodotte in Italia. Ma forse non vi piace il caffè espresso e preferite quello in stick? Bene, uno stick su 5 nasce su macchine automatiche prodotte da aziende italiane”.

Succede in molti altri comparti. Per esempio quello del thé, o dei detergenti per la casa, dove le nuove pratiche monodosi per lavastoviglie e lavatrici che si sciolgono in acqua prendono forma e contenuto grazie a materiali e linee automatiche ad alta velocità realizzate in Italia ed esportate in tutto il mondo. Per non parlare della pasta secca, settore in cui la tecnologia nel mondo è indiscutibilmente tricolore (e Ipack-Ima è leader): dal sacco di farina quando entra in stabilimento fino al pacco o alla scatola di pasta che arriva ai supermercati e quindi nella cucina di ognuno di noi.

I cinque giorni di Ipack-Ima sono anche un’occasione unica per incontrarsi, confrontarsi e approfondire le sfide prossime venture: di un settore che come pochi altri ha una stretta attinenza con i grandi temi della sicurezza alimentare, della conservazione corretta del cibo ed eliminazione degli sprechi, dell’alimentazione sana e per tutti.

Ai grandi quesiti sul futuro sollevati da EXPO, Ipack- Ima e le sue verticali danno una risposta: quella della tecnologia, che già oggi è disponibile e che può aiutare grandemente a superare malnutrizione, sprechi e squilibri inaccettabili, come quello che contrappone 800 milioni di essere umani sottoalimentati a 1,6 miliardi di esseri umani in sovrappeso o obesi.

Proprio in quest’ottica vanno visti i due principali appuntamenti convegnistici in programma: il convegno di apertura del 19 in cui si parlerà di innovative forme di packaging digitalizzato e della sua interazione con il consumatore, e la conferenza internazionale del 20 maggio, che proverà a ipotizzare i megatrend che l’agroindustria globale dovrebbe imboccare per reggere l’impatto di oltre 9 miliardi di consumatori da qui al 2050.

Numerosi altri eventi sveleranno mercati in rapido sviluppo, dagli integratori alimentari (2,3 miliardi di euro e + 8% di crescita annua a valore) ai prodotti Halal per il mondo islamico (come la carne, il cui consumo è in rapida crescita anche in Italia).

Bio, Free from e benessere aumentano a due cifre nelle private label di Selex

Il free from e il bio, i prodotti “orientati al benessere” e del territorio vanno bene e sono ricercati dal consumatore del Terzo Millennio, anche nelle private label. Una conferma viene da Selex, che sottolinea come nel 2014 la linea a marchio del distributore del Gruppo Selex “Vivi Bene Selex” è aumentata del 24% e “Natura Chiama Selex” (che comprende anche i prodotti bio) del +15%, mentre il comparto “premium” Saper di Sapori, che riunisce prodotti di alta qualità e specialità del territorio, ha chiuso l’anno con un incremento del + 9,6%.

Alla crescita a due cifre di “Vivi Bene Selex”, in netta controtendenza rispetto all’andamento del settore alimentare, ha contribuito anche il lancio, nel 2014, della linea “Vivi Bene Senza Glutine”, composta dai prodotti più importanti per chi soffre di celiachia: pasta, pane e sostituti, bevande, biscotti. In tutto 16 proposte certificate senza glutine dall’Associazione Italiana Celiachia e dal Ministero della Salute che soddisfano tutte le occasioni di consumo, dalla colazione al dessert.

 

Surgelati green: la prossima linea a marchio Selex

I prossimi mesi vedranno il lancio dei surgelati vegetali di produzione integrata ecosostenibili, frutto cioè di pratiche agricole a ridotto impatto ambientale e provenienti da aziende certificate Csqa, che garantiscono qualità e rintracciabilità del prodotto nelle diverse fasi, dalla semina al raccolto, al confezionamento, fino al mantenimento della catena del freddo e alla consegna nei punti di vendita.

Lo sviluppo delle marche del distributore del Gruppo Selex nel segno della segmentazione e della specializzazione ha superato le previsioni più ottimistiche conquistando in pochi anni (le prime linee sono state messe a punto nel 2012) fasce di consumatori sempre più ampie e articolate. “L’attenzione al benessere, il piacere di sentirsi in forma senza troppe rinunce, la ricerca della qualità e della sicurezza in tavola sono le principali tendenze che caratterizzano la dinamica dei consumi alimentari – sottolinea Luca Vaccaro, Direttore Marche del Distributore del Gruppo Selex – Con le nostre linee specialistiche abbiamo voluto dare risposte concrete alla clientela, attraverso prodotti funzionali, garantiti, dal contenuto innovativo e dall’ottimo rapporto qualità-prezzo”.

La linea Vivi Bene Selex conta 41 referenze, sviluppate con il contributo scientifico di importanti società esterne, che invitano a un’alimentazione semplice e sana. Dal burro a ridotto contenuto di colesterolo (-87% rispetto al tradizionale) agli yogurt probiotici, alle tisane depurative, alle bevande a base di soia, fino ai gelati senza latte e a quelli senza zucchero. Una duplice proposta, quest’ultima, che raggiunge due distinti target di consumatori, offrendo un servizio a chi soffre di intolleranza al lattosio e a chi invece vuole semplicemente concedersi un buon gelato, purchè a ridotto contenuto calorico. Tra le ultime novità, anche i nettari Tuttifrutti con l’aggiunta di vitamine A e C e zinco, le bevande a base di riso, le gallette al farro e ai cinque cereali.

Natura Chiama Selex, nelle due declinazioni Filiera Controllata e Bio, è composta da 164 referenze, di cui 119 tra frutta e verdura a produzione integrata e 45 prodotti biologici: miele, composte, yogurt, crescenza, uova, e i più recenti ingressi nel mondo della prima colazione, corn flakes e creme spalmabili. Tra i due comparti, è il biologico quello che realizza la crescita più sostenuta, ma positivo anche l’andamento dell’ortofrutta a filiera controllata, che oggi presidia le principali categorie merceologiche.

La ricerca di specialità e la riscoperta delle ricette tradizionali da parte dei consumatori hanno premiato anche Saper di Sapori, la linea firmata “Il meglio di Selex” che comprende prodotti di alta qualità e tipicità legate al territorio, frutto dell’esperienza di antiche lavorazioni artigianali. In tutto 98 specialità che vedono, tra gli ingressi più recenti, il cioccolato fondente extra monorigine, i baci di dama e il pane carasau.

Il comparto delle marche del distributore del Gruppo Selex ha segnato nel 2014 una crescita del 3% con punte più alte in alcune categorie come l’alimentare, il dolciario, il petfood e il vino. Fattori vincenti, la segmentazione dell’offerta, ossia la capacità di soddisfare i consumatori con una proposta distintiva composta da prodotti a marchio Selex, a marchio Vale (con le rispettive declinazioni specialistiche) e da linee a marchio di fantasia, garantendo qualità e sicurezza con un occhio attento al prezzo. L’assortimento delle marche del distributore del Gruppo Selex copre oggi le più importanti categorie merceologiche, con circa 5.000 referenze.

Sicurezza, sociale, sostenibilità. Il rilancio di Genagricola parte dal vino

Genagricola. Le Generali che non ti aspetti è il claim della campagna di comunicazione che Generali Italia ha lanciato in occasione di Expo, dopo aver vinto la gara europea per la copertura assicurativa danni e responsabilità civile dell’Esposizione universale. Un’occasione per dare visibilità internazionale a questa realtà che rappresenta una peculiarità all’interno del Gruppo Generali, come ha sottolineato il presidente di Genagricola e Ad di Generali Italia Philippe Donnet.

Un impegno, quello di Generali, nell’ambito agricolo che ha radici profonde: la prima acquisizione fdi Cà Corniani avvenne nel 1851, quando Generali realizzò una grande opera di bonifica.

Alessandro Marchionne, ad di Genagricola
Alessandro Marchionne, ad di Genagricola

Il 2015 è anche un anno di rilancio strategico dell’azienda, nel quale il vino ricopre un ruolo decisivo. Ne parliamo con Alessandro Marchionne, da settembre amministratore delegato di Genagricola che del proprio vino parla in maniera diversa, senza incamminarsi nei percorsi sensoriali, olfattivi e palatali, nelle spiegazioni sulle qualità del terroir che ne fanno un prodotto unico. Non perché con i suoi 760 ettari di vigneti in Italia e in Romania non abbia coscienza della biodiversità che esprime. A questo ci pensa l’enologo ingaggiato all’uopo. E che enologo! Nientemeno che Riccardo Cotarella, presidente degli enologi europei.

Marchionne ne parla in maniera diversa perché, dice: «Non puoi permetterti di fare progetti sul vino senza sapere prima dove vuoi vendere, come e con chi, con quale posizionamento. Per questo nel mondo del vino più ancora che investimenti in cantina devi investire in management e in cultura».

E dove vuole andare Genagricola? «Genagricola – afferma Marchionne – è la più estesa azienda agricola italiana, con i suoi 14.000 ettari di campi. Attualmente il 70% dei 46 milioni di euro di fatturato proviene dall’agricoltura e il 30% dal vino. Per noi il vino è strategico e il nostro obiettivo è quello di farlo crescere. Ma non solo, il cambiamento che abbiamo già iniziato a fare coinvolge le quattro aree del nostro core business: l’allevamento, le colture erbacee, la produzione di energie rinnovabili e ovviamente la viticoltura».

In che modo? «L’abbiamo chiamata agricoltura 2.0. vale a dire che ci concentriamo verso un rilancio strategico del comparto vinicolo, puntiamo a sviluppare un’agricoltura di precisione, vale a dire che vogliamo calibrare con esattezza i trattamenti necessari, dobbiamo valorizzare e rendere fruibili le aziende agricole secondo una logica multifunzionale, in collegamento con il turismo e il sociale. Molte delle nostre aziende infatti risiedono in territori unici e hanno anche un valore storico e paesaggistico non indifferente. Inoltre dobbiamo puntare su processi industriali innovativi per quanto riguarda la sicurezza e la logistica integrata. Infine in collegamento con le università di Trieste e Venezia abbiamo un programma di formazione e inserimento di giovani laureati nell’attività agricola»

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Più specificamente nel comparto vinicolo,oggi Genagricola con le sue etichette (Tenuta Santanna, Torre Rosazza, Bricco dei Guazzi, Borgo Magredo, Poggiobello, Gregorina, V8+ e Solonio) sviluppa circa 14 milioni di euro di fatturato, per il 70% con vini bianchi e il 30% con i rossi. Due le linee di sviluppo: crescita all’estero fino al 50% del fatturato con il rafforzamento del management dedicato e dell’organizzazione commerciale e distributiva e rafforzamento nei vini rossi eventualmente con acquisizioni di vini iconici per i mercati internazionali.

Nel frattempo è già cominciato un restyling delle etichette e delle immagini dei brand, a partire da Tenute Santanna che ha mantenuto il logo nella forma romboidale, ma sono stati inserite delle linee verticali a rappresentare in maniera stilizzata i filari d’uva.

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